Tempo storico tempo biologico Lasinistra habisognQTbieio~liogia P er la prima volta nella storia dell'umanità si affacciano alcune crisi che potrebbero coinvolgere tutto il pianeta. Il problema demografico, la possibile alterazione permanente dell'atmosfera e del clima, il rischio di un conflitto nucleare e l'esaurimento delle risorse energetiche sono i quattro aspetti più eclatanti di una crisi globale (ambientale, energetica, economica) che coinvolge tutto l'equilibrio biologico e che è la logica conseguenza di un uso dissennato, sia da un punto di vista biologiço sia da quello fisico-termodinamico, delle risorse terrestri (ritenute, a torto, inesauribili), della natura (ritenuta, a torto, un sistema in grado di riparare eternamente i danni subiti) e dell'uomo (ritenuto, a torto, capace di subire indenne le aggressioni chimiche e psicologiche o comunque capace, con la propria abilità e le proprie tecnologie, di dominare processi di squilibrio di dimensioni planetarie). Tutte le azioni umane sottostanno a una ferrea legge, nota come «secondo principio della termodinamica», o legge dell'entropia; essa afferma che tutta l'energia passa inesorabilmente da forme di energia utilizzabili a forme di energia non più utilizzabili e che tutte le attività umane (anche e particolarmente quelle che creano ordine e organizzazione) producono inevitabilmente disordine, crisi, inquinamento e, in ultima analisi, decadenza riell'ambiente circostante. Dall'uso appropriato di questa legge dipende la qualità della nostra vita o la distruzione della Terra. La rivoluzione industriale ha accelerato quest'ultimo processo. L'uomo ha il potere e la capacità di accelerare ulteriormente il processo di degradazione (per fini di profitto, di consumismo, di egemonia) por- . tando alla morte del pianeta in decine/centinaia di anni o di rallentare il processo stesso a ritmi naturali offrendo all'umanità e alla natura ancora milioni di anni di vita. La logica conseguenza di quanto detto è la ricerca del concetto di equilibrio biologico e dei modi complicati, difficili, delicati per mantenerlo. Gli studi geologici, meteorologici, ecologici, oceanografici e biologici in genere hanno ormai messo in evidenza con chiarezza che la vita di ogni singolo organismo è parte di un processo su grande scala che coinvolge il metabolismo di tutto il pianeta. L'attività biologica è una proprietà planetaria, una continua interazione di atmosfere, oceani, piante, animali, microrganismi, molecole, elettroni, energie e materia, tutti parte di un unico globale. Il ruolo di ciascuno di questi componenti è essenziale per il mantenimento della vita. «L'ambiente e gli organismi viventi sono legati tra di loro, parti inseparabili di un'unica unità di processi planetari- scrive Harold Morowitz -, in questo contesto l'attività prolungata del sistema biogeochimico globale è più caratteristica della vita che non le specie individuali che nascono, fioriscono per un pèriodo e spariscono nel corso dell'evoluzione.» La globalità significa complessità. E la complessità è necessaria per la vita del sistema vivente: semplificazione significa instabilità, minori difese, degradazione. • Le correlazioni tra i costituenti del sistema naturale, le diversificazioni, le individualità, quindi la sua complessità, permettono al sistema stesso di essere più flessibile, di adattarsi ai mutamenti dell'ambiente, di avere più probabilità di sopravvivere e quindi di evolversi. Viceversa la sua specializzazione significa povertà di variabilità interna, maggiore vulnerabilità. Dal punto di vista biologico si può senz'altro affermare che aumento della complessità dei rapporti e aumento della diversità di informazione genetica significa aumento della stabilità dell'ecosistema. «Complessità biologica» è quindi sinonimo di stabilità. Le capacità tecnologiche dell'uomo hanno oggi creato un sistema artificiale la cui potenzialità, per quanto riguarda le modifiche che può arrecare alla natura, è enorme. In genere queste modifiche si traducono in distruzione di alcune specie biologiche o del patrimonio genetico, quindi in distruzione della complessità