Paul Valéry Quaderni (volume primo) Milano, Adelphi, 1985 pp. 504, lire 38.000 Cahiers (2 volumi) a cura di Judith Robinso·n Paris, Bibliothèque de la Pléiade, 1973-74 Cahiers (29 volumi) Paris, edizione in facsimile del Cnrs, 1957-61 D i quell'immane massa sommersa dell'iceberg Valéry rappresentata dai leggendari Cahiers, gli studiosi avevano potuto prender visione, di fatto, solo negli anni 1957-1961, quando il . Centre national de la recherche scientifique ne procurò, in facsimile, la monumentale e non meno leggendaria edizione in ventinove ponderosi volumi (incompleta tuttavia, in quanto uno dei 261 quaderni originali si sottrasse all'appello, ed anche perché non mancarono, nell'assenza d'una classificazione cronologica precisa del materiale da riprodurre, sviste e omissioni: resta comunque il fatto che, anche oggi, tale edizione costituisce l'unica fonte diretta e autentica cui lo studioso di Valéry possa far riferimento). È vero che, anche anteriormente all'edizion del Cnrs, il lettore pur non specialistico poteva rendersi conto, in re, di qualche specimine di questo segreto e (alla lettera) aurorale esercizio, cui Valéry si era indefessamente dedicato fra le quattro e le otto antimeridiane di ogni giorno (nell' «ora pura e profonda»), dall'età di ventitrè anni (il primo quaderno porta la data del 1894) sino alla morte (l'ultimo dei quaderni è del maggio 1945 e reca in prima pagina la commovente dicitura: «sub signo doloris»): nel 1924 presso Champion, in facsimile, e nel 1926presso Gallimard, era infatti apparso, integralmente, uno dei quaderni, il cosiddetto Cahier B, 1910 (per soddisfare, avvertiva ironicamente l'autore in una breve nota liminare, «i mostruosi desideri degli appassionati di tutto ciò che è spontaneo e di pensieri allo stato grezzo»). Non solo, ma altri estratti dai Cahiers - prelevati tuttavia secondo una scelta che (come si vedrà) tendeva rigorosamente ad eluderne, o a escluderne, il centro - avevano offerto materia a varie pubblicazioni, quali Moralités, Littérature, Choses' tuées, Rhumbs, Autres Rhumbs, Analecta, Suite (poi raccolte in due volumi sotto il titolo complessivo di Te/ Quel), Mauvaises pensées et autres, Propos me concernant. Ciò che comunque emergeva, da tali scelte concesse al pubblico, non era altro che l'immagine d'una °' speculazione a carattere discanti- ~ nuo, ove la scrittura di frammento ..:: poteva anche prestarsi a definizio- ~ ì5., ni nçgative, come quella, a suo ~ ...... ~ tempo celebre, avanzata da Francesco Flora: «dilettante di pensieri profondi». In realtà, la speculazio~ ne (e la scrittura) dei Cahiers è proprio l'inverso della speculazione (e della scrittura) di frammento, in quanto si configura come l'indefet- ~ tibile, ostinata tensione ad un cen- i tro, il cui non-raggiungimento - e ~ proprio dalla parte dell'interessato Valéry !.o!s,i Cahiers - -entra sùbito nel novero delle eventualità: sorta di continuum scritturale dai molteplici percorsi, tutti convergenti, strategicamente, verso un'unica falda, e ove la configurazione del frammento (diciamo meglio: della «forma breve») non rappresenta altro che la modalità necessaria (diciamo ancora: operativamente richiesta) per la conduzione del progetto speculativo. Non tanto scrittura asseverativa (l'apoftegma, la massima) quanto scrittura del «tatonnement»; non tanto la dimostrazione quanto il tentativo. E se apoftegmi, massime e dimostrazioni affollano le pagine deferite al pubblico, ebbene non si tratterà altro che di residui, detriti, ciottoli levigati o piccole gore, rimasti qua e là sulle rive, a testimoniare il formarsi, per tanti rivoli e rami, della grande treccia del fiume. Ed è tale continuum - così patente nell'edizione in facsimile da travolgere e sommergere il lettore anche meglio preparato che vi si addentri - che dovrà essere ideaimente ricostituito nel corso della lettura per rubriche tematiche quale è quella offerta dall'edizione allestita da Judith Robinson (ora Robinson-Valéry, in quanto consorte di