Alfabeta - anno VIII - n. 83 - aprile 1986

Traduzione - - comecomun1cm1one Il· "Sto indirizzando la con- '' vinzione... " -No- "Vado convincendome stesso dell'atto di trasmettere."». Tra i tortuosi percorsi del senso, simili a quelli che Calvino ha riprodotto nel romanzo a incastro Se una notte d'inverno un viaggiatore, ha spesso inizio l'avventura della decodifica di un testo, da cui prende l'avvio l'atto del tradurre. Quante volte il traduttore si è smarrito nella «selva oscura» della destrutturazione, prima di ritrova- ·re, come dice Calvino, «il disegno d'una vicenda», e, «dall'affannata decifrazione di grumi verbali», giungere alla definitiva ri-strutturazione del testo di arrivo? Un cumulo enorme di atti consci e inconsci permette di passare da quei grumi verbali, ricavati dal primo approccio al testo, alla narrazione distesa: «Mi sto convincendo che il mondo vuole dirmi qualcosa, mandandomi messaggi, avvisi, segnali». Il viaggio - perché di un viaggio si tratta e, a volte, su una lunga distanza spazio-temporale - tra il primo testo informe, che ricalca molto da vicino il codice di partenza, e il secondo nel quale il traduttore ha lasciato la sua impronta inequivocabile, comporta tutta una serie di operazioni che negli ultimi tempi sono stati oggetto di approfonditi studi e ricerche. I complessi problemi legati in particolare alla traduzione «automatica», che ha destato l'attenzione di sociolinguisti, semiologi, psicologi e persino neurologi, hanno portato a sviluppare enormemente lo studio teorico dei processi traduttivi, senza però risolvere del tutto le ambiguità di natura pratica che da sempre arrovellano i traduttori di letteratura e in particolare i traduttori di poesia: è possibile tradurre? come tradurre? Una grande varietà di risposte soggettive a tali quesiti ci è stata consegnata dalla copiosa memorialistica che i traduttori-scrittori di tutti i tempi - a cominciare, come ricorda G. Mounin (Teoria e storia della traduzione, Torino, 1965), da quello straordinario traduttore dal greco che fu Cicerone - hanno sentito il bisogno di lasciare, per tentare di risolvere le contraddizioni connesse con l'atto del tradurre. In realtà una risposta alle due domande correlate: fino a che punto è possibile tradurre e quanto di soggettivo c'è nell'operazione di resa, noQè possibile formularla se non invadendo quel settore ancora non del tutto esplorato della creatività, della competenza ( competence) del mittente, A nessuno ormai, nelle nostre latitudini culturali, viene in mente di dire a priori: un autore deve compiere determinate operazioni linguistiche per attuare la sua opera, per consegnarci un testo. Semmai, al punto in cui siamo oggi- e la sensibilità collettiva sembra reclamarlo - possiamo dire che il testo, nella sua autonomia, tende ad una funzione comunicativa, è portatore di senso. Così, per un procedimento analogico, possiamo estendere alla traduzione di quel testo una funzione equipollente. Ma con quali mezzi ottenere l'equipollenza? N onostante i sofisticati strumenti teorici che oggi il traduttore ricava dalla nutrita bibliografia in proposito (ricordiamo in particolare J. House, A Model for Traslation Quality Assessment, Tiibingen, 1977; K. Reiss, Moglichkeiten und Grenzen der Ubersetzungskritik, Miinchen, 1971, che pongono l'accento sulla questione testuale) su questo punVilma Costantini tor in fabula, Milano, 1979) gli impone di fare: colmare gli spazi del non-detto, sciogliere le ambiguità, cooperare in sostanza col testo affinché questo attualizzi in maniera definitiva i propri contenuti. In un secondo momento (che G. Rabonì su queste pagine indicava, a propo~ sito della sua traduzione della Recherche di Proust, come «lettura in tempo reale») il traduttore, senza zione variano a seconda della sua capacità di penetrare profondamente nel processo generativo dell'opera. E in questo rapporto triangolare, per quanto paradossale possa sembrare, quanto più il traduttore si mette dalla parte del lettore, trascurando (tradendo) per così dire l'autore, tanto più risulterà valida l'operazione di resa, che deve accostarsi il più possibile al Cordial Bitter Campari, 1928, china su carta, 255x361 to la ricerca non va avanti più di tanto, risolvendosi in una sorta di movimento circolare che riporta sempre al punto di partenza: il testo. È nel testo che avviene l'incontro tra il mittente e il destinatario, tra autore e lettore. Il rapporto di comunicazione non si