Alfabeta - anno VIII - n. 82 - marzo 1986

Enrico Testa La ricchezza di un'ipotesi alternativa pagina I Laura Conti Concentrato/diffusò pagine II-III Enzo Tiezzi La sinistra ha bisogno di biologia pagina IV Fabrizio Giovenale C'era una volta madre natura pagina V Alberto Tarozzi Sfumature di verde pagina VI Marcello Cini La cultura del macchinismo pagina X Carlo Formenti Sognando la bomba pagine XI-XII Gianni Baget Bozzo Ecologia e teologia pagina XIII Gian Battista Zorzoli Pluralismo tecnologico pagina XIII Emilio Gerelli Interessi diffusi e tutela ambientale pagina XIV Mercedes Bresso Il modello bio-economico pagina XV Franco La Ceda Verdi, mafia e modernizzazione pagina XVI Supplemento ad Alfabeta n. 82 • Marzo 1986 Questo supplemento ecologico, curato da Enrico Testa e da Carlo Formenti, nasce dalla collaborazione fra la «Lega per l'ambiente» e la rivista Alfabeta, offrendo l'occasione, alla prima, di ampliare il dibattito culturale alla vigilia del proprio Congresso nazionale (previsto nei gg. 7-13 luglio, a Perugia), alla seconda, di riprendere i temi affrontati dagli scritti della serie intitolata «Le immagini dell'ambiente». La maggior parte degli interventi qui raccolti ha un taglio interdisciplinare che ha reso difficile la loro classificazione per aree tematiche; abbiamo comunque ritenuto utile procedere a questa operazione per dare un orientamento minimo al lettore, nella speranza che verranno perdonati inevitabili schematismi. Tempo storico tempo biologico: E. Testa, L. Conti, E. Tiezzi, F. Giovenale, A. Tarozzi, affrontano da varie anTempo storico tempo biologico golature la divaricazione fra processi evolutivi culturali e naturali, mettendo in luce la crisi che tale evento delinea per alcuni valori della modernità, particolarmente rilevanti nella tradizione della sinistra. Naturale artificiale: M. Cini e C. Formenti si occupano della fascinazione che la «cultura del •macchinismo» esercita sull'immaginario tardomoderno. Ambiente e modo di produzione: G.B. Zorzoli, E. Gerelli, M. Bresso, F. La Ceda, muovendo da diverse prospettive disciplinari e politiche, esplorano il problema della compatibilità fra tutela ambientale e mod~lli di sviluppo socio-economici e tecnico-produttivi. Al di fuori di questa classificazione, G. Baget Bozzo si interroga sulla difficoltà del pensiero teologico di fronte alla versione ecologica del tema apocalittico. Laricchezza Al lettore che desiderasse consultare gli articoli già pubblicati da Alfabeta su queste tematiche, ricordiamo che la serie «Le immagini dell'ambiente» ha affrontato argomenti storico-epistemologici (cfr. E. Fiorani, C. Formenti, U. Curi nel n. 71, aprile 1985;E. Mascitelli nel n. 72, maggio '85; M. Fumagalli nel n. 73, giugno '85), di evoluzione dell'ambiente artificiale (cfr. F. Berardi nel n. 72, maggio '85; A. Zanini nel n. 73, giugno '85; E. Manzini nel n. 76, settembre '85) e socio-politici (cfr. L. Manconi nel n. 76, settembre '85; A. Langer e E. Goldsmith nel n. 77, ottobre '85). C.F. diun'ipoteil,s,aalternativ 11prezzo del petrolio torna quasi ai livelli anteriori al primo grande shock energetico. Ma la riflessione e la discussione di pressoché tutti coloro che partecipano in qualche modo a questa vicenda non ripercorrono i criteri che le orientavano prima della guerra del Kippur. La grande crisi petrolifera fu l'evento che proiettò su scala mondiale una nuova cultura delle risorse. Paradossalmente questo avvenne in un settore per il quale successivamente talune eccessive preoccupazioni si mostrarono (e si mostrano) infondate. Ma da allora l'opinione pubblica mondiale ha preso coscienza di un problema che non appare più eliminabile dal nostro pensiero né dalle nostre azioni, tese a progettare ed a programmare il futuro. La questione ambientale è la questione delle risorse. L'ambiente è la principale risorsa della vita umana. Dalla comparsa della vita umana la disponibilità o meno di risorse e le forme della loro appropriazione si sono sempre accoppiate ad un'altra specifica attività umana: il conflitto. Cooperazione e conflitto, teoricamente e praticamente inscindibili, hanno coesistito con i tentativi umani di rendere disponibili ai propri bisogni risorse quantitativamente e qualitativamente sempre maggiori. Per un breve periodo questo rapporto, essenzialmente il rapporto fra società e natura, si è inscritto in una concezione ottimistica, fondata su di un presupposto progressivo-lineare. Dalla rivoluzione industriale in poi è apparso possibile sciogliere insieme il doppio nodo della conflittualità, nella società e fra essa e la natura, grazie alla prospettiva