Alfabeta - anno VIII - n. 83 - aprile 1986

Arabie· debrei nellanarrali!~palestinese S ui difficili rapporti fra arabi palestinesi ed ebrei israeliana, di drammatica attualità, ecco di seguito due brani di narrativa palestinese contemporanea. Uno di essi è tratto dal racconto Ritorno a Haifa di Ghassan Kanafani, nella traduzione dall'arabo di Isabella Camera D'Afflitto (Salerno - Roma, Ripostes, 1985, pp. 35-37). I personaggi si muovono in un'atmosfera rarefatta, come circondati da un baratro e alla vigilia di una rivelazione che s'intuisce non risoDa ~As-Subàr» di Sahar Khalifa Questa è la volta di un polacco, stando all'accento. Baffi biondi e una statura enorme, che tocca il soffitto della baracca di legno. Fuori si accanisce un bulldozer. Insopportabile. Il polacco urla tra gli scoppi del bulldozer: - Nome? - Ussama al-Karmi. - Età? - Ventisette. - Da dove vieni? - Da Amman. - E prima? - Dai paesi del petrolio. - Che facevi? - L'impiegato. - Che genere d'impiego? - Traduttore. - Ah, è per questo cheparli bene l'inglese. - Che dici? Parlapiù forte. - Niente. - Che cosa traducevi? - I rapporti di attività della compagnia e la sua corrispondenza. - Una compagnia, una stazione-radio o un ufficio governativo? - Una compagnia. - E che cos'è che traducevi? - Polizze di assicurazione. - Ah. È tuo questo quaderno? - Sì. - E questo nome di chi è? Di chi è questo indirizzo? - Sono il nome e l'indirizzo del droghiere dal quale mia madre acquista i legumi. - Come si chiama? - Il suo nome è sotto i vostri occhi: Al-Hag Abdallah Mubarak, drogheria "Al-Wafa", via AsSaada. - Perché hai con te il suo indirizzo? - Perché mi indica la casa di mia madre. - Tu non conosci la casa di tua madre? - No. - Come, non conosci la casa di tua madre? - Non la conosco. - Come mai? -. Sono partito per i paesi del petrolio cinque anni fa. Tre mesi dopo l'occupazione. Noi abitavamo a Tulkarem. Mio padre è morto e mia madre si è stabilita a Nablus. - Perché tua madre si è stabilita a Shkhem? - Nabfus le piace. - Perché Shkhem le piace? - _Nablusle piace, perché vi ha molti parenti. - Perché hai lasciato i paesi del lutiva. Le battute scarne preludono all'entrata in scena del personaggio Khaldùn/Dov, l'arabo/ebreo, con tutta la sua carica dirompente e storica ambiguità: il figlio presunto morto dai genitori palestinesi, invece tenuto iò vita e allevato dalla madre adottiva israeliana. Egli farà il suo ingresso in divisa di vincitore del recente conflitto del '67, quasi fantoccio rivestito - in un tragico gioco inconscio - dei panni degli antichi persecutori dell'anziana ebrea polacca, sopravvispetrolio per tornare a Shkhem? - Sono ritornato a Nablus perché è morto mio padre. - Chi è morto? - Mio padre. - Quando è morto? Parla più forte. - Due anni fa. - Perché sei ritornato ora e non due anni fa? Parla più forte. - Aspettavo la disposizione per il ricongiungimento qllafamiglia. Lo strepito del bulldozer cessa. I lineamenti del polacco si rilassano; egli continua l'interrogatorio, sempre in piedi dietro il tavolino, con un bicchiere di succo d'arancia in mano: - Che cosa vai afare a Shkhem? - Vado a Nablus a cercare un impiego. Le grida riprendono, la ragazza si mette a singhiozzare e la soldatessa israeliana a urlare: - Allarga le gambe, allarga le gambe, devo guardare dentro, devo guardare dentro, allarga le gambe. I colpi si succedono. Fetenti, fetenti, fetenti. Aa ... Aa ... Aa ... L'ufficiale aggrotta le ciglia, asciuga i baffi biondi e prosegue l'interrogatorio: - Che hai fatto in questo periodo? suta in Europa agli stermini nazisti. Ancora un ebreo israeliano di origine polacca, pure lui in divisa, è l'interlocutore che incontriamo nell'altro brano, il cui protagonista è un guerrigliero palestinese in missione clandestina nei «territori occupati». Da una parte la storia è un atto di accusa contro l'occupazione, dall'altra una critica del terrorismo disperato e indiscriminato. Combattuto fra l'umana comprensione verso i «collaborazionisti» per necessità di lavoro e il fasciEgli si risolleva un po' e risponde con tono esasperato: - Lavoravo in una compagnia di assicurazioni. Ecco i documenti. - Dove sei andato in questi cinque anni? Sei andato in Algeria? - Sì. - Perché sei andato in Algeria? - Fatepagare la dogana sull'Algeria, adesso? - Che cosa dici? - Niente. - Che hai fatto in Algeria? - Niente. - Tu arrivi in Algeria e non fai niente? - Ho visitato l'Algeria. - E che altro? - Niente. Si scambiano un lungo sguardo vuoto. - Dove sei andato ancora, in Siria? - Sì. - Quanto tempo ~ei rimasto in Siria? Tre mesi. - Cosa hai fatto laggiù? no doloroso degli «eroi» votati al martirio, il giovane finirà per accettare la morte in un attentato assurdo, senza che gli sia offerta una via d'uscita esistenziale e politica. Il dialogo particolarmente crudo e realistico, tradotto in italiano da Renata Tecca Martini, è tratto dal romanzo As-Subàr della scrittrice Sahar Khalifa (Gerusalemme, Galileo, 1976; tradotto in francese col titolo Cronique du figuier barbare, Paris, Gallimard, 1978; cfr. anche l'autobiografico Mon pays ma pri- - Ho cominciato a preparare una tesi di laurea. - E perché non l'hai terminata? - La terminerò più tardi. - Hum ... E tu dici che facevi delle traduzioni? - Sì. - E come hai fatto a lasciare il tuo lavoro per tre mesi? - Mi hanno licenziato. - Perché ti hanno licenziato? - Non lo so. - Come, non lo sai? Di nuovo il rumore del bulldozer. - Parla più forte. Perché sei stato licenziato? Le tempie si mettono a battere. gli serra il cranio. - Perché sei stato licenziato? Esasperato, prorompe: - Perché sono palestinese. - Ti ho detto di parlare più forte. Perché sei stato licenziato? - Perché sono palestinese. Palestinese. - Inventane un'altra. - Era la sola imputazione. - Non ti hanno forse licenziato perché hai passato tre mesi in Siria? - No. Sono andato in Siria dopo essere stato licenziato. - Così sei andato là dopo essere son. Une femme de Palestine di Raymonda Hawa-Tawil, Paris, Seui!, 1979). Qui il sarcasmo si fa linguistico e si annida fin nel titolo: l'arabo subàr infatti, «fico d'India», deriva dalla comune radice semitica e ha lo stesso significato dell'ebraico sabra, appellativo riservato dagli israeliani agli ebrei nativi della «terra promessa». stato licenziato. - Sì. - Quando? - Due anni fa. - Perché? - Ho visto mia madre. - Dici che tuo padre è morto da due anni. - Lei è venuta in Siriaper vedermi dopo la sua morte. - Dunque tu eri in Siria? - No. Ero nei paesi del petrolio. Lei mi ha spedito un telegramma ed io sono andato a raggiungerla. - Perché in Siria e non altrove? - Presso mio zio. - Che fa tuo zio? - Possiede uno zuccherificio. - Tua madre è siriana? - No, è palestinese, anche mio zio, ed io pure. - Perché la Siria e non un altro paese? - Dopo essere emigrato da Jaffa, mio zio si è stabilito in Siria. - Ahi E quanto tempo sei rimasto in Siria? - Due mesi. - E il tuo lavoro? - Avevo un permesso. - Di due mesi? - Per due anni di lavoro. - Che cosa hai fatto durante due mesi? - Ho assistito mia madre e le ho chiesto di farmi rientrare nel quadro del ricongiungimento alle famiglie. - E perché le hai chiesto di farti rientrare nel quadro del ricongiungimento alle famiglie? I paesi del petrolio non ti piacciono? - No. - Nemmeno gli emiri del petrolio? - No. - E allora chi è che ti piace? Arafat? Habbash? - Chi ti piace? - Moshé Dayan. Sorriso sarcastico. - Moshé Dayan ti piace? E perché Moshé Dayan? - Perché è un uomo di guerra. - Tu ami la guerra? - E tu, l'ami? ~ - Rispondi alle mie domande e -. c::s non uscire dall'argomento. Hai i:: dunque passato sei mesi in Siria? -~ ~ - Cinque. - Chi hai visto là? ~ ...... - La gente. ~ Sorride, sfinito. Gli occhi azzur- "- §, ri lo guardano minacciosi. Le urla della ragazza riprendo- 6cl no, si mescolano al rumore del ~ bulldozer e alle grida della so/da- ~ tessa. traduzione ~ s di Renata Tecca Martini ~

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