Geoffrey N. Wright Discovering Epitaphs Aylesbury, Shire Publications, 1972 pp. 64, s.i.p. Fritz Spiegl A small Book of Grave Humour London, Pan, 1971 Fritz Spiegl Dead Funny London, Pan, 1982 The Faber Book of Epigrams and Epitaphs a cura di Geoffrey Grigson London, Faber & Faber, 1977 pp. 291, s.i.p. P ersone di passaggio, temporaneamente di riguardo, salimmo, a tratti quasi inerpicandoci, •per l'immenso scalone, una volta d'onore. Fuori sul muro, un cartello intiinava un divieto non del.tutto decifrabile. All'interno, si schiudeva la pur sempre impressionante vastità dell'ex c6nvento, costruito evidentemente con secentesca fede nella permanenza, ma poi (molto secentescamente) trasfor- • matosi prima in ospedale, poi in mezza rovina. Nel labirinto dei ,suoi corridoi, nella penombra delle grandi sale, calcinacci scricchiolavano sotto piedi insicuri, e si intravvedevano sagome di non ben definiti cumuli. Raccolsi e portai momentaneamente alla luce le cartacce trovate per terra; si trattava, vidi, di cartelle cliniche dell'inizio del secolo. Lessi cognomi, nomi, mestieri; e poi la data del ricovero e quella del decesso. Tutti qui erano stati «accolti» o, _peradoperare un'espressione (forse scherzosa) in uso presL a Triennale di quest'anno, dedicata al Progetto domestico, comprende in sostanza due livelli: la progettazione contemporanea (con campioni molto importa.nti, come Eisenmann, Riva, Sottsass), e le forme del progetto domestico nella tradizione pre-moderna e moderna (cucine, finestre, letti delle epoche in cui il progetto non si imponeva come programma individuale ma procedeva secondo i tempi lunghi e relativamente inconsci della tradizione). Questi due livelli concettuali corrispondono a due forme di esposizione qui rese complementari, la collettiva di architettura considerata arte visiva e la esposizione· «povera» non ahzitutto di capolavori del passato, ma di reperti minori con interesse storico-antropologico (precedenti possibili, il Musée de l'homme a Parigi o il Museum of American History a Washington, la mostra su Trieste alla Conciergerie e al Beaubourg di Parigi). Il filo conduttore che unisce progetti moderni e reperti vecchi o antichi è dato, mi pare, dal riconoscimento di archetipi abitativi che si ripetono nella architettura di ambienti e di interni nella nostra tradizione: finestre, letti, bagni e bidet, cucine. Più, ovviamente, l'idea di abitazione in generale, che serve da archetipo degli archetipi so certi ospedali odierni, «allettati», cioè infilati in un letto, circondati da eventuali cure, per morire poi. Non tanto agli augelli che virgilianamente dall'alto mare d'inverno calano infreddoliti a terra pensai, davanti a questo archivio in disfacimento, davanti a questi pietosi nomi così spietatamente sparpagliati (o, come dicono nei più up to date laboratori, «scatterati»): pensai piuttosto a quelle tante e tante foglie che nell'estremo autunno per le selve cadono. Per una breve stagione l'albero del mondo avrà ben trasmesso loro qualche tremito della sua vita, ma questi nomi di allora, per noi che siamo di una diversa stagione, ora non sono altro che nomi: significanti del tutto privi di significati. Morte livellatrice. Ma l'ottundente dolore di chi si trova abbandonato si appaga anche nelle consuetudini del caso, esprimendosi per vie consuete, mediante sintagmi di circostanza. I giornali ci informano che quotidianamente schiere di sconosciuti sono «mancati» agli affetti dei loro cari, a volte «serenamente». Per ciò che riguarda le iscrizioni sulle tombe, The Churchyards Handbook della Chiesa anglicana, citato da Spiegl, dà istruzioni specifiche: «Un epitaffio diventa di dominio pubblico e quelli che lo leggeranno non sentiranno nessun interesse personale per la persona alla quale fa riferimento». Quasi sempre difatti i poveri morti si annullano nella banalità delle formule, spariscono defi- •nitivamente dietro ai nomi di ogni giorno, nomi che nella vita di ogni (loro) giorno servivano per distinguerli. Nei paesi anglosassoni, un giorno dei morti, collettivamente inteso, non esiste, e un bel mazzo di crisantemi, presentato in regalo ad un'anziana signora, la riempirà solo di gioia. Era con la testa piena di fantasmi da best-seller gotico che le britanne vergini solevano frequentare gli orti «de' suburbani avelli»; e i loro discendenti (le apparizioni erano innocue), ma con ben altra anima, a tutt'oggi si precipitano a frugare beatamente fra i monumenti di ogni cimitero di campagna che vedono. Sono in cerca della storia, delle abitudini sociali, dell'arte dello scalpellino; ma, come i succitati titoli avranno già fatto intuire, sperano anche di imbattersi in qualche epitaffio fuori del comune. Li avr·anno quasi certamente accontentati i superstiti dei silenziosi sotterrati, con contributi alla «memoria» non solo irrispettosi, ma a volte addirittura ostili. e ominciamo con alcuni esempi che riguardano i mestieri. Bryan Tunstall fu il più bravo pescatore dei dintorni (di Ripon) fino al giorno (il 21 aprile 1790) in cui Morte, invidiosa, non lanciò la lenza sua, prendendo all'amo lui, per abbandonarlo poi arenato. L'orologiaio Thomas Hinde, diciannovenne, morì il 15 agosto 1836;giace ora dove visse (a Bolsover in Derbyshire), sicuro che il suo Creatore avrà tempo di prenderlo in mano, pulirlo, ripararlo e far sì che in un mondo