Alfabeta - anno VIII - n. 82 - marzo 1986

determinata, di modelli formali quali quelli offerti da scienze esatte come lamatematica o la logica, che operano su universi perfettamente definiti in anticipo e, per ciò stesso, commisurati ai sistemi di trascrizione e di rappresentazione; 2. l'inadeguatezza dello strumento, il linguaggio, che si offre all'operatore denso di tutte le stratificazioni semantiche che vi si sono accumulate nel corso dei secoli, e del quale si tratterebbe di reinventare tutti gli elementi (compresi quelli non semantici, in quanto responsabili degli automatismi di connessione), conservandone, a un tempo - a differenza dei linguaggi formalizzati della matematica e della logica-, l'infinito potere dìpresa sugli oggetti del mondo (esterno e interno); Bronislaw Malinowski Journal d'ethnographe Parigi, Seui!, 1985 pp. 310, lire 36.000 Etty Hillesum Diario 1941-1943 Milano, Adelphi, 1985 pp. 264, lire 18.000 Paul Valéry Quaderni (volume primo) Milano, Adelphi, 1985 pp. 504, lire 38.000 S aremo una raccolta di guastafes\e, di collezionisti e di guardoni impenitenti, ma noi tutti che amiamo i diari, non possiamo tollerare la presenza, che dico l'idea, di una forbice. Taglieremmo piuttosto le dita dell'editore, del critico o dell'erede, ma non un solo rigo d'inchiostro. A parole, perché, nei fatti, un diario non mutilo possiamo solo immaginarcelo con la fantasia. Qualche esempio recente. Esce, a Parigi, la traduzione di A diary in the Strict Sense of the Term di Bronislaw Malinowski (Seui! 1985). Guardi subito la prefazione, con il bel timbro dell'imprimatur firmato dalla moglie, ed hai voglia di farti rimborsare la copia. Valetta Malinowska confessa con candore di aver omesso «alcune notazioni di ordine puramente intimo» (p. 18). La nozione di intimo, presso. gli editori, non ha lo stesso rigore che in sartoria, tutto vi può rientrare, dalle questioni di soldi a quelle di stato, passando da un collega che preferisce restare nell'ombra, ad una amica poco gradita alla legittima sposa e vedova. La delusione, per colmo di sfortuna, non sono solo le matrone di Efeso a procurartela, ci si mettono anche i critici. Compri il Diario 1941-1943 di Etty Hillesum (Adelphi 1985) e l'impudenza del mercante non ha limiti. «Pubblicare un diario di quattrocento pagine scrittò da una sconosciuta era un rischio anche per il più acceso dei sostenitori, nonché degli editori. Ho cercato di riportare il contenuto dei quaderni con la massima precisione, togliendo le ripetizioni e parecchie citazioni» (p. 19). Prudente economia, calcolo di gestione? Il contrario semmai. L'opera tira, una dietro l'altra, quattordici edizioni (cfr. p. 20) e il testo sforbiciato acquista autorevolezza. Un perfetto esempio in stile olandese, purtroppo imitato da un nostro editore. Proprio come se vendessi un pollo con una coscia sola, con la scusa che l'animale ne ha un'altra eguale, e zoppicante. Un vero 3. la posizione dell'Io, che, pur ridotto - come si è detto - a «invariante» del sistema, e cioè al ruolo di luogo centrale in cui si dànno tutti gli accadimenti (è il famoso «io puro», paragonato da Valéry al «prezioso zero della scrittura matematica»), può assumere invece, e drammaticamente, il ruolo di una variabile fuori controllo. (È del 1921, al momento di una violenta quanto inattesa crisi sentimentale, la conturbante confessione consegnata ai Cahiers: «Perdonami, o mia verità, di aver creduto in K. Ho peccato contro lo scetticismo che salva, contro la volontà di lucidità, contro tutto quello che sapevo. Pago in termini di chiarezza e di luce sei minuti di follia e qualche ora trascorsa fuori di me stesso, nel paradiso di tutti quanti»: traduco dall'ediz. della Pléiade, II, p. 409). È così che il lavoro inerente al progetto finisce per deversarsi sulle sue stesse condizioni di possibilità. Da qui, la sterminata investigazione su una molteplicità di materiali e di fenomeni (in quanto in ognuno di essi è suscettibile di venir focalizzato - sia pur indirettamente - un determinato processo, o forma, della conoscenza) e, per converso, la semplificazione estrema cui è sottoposto lo strumento linguistico: dal lessico, depuratissimo e limitato ai soli elementi concettualmente definibili in termini «propri», alla tipologia del discorso, ridotto alla «forma breve», in quanto la stessa modalità del ragionamento dimostrativo complesso viene esclusa come artificiale e coercitiva rispetto al movimento naturalmente rapido del pensiero medesimo (per tutta la riflessione sul linguaggio, presente nei Cahiers, ci permettiamo di rinviare allo scritto Pensiero e linguaggio in Paul Valéry, che apre la nostra scelta di Varietà:.Rizzoli, 1971). La semplificazione (anche lessicale) della forma breve e la pluralità inesausta degli oggetti e dei processi