biologica, in riduzione della diversificazione e dell'adattamento ai mutamenti, in esplosioni di popolazioni determinate, per lo più semplici o semplificate, in vulnerabilità. Da tutto quanto detto sopra deriva che una seria analisi socio-economica non può prescindere dalla conoscenza scientifica dei grandi equilibri biologici e dal peso che in essi hanno i concetti di rinnovabilità e di limitatezza delle risorse e le leggi della termodinamica. I n realtà le «culture umanistiche» (marxiste o capitaliste) mancano di un parametro fondamentale nella loro analisi storica: il tempo biologico. In questo senso sono «statiche» ed estremamente limitate nel programmare il futuro. Il tempo biologico è quella cosa con cui si misura l'evoluzione biologica e la sua unità di misura per studiare il passato è dell'ordine di grandezza di milioni di anni: miliardi di•anni ci separano dall'origine della Terra; centinaia di milioni di anni dalla comparsa di alghe, batteri, trilobiti, atropodi, pesci; tre milioni di anni dalla comparsa dell'uomo. Ma il tempo biologico è anche quella cosa con cui si deve misurare il futuro e la rottura degli equilibri biologici sta inducendo variazioni a livello planetario in tempi talmente brevi da accelerare l'orologio geologico. Trasformazioni che prima avvenivano in milioni di anni possono ora avvenire (per lo squilibrio indotto) in poche decine di anni e le conseguenti variazioni per gli equilibri umani e sociali corrisponderanno a un 'accelerazione di milioni di anni di storia. In altre parole le scale biologiche e storiche si sono invertite. I tempi biologici e i tempi storici seguono ritmi diversi. La storia documentata dell'uomo fino a oggi (poche migliaia di anni) è un tempo trascurabile rispetto alla storia biologica della Terra, quasi un infinitesimo matematico e quindi un flash statico nella cultura biologica. Le grandi variazioni iniziate a livello planetario richiedono invece, perché si possano programmare gli opportuni rimedi, che i futuri dieci anni siano paragonati, dal punto di vista biologico, ai milioni di anni trascorsi e che quindi le analisi biologiche siano prioritarie rispetto alle esigenze «storiche» normali: uno studio storico classico non ha più le unità di misura passate e future per dirci che cosa succederà. Miliardi di anni, con una complessità.e un'evoluzione irripetibili, sono stati necessari per creare il patrimonio biologico di una specie; nei prossimi decenni l'intervento dell'uomo sarà responsabile della scomparsa di una specie vivente ogni quarto d'ora. ..Tre milioni di anni fa «un ometto alto circa un metro e quaranta, con andatura bipede, un cervello di circa 650 centimetri cubi; dal viso ancora fortemente prognato ma non più scimmiesco, in grado di co~ struirsi già i suoi primi strumenti di pietra, vagava per la gola di Olduvai, in Africa orientale». Tre milioni di anni di lentissima evoluzione caratterizzata da tecnologie perfettamente integrate con la natura, da una cultura biologica notevolissima, da grandi scoperte (fuoco, linguaggio ecc.) sempre armoniche al contesto naturale. Poi improvvisamente la rivoluzione neolitica (agricoltura, allevamento, accumulo di proprietà), solo 10.000 anni fa, e l'inizio di processi sociali compietamente diversi ed estremamente più rapidi. Infine la rivoluzione industriale: l'ordine di grandezza è ora di centinaia di anni, un tempo biologico infinitamente piccolo, ma le tecnologie umane hanno acquisito una potenzialità di modificazione della natura di dimensioni planetarie. li tempo sta cambiando unità di misura nel rapporto uomonatura. La scala sottesa a questa evoluzione è di tipo logaritmico, si sviluppa in serie geometrica con crescita esponenziale. li tempo biologico presenta una misteriosa asimmetria e il nostro periodo storico è caratterizzato da una serie di nodi che vengono al pettine contemporaneamente e con tempi ravvicinati. Si tratta di cogliere i segnali della natura con rapidità e profondità di analisi per non essere artefici della nostra stessa estinzione. C'è sempre meno cibo per i bisogni degli uomini, e ci (( sono sempre meno uomini che si dedicano a