Alfabeta - anno VIII - n. 83 - aprile 1986

PoesiainTv U ndici cartelle dattiloscr!tte con una nota manoscntta «Contributo a uno .studio della Raiff v sulla poesia in Tv sett./ott. '79» e con una firma anch'essa manoscritta: Vittorio Sereni. Così si presenta l'inedito che viene qui pubblicato (con lo stesso titolo Poesia in Tv?) per gentile concessione della stessa Rai e degli eredi Sereni. Il contributo fu commissionato con altri dalla Ricerca e sperimentazione programmi della direzione generale della Rai-radiotelevisione italiana, e in particolare dall'allora responsabile della Ricerca Emilio Pozzi. Qui tuttavia interessa anzitutto considerare in che modo lo scritto del '79, al di là dell'occasione contingente, si inquadra nel discorso complessivo di Sereni: dalle riflessioni sulla poesia alle dichiarazioni di poetica al suo stesso processo intellettuale-creativo; dagli Immediati dintorni (1962) a tànte interviste, dagli Strumenti umani (1965) a Stella variabile (1981). C'è un motivo centrale in questo scritto, il motivo della «concretezza» (riferito al testo, ma ricco di più generali sottintesi), che richiama il fondamentale antintellettualismo, antideologismo, antiprofetismo di Sereni, e il suo senso dichiaratamente «empirico» della diretta esperienza e specificità problematica; il suo rifiuto delle verità universali, la sfiducia nei disegni e destini generali, e una pratica personale di vita come partecipazione schiva, discreta, ma tanto più intima, schietta, al proprio tempo; l'impotenza di fronte alla suprema complessità del reale, al suo movimento sfuggente e imprendibile, e la ricerca delle possibilità, potenzialità, promesse, nascoste energie dell'esistenza; il senso critico-autocritico della condizione di falso privilegio sociale del poeta, o di intrinseca precarietà della poesia, e l'affermazione di una loro funzione terrestre, laica, di una loro umile ed effettiva utilità e operatività; l'anticorporativismo, antispecialismo, anticonsumismo, e una tensione eminentemente comunicativa, anzi l'attribuzione di una «forza accomunante» alla poesia, nel segno di una pienezza di vita individuale e collettiva, di una integrazione umana. Sono motivi in parte sottesi più o meno trasparentemente allo scritto del '79, in parte legati ad esso per vie sottili e segrete: motivi talvolta contraddittori ma sempre interagenti tra loro, nel segno appunto di una «concretezza» di fondo che porta spesso Sereni a rovesciare nell'ottimismo dell'esperienza visVittorio Sereni suta lo scontento e la pena per un presente insensato. Va osservato in particolare che questo scritto (evidenziando fenomeni e avanzando riflessioni ancor oggi largamente valide) partecipa al tempo stesso di due aspetti della personalità di Sereni: l'intellettuale-poeta e l'intellettuale-editore (un aspetto, quest'ultimo, che attende tuttora di essere indagato, anche in rapporto con l'altro), l'assertore coerente e tenace di una specificità della poesia, liberata da attenzioni estrinseche, comunque riduttive, e il fautore di un'organizzazione della produzione editoriale e di un mercato rispettosi dei diritti della poesia stessa e dei diritti del lettore. La critica ai mass media per i loro processi di enfatizzazione strumentale e spettacolarizzazione •consumistica nei confronti della poesia e del poeta, e di sollecitazione superficiale e violentazione pretestuosa nei confronti del pubblico, nasce proprio di qui. Sereni vede del resto il risvolto eguale e contrario di questo rumore mistificatorio nel sostanziale disinteresse della grande editoria libraria in questo campo, nella preminenza del «partito dei poeti» e del personaggio-poeta sul rapporto poesialettore, e nella sopraffazione (spesso tautologica, paradossalmente) del commento specialistico nei confronti del testo. Il «ghetto», la «separatezza», diventa così l'altra faccia dell'(apparente) «boom» consumistico. Sono tutte idee che con diverse accentuazioni e implicazioni circolano insistentemente in scritti, dichiarazioni, interviste del Sereni anni Settanta, insieme a quel motivo della «concretezza del testo» e di un concreto rapporto testo-lettore che egli motiva diffusamente come sola alternativa capace di salvaguardare appunto i diritti dell'uno e dell'altro. Esperienza implicitamente empirica, umilmente ma fecondamente operativa, tesa a far maturare interessi potenziali e intenzioni latenti dovunque sia possibile, fuori da privilegi