Alfabeta - anno VIII - n. 83 - aprile 1986

e---- ..... i:::s .s ~ 1::1.. ~ ....... ~ I.. §- ~ ~ ~ ~ ~ :g ti sul secondo. Direi che questo, salvo accertare il reale grado di partecipazione da parte dei giovanissimi, è l'aspetto più positivo di tanto recente affaccendarsi intorno alla poesia. Dieci o quindici anni fa, se non inconcepibili, iniziative del genere rivestivano un carattere del tutto eccezionale. L e considerazioni qui esposte mi sembrano utili almeno come premessa alla risposta, necessariamente provvisoria, che tento di dare al quesito. Anzitutto, e in generale, raccomanderei che l'interesse dedicato alla poesia non assumesse forme isolanti e sedi isolate rispetto a qualunque altra manifestazione o iniziativa che abbia attinenza alla letteratura e all'arte e più generalmente alla cultura. In altri e pur sommari termini, se prima la poesia era trascurata, non c'è ora alcuna ragione, non dico di privilegiarla, ma di precostituirle santuari, nicchie o cappelle, facendone un corpo separato e dunque, fatalmente e contro le migliori intenzioni, ghettizzandola. A questo punto si aprono alcune questioni più particolari e concrete. Supponiamo che si decida di inserire nei programmi culturali, o addirittura nel più largo, non specifico intrattenimento, una serie di letture di testi poetici. C'è da chiedersi se tale iniziativa venga incontro a un bisogno o se non sia piuttosto un'aggressione, una violenza nei confronti dell'utente. Se tutto si limitasse a una funzione informativa, sarebbe meglio rinunciarvi. Mi sembra d'altra parte illusorio il proposito di accedere e di stimolare con la novità o con la sistematicità dell'iniziativa, valendosi dei mezzi di comunicazione di massa, un interesseprima inesistenteo del quale si supponga che vivesse allo stato latente, non alimentato a sufficienza dal gusto della lettura personale. A quest'ultima affermazione sembra contraddire l'afflusso di pubblico ad alcune, magari a molte, specie in provincia, manifestazioni dedicate alla poesia. Tralascio l'esame dello «happening» tipo Castel Porziano del quale qualcuno ha osservato, credo con ragione, che i veri protagonisti non erano i poeti o la poesia, bensì il pubblico e lo scatenamento di una parte di esso. Debbo d'altra parte ricordare che in altre manifestazioni i protagonisti poeti avevano come pubblico soprattutto i loro colleghi o aspiranti tali: un giro vizioso che spesso si riproduce. Ma per limitarci ai casi il cui esito parrebbe positivo in fatto di attenzione e magari di consenso aperto da parte del pubblico, fino a chepunto questo è determinato da una reale adesione al testo presentato e letto («rappresentato») e fino a che punto non è invece dovuto al grado di maggiore o minore spettacolarità? Ricordo i commenti, di varia natura, che avevano accompagnato le intermittenti apparizioni di Giuseppe Ungaretti nel corso delle puntate televisive dell'Odissea. Buffo e strano per alcuni, istrionico per altri, suggestivo e affascinante per altri ancora. Il baleno dello sguardo tra le feritoie degli occhi, la voce sussurrante e gli scoppi improvvisi ... Ho sentito alte lodi di alcune letture poetiche di grandi autori ad opera di Carmelo Bene, alle quali purtroppo non ho assistito. Le credo sulla parola, ma vorrei sapere quanti tra i telespettatori sono poi corsi a leggersi i brani dell'Odissea che Ungaretti ha tradotto o i poeti che Carmelo Bene ha fatto vivere sullo schermo. Si è così portati a supporre che la componente spettacolare sia determinante e addirittura decisiva e che dunque l'attenzione si sposti dal testo al personaggio entrato in scena. Nasce l'ipotesi, non tanto inverosimile, che le regole del consumismo tendano ad estendersi anche all'ambito della poesia, sin qui negletta, per assorbire anche quello. L'obiezione che sento opporre a questa pessimistica ipotesi, che cioè tutto quanto si fa a favore della «cultura», poesia inclusa, anche se in forme improprie è ben fatto, si scontra subito in una controobiezione: che lo spostamento verso la spettacolarità, oltre a falsare l'oggetto chiamato in causa, apre la via al cattivo spettacolo, o almeno a una spettacolarità meno invogliante, presto sazievole, superflua oltre che deformante. Rimangono di tutt'altro parere quanti assimilano, pur facendo anche qui le debite proporzioni, il recital di poesia agli altri recitals ( cantautori, jazz ecetera) che in estate affollano molte piazze d'Italia e del mondo, e aggiungono che in altri paesi (a parte il solito esempio degli stadi sovietici gremiti per ascoltare le dizioni del solito Evtuscenko) il fatto è ormai abituale e rientra tra leforme della nuova comunicatività (e, con un termine alla moda, creatività). Ciò comporterebbe l'immissione di un nuovo elemento nella «professionalità» dei poeti, evolutivo e innovante rispetto allo stesso fare poesia? Il discorso meriterebbe di essere approfondito. A parte