Alfabeta - anno VIII - n. 83 - aprile 1986

Mario Lavagetto Freud, la letteratura e altro Torino, Einaudi, 1985 pp. 438, lire 32:000 «Psicoanalisi al tornio della lettera» Il piccolo Hans n. 48 ottobre/dicembre 1985 Bari, Dedalo, 1985 pp. 216, lire 8.000 Giuliano Gramigna Le forme del desiderio Milano, Garzanti, 1986 pp. 178, lire 20.000 e hiarisco subito al lettore che il titolo che ho scelto per questo aiticolo è volutamente ambiguo: «le lettere» può infatti significare, tra l'altro, due cose: la letteratura («le arti e le lettere», «le belle lettere») e le lettere in senso stretto, quelle dell'alfabeto. Il discorso cui si intende qui accennare - soltanto accennare .data la sua portata e le sue implicazioni - è quello dell'eventuale nesso tra queste due definizioni, sulla scorta di alcuni scritti recenti, e sotto l'egida di Sigmund Freud. Al primo significato ci riporta immediatamente il bel libro di Mario Lavagetto, Freud, la letteratura e altro, un'ampia e appassionata ricognizione nel corpus dell'opera freudiana, di quanto è pubblicato del suo epistolario, delle testimonianze e dei rimandi di documenti, discussioni, elaborazioni critiche coeve o successive. La psicoanalisi ha infatti ormai pressoché un secolo, ma il dibattito intorno a essa è sempre vivo, come vivi e fecondi appaiono gli sviluppi, recenti e in corso, che la caratterizzano. E tuttavia ha ragione Lavagetto, quando sottolinea (p. 308) l'esigenza, ancora oggi, se al pensiero di Freud si voglia fare riferimento, di chiedere aiuto «a quella filologia freudiana che si rivela sempre più indispensabile per orientarsi all'interno di un'opera in continuo movimento»; di un'opera, cioè, che per il fatto di nascere da un'esperienza «clinica» protrattasi, per Freud, lungo l'arco di molti decenni, da tale esperienza trae cagione di continui aggiornamenti, appro: fondimenti, e anche di modificazioni profonde all'interno del suo iter conoscitivo e delle risultanze teoriche che ne conseguono. Tra le varie ottiche possibili in una ricognizione di tal genere, Lavagetto, che non è psicoanalista, ed è consapevole di quanto ciò implichi «ha cercato di attenersi ai dati di un'esperienza critico-letteraria: privilegiando alcuni itinerari e tornando, quasi ossessivamente, sugli stessi punti» (p. 3). Ma questo non gli ha impedito di soffermarsi su altri numerosi aspetti della psicoanalisi, e di dedicare, in particolare, ampio spazio e fini osservazioni alla controversa discussione sul suo statuto epistemologico, o a un motivo più propriamente interno alla «tecnica» dell'operare clinicò, quale la «costruzione» cui Freud ritornò in modo specifico nel (:i .5 1937, al termine della sua vita, con ~ il saggio «Costruzioni nell'analisi». Cl.. Si sa che Freud tenne a ricoprire ~ molti particolari della sua vita; e ..... ~ che, malgrado le molte biografie "- che hanno arricchito o corretto f:} 62 quella ancora fondamentale di Ernest Jones, molte sono le zone d'ombra che ancora rimangono. {! Sempre muovendo dall'interno de- l gli scritti freudiani, Lavagetto ci ~ dà, a tale proposito, contributi di Freude le I grande rilevanza: sull'esperienza dell'impiego della cocaina, per esempio, e su alcune peculiarità dei materiali che confluirono negli Studi sull'isteria, e, più in generale, sugli anni che precedettero immediatamente l'elaborazione della Interpretazione dei sogni (18991900). Ma il filo che tiene unita tutta la ricerca di questo libro è la tematica della «narrazione»: sia che essa espliciti e rielabori, da parte del paziente, i materiali dei sogni, sia che coinvolga le modalità attraverso cui Freud, nei Casi clinici e in altre occasioni, presenta la storia e i risultati del proprio lavoro. E qui, ovviamente, lo studioso di probleMario Spinella trae nome) non sembra aver colto, e tanto meno elaborato, in tutte le sue possibili implicazioni, passandogli, se così si può dire, accanto. Il più recente fascicolo della rivista (n. 48) è intitolato a Psicoanalisi al tornio della lettera: un titolo che arieggia al contenuto dell'ampio saggio di S. Finzi, «Il posto dell'Origine nel riconoscimento della psicosi», ma che in pari tempo allude all'impiego chiarificatore che il materiale fornito da Freud sulla funzione della lettera nel significante può assolvere, incontrandosi con gli apporti teorici della linguistica post-saussuriana, nell'analisi de).testo poetico (e letterario in ge- • nere). \~ ; ~ " !S,• {:-l ur C,t(}t ~lét./'--1. 0 " - ....... _,.._ - -- re sottolineando ulteriormente la funzione della lettera come generatrice - per il suo fare «intoppo, groviglio, ostacolo, interruzione, ingorgo nei confronti del decorrere lineare, progressivo, teleologico del discorso» - di «Senso». «Per cui il Senso che ne è prodotto si configurerà sempre più come quel senso originario, anteriore al concetto e ai significati, che il Discorso ha tendenzialmente occultato, o rimosso». E tuttavia la lettera, per consistere, ha bisogno del supporto del Discorso, e pertanto «l'origine di cui il Senso reca testimonianza non sarà altro che un effetto del postumo», con una «stupefacente antiStudio per Bitter Campari, 1934, china su carta, J95x275 mi di teoria della letteratura, qual è Lavagetto, ha molto da suggerirci, malgrado i limiti che la sua sensibilissima acribia critica