illusori e reali mistificazioni: nello scritto del '79 Sereni parla infatti di «servizio a favore del pubblico dei lettori e dei possibili lettori», sottolinea l'importanza del rapporto con le scuole e con i giovanissimi (memorabili, del resto, le sue letture del Petrarca), e valorizza la «lettura a viva voce» come «integrazione della lettura solitaria», la «reale partecipazione del testo da parte di chi lo trasmette e al testo da parte di chi lo percepisce», un commento «letterale» che sappia ripercorrere la vicenda privata e storica del testo medesimo, dalla sua nascita al suo destino, e così via (non senza, va aggiunto, una cauta ma precisa apertura di credito verso progetti capaci di inserire la poesia in un'autonoma e «unica» e coerente integrazione di diverse forme espressive e comunicative). Sereni dunque, anche se è ben consapevole (in questo e altri scritti) che quelle pericolose attenzioni consumistiche, corporative e specialistiche minacciano continuamente di compromettere il concreto rapporto poesia-lettore, rovescia ancora una volta il discorso in proposta attiva e sottilmente ottimistica, con indicazioni tecnico-professionali puntuali ed esaurienti, con una preoccupazione costante per il destinatario, con una funzionalità e chiarezza che (chiudendo il cerchio) riconducono all'origine dello scritto del '79. Contributo di riflessione che va ben oltre la «poesia in Tv», ma che al tempo stesso fornisce ancor oggi suggerimenti preziosi per un buon uso del mezzo e per altre esperienze educative e comunicative a quel rapporto poesia-lettore concretamente interessate. Gian Carlo Ferretti 11 quesito al quale dovrei rispondere (immagino insieme ad altri) suscita anzitutto alcune domande da parte del- /' interpellato. Come rrìai,eperché adesso la Rai-Tv si occupa o si preoccupa di questo problema, posto che di un problema si tratti? Il quesito muove da una rilevazione di esigenze riscontrate obiettivamente oppure corrisponde a un'iniziativa, meritoria o meno, intesa a promuovere un bisogno? È l'esito di una pressione «dal basso» oppure corrisponde a una provvidenza emanante «dall'alto»? Suppongo che le possibili risposte debbano articolarsi sulla traccia di queste.domande. niente, favorito dalle più alte tirature rispetto alle edizioni normali. Si è parlato addirittura di un «boom» della poesia, sebbene poi alla resa dei conti si faccia strada il sospetto che si trattipiuttosto di un «boom» dei poeti, non in senso qualitativo bensì quantitativo. In altri termini è venuto allo scoperto, molto più che in passato, un afflusso di volontà poetiche troppo difficilmente arginabile entro le sedi tradizionali, tale da assumere le caratteristichedel «movimento». stato il presto soppresso «Tornasole», pomo di discordia tra una mentalità rigidamente amministrativa e un'esigenza di ricerca e di individuazione di fermenti nuovi non so(o nel- /' ambito della poesia. Ecco dunque quello che ho chiamato il «movimento», debordare rispetto a tali strettoie, organizzarsi, cercare altre strade e altri mezzi per imporsi all'attenzione (del pubblico o delle case editrici? Si è persino assistito a marce di protesta, a Giri d'Italia poetici conclusi sotto le finestre delle maggiori di esse). Associazioni di poesia sono state fondate mediante il contributo economico di alcune centurie di diretti interessati, si sono moltiplicate le tavole rotonde e i pubblici dibattiti sulla poesia con relative pubbliche letture, ripullulano i premi di poesia estesi alle località più remote, quasi non c'è manifestazione festivaliera che non riservi spazio a tali dibattiti e letture. Tralascio l'analisi di quanto la Rai-Tv ha sin qui operato per la cultura in generale e delle modalità con cui tali operazioni sono state gestite. Per quanto riguarda la poesia (poeti, singole personalità di poeti, e libri di poesia) ritengo che si possa ripetere una constatazione fatta in passato relativamente ali'atteggiamento assunto in materia dalla stampa quotidiana e periodica. Dal presupposto che la poesia non fa notizia si è passati a una disposizione più favorevole, quella di concedere spazio di tanto in tanto, benevolmente o paternalisticamente, allapoesia e ai poeti, magari sullo spunto del «dove va la poesia» oppure del «ruo/o del poeta nella società odierna» e altre amenità. Che è poi un modo di sbarazzarsi della questione salvo riesumarla in periodi di stanca, o di bassa stagione. La sensazione