Alfabeta - anno VIII - n. 82 - marzo 1986

«formismo» in questo senso è una messa in prospettiva della precarietà delle cose. In un appunto Simmel, con accenti alquanto nietzscheani, dice éhe l'attitudine «dell'artista si basa... sul presupposto secondo il quale il significato profondo delle cose si rivela adeguatamente nella loro apparenza ... ».14 Quest_'unione di profondità e superficie aiuta ad apprezzare, in modo non normativo, l'effervescente bizzarria dello spettacolo quotidiano che si può esservare nelle piazze e nelle strade delle moderne megalopoli. Studiare una società a partire dalla descrizione della sua pelle: ecco la scommessa di una sociologia «formista». Per una simile sociologia non c'è una vera esistenza ietro a quella che si dà a vedere: il formismo si limita a prendere sul serio diversi stili di vita che costituiscono il «theatrum mundi». 3. La socialità microscopica • Superare Lavalutazione. Obiettivo urgente e molto difficile. Occorre riconoscere che la prospettiva estetica e il formismo che ne è l'espressione, non sono cose agevoli per il sociologo. Sappiamo infatti che, cito Nisbet, dopo il diciottesimo secolo Lapolitica «diventa... un modo di vita intellettuale e morale». 15 Così, nel suo orientamento generale come nelle modalità specifiche, l'essere insieme potrà essere compreso solo su un piano politico, che si riassume abbastanza bene nell'attitudine progettuale: l'azione, il futuro, il lontano. ILparadigma estetico che si propone potrà apparire a molti un po' inattuale, però potrebbe servire come rivelatore delle varie espressioni della socialità contemporanea. Questa socialità sembra piuttosto indifferente all'ingiunzione morale della politica. Ma potrebbe trattarsi di ciò che ho chiamato un «immoralismo etico», cioè portatore di una moralità creata dalla colletttvità e non imposta dall'alto. 16 Infatti proprietà del/'«aisthesis» è di fondarsi su un'esperienza comune, condivisa. Semplificando al massimo si può dire che come il razionalismo anche l'individualismo tende nella vita sociale a . sepaf{lre, a discriminare per analizzare assieme causa e effetto de/l'atomizzazione. Nell'uno e nell'altro caso la base è. il «principium individuationis». Avendone già parlato abbondantemente _nontornerò su questo punto. Bisogna insistere piuttosto sul fatto che l'«aisthesis» favorisce l'interazione. Lo storico dell'arte Worringer parla di taluni periodi in cui è predominante la «procedura tattile» e si può dire, metaforicamente, che per il paradigma estetico che ci interessa si tratta proprio del «tatto», del sensibile, o ancora, come è stato detto, dell'«attrazione sociale». 17 Più che un'addizione d'individui contrattualmente legati, schema che s'impone a partire dall'Illuminismo, si può immaginare che esista, in modo un po' misterioso, una coniugazione delle sensibilità che permette di capire la moltiplicazione dei circuiti sociali e dei piccoli gruppi che li costituiscono. Neo-tribalismo versus Società. Alcuni sociologi, come A. Schultz, P. Berger e L. Luckung (purtroppo poco conosciuti in Francia o utilizzati in pectore) hanno insistito sull'importanza della relazione, de/l'esperienza interattiva nella realtà sociale. È ispirandosi a loro che H.R. Jauss (iniziatore di quella che si chiama scuola di Costanza) ha sottolineato il legame esistente fra l'interazione e l'esperienza, o il godimento estetico. Vi ritorneremo, ma a differenza della riflessione sull'arte della scuola di Francoforte, Adorno in particolare, che si fonda sulla critica del godimento come categoria borghese, la scuola di Costanza ritiene il sensibile, l'intersoggettività, un fil rouge che percorre il corpo sociale, assicurandone la durata. Così, partendo dalle categorie dell'hic et nunc, Jauss mostra come «la realtà quotidiana è provata come appartenente a un mondo intersoggettivo che riguarda me come gli altri». L'Einfuhlung è sia godimento estetico che processo empatico, che mi lega agli altri. 18 Bisogna riconoscere che siamo in presenza di un certo vitalismo che regolarmente rinasce nelle strutturazioni sociali e quindi nelle costruzioni. intellettuali. In effetti c'è sempre un legame tra l'estetica e le diverse manifestazioni della vita. Cosa molto evidente a Simmel che ha sempre tenuto conto di questa polarità. 