ciò, torniamo all'aspetto spettacolare'.. \!1 l'accaduto nei mesi scorsi di assistere a una puntata di un servizio televisivo dedicato alle -neoavanguardie. In esso alcuni esponenti delle medesime dicevano le proprie ragioni e le appoggiavano con esempi della loro produzione. Fin qui niente di male, e può anche darsi che il desiderio o la curiosità di conoscere che cosa c'era dietro quella denominazione potesse sull'interesse dei telespettatori più di quanto non sia dato di ottenere col semplice annuncio di una lettura di versi, a chiunque appartengano, noto o ignoto, antico o moderno. Il guaio per me era un altro e rientrava in un uso o espe4iente che vedo normalmente applicato in questi casi. Tra le cose che a me pare necessario evitare - ed è per me significativo, negativamente, che rientri invece nella pratica appunto come espediente o presunto rimedio contro la noia - c'è la tendenza a «sceneggiare» la lettura alonandola o addirittura sommergendola con suoni, ossia con suoi presunti corrispettivi fonici o music(lli, mettendole attorno diversivi pittorici o fotografici, giocando su effetti di luce e ombra, introducendo mimi, coreografie eccetera. (Diverso sarebbe il caso di un «unicum», dovuto a una ideazione unica cioè senza interventi esterni, affidato alla responsabilità dell'autore, o degli autori se si tratta di una équipe, perché anche questo è possibile). Insomma la poesia deve essere data, offerta per come è e per quello che essa è. Diversamente tanto vale respingerla nella separatezza o nella clandestinità. Ora, ai fini della partecipazione (perché, se di questo dobbiamo parlare, l'ascoltatore diventa in qualche modo un interlocutore) penso sia giusto accogliere l'opinione secondo la quale la lettura a viva voce di un testo poetico è almeno un'integrazione della lettura solitaria, fatta a tavolino in un della sacralità bensì della concretezza del testo; e a favore di questa contro l'abuso o addirittura la cancellazione perpetrata dal «personaggio», sia esso autore o attore. Perché po·i, se dalla figura del mediatore e interprete, introverso o estroverso che sia, passiamo a considerare i testi, si dovrà pLJretenere conto del fatto che esistono testi a prima vista più suggestivi e alla lunga inferiori a quanto promettono al primo contatto"e testi a prima vista meno impressionanti e di fatto provvisti di un più fondo coefficiente di memorabilità, testi «da camera» e testi «sinfonici», testi tribunizi e testi intimistici, inni ed elegie eccetera. È in altre parole augurabile, a scanso di alterazioni del quadro di valori su cui s'intende portare l'attenzione, che anche per quanto riguarda le scelte non sia determinante il grado di • potenzialità spettacolare dei singoli casi. IIJ1 11 discorso fatto sin qui e che qui continua non pretende ,,,_ 11 sil · di avere altraportata che di ordine pratico. Naturalmen- \1(, a te non penso che le possibili iniziative debbano limitarsi Distrattamente mise il Bitter Campari in testa, 1928, china su carta, 253x395 muto «a tu per tu» con il testo, lo anima o lo rianima, aiuta a intenderlo meglio, a coglierne densità, ricchezze ed echi magari non colti prima, tanto da rasentare l'operazione critica, e magari a esserne parte. Non mi sento d'altronde di escludere che una dizione adeguata rappresenti un avvio a un interesse che l'ascoltatore, anche occasionale, non avvertiva precedentemente in sé e che per effetto di questa «scoperta» comincia a farsi strada nella sua sensibilità. Si è soliti dire in proposito che in fatto di dizione la mediocre lettura eseguita dall'autore è sempre meglio, perché viene dall'interno e asseconda le intenzioni più segrete, della «bella» dizione, eseguita da un attore per quanto provetto egli sia. È un'opinione troppo recisa e che non si adatm a Campari Bitter Cordial 1928, china su carta, 219x275 tutti i casi. Conosco poeti stimabili ma non eccelsi che leggono splendidamente bene cose proprie e di altri. Conosco ottimi poeti che leggono maluccio - o malaccio. Ne ho conosciuti che leggevano splendidamente male. Ma ho sentito anche attori leggere con intelligenza, con reale adesione al testo, facendone cogliere snodi e articolazioni come forse all'autore non sarebbe riuscito. E infine ho sentito attori «recitare»il testo loro affidato e così prevaricare sul medesimo, sopraffarlo con le proprie doti mimiche e vocali. A che cosa tende questo discorso? A stabilire per quanto possibile un punto d'equilibrio che permetta di attenuare al massimo la componente spettacolare a tutto favore di una realepartecipazione del testo da parte di chi lo trasmette e al testo da parte di chi lo recepisce. Non è questa una difesa all'effettuazione di letture, o recitals, o dizioni eseguite in base a determinati criteri, cautele e norme. Probabilmente altro si può fare, tenendo ben fermo che quanto eventualmente si farà - e in parte si è già fatto - in sede