Alfabeta - anno VIII - n. 83 - aprile 1986

Unvestit@,s,per le idee P rima di parlare della grafica, bisognerebbe domandarsi che cos'è la grafica. E - forse sarò un dilettante - non mi sembra che la risposta sia così facile e banale. Il fatto è che per «grafica» il senso comune intende una riduzione: il manifesto, il poster, la copertina del catalogo, il logotipo dell'azienda, il frontespizio di un libro, il dépliant di una manifestazione, l'invito a un concerto. Insomma: qualcosa che sta a metà strada fra il cartellon~ pubblicitario e l'opera dell'artista, e che comunque è legato ad una superficie bidimensionale da illustrare per meglio gratificare o informare un pubblico. Naturalmente, molti sanno che «grafica» sono anche parecchie altre cose. Tutti percepiscono che il disegno della mappa di una metropolitana è opera di un grafico. Che senza quest'ultimo non si potrebbe concepire un orario ferroviario o di autobus.· Che è sempre il grafico che costruisce quel sistema astratto di linee (la «gabbia») che ci permette di leggere il contenuto di un libro o di un giornale. E che è infine un grafico che inventa la costruzione di un'immagine televisiva. Ci sono altre cose, però, che non vengono intese come appartenenti alla grafica. Eppure: che cos'è un sistema di segnalazione stradale? O ancora: che cos'è la facciata di un palazzo pubblico o privato? E, tanto per concludere: che cos'è la disposizione di un ufficio di grandi dimensioni, il contenitore di un prodotto, persino il sacchetto della spazzatura? A ben vedere, tutto o quasi è grafica. Non è dunque possibile delimitare la sua sfera di azione ad una classe di oggetti piuttosto che a un'altra. Piuttosto, sembrerebbe essere la funzione della .grafica a distinguerla dalle altre discipline progettuali. All'interno del progetto, infatti, la grafica focalizza una vera e propria prospettiva, un esplicito punto di vista. Me11trealtre fasi del progetto conducono all'oggetto finale occupandosi della sua struttura, della sua finalità, della sua estetica globale, della sua riproducibilità, e così via, la grafica vede quello stesso oggetto nella sua proiezione verso l'esterno. La grafica, insomma, si occupa di una mediazione fra l'oggetto e il suo pubblico. Lo traduce in un sistema di visibilità. Questa osservazione permette allora di sfrondare le valutazioni sulla grafica da una serie di equivoci tradizionali. In primo luogo: deve essere completamente rivisto il criterio secondo il quale la critica oppone una cosiddetta «grafica razionalista» ad una «grafica postmoderna», essendo quest'ultima caratterizzata da un'esplosione di cosiddetta «creatività libera» contro la funzionalità e il rigore precedenti. Magari ciò sarà vero per l'arte, o, chissà, persino per l'architettura, ma il principio non funziona nel nostro caso. Comunque un lavoro grafico costruisce un sistema. Al massimo, si indirizzerà verso la cosfruzione di effetti di asistematicità, derivanti in ogni caso da un sistema. Altro equivoco in cui capita di imbattersi: la confusione fra grafica e arte. Non che là grafica non possa contenere valori estetici, anzi. Ma li contiene in modo diverso. Non si tratta della medesima creatività, non foss'altro per il concetto di base che la grafica parte dall'esigenza di comprensibilità e a questa adegua il suo stile, mentre l'arte parte dallo stile (diciamo meglio: dalla forma) e a questa eventualmente si adegueranno coloro che vogliono comprendere. In sostanza: c'è uno specifico vincolo comunicativo che fa differire la produzione del messaggio mediante la grafica e quella mediante qualsiasi altro canale di significazione. Q ~esta lunghissima pre~essa e purtroppo necessana se vogliamo rispondere a qualsiasi domanda sull'evoluzione attuale di questa tecnica o disciplina che dir si voglia. Occorre infatti precisare la differenza della grafica tanto dalle discipline progettuali quanto dalle pratiche comunicative, prima di classificare i fenomeni complessi di oggi. Ad esempio: mentre le discipline progettuali producono oggetti, e con essi idee sul loro uso, la grafica funge da mediazione perché essi siano appunto usati e compresi (e pertanto si proietta in un ordine prettamente comunicativo sotto l'angolatura principale della visione); e mentre le varie pratiche comunicative solitamente producono forme e contenuti, con diverse strategie, la grafica produce invece sempre comunicazioni sotto l'aspetto· di oggetti (sia pur quasi sempre bidimensionali). Insomma, mi pare di riconoscere alla grafica un doppio statuto di mediazione: quello di donare agli oggetti un vestito comunicativo (cioè un «abito» di idee), e quello di donare alle idee un vestito comunicativo (cioè un «abito» mate- , riale). Ecco perché, piuttosto che esaminare la grafica dall'eventuale punto di vista dei suoi stili, o inversamente da quello della sua «efficacia» comunicativa, mi