che si ricavava in passato era che si trattasse di una graziosa concessione agli addetti ai lavori, immancabilmente punita dal grosso dei lettori col voltare pagina; e dei telespettatori o dei radioascoltatori con l'azionamento del classico tasto o bottone. (Il sottoscritto si dimostrerebbe ingrato se non menzionasse almeno due grossi cicli dedicati ai poeti: quello del '62, se non sbaglio, gestito da Geno Pampaloni e Enzo Siciliano e quello più recente guidato dall'attore Albertazzi; ma ciò non sposta di un millimetro il senso delle considerazioni suesposte). Tale atteggiamento sembra oggi cambiato a favore di una più larga disponibilità e di una accresciuta attenzione. Parrebbe ispirarsi a una interpretazione dell'attualità, di una attualità in cui rientri e sia chiaramente avvertito un repentino e crescente interesse alla diffusione e alla lettura di testi poetici. Sarà vero? Oppure si tratta di un momento passeggero, non spiegabile unicamente con un tanto di sazietà riguardo alla generalmente stanca produzione di narrativa? (A questi flussi e riflussi, tra narrativa e saggistica in particolare, fertili di previsioni spesso contraddette dq,ifatti, siamo da tempo abituati). Da qualche tempo a questa parte si sente ripetere che esiste, specie nei giovani, un forte risveglio di in1e;esseper la poesia. Si osserva che da quando esistono i tascabili, anche di poesia, la poesia circola di più grazie al prezzo conveHo avuto occasione di osservare in altra circostanza che la situazione dei giovani poeti, fatte le debite proporzioni, è assimilabile a quella dei neolaureati. Per varie ragioni, che Con un occhio vidi un Cordial con l'altro un Bitter Campari, 1928, china su carta 291x 337 non sto ora a esaminare, le sedi tradizionali, ossia le case editrici, o si disinteressano del fenomeno o lo includono in misura limitata sotto la voce del cosiddetto prestigio. Rispetto alle attuali proporzioni del fenomeno stesso la capienza risulta inadeguata; oppure il compito viene demandato a case editrici minori con i risultati, in fatto di diffusione e di vendita, che è facile constatare. A questa situazione è dovuta essenzialmente, per fare un esempio vistoso, la nascita dell'Almanacco dello Specchio mondadoriano, con- • cessione residua ai promotori e ai movimenti che avevano animato una collana editorialmente sperimentale quale era Quanta parte nella promozione di iniziative va assegnata all'attivismo organizzativo, a volte parassitario, di chi crede con ciò di andare al passo con lo spirito dei tempi? E quanta invece ai protagonisti apparenti, all'impulso che li muove a darsi identità sociale mediante l'esercizio, pubblico, autopropalantesi, della poesia? Il fenomeno che abbiamo sotto gli occhi e che sta assumendo i caratteri di una collettivizzazione della poesia (ma è più esattoparlare di un «collettivo» dei poeti) andrebbe esaminato nelle sue radici profonde, da un sociologo piuttosto che da un critico letterario. Ci dica il sociologo, per quanto possa essere odiosa questa suddivisione in categorie di interessi e di competenze, quanto c'è di autopromozionale in tutto questo e quanto di autoterapeutico in rapporto a fattori ambientali, condizioni sociali, immersioni nella quotidianità, collocazione o non collocazione nel mondo del lavoro... Su tutt'altro versante si verifica un fenomeno del tutto diverso e apparentemente opposto. Alludo al versante degli studi. Per non parlare del moltiplicarsi delle tesi di laurea su questo o quel poeta recente o recentissimo per impulso e incoraggiamento di docenti di fresca nomina o precari e tra il disagio e la tacita disapprovazione degli anziani, baroni o altro: la poesia sembra essere il terreno privilegiato di semiologi, strutturalisti, psicologi, psicanalisti, eccetera. Se sull'altro versante si corre alla messa in comune del verbo poetico, su questo si affinano sempre più gli strumenti di indagine, si capillarizza, si oscilla in un estenuante «surplace» specialistico, spesso tautologico, nei confronti dell'oggetto preso in esame. Non per questo c'è incomunicabilità assoluta tra i due versanti. Lo prova la crescente richiesta d'incontro con i poeti proveniente dalle scuole medie superiori, a volte anche inferiori, ad opera di giovani insegnanti portati a sperimentare sul primo versante, o meglio su una frazione di esso, il tipo di interesse al quale sono stati educa-

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