gli autoimpone, facendolo arrestare di fronte a -quello snodo tra psicoanalisi e letteratura che Lacan ha chiamato «l'i"nstanzadella lettera» in psicoanalisi. S u questo snodo già da anni lavora, in Italia, la rivista Il piccolo Hans, forte della presenza, clinica e teorica, del suo direttore, Sergio Finzi, e di Virginia Finzi Ghisi, entrambi da tempo impegnati a sdipanare tutte le conseguenze della propria individuazione di un «luogo della fobia», che Freud, anche il Freud del celebre caso clinico Analisi della fobia di un bambino di cinque anni (quel «piccolo Hans» dal quale la rivista Su questo ultimo versante si muove - insieme con altri articoli del fascicolo - la densa nota teorica e metodologica di Stefano Agosti, «La lettera, il testo, il senso», che apre la parte del numero più specificamente dedicata a analisi testuali (dello stesso Agosti su un sonetto di Mallarmé, di Giorgio Orelli su un'ottava ariostesca e sul suo trascorrere in Marino e Tasso, di Maurizio Perugi su una canzone di Arnaut Daniel, di Giuliano Gramigna su un racconto di Poe, dello studioso belga Jan Baetens sulla «messa in pagina» del romanzo Passage di Renaud Camus). In «La lettera, il testo, il senso» Agosti condensa, mette a fuoco, sviluppa i risultati del suo lavoro di critico, non solo ridefinendo e precisando la nozione di «Senso» (contrapposto a «Significato»), ma nomia», con un rovesciamento «del concetto canonico del tempo». e on il saggio di Sergio Finzi (e con l'editoriale di Virginia Finzi Ghisi che si rifà alle conseguenze della fatale distrazione che attribuì al neonato Shandy l'«infame» nome di Tristram in luogo del «nobile» Trismegisto) l'orizzonte delle implicazioni della lettera e del suo impatto con il nome - proprio o del padre - si estende, al di là ·dei testi letterari, ma non certo in contraddizione con quanto essi contengono di «verità» - sul destino stesso del soggetto: non più, ormai, cartesiano. Nel ripercorrere (si vedano anche, nel n. 46 del Piccolo Hans, i suoi scritti «Una teoria audace. Darwin e l'origine della psicoanalisi» e «Dal viàggio di uno psicoanalista intorno a Darwin») l'iter che porta il grande scienziato alle sue scoperte, e, prima ancora, alla direzione delle sue ricerche, Sergio Finzi mette in luce e sottolinea tra l'altro, tra il molto altro, il ruolo che la lettera w, la lettera iniziale del cognome Wedgwood della moglie, e della madre, ebbe per Darwin. Una lettera che si collegava direttamente alla celebre manifattura di ceramiche di cui i Wedgwood erano i proprietari, che recava il loro «marchio», e che aveva a che fare con l'arte plasmatrice del vasaio, con i cunei, (wedges), gli spigoli, gli uncini che vediamo in varia guisa emergere negli studi di Darwin e nelle loro conclusioni. Una lettera- sottolinea Finzi- che Darwin, da piccolo, non sapeva pronunziare: «e tutte queste w non rimandano fatalmente all'iniziale di Wedgwood, di quel gruppo di lettere, quel fascio di cunei, che dovevano imprimere sul piccolo Darwin il marchio dei legami di amore e di amicizia del padre e del nonno, marchio che in questo caso appartiene alla sfera reale del commercio, marchio di fabbrica e di . traffici, portatore di quell'impronta di artificio e di transfert che Darwin imprimerà alla sua nozione di istinto: somma di molteplici congegni, "lunga storia di utili espedienti", una grande invenzione meccanica e insieme un'opera: d'arte?». D i nuovo a psicoanalisi e letteratura ci riporta la raccolta di saggi di Giuliano Gramigna, Le forme del desiderio. Gramigna, che fa parte anch'egli del gruppo redazione del Piccolo Hans, risale a Freud, e alla sua teorizzazione del «desiderio», attraverso Lacan, quel Lacan che sin dal titolo del primo scritto, e con uno scambio, non casuale, di lettere, di sapore, appunto, lacaniano, viene investito, dall'autore, di «affetto»: a dire dell' «effetto» che l'opera di questo psicoanalista ha prodotto sul critico letterario, ma anche, in maniera sovradeterminante, del ruolo che gli «affetti» assumono nel farsi della scrittura. «Nei dintorni dell'inconscio», la prima parte del libro, compie un percorso teorico, suffragato, del resto, da testi letterari (Manzoni, Proust, Leopardi ... ) che mette a fuoco gli strumenti di lavoro che la psicoanalisi fornisce alla metodologia critica. La seconda parte, «Le pulsioni poetiche», ne rappresenta l'applicazione sull'opera, o su singoli testi, di Montale, Zanzotto, Penna, Pasolini, Testori, Porta, Viviani, Cagnone. Un'applicazione che si dimostra feconda nel cogliere, volta a volta, i nessi tra «desiderio» (del poeta, del lettore) e resa poetica, secondo un tracciato non certo lineare, deduttivo, ma, al contrario, in una dispiegata compresenza e manifestazione dellefoterne «pulsioni». Se, al termine di questa breve rassegna, ci si interroga sul significato di questi scritti nella odierna ricerca, psicoanalitica e testuale, italiana, credo non si possa non sottolineare che non solo ci si trova di fronte a risultati di alto rilievo, ma che, lungi dal costituire una delle tante effimere «mode» culturali, essa muove verso un approfondimento e un'estensione ulteriore, con una originalità e un rigore che fanno, se si vuole concludere con un gioco linguistico, «testo».

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