~ ~ leoni, sono costretto a tralasciare l'interessante ed originale confronto diretto Keynes/Kelsen svolto dall'autore sullo sfondo di una scienza europea che sta abbando- . nando gli ultimi spazi newtoniani. Mi preme invece -per riprendere il confronto a distanza con l'epistemologia deterministica di Sraffa - accennare alla modificazione che in questa prospettiva subisce la Politica/ Economy keynesiana, rispetto alle interpretazioni correnti. In breve si potrebbe dire così: stante l'incertezza strutturale che domina il sistema capitalistico e la conseguente impossibilità di definire un suo stato «normale», le «politiche keynesiane» (dal controllo della domanda aggregata alA bbiamo chiesto ad Aurelio Milloss, celebre coreografo e già direttore di diverse compagnie di danza italiane (Balletto dell'Opera di Roma, della Scala di Milano, del Maggio Musicale Fiorentino e altre) e straniere (Germania, Francia, Brasile, Austria ecc.) un contributo teorico-scientifico sui rapporti che intercorrono tra danza e musica, poiché nella sua lunga esperienza artistica questo coreografo ha sperimentato nei modi più diversi (dai balletti senza musica fino a quelli con musiche anche più moderne) molte delle possibili articolazioni di questo incontro. Nato in Ungheria nel 1906 (cittadino italiano dal I 960), di cultura non solo mitteleuropea ma europea in generale, formatosi sia alla , scuola della danza classica (Nicola Guerra, Elena Poljakova, Olga Préobrajenska, Victor Gsovsky, Enrico· Cecchetti) che libera (innanzip;,tto Laban), Milloss ha preso parte attiva alle vicende dell'avanguardia e, una volta trasferitosi in Italia (1937), ha cercato brillantemente di rifandare una cultura ballettistica italiana che, a parte le ricerche dei futuristi, aveva notoriamente subito un pericoloso degrado. Per i numerosi balletti che ha creato in Italia (di tipo concertante, ballett'action e forme sintetiche di questi due generi), Milloss ha sempre richiesto la collaborazione di pittori e scultori contemporanei (da Prampolini a Guttuso, da De Chirico a Severini, De Pisis, Casorati, Scialoja, Afro, Clerici, Manzù e altri) e soprattutto di importanti musicisti (da Casella a Malipiero, da Petrassi a Dallapiccola, t-Jad, Turchi, Rota e altri). Proprio la sua profonda conoscenza musicale (specifico che sorprendentemente non è di tutti i coreografi), suggellata sin dall'inizio dall'incontro con la musica di Bartok, Stravinskij e Schonberg, lo ha guidato nella meticolosa elaborazione della sua poetica: sempre fortemente consapevole dei problemi inerenti l'evoluzione generale della cultura ballettistica occidentale. (ì Marinella G~atterini -=:. A mo molto la musica e mi pia- ~ . C). èe perciò, ne1miei lavori co- ~ reografici, dare preferenza -. alla cooperazione con essa. Amo metto che è più facile comporre co- ~ ~ reografie senza musica, in quanto t: la creatività può realizzarsi in moQl do più libero ovvero illimitato. Vet! ro è d'altronde che si cerca sempre ~ ciò che è più difficile a farsi. I proÌ blemi insiti nella cooperazione tra ~ danza e musica sono infatti inesau- / la manovra fiscale) non trovano una legittimazione scientifica diretta e categorica in alcuna delle singole relazioni funzionali tra variabili economiche contenute nella teoria keynesiana: non la funzione di domanda né la funzione del saggio d'interesse monetario sono per loro intrinseca natura strumenti in grado di stabilizzare il sistema se non viene preliminarmente introdotto un protocollo, un punto di riferimento, una base convenzionale che surroghi l'assenza del concetto economico di «normalità» o di «equilibrio». Il vero colpo d'ala di Keynes è stato quello di aver assegnato questo posto strutturale allo stato che per questo motivo diventa una necessità teorico-metodologica prima che un gestore, coine in fondo è . sempre stato, di politiche economiche. In altre parole, mentre l'armamentario della Politica! Economy è fatto di strumenti funzionalmente contingenti, l'istanza di normazione espressa dal concetto di stato non è contingente. Stato è il nome che soggettivizza l'esigenza teorica di un qualche pian of contro! dell'economia. Ed è la relatività della nostra conoscenza del sistema - come giustamente sottolinea Zanini - a porre al centro del modello keynesiano questa istanza di normazione delle grandezze economiche rilevanti: istanza che, è esigenza teorica prima di essere esito pratico. .. Per ritornare, infine, al tema da cui eravamo partiti, ci si potrebbe_a questo punto chiedere che ne è di un 'impostazione epistémologica come questa rispetto a quello che per Napoleoni era «il problema» per eccellenza nella storia delle dottrine