mentali, costituiscono dunque il duplice, inverso e simmetrico aspetto del continuum di questa scrittura, tesa, da ogni punto della sua applicazione, al progetto di una quantificazione del conoscere e della sua successiva legislazione formale. Ma il progetto, così strenuamente perseguìto, non si compie; e il sistema, «scintillante come un diadema», della conoscenza pura, resta così allo stato virtuale. Diarie forbici scempio, su cui è inutile soffermarsi. Ripetizioni e citazioni sono, fino a prova contraria, parte integrante di un testo. A meno che non ci si voglia divertire mondando tutta la letteratura italiana, come tanti barbieri attorno alla parrucca di una vecchia signora. Si parlava. di mogli. Se fossero sempre loro a tagliare le pagine, si saprebbe alla fine con chi si deve fare i conti. E invece c'è di peggio: le nuore. Il lettore che, trasecolato, stenta a seguire il filo del discorso, si tranquillizzi, dovrà accorgersi che oltre alle farse ci sono le mezze tragedie. La signora in questione è Judith Robinson-Valéry, un nome di riporto illustre, che firma una Premessa con una sfilza di ringraziamenti a tutta la famiglia. Come sopra, si tratta della traduzione italiana dei Cahiers, ad Alberto Capatti rentela del poeta, magari con qualche inedito, qualche disegnino, per rendere le copie in questione di un certo pregio, anche dopo la decurtazione. La nuora infallibile si mette al lavoro. È la prima valerista di Francia, sarà implacabile. Anzi ha una idea. Già il suocero ci pensava a riordinare tutte le sue carte, aiutato da dattilografe ma depresso dal pondo cartaceo. Perché non riesumare un borderò controfirmato dal maestro? L a storia delle successive classificazioni, progettate ma mai realizzate, è tutta a fior di Premessa, e purtroppo v'è anche il risultato che comincia là dove il poeta s'arrese. Le rubriche, che raccolgono i pensieri e i pensierini, si succedono con i loro nomi originali ola Mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale In questo numero: La Valle Padana e la via Emilia M. Riva: Trasfusioni di passata L. Lorusso: Vino lambrusco P. Angelini: I formaggi di fosso P. Meldini: L'orchessa riminese E. Faccio/i: La gola in guerra (I I) 48 pagine a colori, Lire 5.000 Abbonamento per un anno (11 numeri) Lire 50.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2, 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 Edizioni Intrapresa opera dello stesso editore (Paul Valéry, Quaderni volume primo, 1985Adelphi). Tutto dovrebbe essere in regola, l'originale francese, pubblicato nella Bibliothèque de la Pléiade di Gallimard così come le credenziali genealogiche, ma non si sono fatti i conti con la nuora australiana. Valéry riempì, è vero, 261 quaderni di diverso formato, forse non religiosamente come si dice nella prefazione (p. XI), ma comunque, in un certo ordine, rispettato da un primo editore, il Cnrs, in una stampa anastatica in 29 volumi (1957-1961).Se quattrocento pagine sono troppe in Olanda, a Parigi ventinove volumi uccidono anche i tipografi, per cui appello di&perato ai forbicioni di famiglia. Che se ne salvino un paio di tomi - le avranno detto- indicativi, antologici, firmati da tutta la pa- (ego, ego scriptor, gladiator), altre verranno, nei futuri volumi italiani (linguaggio, filosofia, sistema ecc.~ fino al n. 31, insegnamento). In modo che il lettore disponga di una enciclopedia e un bigino, un dizionario di idee e un indice universale delcogitabile. Nei Quaderni, la Giuditta di cotanto Oloferne assicura che, non la pòesia sola, ma tutta la scienza v'era già in nuce: «La maggior parte delle nozioni della cibernetica e della teoria dell'informazione, che hanno rovesciato la nostra concezione dei processi mentali utilizzando modelli di questo tipo, si trovano già tratteggiate ... insieme ad una teoria termodinamica della mente ... » (p. XXXVI). Insomma, è il primo testo di scuola multiuso, pluridisciplinare, polimorfo. Con una piccola contraddizione: «non ha quasi nulla del diario intimo» (p. XI) ma è «un'autoanalisi perpetua» (p. XII). Con cui la Robinson dell'isola valerista vuole indicare che papà era un genio singolarissimo, quindi universale, e che lei sola ne ha capito la natura profonda. Ma dimentichiamola un istante. Ci sono pur sempre i Quaderni, nei quali storia, poesia e linguaggio familiarizzano stranamente fra loro, al punto di coesistere in uno stesso fascicolo, nei quali la diversità delle riflessioni, degli appunti gioca contro il presunto sistema, contro l'ipotesi di essere in presenza di una bella macchina per pensare. Valéry segue distrattamente la routine del diarista ed evita di ispirarsi alla propria agenda di appuntamenti o ai menù consumati la sera prima: i lettori del tomo XXIII (1940) possono solo rincorrere l'eco della disfatta, della