19 Secondo due prospettive: da una parte quella dellaforma che è, lo si è visto, relazione, azione reciproca, «concettò di rapporto», d'altra parte quella della dimensione simbolica che va intesa non solo come semplice categoria psicologica, ma piuttosto, seguendone l'etimologia, come vettore d'intensa comunicazione. Simmel parla pure di sistemi simbolici, che permettono di raggiungere il «tessuto dei fatti vissuti». 20 È necessario insistere su questo punto, non sia altro che per relativizzare, se non smorzare del tutto la relazione, postulata correntemente, tra l'accentuazione del quotidiano e dell'estetica da una parte e quella dell'individualismo dall'altra. Io, come ho già detto,· considero l'individualismo strettamente legato alla categoria del politico. In un punto che merita attenzione Simmel istituisce un parallelo tra la problematica individualista e quella del materialismo storico, entrambe rivolte a c~nsiderare «gli interessi comuni a un insieme d'individui»; per individualismo e materialismo l'interesse generale è «ciò in cui tutti sono parte in causa piuttosto che ciò che è comune a tutti». 21 Si tratta di una differenza qualitativa, da una parte l'accento è posto sulla monade e l'associazione razionale, dal- /' altra è posto piuttosto sul gruppo e sui suoi legami «affettivi». In altri termini, la Politica versus la Socialità. Bisogna seguire Nisbet, quando dichiara perentoriamente «Simmel ricusa l'individualismo analitico e utilitaristico... anche... se si esprime in modo che sembra suggerire un legame tra la sua opera e l'individualismo»?22 Non saprei. In effetti Simmel è su questo punto molto incerto., come uomo del suo tempo - numerose sue analisi rinviano al politico (cioè all'individualismo) - Simmel non ignora la moltiplicazione dei micro-gruppi che, sebbene alJostato nascf;nte, si diffondono nelle metropoli moderne. E proprio questo che Nisbet riconosce quando nota che Simmel «s'interessa in pari misura ai processi impercettibili e alle strutture». Quel che è certo, nell'ottica qui abbracciata, è che egli manifesta una reale attenzione alle «comunità molecolari», che egli è affascinato dalle relazioni microscopiche e che le sue analisi delle società segrete, delle interazioni fra diadi e triadi (Nisbet, p. 12_7),permettono nell'ottica formista di osservare il ribollire della cultura sociale. In breve si può dire che il minuscolo non è riducibile all'individuo quando questo si compiace del suo solipsismo, e si può tutt'al più associare ad altro (il Politico); il minuscolo si comprende solo in relazione, è causa ed effetto del quadro, della forma che lo fa riuscire (socialità).. 23 .• • 4. L'intersoggettività estetica È questo sentimento diffuso nella socialità,.questa esperienza comune, che si richiama all'empatia, all'intuizione del sociologo. Bisogna in un certo senso che egli sappia guardare dall'interno. Arte di fare e arte di dire. È a questa condizione che il sociologo potrà essere il più adatto a parlare della retorica sociale. È in un certo senso questione di implicazione. Proust diceva che non si può capire un Librose non si è capaci «di farne lentamente maturare gli equivalenti nel proprio cuore». Forse bisogna dire la stessa cosa per il sociologo: anch'egli non può capire questo mondo se non lo approva in se stesso come microcosmo; o almeno deve entrare in corrispondenza con certi elementi del mondo che intende analizzare. Si può del resto postulare che una certa dose di identificazione è proprio ciò che permette la «tipizzazione», o l'istituzione di tipologie. In ogni caso si tratta di una prospettiva che molti ricercatori non rifiutano più a priori. Infatti una soggettività pienamente esplicitata è più facilmente controllabile che non una soggettività che non si confessa come tale, ma che è pur sempre presente in forma di valori, pregiudizi, convinzioni che stanno dietro anche alle analisi più oggettivistiche. A questo proposito G. Simmel può orientare la nostra riflessione in due direzioni che io do in conclusione come tracce di ricerca. Prima di tutto il senso artistico, «l'aisthesis» come meccanismo di convivenza, forse anche di complicità. « Esser capace d'empatia, cioè essere capace di ritrovare le motivazioni degli attori... è per questo che a volte si dice che lo storico è o deve essere un artista». 