produrre cibo: la penuria è un fatto reale»; «Non si deve abolire il riferimento all'origine biologica dell'uomo». Due frasi che sembrano uscite dalla bocca di un ecologo moderno e sono invece il frutto delle riflessioni profonde e anticipatorie di Jean-Paul Sartre. Il filosofo francese parla di origine biologica comune e di fine comune. Identifica la fraternità tra gli uomini nel rapporto de_lla specie tra i suoi membri. Sulla base di questo rapporto Sartre lancia un appello di speranza per il futuro, per superare questo momento «orribile» del lungo processo storico: «sottouomini non disperate». È un appello che chiama in causa l'evoluzione, l'idea del fine. Così spiega Sartre: «Non siamo degli uomini completi. Siamo degli esseri che si dibattono per stabilire rapporti umani e per arrivare a una definizione dell'uomo. È una lotta che durerà a lungo. Ma questa lotta va definita: noi cerchiamo di vivere insieme come uomini, cerchiamo di essere uomini. È dunque attraverso questa ricerca - che non ha nulla a che fare con l'umanesimo - che potremo considerare il nostro . fine. In altre parole, il nostro fine è di giungere a un corpo costituito in cui ciascuno sia un uomo e in cui le collettività siano umane». L'uomo, dunque, ha molta strada ancora da percorrere per comportarsi come tale; la sua evoluzione non è ancora sufficiente perché il concetto di fraternità, di specie comune sia acquisito. Le azioni dell'uomo non tendono ancora a un fine comune di sopravvivenza della specie. Dalla coscienza di classe si deve passare alla coscienza di soecie. L'ecologia della mente Marcello Cini ha suggerito che l'economia potrebbe prendere dall'ecologia quella boccata di ossigeno necessaria per levarsi dal coma in cui versa; che, per dirla alla Kuhn, una rivoluzione scientifica in economia sarebbe auspicabile. L'ambiente e le generazioni future non possono più essere esclusi dal mercato arrivati a questo bivio storico tra le scelte della sopravvivenza e quelle della distruzione globale del pianeta; l'economia non può più fondarsi su scienze «reversibili» (meccaniche), ma su scienze «in divenire» (biologiche, termodinamiche). Il sistema vivente non possiede il determinismo della tecnologia. La riduzione del sistema vivente a quantità, a misura, non è possibile: l'economia classica è una forma di riduzionismo. Il rapporto tra economia e ecologia è ovviamente ancora tutto da costruire, ma alcuni punti sono evidenti: a) l'ecologia indica all'economia che esistono costi economici lontani nello spazio (su scala planetaria) e nel tempo (future generazioni); b) l'ecologia evidenzia la non riducibilità a unità economiche di molti costi ambientali e umani; c) se la produzione obbedisce soltanto a leggi economiche classiche ciò che si produce non sarà necessariamente a favore dell'uomo. Dice Gregory Bateson nel suo Verso un'ecologia della mente che le cause più profonde dell'attuale ondata di disordini ambientali risiedono nell'azione combinata di:. a) progresso tecnico; b) aumento della popolazione; c) idee tradizionali (ma sbagliate) sulla natura dell'uomo e sui suoi rapporti con l'ambiente. Sulla natura dell'uomo: io dico che un 'altra «fonte energetica» che si sta logorando velocemente è proprio la capacità psicologica che l'uomo ha di resistere all'aggressione di un mondo governato da leggi esclusivamente economiche e tecnologiche. Da una parte c'è «il dramma dell'uomo che cerca di controllare, con una forza interiore equivalente, le pressioni e le forze del mondo tecnologico e industriale che ha creato e che stanno diventando enor!lli», dall'altra c'è la perdita dell'io, l'anonimità collettiva alla quale è condannato l'uomo stesso dalla mancanza di stimoli differenziati dovuti alla massificazione del prodotto, indotta dall'industria tecnologica e dal consumismo. Così mentre il sistema richiede sempre più forza, elargisce invece debolezza. Un altro conto che non torna e le cui conseguenze possono essere la disumanizzazione dell'uomo, il suo collasso interiore. Anche l'eccesso di specializzazione richiesto da questo tipo .di sistema
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