economiche: l'origine del sovrappiù. Se Sraffa aveva ridotto questo problema ad una esistenza solo finzionale, poiché per lui la scienza economica dovrebbe occuparsene solo per misurarlo, nella scienza keynesiana, il concetto di «sovrappiù», se fosse ammissibile, sarebbe un obbiettivo da raggiungere, il contenuto di una normazione economica convenzionale, la performance del sistema. Sarebbe un concetto senza genealogia né - Lamiaesperienza ribili. Mi interessa dunque il tentativo di contribuire il più possibile all'arricchimento delle relative possibilità di soluzione. Inoltre non si può negare che l'esistenza della musica in un balletto porta con sé anche vantaggi di vario genere: con l'aiuto della musica, in effetti, il danzatore può eseguire il meccanismo dei suoi movimenti in modo più disciplinato ed interpretare il senso di essi in modo espressivamente più ispirato; anche lo spettatore per suo conto riesce a seguire l'opera coreica con maggior piacere se essa si accompagna alla musica, in quanto, in caso di balletti senza musica, certi rumori non pertinenti, come tosse o cigolii di seggiole, troppo facilmente lo possono distrarre. Avendo sostenuto che i problemi sono inesauribili, mi sembra opportuno precisare che ciò è dovuto soprattutto alla fortissima diversità tra queste due arti, e non solo al fatto che troppo raramente si presenta il caso in cui musicista e coreografo abbiano la medesima sensibilità e la medesima concezione artistica. Per quel che concerne la diversità tra queste due arti, basti ricordare d'un lato che la musica è un'arte nel tempo e come tale è invisibile, e dall'altro che la danza è invece visibile, essendo essa un'arte nello spazio, nonostante si svolga anche nel tempo come la musica. Ma le leggi temporali della danza solo esteriormente possono coincidere con quelle della musica, cioè solo nella scansione dei ritmi e al massimo nei valori metrici. La ritmica della danza, del resto, è assai più complessa di quella della musica, in quanto si determina in b,Gé ai valori spaziali del movimento e in tal modo finiscequindi per costituiAurelio Milloss mento del corpo umano nello spazio corrisponde in musica allo svolgimento già armonizzato di una linea melodica. Mentre però ci si può immaginare una melodia nella quale l'intera armonizzazione è realizzabile secondo l'ordine ritmico della melodia stessa, il medesimo processo nella danza, per pure ragioni fisiche, è impossibile. Infatti, le diverse parti del corpo umano - a causa dell'equilibrio del corpo e del movimento nello spazio - raggiungono l'armonia con rapporti ritmici già completamente diversi, e quindi per nulla paragonabili a quelli della musica. Questi nuovi rapporti ritmici nell'arte coreica potrebbero perciò apparire, a prima vista, come se fossero di natura contrappuntistjre una teoria, anzi anche addirittu- ca. Nella realtà però tali rapporti ra una scienza, già del tutto parti- rappresentano peculiarità che solo colare. Infatti nella musica esiste la danza conosce, e che quindi couna monolinearità (per esempio un me tali non hanno ancora nulla a assolo di flauto); questo nella dan- che fare con la contrappuntistica (la.è impossibile, già per il fatto del- vera e propria, sia coreografica che 1"-équilibrionella tenuta e nei movi- musicale. In tutto ciò si tratta semmenti dei corpi nello spazio, che plicemente di quelle proprietà spediventano automaticamente polili- cifiche della danza che la conduco- ~eari, e di co~segu~Bza -. data_1_ac1 ~o, esatta!Ilente, ~alla ri_tmi_cmauncchezza d'art1colaz1oned1un fis1- s1cale alla sopracitata ntm1ca .apco umano - anche poliritmici. In punto spaziale sua propria. Poiché questo modo la gresenza di un cor- la ritmica della dànza viene deterpo, sia ~sso in pò~ o in movimen- min)lta da valori ispirati dalle corto, di.finta già un fenomeno di ar- rentVspaziali del movimento, essa monia. apparirà altrettanto complementa- • La danza di un singolo individuo re alla musica quanto viceversa non è dunque paragonabile al suo- certe proprietà della musica, precinare di un singolo strumento a fia- samente quelle insite nei valori soto; essa è paragonabile, semmai, nori di quest'arte, rispetto alla piuttosto al suonare il pianoforte o danza. più strumenti assieme. È chiaro . L'essenziale della musica, cioè dunque che la citata armonia nella l'evento del suono, infatti, non podanza è'di natura assolutamente di- trà mai essere ritrovabile nella danversa •'da quella dominante nella za, in quanto arte muta. Affermanmusica. Effettivamente: il movi- do che le proprietà principali della danza sono di natura spaziale, natura cioè che la musica conosce tanto poco quanto poco