Claude Valéry, figlio del poeta) pe!" la Biblioteca della Pléiade, e della quale è iniziata la traduzione italiana per la mano attenta di R. Guarini (ne è uscito recentemente il primo volume, presso Adelphi, cui faranno seguito gli altri, presumibilmente cinque, il tutto comprensivo dei due fitti volumi della Pléiade). Non si intende certo qui diminuire i grandissimi meriti dell'allestimento editoriale fornito dalla Robinson, né tanto meno discuterne la scelta (i due volumi dell'edizione francese rappresentano, così a occhio, circa un sesto e forse appena un settimo della mssa globale dei Cahiers: 26.600 pagine dell'edizione in facsimile contro le tremila circa, note e apparati compresi, dei due volumi della Pléiade). Quanto alla scelta, infatti, nessuno più della Robinson era in grado di effettuarla: frequentazione, per anni, dei Cahiers originali (è ancora della Robinson una dellè prime incursioni sistematiche nella sterminata materia: L'analyse de l'esprit dans !es Cahiers de Valéry, Paris, 1963), accesso a materiali inediti quali i dossiers per rubriche fatti approntare dallo stesso Valéry, ecc. E quanto ai meriti: basti quel-lo di aver portato alla conoscenza del più vasto pubblico dei lettori una porzione non esigua di quella gran massa sommersa di attività speculativa e di scrittura. R esta, semmai, qualche osservazione sulla forma in cui è stata presentata. La natura di continuum della scrittura dei Cahiers, che vede, su una stessa pagina, allinearsi e incalzare, per forme brevi, riflessioni sugli argomenti più vari (dalla letteratura alla scienza, dal linguaggio al sogno, dal tempo alla memoria, ecc.), dovrebbe escludere, per principio, il raggruppamento per «temi», che asside e blocca, entro circoscrizioni concettuali naturalm,ente statiche, ciò che si presenta, di fatto, sotto le specie della mobilità incessante della produzione mentale. Senonché, da un lato, l'operazione si rivela l'unica possibile, qualora l'intenzione sia quella di fornire il massimo di materiali utili a focalizzare l'universo concettuale di Valéry, quale si manifesta nei Cahiers, e non una tipologia delle modalità della sua attuazione (per questo riguardo- come si è avvertito-, il lettore dovrà sempre farricorso all'edizione del Cnrs); dall'altro lato, l'operazione in causa risulta, per così dire, autorizzata dallo stesso Valéry, il quale, per ben due volte (una prima volta nel 1908, e una seconda volta a partire dal 1921e fino alla morte), si accinse a una classificazione dei materiali, raggruppandoli in dossiers dattiloscritti, distinti da denominazioni specifiche: più tecniche e d'ordine squisitamente formale quelle della prima classificazione (ben presto interrotta), come ad esempio: Concetto di operazione, Invarianza degli elementi, Gruppi, Fasi, ecc.; sostanzialmente «tematiche», appunto, quelle della classificazione successiva e più completa, che è la classificazione seguita dalla Robinson, con controllo dei dossiers dattiloscritti sui Cahiers originali. Ora, dato che le rubriche non comportano, alla fonte, nessuna indicazione di priorità, vale a dire nessuna indicazione circa l'ordine di collocazione per un'eventuale pubblicazione, la Robinson ha optato per una distribuzione che va dalle rubriche inerenti al «soggetto» (Ego, Ego scriptor, Gladiator: sono le tre rubriche di cui è costituito il primo volume di Adelphi) alle rubriche, le ultim_e,che riguardano, per così dire, l'esteriorità,e cioè le rubriche Histoire-Politique e Enseignement (si avverte che tutte le denominazioni sono originali: l'ultima, figura comunque in quanto sotto-rubrica della precedente). Diremo allora che, al fine di far emergere sùbito quella che è la natura profonda dell'operazione attuata da Valéry- assolutamente estranea non solo alla ·natura del diario (sia pure mentale) ma addirittura a generi affini e più rari quale ad esempio quello del leopardiano «zibaldone di pensieri» -, più pertinente sarebbe stato proporre, all'inizio, la grande rubrica Système, che di