Alfabeta - anno VIII - n. 83 - aprile 1986

da Carpentier sia molto più originale, e coerente nalla sua attuazione, di quello di Queneau. G ià sul piano formale il romanziere cubano spinge il suo confronto con Descartes ben più avanti di quanto non abbia tentato il francese; in particolare, una tecnica che si rivela tutta propria di Carpentier è quella dell'incastro testuale, del jeu de miroirs ottenuto attraverso la presenza massiccia di citazioni cartesiane. Ne El recurso non solo il più famoso degli scritti del filosofo francese, ma anche altre sue opere, come le Passioni dell'anima, i Principi di filosofia, le Meditazioni metafisiche o il Trattato della luce, entrano, polverizzate in frammenti significativi, nella vicenda narrata, diventandone i voluti termini di paragone, le indispensabili chiavi di lettura. Si potrebbe anzi affermare che il nucleo fondamentale de El recurso è costituito proprio dalla compresenza dei due universi testuali e culturali, quello filosofico secentesco e quello romanzesco contemporaneo. È del resto importante sottolineare il fatto che il confronto fra culture, mentalità, ideologie assai eterogenee è forse uno dei tratti più vistosi non solo de El recurso, ma di tutta la produzione narrativa di Carpentier. Già nel Prologo del Reino de este mundo (1949) lo scrittore affermava: «Siempre me ha parecido significativo el hecho de que, en 1780, unos cuerdos espaiioles, salidos de Angostura, se lanzaran todavia en busca de El Dorado, y que, en dias de la Revoluci6n Francesa - i vivan la Raz6n y el Ser Supremo! - el compostelano Francisco Menéndez anduviera por tierras de Patagonia buscando la Ciudad Encantada de los Césares». Nelle opere posteriori al Reino - e in particolare ·nei più tardi romanzi, El siglo de las luces, El recurso del método, Concierto barroco e La consagraci6n de la Primavera - il contatto con la cultura altra da quella caraibica trova una realtà emblematica in cui materializzarsi. Ne El siglo si tratta essenzialmente di «oggetti» di ambito figurativo: i Desastres de la guerra di Goya e un quadro del secentesco Monsù Desiderio, la mirabolante Esplosione nella cattedrale. In Concierto barroco l'emblema culturale straniero è costituito dal melodramma di Antonio Vivaldi su Montezuma, e ne La consagraci6n dal balletto omonimo di Stravinskij. Ne El recurso appunto dal «breviario» di frammenti cartesiani. Molto spesso questi riferimenti esterni trovano modo di collocarsi in un luogo testuale assai particolare: l'exergo. È già stato notato come l'uso dell'exergo, ossia della citazione all'inizio di capitolo, sia un elemento caratteristico della scrittura di Carpentier; a mio avviso non si tratta però solo di un «espediente d'ambientazione», come vorrebbero alcuni (cfr. in particolare A. Marquez, La obra narrativa de Alejo Carpentier, Caracas 1970), giacché è proprio l'exergo a mettere in primo piano la natura profondamente dialogica - in senso bachtiniano - delle opere dello scrittore caraibico. Quando in parecchi capitoli de El siglo de las luces come epigrafi vengono utilizzati i titoli dei sopra ricordati Desastres, indubbia risulta l'intenzione di giocare su quel doppio scarto che il bianco della pagina che separa exergo e corpo della narrazione ha reso evidente: sullo scarto fra testo figurativo - assente ma evocato in modo metonimico dal suo titolo - e testo romanzesco, e sullo scarto fra referente culturale e ideologico dell'opera di Goya e referente del racconto moderno. Ancor più denso di significato è il fatto che tutte le citazioni da Descartes de El recurso (meno una) sono impiegate come exerga dei diversi capitoli e paragrafi. Isolando vistosamente le frasi filosofiche rispetto al testo narrativo Carpentier sembra in primo luogo voler compiere una precisa operazione mimetica nei confronti del modello secentesco. Alla base del metodo cartesiano vi è, com'è noto, un duplice processo d'intuizione e di deduzione: le verità semplici, ossia i principi che possono essere intuiti in quanto razionalmente evidenti, diventano il punto di partenza per una più complessa attività deduttiva. Tale attività qeduttiva porta ad ro sembrarci sommamente stravaganti e ridicole, non mancavano di essere generalmente accolte e approvate da altri grandi popoli» (Discours, p. 138), segue la descrizione del subitaneo penetrare nell'arretrato paese del Primer Magistrado delle più