Alfabeta - anno VIII - n. 82 - marzo 1986

montagna Per il 1986 la Rivista della Montagna presenta numerosi cambiamenti: passa al tutto colore, al formato più grande e alla periodicità mensile, si evolve insomma pur rimanendo attaccata al suo passato. Essa infatti ha conservato appieno quella capacità di approfondire gli argomenti che l'hanno sempre caratterizzata nei suoi sedici anni di vita e, nello stesso tempo, è migliorata e si è arricchita sia nel formato e nelle fotografie sia nei contenuti. In edicola il 20 di ogni mese Informazioni copie saggio e abbonamenti scrivendo al CDA via della Rocca 29 10123 Torino tel. 011/8397759 ANNUARIO EUROPEO DELL'AMBIENTE 1986diretto da Achille Cutrera La protezione della natura, la pianificazione urbanistica e la gestione del territorio in Italia, Belgio, Danimarca, Francia, Germania Federale, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Olanda e Spagna. p. 1132 L. 100.000 RIVISTA GIURIDICA DELL'AMBIENTE quadrimestrale diretta da Achille Cutrera Stefano Nespor abbonamento 1986 L. 30.000 (estero L. 45.000) La rivista si propone di offrire ai lettori una visione la più completa possibile della situazione istituzionale, amministrativa nonché delle prassi applicative quali vanno evolvendosi nel nostro e in altri Paesi. fascicoli in saggio a richiesta MVLTA ,Giuffrè Editore P:vc,s . - 20121 Milano • VIA STATUTO 2; vo del concetto di «aura» nell'opera d'arte. Come applicarlo alla musica? Si sa che l'aspetto dinamicotemporale dell'evento musicale- il suo essere progettualità testuale, attualizzazione sonora, fruizione pubblica - ne fa un oggetto particolare nel campo dell'arte, non assimilabile ad altro. In che senso possiamo dire che una musica è autentica? Sull'autenticità del testo non ci sono dubbi: è un documento scritto e, se non per epoche antichissime, datato, se ne conosce quasi sempre la provenienza e si conoscono per lo più anche le idee dell'autore che lo ha composto; rivela inoltre, ad un esame analiticostrutturale, le costanti storiche e personali che ne facilitano la collocazione; ma se esso è la premessa essenziale dell'evento sonoro, non ne esaurisce la compiutezza. Pertanto il carattere di autenticità deve trasferirsi anche in altro, cioè nell'interpretazione del testo stesso. e ome definire autentica un'interpretazione? È più autentica l'interpretazione della Nona di Beethoven di von Karajan o quella di Abbado, quella di Celibidache o quella di Muti? Forse uno storico potrebbe obiettare che non ha senso parlare di autenticità in questo cas0, ma più propriamente si dovrebbe parlare di adeguatezza. A cosa? Come posso sapere se l'interpretazione di Celibidache è adeguata all'intenzionalità di Beethoven? O deve essere adeguata a canoni di ricezione che sono ormai retaggio comune? L'autenticità in musica è allora qualcosa che investe la fattualità, non riferibile ad altro che alla fattualità stessa. Soccorrono a qualche chiarimento alcuni portati delle ultime ricerche filologiche che, riferite alla musica preromantica con tutte le connessioni anche nel campo del restauro degli strumenti antichi, si muovono sulla base della definizione di evento musicale nel quale vengono inclusi gli aspetti estetici, culturali e di pratica esecutiva. Sulla rivista Praxis Romano Vettori scrive: «Se accettiamo infatti che l'opera musicale possiede una natura dinamica (come struttura che ha l'esigenza imprescindibile di essere "eseguita", "svolta" ai fini di una fruizione, messa in divenire, appunto per sussistere) e una natura dialettica ( che consiste cioè in un rapporto tra presenza-esecuzione delle strutture e percezione delle stesse, con tutti i problemi individuali dalla psicologia della Gestalt e da quella