quell'operazione rappresenta infatti il centro, il luogo di convergenza speculativa e scritturale, e, nello stesso tempo, il motore, il propellente continuo. Non resta ormai che dar conto di tale «sistema», o, meglio, del progetto di tale sistema, il che equivale, come si è visto, a dar conto dell'operazione in toto effettuata nei Cahiers. Fulmineamente delineatosi nella mente di Valéry sin dagli anni 1892-'93, e perseguito per tutta la· vita, il progetto mira alla definizione delle leggi generali che regolano l'attività della coscienza sia· nelle sue fasi riflesse (oggetti mentali e stati psichici) sia nelle sue fasi non riflesse o solo parzialmente riflesse (i fenomeni della memoria, del sogno e della percezione; e quelli relativi al biologico e al corporale). Come si può desumere da un passo dei Cahiers del 1922 (Pléiade, I, p. 812), il sistema - che si pone come formalmente chiuso ma illimitatamente aperto dal lato dei materiali (gli oggetti e i processi del conoscere) - prevede, nell'ordine, una determinazione delle funzioni, una teoria delle fasi, una teoria delle forme, una teoria degli atti. Esso fa capo all'invariante «io», intesa come il quadro di organizzazione (o il punto di riferimento) del sistema, di cui tale invariante è parte. Si tratta, in altre parole, di una vera e propria teoria del conosce- - re, la quale nasce come risposta a una serie di domande «eÌementari» (che Valéry si stupisce che nessuno abbia mai formulato prima di lui: ma alcuni anni dopo Wittgenstein ne proporrà di analoghe), come ad esempio: quale relazione intercorre fra il pensato (la nozione, il concetto) e il percepito? o fra la coscienza e la presenza? Che cosa viene conservato nel processo di trasformazione di uno stato psichico in un altro stato psichico? Che cosa consente il passaggio da un'idea ad un atto? quale trasformazione si verifica? che cosa si conserva? e quindi, più generalmente: qual è la legge sottesa ai processi di trasformazione-conservazione? O ancora: che tipo di durata comporta la coscienza non riflessa (quella, ad esempio, che è attivà nello stato di sogno)? e che relazione questa durata intrattiene con la durata della coscienza cosciente (con lo stato di veglia)? ecc. Ma domande del genere presuppongono inquisizioni ancora più radicali. Per esempio: come è possibile definire (circoscrivere concettualmente e, successivamente, rappresentare) un «fenomeno» (mentale, psichico ecc.)? e la «fase» che ne costituisce la manifestazione nel campo del pensiero, o della percezione? Ecco allora le straordinarie formulazioni, in cui Valéry sembra veramente prossimo a una quantificazione dell'incommensurabile (il mentale, lo psichico, il corporale ecc., e le loro interrelazioni): nel 1938, per la definizione di «fenomeno»: «Fu questa la grande impresa, o la grande opera, a partire dal 1892: per lottare contro le "idee" (amore e orgoglio), mi misi a "osservarle" [... ], sforzandomi di ridurle ad altrettanti "fenomeni". "Fenomeno" significa che un osservatore indipendente si profila, o si forma, "di fronte" alla Cosa e subordinatamente ad essa - con ipotesi di nondipendenza di questi due membri. Tale stato costituisce un evento, ed esso non è stabile» (traduciamo dall'ediz. della Pléiade, I, p. 848: virgolette e corsivi nel testo); nel 1902, per la definizione di «fase»: «Chiamo fase una durata in cui I 'individuo può venir rappresentato in quanto costituito da n funzioni[ ... ] indipendenti [... ]. Così, il sonno, la riflessione, la digestione, l'esercizio, la volizione, la collera, sono altrettante fasi durante le quali determinate funzioni sono sospese [... ]. La nozione di fase si fonda sull'intermittenza e sulla differenza di attività delle diverse funzioni» (ancora dall'ediz. della Pléiade, I, pp. 891-92). S enonché il progetto in questione risulta vincolato da alcune potenti implicazioni (o condizionamenti): 1. l'impossibilità di applicazione, a una materia per principio non
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