pazze mode nordamericane. Così ancora all'exergo del secondo capitolo: «[... ] così ostinato è ciascuno nel suo criterio, che potremmo trovare tanti riformatori quante teste esistono al mondo» renza autonoma l'uno rispetto all'altro - entrino in un contatto di tipo sintagmatico, tendente a produrre una vistosa interazione, l'exergo preposto ad un testo si costituisce, nei confronti di quest'ultimo, come l'uno dei poli di un rapporto di similarità, di carattere cioè paradigmatico, che riduce molto l'effetto interattivo fra i due sistemi. Ora, come si sa - e basti sòlo ricordare le considerazioni in proposito di Roman Jakobson -, è proprio il modello del mondo creato dai surrealisti a privilegiare le relazioni similari, metaforiche, ed è il loro modello espressivo a privilegiare le strutture di tipo paradigmatico. Secondo André Breton solo dalla sistematica giustapposizione di oggetti radicalmente estranei l'uno rispetto all'altro può nascere la vera situazione espressiva surrealista. (A. Breton, Les vases communicants, Paris 1932, p. 129). ---~Quadrimestrale del Centro di Ricerca Direi allora, per concludere, che su/fa Tradizione Manoscritta di Autori Contemporanei. U11i1·ersitàdi Pa1·ia proprio l'analisi degli espedienti Nel settimo numero: formali, del metodo del discorso Autografiineditidel «Notturno» messo in atto ne El recurso conduLetterea L. Bariledi AntonioPizzuto ce alla convinzione che il romanzo Il «Fondo R. Bilenchi»dell'Universitàdi Pavia di Carpentier sia, fra le altre cose, Saggidi RomanoLuperini, Carla Riccardi,FabrizioBagatti,LauraBarile un raffinato omaggio alle radici Inlibreriaa lire 10.000 culturali del suo autore: ad una ciAbbonamentoper un anno (3 numeri)Lire 28.000 viltà, quella della Francia moderlnviarcl"importoaCooperativaIntrapresa na, le cui origini sono indubbiaViaCaposilc 2. 20137 Milano mente da ricercare nel razionaliConto Corrente Postale 15431208 ------------------------------ smo cartesiano; ad un movimento identificare e connettere fra loro i dati della realtà che da questi principi risultano informati. Ora, tra ogni frammento filosofico posto come exergo ad un capitolo de El recurso e il contenuto del capitolo stesso esiste un legame di tipo deduttivo analogo a quello che Descartes aveva stabilito fra verità semplici e dati dell'esperienza: dalla citazione della «verità» cartesiana Carpentier deduce, il più delle volte in chiave ironica o perfino an- •tifrastica, la reale trama di azioni e avvenimenti interpretabili alla luce di tale verità. Così all'exergo del paragrafo 10: «Molte cose [... ], sebbene potesse- (Discours, pp. 174-5), corrisponde il panorama non solo dei programmi delle forze di opposizione - dai pragmatici studenti universitari al dottor Lufs Leoncio Martinez, stralunato utopista e teosofo-, ma anche delle rozze e militaresche opinioni dei collaboratori del ditta- •tore. M a la scansione ritmica exergo filosofico - «dimostrazione» romanzesca, che caratterizza la struttura de El recurso, sembra rispondere anche ad un preciso intento teorico. Se infatti una citazione inserita in un testo fa sì che due sistemi - pur a refedi pensiero, il Surrealismo - ed in particolare il Surrealismo «critico» di Queneau - fondamentale per gli sviluppi del real maravilloso latino-americano. Nota bibliografica René Descartes, Le discours de la méthode, Leiden 1637 cit. da Opere filosofiche di René Descartes, a c. di B. Wilmar,Torino,Utet, 1969. RaymondQueneau Le chiendent, Paris, Gallimard 1933, tr. it. li pantano, Torino,Einaudi, 1949. Alejo Carpentier El recurso del método, Mexico,SigloVeintiunoeditores, 1974, tr. it. Il ricorso del metodo, Roma, Editori Riuniti, 1976; Concierto barroco, Mexico,SigloVeintiunoeditores, 1974, tr. it. Concerto barocco, Napoli,JN editore, 1985. Il futuro ~!lini primitivo ( f è una pagina di un libro di memorie, dagli esiti commerciali meno fortunati di quelli del suo illustre «cugino» Papillon, che esprime con la finta ingenuità degli illetterati tutto il sapore di una conoscenza applicativa e classificatoria che attraversando l'esperienza passa nel linguaggio con le strutture immaginative di un ex -voto. Si tratta della descrizione del formichiere fornita da Aldo Pomini nel suo Ballo dei pescicani (Einaudi 1973): «Alla Guyane c'è anche il tipo che mangia le formiche, qualunque sia, grossa, piccola, velenosa o'no. Quel topo arriva a