transattiva), abbiamo per conseguenza che nessuna esecuzione di opere musicali, a rigore,può essere un."falso"• essendo peculiare della musica consistere nella riproduzione in infinite varianti di una medesima struttura». Se ciò è ammissibile, riprendendo il discorso di Benjamin, risulterebbe che la musica non perde la sua carica auratica, a differenza della scultura o del quadro,· in quanto è un «evento» che, pur perdendo alcuni connotati originari, ne acquista di nuovi; percorso storico e testo quindi si identificano; si potrebbe enfaticamente dire che la musica è il suo essere nella storia come opera eseguita. Confrontare questa affermazione con quanto scrive Bloch che si misura con la Le Milano, 16 gennaio 1986 Cari amici, vorrei innanzitutto ringraziarVi per l'ottima presentazione del mio articolo su Habermas. Tuttavia, mi sembra opportuna un'osservazione sul titolo redazionale scelto per il mio scritto. È certo che Habermas denuncia con chiarezza il tentativo - che egli fondazione di una filosofia della storia della musica tale da risultare lo specchio del cammino dell'uomo verso la scoperta di sé, è quanto meno carico di significazioni: «.. .il suono vuole volgersi verso l'uomo - scrive-. Ovunque l'importante è avvertire l'espressione che sanno aggiungere all'immagine sonora soltanto il canto vocale, il colpo d'arco dei violini, il tocco del pianista, ma soprattutto il loro impiego creativo senza il quale dinamica e ritmo non potrebbero essere "toccati" come intende il compositore». Se nessuna interpretazione può essere considerata un falso, allora non lo può nemmeno quella riprodotta: il disco registra una delle possibili interpretazioni, semmai il, suo limite (ma in una certa accezione può essere anche un fattore positivo) è di fissarla per sempre in un datp tempo. A mio avviso i termini del problema vanno ancora spostalti: l'interpretazione musicale è un atto comunicativo che implica la presenza del destinatario e che apre significati in funzione del rapporto che instaura con questo. Il destinatario (il pubblico) non è perciò un'entità amorfa, priva di spessore, essa interagisce attivamente nel processo interpretativo. È quindi lecito sostenere che l'auraticità si riferisca piuttosto al concerto come evento globale del farsi della musica, poiché quello è il suo momento unico e irripetibile (hic et nunc), che conserva anche un residuo di culturalità non solo nel rispetto che in qualche misura deta sempre l'opera d'arte, ma in odo più esteriore anche nella riualità delle sue modalità di espiiL a riproduzione induce un ascolto che è del tutto atipico rispetto a quello del concerto; non solo essa non instaura canali di comunicazione diretti, ma addirittura provoca, mediante la possibilità di reiterazione a piacimento del brano e la passività del ricettore dejli «a priori» che limitano l'ampiezza delle future fruizioni. Ciò aveva già chiaro Adorno quando, ancora ai primordi della radio, scriveva: «Tutta la tradizione prefonografica della musica, e il suo sediconsidera di stampo neoconservatore - di legittimare un processo di modernizzazione senza modernità. Ma attribuirgli (o attribuirmi), come recita il titolo, un'opzione drasticafra modernità e modernizzazione ~ una lettura, 'oltre che fuorviante, non corretta del suo pensiero; che è,, ovviamente, molto più articolar.o. Infine, segnalo un refuso che potrebbe forse ·generare malintesi: il mentarsi nel comportamento del- • l'ascoltatore, si fissa impercettibilmente- e quindi con tanto maggior forza - nell 'hic et nunc, nella presenza di un dato impermutabile e incommutabile, e a ciò è strettamente unita l'elevazione della musica sopra l'esistenza quotidiana, il suo pathos». E ciò hanno presente anche