dell'abbondanza. Marxismo e liberalismo, le due grandi concezioni di questo doppio rapporto, hanno dominato i secoli moderni, portando in sé la medesima promessa. Lo sviluppo del!e forze produttive, seppur sottoposto nelle due ideologie a diversi sistemi societari, avrebbe permesso il raggiungimento di una situazione di appagamento. E con essa lo scioglimento, perii venir meno dell'oggetto del contendere, dei conflitti sociali. Il famoso primo rapporto al Club di Roma, I limiti dello sviluppo, si è mostrato, come molte ricerche di «scenario», alquanto impreciso. Ma anch'esso, come la crisi del Kippur, ha consegnato all'immaginario moderno un importante nucleo teorico: il concetto di limite. Il petrolio potrà durare altri duecent'anni, il carbone di più, la fusione nucleare o l'energia solare forse «per sempre». Ciò nonostante lo sguardo gettato dagli astronauti sulla navicella-pianeta che ospita alcuni miliardi di persone ci accompagna quotidianamente. La nostra casa è lì nelle sue dimensioni date e conosciute. E anche se volessimo immaginare altre case a nostra disposizione non viene meno il fatto che ogni istante temporale, nel suo essere dato, è anche limita_to. Non si può essere contemporaneamente in molti spazi ed in molti tempi: ve ne è sempre uno solo a disposizione, in un certo moin sé, in un qualche punto, una situazione di irreversibilità. Trasformazioni negative, di cui magari non avvertiamo ancora completamente gli effetti, ma che già hanno raggiunto un punto-soglia. La complessità del sistema ecologico potrebbe già essere lacerata m qualche punto fondamentale e dispiegare i suoi effetti lentamente ma irreversibilmente; i sintomi non mancano. mento. Ed anche questo è causa di L a risposta possibile è allora conflitto. La speranza nel domani una sola: tirare il freno d'enon annulla l'esistenza dell'oggi. mergenza, rallentare la cresciIl primo scenario è allora costi- ta quantitativa, diminuire l'imprestuito dalla «catastrofe possibile». I sionante numero di trasformazioni tempi storici, la velocità con cui il produttive che in ogni istante avgenere umano trasforma negativa- vengono, rovesciare la prospettiva mente il proprio ambiente, entra- marxiana e liberale. Arrestare la no in conflitto con i «tempi biologi- ricerca dell'abbondanza materiale ci», la capacità deila natura di rico- in favore dell'equilibrio biologico. struire le çondizioni della propria Sostituire la coscienza di specie a esistenza e del_proprio funziona- quella di classe. Porre al primo pomento. L'inverno nucleare, ma an- sto il problema della sopravvivenza che «l'effetto serra», i mutamenti e riorientare completamente m climatici, la deforestazione, le questa direzione la ricerca e la dipiogge acide, il suicidio della spe- . sponibilità tecnologica. Rimane un cie per il proliferare dei cancerogec , problema: poiché il pericolo segnani o, come per i romani dell'impe- lato è reale, occorre domandarsi ro, una quasi completa sterilità quali siano le forze in grado di opeprodotta dagli stress ambientai~., rare questo rivolgimento. Gli scenari sono molti e non tutti Il Club di Roma si rivolgeva ai esplorati. Il timore insomma che potenti della terra, nella speranza l'ecosistema complesso che regge di una loro urgente «presa di cola nostra vita stia già accumulando scienza». L'etologo Konrad Lorenz ripone le sue speranze nei meccanismi dell'evoluzione culturale della specie umana, nella possibilità che il cervello preistorico, che guida ancora l'azione di un uomo divenuto enormemente potente, lasci il posto ad un cervello equilibrato e complesso in grado di produrre la cultura necessaria a padroneggiare. tale complessità, e che siano la complessità·stessa e la coscienza del pericolo a rappresentare la spinta per tale cambiamento. In parte questo è già avvenuto. Gli stati che possiedono l'arma atomica non si affrontano con la stessa leggerezza di chi litiga per strada con la sola forza dei propri pugni. Ma l'altra faccia della medaglia è troppo nota per allontanare ogni preoccupazione. Rimane allora inevasa una domanda: poiché la possibile rottura fra i tempi della storia e quelli della natura può effettivamente consumarsi, a chi affidiamo il progetto della sopravvivenza? Le forze in campo, il mercato da una parte, il sottosviluppo dall'altra, sembrano lavorare in tutt'altra direzione. Si produce, allora, un conflitto fra quella necessità e le tendenze reali. Può sciogliersi positivamente? Il secondo scenario è più immediato. Le penurie assolute non so- _ no forse dietro l'angolo e la prospettiva di una rottura biologica

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