essere molto più grosso di un bel coniglio. Ha la lingua sottile lunga circa trenta centimetri e dura come il cuoio; ha il pelo corto come il topo nostro. Così, quando trova un nido di formiche, lui mette la lingua dentro il buco, tutte le formiche vanno sopra la lingua per mordere e così lui si nutrisce. Quando trova un bel nido, lui con la lingua va su e giù finché è sazio. Quel topo i cacciatori li fanno una caccia spietata; mettono trappole a dove possono passare. La carne è molto saporita e sono molto richiesti e pagati bene. Bisogna solo acchiap~ parli; quello è difficile: è un topo, e furbo. IÒne ho visto uno al campo di Charvin, l'unico, però nonne ho -,.mangiato». Non riusciamo a risparmiarci due banalità: la prima, che questa scrittura è già primitiva perché sgrammaticata, mistilingue, «orale»; la seconda, un po' più sofisticata, è di origine intertestuale (dal punto di vista di chi sta scrivendo): El libro de Los seres imaginarios, integrazione del Manual de zoologia fantastica di Jorge Lufs Borges e Margarita Guerrero, contiene schede non dissimili da questa che pure hanno il sapore di descrizioni, pur essendo vere soltanto nei paradisi artificiali del sapere fantastico: così è per la volpe cinese a cui «è sufficiente sfeizare la terra con la coda per provocare incendi» o per l'uccello della pioggia che «beve l'acqua deifi.umi e la lascia poi cadere sullà terra» o per il divinatorio elefante «che preannunziò la nascita di Buddha». Gli esempi si moltiplicano. Il mansueto celebre autofago castoro del Fisiologo che «quando è inseguito dai cacciatori e si rende conto di esser preso, si tronca gli organi .- sessuali e li getta:al cacciatore» non· lo potremo mai vedere in un noiosissimo . documentario ecologico (ma molti, non per questo-, si potranno esimere dal presentarlo come una «metafora vivente» per casi umani a loro noti); e nel Liber monstrorum de diversis generibus, ecco spuntare un formicone che avremmo volentieri collocato nel mondo possibile di Pomini: «Fra tutte le sciocche vuotaggini che si raccontanq va rammentata quella di un'isola lontana piena di formiche con sei zampe, nere come la notte e mostruosamente veloci. Laggiù, si dice, c'è oro in incredibile quantità, e le formicone con paziente Javorio lo accumulano e gli fanno la guardia». S alvador DaH racconta di esser stato attratto dalle mosche celestiali che richiamava sulle proprie labbra coperte all'uopo di zucchero, con lo stile tipico di chi - stando ai dialoghi di Tasso - cosparge appunto di miele i labbri del vaso per far ingurgitare ai bambini riottosi l'amara medicina. Mosche arlecchinesche e stregonesche (trattate in un bel saggio da Lucia Lazzerini, in Studi mediolatini e volgari, 1972) contendono primati letterari alle rane e ai calabroni di Aristofane. E poi cosa sarebbero le fiabe senza animali e il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi di Leopardi senza le pagine sulla fenice e la lince? Quante dimostrazioni filosofiche sull'esistenza dell'anima potrebbero stare in piedi senza animali compiacenti, cavie silenziose di pensieri deboli e forti? Per questi ultimi argomenti basta rinviare alla lettera che il 23 novembre 1646 Descartes inviò al marchese di Newcastle attaccando la posizione di Montaigne (cfr. K. Pomian, «De l'animai camme etre philosophique», in Débat); in effetti gli animali «sanno fare un'infinità di cose meglio di noi», ma per prudenza non è di questo che vogliamo parlare. Il fatto è che gli animali ci danno un sicuro passaporto per affacciarci al «primitivo» una categoria labile e discussa su cui, come osserva Godelier, più nessuno è d'accordo. Gli animali fantastici, di più, sembrano «contraddire le proposizioni sµlle quali si fonda un qualsiasi genere di tassonomia perché mettono in discussione le regolarità di ogni specie (così si esprime Dan Sperber polemizzando con S.J. Tam- 'O biah, in L'homme, 1975). -~ Gli animali sono, si sa, di perti- ~ nenza dell'antropologia e su que- c:i.. sto - dopo Lévi-Strauss - nessuno ~ ...... ha più il coraggio di discutere, fa- ~ cendosi venire il sottile· sospetto -~ che, in fondo, in tal modo, per eri- §- gere una scienza dell'uomo, si è ~ avuto bisogno delle bestie; Trilussa i:: sarebbe d'accordo: «L'omo è sceso ~ IU da la Scimmia: I barbottava un Pro- .e fessore - / nun me pare che 'sta be- t

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