gli esecutori che pongono sempre una netta distinzione tra l'interpretazione dal vivo e l'interpretazione registrata; senza arrivare alla decisa negatività di Gavazzeni (del resto diretta soprattutto alle modalità di confezione e alla critica del disco) che scrive: «Ripeto: cosa resta? Il prodotto di un frammentarjsmo tecnico, che i discomani e i discocriptomani, o i filodiscologi passeranno alla microlente per giudicare, prima, i concetti interpretativi, il clima, lo stile, la lettura - nuova o stantia-, poi i capillorganismi esecutivi, la singola nota, il microfraseggio, i rapporti sonori, la coloratura neobalcantistica, ten- _tandoogni volta l'assurdo metodo critico centrato sulla mezza battuta, la semiminima, la croma ecc. Minuziose storture pseudoestetiche, dove il senso di una storia e di un linguaggio di un'opera viene frantumato mercé lo sbriciolamento discorsivo». Già Muti parlava in riferimento al disco pi~ propriamente di «momento» e non di «situazione» interpretativa. Adorno riteneva, a differenza di Benjamin, che non il mezzo tecnico, cioè la riproducibilità (ma bisogna sottolineare che Benjamin faceva un disco_rsoriferito soprattutto alle arti figurative, mentre Adorno aveva presente sempre la musica) ha decretato la fine dell'arte auratica, bensì il suo autonomizzarsi dal culto, il suo divenire profana; in questo passaggio non vi sarebbe una perdita totale di cultualità, anzi il culto rimarrebbe presente come «valore». Comunque sia, difficilmente la musica può rientrare nell'ottica di Benjamin che proprio sulla riproducibilità fonda una nuova concezione dell'arte disancorata dai retaggi élitari e volta invece a fini rivoluzionari. La musica sembra proprio rivelare nel concerto ancora qualche momento di auraticità, anche se ciò deve essere preso con le dovute cautele in quanto involve i problemi connessi alla riproduzione, ma anche quelli della fruizione di massa e del divismo. Si pone allora una domanda invero aperta: la musica può essere assunta a paradigma di luogo in cui si dispiega l'autenticità? Si possono e si dovrebbero percorrere diversi itinerari per una risposta: da quello heiddeggeriano dell'opera d'arte come apertura di un mondo, a quello di Adorno che proietta sull'ascolto le tensioni di un'arte che nelle astratte atmosfere degli spazi sonori inesplorati sembra trovare la sua verità, e ancora quello già detto di Bloch. Forse riproporre le parole di Verdi, «A me non fa paura la musica dell'avvenire», può essere efficace anche se sbrigativo, in quanto stanno a indicare, con la stupefacente forza innovativa dell'ormai vecchio autore di Otello e Fa/staff, non la banale fiducia ma la fattiva certezza di un'arte che sembra avere blochianamente come carattere distintivo un' «esplosiva giovinezza». «nocriticismo» della ventinovesima riga del terzo capoverso, p. 4, è in realtà «neocriticismo». Tomas Maldonado Errata corrige Nel numero 81, febbraio 1985, sotto il titolo de~'articolo « La griglia di Bion», è stata omessa.la firma di Doriano Faso/i. Ce ne scusiamo con l'autore· e con i lettori. ·1ji· "-------=- TRA NCHI0 A EDITORI 20154MILANO - CORSO COMO, 5 Bernardin de Saint-Pierre ·LA CAPANNA I~DIANA (studi della natura) Novalis I DISCEPOLI DI SAIS Rousseau PASSEGGIATE Thoreau ECONOMIA DELLA VITA DEI BOSCHI nelle migliori librerie Cesare Angelini .Con Renzo e conLucia (e·con gli altri) prefazione di Maria Corti L'antologia di saggi qui offerta, allestita da Pietro Gibellini e Angelo Stella dell'università di Pavia, dà modo di sperimentare la ricca varietà di interessi che movevano l'Autore a rinnovare nel tempo il contatto col grande Lombardo ... pp. 144 - L. 12.000 Morcelliana

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