pare preUn triplice sorso, china su cartoncino, 364x413 feribile impostare il nostro discorso sulle strategie sistemiche con cui essa di volta in volta si manifesta. Ritorniamo, così, alla famosa opposizione fra una grafica razionalista e una grafica irregolare che ho accennato poc'anzi. Certamente è vero che questj due filoni- con molta rozzezza - appaiono come due direzioni estreme e conflittuali nel panorama contemporaneo. Alla base dello stile cosiddetto «razionalista» sta una concezione dello spazio e dell'oggetto grafico che oserei definire «rinascimentale». La geometria euclidea, con le sue forme regolari, misurate, centrate, ritmate in modo aureo, colorate secondo una combinatoria di colori primari è il suo fondamento. Il principio regolatore consiste pertanto nella nozione di ordine e di ··='Q·· i.. ·=····-=·-.•. Jf ~- .... l..... 1.... :::: ~,,,;,,:,,,;,:;,;ili"' •••• :'';I:[:: Q :::::•:··:: ·-·=== ····O ......... ·:::· . . .... -:-..... :-..... ~ . . . ... . . . . . . . . . . . . . ' . Tornasole graficafo, tografia Non è così vero, tuttavia, che l'una e l'altra siano pure propaggini di due stili .in competizione, l'uno ripiegato sul Movimento Moderno, l'altro sulla sua critica radicale. Entrambi ·sono infatti il frutto di una ricerca sistematica, e pertanto - aldilà dì somiglianze di superficie - costituiscono piuttosto l'espressione di due modi (questi, sì, diverComunicazione Pesaro0,721/399453 completezza di un sistema chiuso ed elementare. Non per nulla, solitamente, la· grafica «razionalista» la vedremo applicata ad oggetti che sono omogenei e coerenti alla loro manifestazione visiva, e preferibilmente la vedremo vestire concetti altrettanto ordinati. Il grafico di questo tipo, se dovesse applicarsi a t( c. un qualche filosofo, sceglierebbe Cartesio o al massimo Leibniz, senza parlare di Aristotele. L a grafica «postmoderna» ribalta la forma interna, soggiacente, del progetto, non la annulla affatto. Semplicemente propone una razionalità diversa. Ad esempiò: lo spazio sostrato diventa non euclideo, diventa spazio polidimensionale, instabile, frattale. La geometria di questo tipo è piuttosto irregolare, acentrata, aritmica, smisurata, eccessiva, al limite dellà percezione stessa, colorata secondo sistemi impuri e po.co scanditi: Il suo principio regolatore è quello de.Idisor.dine (o·piutt~sto della singolarità), e quello dell'incompletezza oppure dell'affollamento del sistema. Anche in questo caso, vi sono talora analogie con gli oggetti ai quali preferenzialmente si applica: oggetti spettacolari, dissonanti, dissenzienti; idee di per sé eccessive, colorate, eccedenti. Con un carattere in più: che proprio il suo voluto effetto di caoticità le permette di adeguarsi in modo migliore anche ad oggetti diversi da sé. Paradossalmente: mentre per un oggetto o un'idea irregolari la grafica regolare non potrebbe mai funzionare, si dà invece benissimo il contrario, cioè che un oggetto razionale può essere mediato da una grafica irregolare. Esattamente come accade in qualunque movimento «barocco». Mentre i sistemi ordinati espellono il disordine da sé, i sistemi disordinati sono capaci di risucchiare dentro.di sé anche l'ordine. Il risultato, però, è chiaro: la grafica del primo tipo è comunque ristretta al principio di mediazione che si diceva; la grafica del secondo corre •perennemente il rischio di non svolgerne nessuna, e di proporre piuttosto se stessa come sostituto di ciò che dovrebbe mediare. Ma infatti, se osserviamo analiticamente le produzioni ormai correnti di grafica irregolare, dobbiamo dire che questo rischio viene ampiamente corso. Se soltanto, ad esempio, la necessaria sistematicità dell'antisistematicità viene a cadere, ci troviamo dinanzi a operazioni di estremo dilettantismo. Oppure: se soltanto l'aggancio della mediazione si perde, la grafica diventa pura apparenza di superficie, ornamento a se stante, imitazione di un'opera d'arte. E forse è proprio per la consapevolezza di questo rischio che tanti grafici irregolari di oggi si richiamano al malinteso principio dell'esteticità, capace di mascherare qualunque errore D'altronde è anche vero che raramente, ormai, ci troviamo dinanzi a espressioni «pure» delle due tendenze. I grafici che oggi hanno successo non si mantengono alla razionalità delle «scuole svizzere», ma nello stesso tempo non si abbandonano totalmente alla sfrenatezza dell'irregolarità. Ritroviamo, caso mai, un filone «doppio»: una forte regolazione degli impianti di base, della struttura soggiacente del .messaggio, che funziona quasi da spartito per sistemi di notazione complessa costituiti dalle immagini di superficie. Così, mentre il gusto dell'epoca, ammettiamolo, è «neobarocco», il settore della grafica quasi se ne distacca. «Neobarocco», sì, ma con juicio.

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