conosce la danza le proprietà sonore della musica, è chiaro che queste due arti si possono incontrare in fondo solo negli aspetti esteriori dei loro elementi temporali. Per poterne indicare . esempi concreti, bisogna prima di tutto distinguere se l'iniziativa dell'atto creativo parte dal coreografo o dal musicista o da entrambi assieme nel segno di una reciproca intesa. Quando l'iniziativa viene dal coreografo e la musica dovrà essere composta solo successivamente su una partitura coreografica appunto già a priori ben definita, il musicista non potrà certamente limitarsi a seguire solo il contenuto poetico dell'opera, ma dovrà rispettarne anche la struttura. Egli potrà allora, nonostante si debba adattare, creare qualcosa di valore tuttavia autonomo. Lo potrà fare in quanto si esprimerà attraverso il suono che costituisce appunto .J'essenza primaria della sua arte. Contrario è il caso in cui l'iniziativa parte dal ,musicista: qui sarà il coreografo a dover creare qualcosa di autonomo su una musica esistente, ed all'interno dei limiti da essa posti. In entrambi i casi il problema della priorità è secondario, perché nell'arte è ovviamente sempre solo il risultato che conta, e la qualità del risultato non dipende che dalla genialità del· creatore. In linea di principio è possibile, proprio grazie alla diversità di queste due arti, raggiungere risultati pregevoli, a condizione che colui che crea in un secondo momento conosca a fondo e tenga in considerazione ciò che è stato ideato in precedenza, sia a li- ~toria: il prodotto delle interconnessioni infrasistemiche contingenti trattenute al di qua della soglia critica dal!'«intelligenza superiore» che della realtà si può avere da un punto di vista:collettivo/statale. Il sovrappiù keynesiano - ma il concetto ha qui solo valore analogico - indicherebbe un plusvalore non più causato dal processo materiale di produzione ma imputabile al codice delle sequenze operative che la stessa teoria keynesiana ammette - circolarmente.· Ed è questo, forse, il tratto principale che la rende post-moderna; evento all'origine di un ramo genealogico completamente nuovo per la scienza economica. vello poetico che strutturale. Tanto più difficile è raggiungere risultati validi quando si tratta di una cooperazione contemporanea dei due creatori. Alla capacità di cooperare in maniera necessariamente organica appartengono molta pazienza e soprattutto affinità di temperamento e di sensibilità. Quando avviene questo raro miracolo, il risultato potrà essere naturalmente più essenziale che nei casi precedenti, cioè in quelli in cui una delle due partiture (d'un lato coreografica, dall'altro musicale) viene composta a posteriori. Per la prima di queste·possibilità esistono, nella storia della creatività ballettistica, a dire il vero, pochi esempi da considerarsi come perfetti e quindi rappresentativi. Ciò perché i musicisti non sempre pa-. droneggiano la danza abbastanza a fondo per potersi adattare e per poter creare, malgré tout, qualcosa di veramente originale. Ma io cito volentieri come esempio abbastanza valido il famoso caso del balletto Le peintre et son modèle di Leonide Massine con la musica di Georges Auric composta in un secondo tempo sul testo della composizione coreografica (nel 1949)senza alcun aiuto musicale. Qui questo proces-. so è veramente ben riuscito, nonostante il lavoro in sé non si conti tra i più importanti della storia del balletto. Molti sono stati i casi del genere, e con risultati musicali indubbiamente superiori, soprattutto nel secolo scorso; basti citare in proposito il fatto che Cajkovskij nel comporre la musica per il balletto La bella addormentata nel bosco dovette seguire, battuta per battuta, i relativi termini prescritti dal coreografo Marius Petipa. Si sa che questo balletto divenne un autentico capolavoro. Per la seconda possibilità gli esempi sono diventati addirittura infiniti. Basti qui ricordare il balletto Les Noces. Quest'opera nacque senza interferenze provenienti da altre parti, e soprattutto non da parte di coreografi, quindi esclusivamente dalla volontà creativa di Igor Stravinskij. Bronislava Nijinska compose la coreografia sulla partitura musicale· già completamente definita. ·Ella la padroneggiò in tutti i dettagli ed ebbe sufficiente genialità per riuscire a produrre un'opera coreogràfica· assolutamente autonoma e. di valore esemplare, tanto da potersi considerare come una delle opere più significative di tutta la storia. del balletto. L a terza possibilità è stata valorizzata forse soprattutto •in una grande parte del repertorio diaghileviano, poiché Diaghi-
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