televisiva e radiofonica non è né sostitutivo né decisivo nella frequentazione della poesia e che non avrebbe alcun senso, o rivestirebbe un senso distorto, se non rimandasse - e caso mai incrementasse - la frequentazione dei testi (io dico volentieri la convivenza con i testi) quale sempre è stata. Si tratta, io credo, di stabilire una funzione di carattere ausiliario e semmai di incentivazione, ben sapendo che ciò che ha vita in queste sedi ha vita istantanea e transitoria e vale se si ripercuote in una sfera più stabile alimentando interessi più duraturi e consistenti. In sostanza si tratta di istituire un servizio a favore del pubblico dei lettori e dei possibili lettori. Dei lettori che già conoscono o dei lettori intenzionati a conoscere? L'uno e l'altro. E poiché si tratta, almeno nella mia immaginazione, di un servizio, certo l'optimum sarebbe se il servizio si rivolgesse a chi già conosce, supponendo che siano i più. Come intendo un tale servizio? Anzitutto eviterei i panorami, i bilanci più o meno critici di periodi e di annate. Servono solo a stabilire gerarchie opinabili e provvisorie e a fomentare insane passioni tra gli addetti ai lavori. Per le ragioni già dette limiterei al massimo tutto ciò che si esplica in happening o in show personale. Anche l'illustrazione del- ['opera complessiva di un poeta corre rischi di confusione, approssimazione, lacunosità, meglio in tal caso un recital ben fatto, senza sovrapposizioni ed interventi esteriori del tipo già accennato. Il servizio, così come io lo intendo, nella sua funzione ausiliaria, dovrebbe avere come oggetto non genericamente la poesia né l'illustrazione di scuole, movimenti o tendenze, e tanto meno rivolgersi a tematiche desunte per astrazione di contenuti (tipo «la poesia e la guerra», «la poesia e il paesaggio» eccetera), bensì affrontare direttamente singoli testi particolarmente rappresentativi, italiani e stranieri, di questo secolo, senza precludersi la possibilità di considerare testi di antichi. Con l'intervento dell'autore o del traduttore, se disponibile, e di uno o più interlocutori. Si legge la poesia prescelta, la si illustra nel suo significato letterale,fin dove possibile verso per verso, addiritturaparola per parola; ma fatto questo, o nel fare questo, si tende a risalirea quanto sta dietro al testo, a ciò che lo ha motivato, all'occasione che lo ha originato, al clima che lo ha favorito, alla condizione storica o sociale in cui è venuto a inserirsi, ali'opinione che l'ha accolto, alle reazioni che ha suscitato, ai confronti che suggerisce, ai precedenti poetico-culturali che evoca. Insomma, se ne documenta la nascita (qui sì anche con materiale illustrativo di vario genere, purché pertinente e non solo pittoresco o decorativo) e il destino. Tutto ciò dovrebbe attuarsi mediante un linguaggio piano che non escluda vivacità di interventi, per niente specialistico. Si tratta in sostanza di fare opera di mediazione sulla concretezza dei testi ed è naturale che dopo avere smontato i testi stessi questi vengano rimontati e diano luogo a una seconda e conclusiva lettura. Penso che un'iniziativa così attuata acquisterebbe di colpo una sua ben riconoscibile caratterizzazione, una non confondibile fisionomia. Tra l'altro consentirebbe al telespettatore o al radioascoltatore che ne fosse o se ne fosse munito per l'occasione di seguire punto per punto col testo alla mano il corso della trasmissione (il che sarebbe ottenibile anche con mezzi tecnici in sede televisiva: ad esempio, per sovraimpressione dei brani presi in considerazione di volta in volta). È chiaro che un'impostazione del genere tende all'illustrazione di testi dovuti a nomi largamente noti o addirittura celebri, che si ritengano insomma particolarmente indicativi ed esemplari. Ma non vedo perché debba escludere un'attenzione all'attualità ossia a quanto si va facendo nel corso di una stagione o di un anno. Al contrario, il criterio dell'autorevolezza degli esempi se fa da spina dorsale all'iniziativa finisce col conferire attendibilità ai meno noti e più recenti. Non tocca a me dare indicazioni sul chi e sul come delle scelte da programmare, anche se questo sarà certo un delicato problema di competenze che sia il meno possibile esposto a pressioni, faziosità, giochi di potere cui non è estraneo, come si sa, nemmeno il campo della letteratura in genere. L'iniziativa che qui suggerisco vorrebbe essere centrale e, ripeto, caratterizzante nello spazio dedicato alla poesia. Essa d'altra parte non elimina la normale.informazione libraria, purché - ripeto - lapoesia sia in essa trattata alla pari con altri «generi» e forme d'espressione. Il discorso per quello che mi riguarda si esaurisce a questo punto e laparola passa alla programmazione. <:::!L------------------------------------------------------------------------------

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