attua direttamente tra .i punti di partenza e di arrivo, ma è mediato dal testo. Il traduttore, in quanto prima di tutto lettore-destinatario, compie quelle operazioni che il testo, come una «macchina pigra», secondo la definizione di Umberto Eco (Lecperdere di vista la propria funzione di lettore, riporta il testo nell'ambito di un nuovo contesto linguistico ed extralinguistico (enciclopedia, cultura, ecc.) affinché altri destinatari possano ripetere lo stesso - nel caso ottimale - percorso comunicativo che si era instaurato nella prima operazione di lettura. Egli ristabilisce nel nuovo testo i rapporti tra i pieni e i vuoti, ricostruisce ambiguità, riproduce attraverso l'operazione linguistica quell'atto creativo che aveva colto nella lettura. È ovvio che in un'operazione di questo tipo i livelli di approssimaprimo e forse irripetibile atto dicomunicazione in cui la «scoperta» del testo instaura una serie di consonanze e di relazioni di natura composita. La prospettiva di non poter più ripetere tale esperienza - e la lettura è sempre precedente in ordine logico oltre che temporale, nei meccanismi del tradurre - e di non poterla ritrasmettere nello stesso grado di intensità, causa al traduttore il suo maggiore disagio nei confronti della propria resa, gli pone quegli interrogativi di fondo che lo fanno dubitare in ogni momento della legittimità di una tale operazione. L'autore, nella fase generativa della sua opera sceglie da un'infinita gamma di possibilità linguistiche e tale scelta comporta una rinuncia a tutte le possibilità sacrificate, almeno momentaneamente, a quell'una. Per il traduttore si ripropone analogamente il problema della scelta e del «sacrificio». Anzi egli in qualche modo mette in discussione le scelte operate dall'autore, in vista della nuova comunicazione. Quanti sono i modi di lettura - gli approcci critici - di un testo? Quante sono le possibilità di restituire in traduzione un testo, in particolare un testo ad alta concentrazione semantica come quello poetico? Si veda quanto divergono le traduzioni di una opera poetica che ha goduto di particolare fortuna in un'area linguistica - accantoniamo qui volutamente il problema della· cosiddetta fedeltà ed altre questioni di natura teorico-pratica. Per il traduttore tuttavia, ancor più che per l'autore, si attua quello che Maria Corti (Principi della comunicazione letteraria, Milano, 1976) chiama «calo di libertà» nei confronti dell'opera stessa, che impone le sue leggi. S e, come dice Barthes, il lettore è in qualche modo produttore di testo, il traduttore lo è in forma duplice: in proprio e per conto di altri ed è da questi «altri» condizionato nella ri-produzione del testo. Condizionato nel senso che Walter Benjamin indicava nel suo celebre saggio «Il compito del traduttore» (in Angelus Novus, Torino, 1962): «La traduzione non si trova ... all'interno della foresta del linguaggio, ma al di fuori di esso, dirimpetto ad esso, e senza porvi piede, vi fa entrare l'originale, e ciò in quel solo punto dove l'eco della propria lingua può rispondere all'opera della lingua straniera». La lingua del poeta «è ingenua, primaria, intuitiva, quella del traduttore derivata, ultima, ideale». L'autore può guardare, quasi come in un'ipotetica macchina del tempo, all'eventuale lettore di epoche future, a quel lettore unive1salcper il quale in definitiva egli scrive. Il suo atto creativo, tanto più è grande, è attraversato da tutte le aspettative di lettura che si stratificano nel tempo, dalle quali viene arricchendosi. L'occhio del traduttore è invece rivolto unicamente al proprio contesto storico e socio-culturale e la sua operazione linguistica è ad esso strettamente legata. La sua prospettiva è limitata esclusivamente alla contemporaneità. È possibile, su questa via, consideràre la traduzione un vero e proprio genere letterario con un suo ben distinto ambito di comunicazione? Sì, se si considera la teoriz- "'tc::s zazione come una sorta di pro- .5 gramma, di poetica della traduzio- ~ ne, se si considera che il tentativo ~ di costruire una normatività prati- ~ ...... ca, che organizzi sistematicamente ~ il processo traduttivo, ben si accor- ,._ •da al rifiuto della ricerca tematica e §- formale che oggi, nell'ambito della ~ creazione letteraria, è evidente nel ti citazionismo, nel recupero volto a ~ rinnovare la destinazione, nella ri- Ì scritturaendolinguistica. ~

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