fuga da Parigi e del successivo ritorno, non in una sezione a sè (Storia Politica, n. 30), ma fra gli andirivieni di una penna che nota appunti per i corsi di poetica del Collège de France, registra sogni, geme all'ascolto della radio, poi riflette, e, con i tedeschi in casa, pensa al III Faust. Forse, a sentir la Robinson, non è un diario e nemmeno intimo, forse Valéry pensava a scatolette, ognuna con la propria etichetta, ma quello che ha scritto è una successione di frammenti il cui ordine di complessità è superiore alla trentunesima potenza. Se per caso, poi, gli capita, sempre in quell'anno 1940, alla data 24 luglio, di avere un incubo in cui abbandona la propria cattedra in piena lezione, oppresso dalle circostimze belliche, non riserviamogli il trattamento di censurarlo (magari perché l'incubo avrebbe dovuto figurare contemporaneamente in due rubriche diverse, sogno e storia), ma prendiamo atto della complessità con cui il pensiero si manifesta nella veglia e nel sonno di un illustre, ma intimorito, accademico. La lista delle contestazioni (questo vocabolo non va inteso nell'accezione della Robinson per la quale «esiste anche un Valéry contestatore, nemico delle convenzioni sociali irrigidite») (cfr. p. XXXVI) è tanto lunga da doversi qui soprassedere, tanto più se viene il sospetto che una tale antologia non sia unica nelle lettere francesi. C'è infatti il caso di Pascal, i cui Pensieri sono stati manipolati, dislocati, rubricati a piacere degli interpreti, fino a quando Louis Lafuma, con tanto di copia autentica in mano, non ha ritrovato le tracce di una sua apologia della religione cristia-. na, dimostrativa e persuasiva. Una Di questo scacco dirà, postumamente, la figura dell'Angelo in lacrime mentre contempla la propria immagine riflessa: «O mio stupore, Testa incantevole e triste, vi è dunque altra cosa che non sia la luce?», figura di cui, sintomaticamente, uno dei primi abbozzi appare proprio nei Cahiers ( ediz. del Cnrs, voi. VIII, anno 1921, p. 370). I quali dovranno allora essere letti - al di là (e ben più profondamente) dell'immensa potenza concettuale di cui portano testimonianza - come la scena ove l'orgoglio della-conoscenza assoluta continua a misurarsi, eroicamente e gloriosamente, con le forme stesse del proprio inadempimento. struttura la quale malediceva gli arrangiamenti di quanti volevano un proprio Pascal. E così è un po' per tutti i monumenti nazionali, solo che vengano circondati da troppo affetto familiare o da eccessiva considerazione da parte di interpreti che, per dir la loro, preferiscono scimmiottare le parole e gli ammiccamenti del maestro. M a esisterà poi il diario integrale nell'integralità delle stesure, leggibili e illeggibili? Al di là di Pascal e di Valéry, dei loro scritti più o meno intimi, va detto che tale chimera forse è depositata solo nella testa dei cultori, ma che il mestiere dell'edizione consiste proprio nel garantire con il massimo scr~polo l'acquirente dalle trovate geniali, dai culti filiali e dal discepolato tracotante. Al di là dei quali, ognuno la pensa come vuole e deve esser pronto ad esaminare letture discordi. Massime con Valéry che ha dato testimonianza di una originalità poco comune, infliggendosi tante prove quante smentite, dicendo bianco e poi nero, irritandosi sommamente alla pubblicazione del Journal di André Gide, e finendo per sfogarsi (nel tomo XXII) con queste precise parole: «Quelli che tengono il loro "diario" sono dei poveri di spirito, che scrivono quello che c'è di più facile da scrivere, le cose più ordinarie e insignificanti della loro epoca, invece di annotare tutto quanto non vi si ritrova. E quelli che lo pubblicano pretendono che la loro vita in se stessa debba interessare tutti; ne fanno anche un documento che non è mai completo, chiaro, insomma uno strumento delle loro vendette. E il solo fatto di tenere e di pubblicare questi scritti ritrae i loro autori più esattamente di quanto non possano farlo, scrivendo» (p. 886). L'esegeta del proprio diario che cercava in se stesso l'inedito, che passava da un registro all'altro di pensiero, e usciva dalla gamma per spezzare l'armonia altrui, merita senz'altro questa citazione, che non salva né la studiosa né il primo editore, proprio nessuno, se non forse chi gli dà più credito e meno e::, lustro, accettandone gli umori, le ~ ripetizioni, le lungàggini e lo sciu- .:; pìo di carta. [ Raccoglitori di quaderni, di let- 'O ~ tere, di memorie e di autografi, ~ non disperate: se un'altra occasio- c:i ne è sprecata, se rimpiangete gli ~ ormai introvabili ventinove volumi ~ di ripetuti martiri e delizie,'vi resta ~ un piccolo salto in biblioteca. È un· I:! privilegio di cui non tutti gli scritto- ~ ri hanno goduto. l - ~

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