migliore funzioni anche meglio di prima. Tale uso metaforico, tanto desiderata apoteosi del quotidiano, viene espresso con la debita umiltà sulla tomba di uno dei presidenti della corporazione dei fornai di Bristol, la quale tomba non è altro che il forno entro il quale l'impasto in riposo aspetta di lievitare. È un topos che si presta a riscrittura, poco benevola e fors'anche diabolica. Nel 1635, il giorno di Natale di mattina, morì l'avvocato Pye, il cui nome in italiano potrebbe essere L'Arcaomearchetipo Maurizio Ferraris (se gli uomini non avessero incominciato ad abitare, il che non è pacifico né automatico, ovviamente non ci sarebbero né letti né cucine o finestre. Per cui l'ideale di abitazione costituisce un presupposto culturale della ominizzazione allo stesso livello, per esempio, del linguaggio). Così che il riconoscimento di archetipi abitativi è la base tematica di un accostamento· tra architettura, arte contemporanea, antropologia e etnologia. Ciò è del tutto chiaro, in particolare, in due pezzi esposti: un bellissimo igloo di Mario Merz (che condensa con una straordinaria energia estetica tutti questi aspetti: l'idea di storia e di preistoria, l'ideale di abitazione, il rapporto tra arte, architettura, antropologia) e l'arca di Massimo Scolari che, progettata ad hoc, incarnaforse anche megliò dell'igloo di Merz l'ideale di abitazione: in questo caso, l'Arca è l'archetipo dell'idea di casa in generale. Se l'igloo di Merz propone una etnologia degli altri, almeno come punto di partenza, l'Arca di Scolari è il tentativo di una etnologia di noi stessi, di una etnologia e di una mitologia bianche che risalgono alle origini delle nostre abitudini di pen,siero. In che senso? Ovviamente, tutti i simboli molto antichi sedimentano così tanti significati che in fin dei conti non sembrano più possederne di precisi. Mi limito a indicarne qualcuno, tra i più legati alla idea di abitazione nella nostra tradizione. 1. L'Arca come Arcaico. L'Arca ci riporta alle origini trascendentali (nel senso che più indietro non si risale) delle nostre consuetudini abitative. Pare essere la prima casa della storia (anche se indubbiamente prima ce n'erano altre) alla luce della nostra tradizione, che si autocomprende non incominciando dalle caverne o dalle piramidi, che sembrano separate da noi da una insuperabile alterità, bensì piuttosto dal racconto biblico. Mli' Eden (che • è ali'origine dei giardini di delizie e di Disneyland) non c'era bisogno di case; la Torre di Babele non aveva finalità abitative, ma astronomiche, teologiche e tecnologiche; così che solo l'arca incarna un primo progetto domestico compatibile con le nostre consuetudini culturali. Ma ovviamente nel/'arca confluisce anche la tradizione precedente: come sottolinea Scolàri attraverso quella che mi pare una citazione pittorica (l'arca dipinta da Paolo Uccello in Santa Maria Novella), vista di fronte l'Arca ricorda Ziggurat o la stessa Torre di Babele. Però a differenza di Ziggurat o di Babele è stata effettivamente abitata. 2. L'Arca come Enciclopedia. L'Arca era un contenitore destinato ad alloggiare e salvare uomini e animali, ·e introduce una prima classificazione del mondo vivente. Il progetto abitativo è quindi già un progetto culturale (in senso non solo antropologico) e enciclopedico. Come Babele, ma con la differenza che la torre espone il sapere come hybris umana e volontà di· potenza, mentre l'arca nasce dal-· l'esigenza di salvare una tradizione consegnandola al futuro;· se quindi la torre è una prefigurazione apocalittica del legame tecnicametafisica, l'arca potrebbe valere come simbolo della zoologia, della filologia e del/'ermeneutica. Scolari sottolinea l'aspetto enciclopedico collocando nella stanza del/'Arca e al suo interno delle classificazioni zoologiche e delle Wunderkammer, che erano piccole enciclopedie barocche in forma di raccolte, in cui il principio della classificazione era data dall'arguzia (si prenda un esempio molto diffuso: sullo stesso scaffale erano raccolte una venere callipigia, un pezzo di basalto e un diamante. spesso è stata dipinta. Scolari ricorda che, stando alla descrizione biblica, era piuttosto una Houseboat o una Show-boat, una casa a più piani galleggiante. Ma il mito del/'arca non si riduce alla formacasa, e ha assorbito al proprio interno anche le ca,;atterizzazioni della nave e del pesce come abitazioni natanti. L'ingresso dell'arca di Scolari è infatti anche la bocca di una balena, da cui sporge unpavimento che ha la forma di un pesce, quindi una itticitàalla seconda potenza; il che non esclude un progetto domestico: la balena di Giona o il tonno di Pinocchio e Geppetto erano effettivamente abitazioni, tra il protettivo e l'inquietante (questo secondo aspetto prevale nella balena bianca di Me/ville).·E anche la nave è una casa (per cui, ali'interno del/'arca, il contenitore di immagini antropologiche e zoologiche che funge da Wunderkammer ·ha la sagoma di un transatlantico). Massimo Scolari Che cos'hanno in comune? L'ap- La stanza del collezionista partenenza strutturale al regno mi- «Il progetto domestico, • nera/e). - la casa dell'uomo, 3. L'Arca come Balena e corne archetipi e prototipi» nave. In realtà, l'arca non assomi- XVII Triennale di Milano gliava a un grosso cargo, come 18.1.86-23.3.86
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