24 È banale dirlo, tanto è vero che le scelte dei nostri oggetti di studio sono fortemente condizionate dai nostri affetti, per razionali che siano. Si può aggiungere che il senso artistico non deve fissarsi unicamente sul contenuto ma anche sul-contenente. Qui c'è dunque la «proiezione del proprio io» (p. 127) che permette la riproduzione di esperienze che non sono state vissute. Questa proiezione è ovviamente propria al «genio»: l'artista stricto sensu, intellettuali o creativi vari; ma essa è ugualmente propria all'uomo comune. Da qui l'importanza che conviene attribuire alla banalità nella vita sociale e il dovere di considerarla prima di tutto come luogo di esperienze comuni. L'altra direzione è quella che ho indicato col termine mistico di «microcosmo», ma che, riferendosi a Schultz, si può indicare come quella della «tipicità». Da un lato essa accentua le singolarità causali, d'altro lato rileva le similitudini e le somiglianze. Così ogni individuo può essere considerato come un in sè e in quanto tale significativo, ma significativo solo nella correlazione, nella corrispondenza. Così come Max Weber parla di pluricausalismo, la tipicità ci rimanda a un problema di «costellazioni». In un mondo complesso, caotico, contraddittorio, si tratta di costituire dei raggruppamenti. Non si riduce concettualmente una vita multiforme ma si cerca di riferire le situazioni, dalla più aneddotica alla più importante, a forme specifiche. Mi sembra che il paradigma estetico, qui svolto, sia il modo meno brusco per comprendere i processi comunicativi, simpatici, di identificazione, d'associazione, che sempre più caratterizzano le nostre società. Ho proposto di chiamarlo il gioco della passione senza il quale molti successi televisivi, fascinazioni fittizie o effervescenze politiche sarebbero incomprensibili: dal corpo mistico che ogni. settimana si raccoglie intorno a Dallas, all'affollamento dei grandi magazzini o di altri assembramenti sportivi si coglie un'interazione affettiva che si fa gioco dei nostri giudizi di valore e che reclama una formalizzazione più lucida ed umile. • Per Berger e Luckmann la «realtà della vita quotidiana si presenta come un mondo intersoggettivo, un mondo a cui io appartengo», e questa realtàpare loro essere «sovrana». 25 Si tratta di un giudizio sen_satoche i sociologi non possono più scartare come «spontaneo» e dunque ideologico. Ma richiede una conversione dello spirito che faccia di noi non più dei critici, dei dispregiatori, ma piuttosto degli esteti dell'esistenza. 26 E ciò non per compiacersi in un narcisismo o in un individualismo ormai fuori luogo, ma al contrario - se si segue ancora G. Simmel quando descrive questa attività estetica - per staccarsi «dall'io e per dissolversi nell'oggetto, sì che nessuna dµalità non ... ci separi più da esso». 27 Note traduzione dal francese di Pietro Raboni (1) Cfr. E. Canetti, La conscience des mots, Paris, Albin Miche!, 1984, p. 24 ss. (2) Sull'allegoria cfr. lo storico P. Brown, La vie de St-Augustin, Paris, Seui!, 1971, p. 308 e nota 13. (3) R.A. Nisbet, La tradition sociologique, Paris, Puf, 1984, p. 33 ss. Così: «se insisto su questo punto è semplicemente perché viviamo in un'epoca in cui gli insegnanti di sociologia... pieni <;leiloquenza e di buone intenzioni, insistono sul fatto che ciò che c'è di scientifico... nelle loro discipline risulta unicamente da una riflessione che procede per definizione e risoluzione dei problemi». (4) lbid. p. 35. (5) Cfr. R. Aron, La sociologie allemande contemporaine, Paris, Puf, 1981, p. 11. Così pure la prefazione di J. Freund i_nG. Simmel, Sociologie et épistémologie, Paris, Puf, 1981, p. 11. «E stato spesso ~improverato a Simmel di esser stato un dilettante, brillante saggista ... ». (6) G. Simmel, Les problèmes. de la philosophie de l'histoire, Paris, Puf, 1984, p. 164. (7) M. Maffesoli, Connaissance et socialité, Paris, Librairie des Meridiens, 1985. (8) Nel suo articolo «G. Simmel's Philosophy of Art and his sociologica! view-point» (Sociologica, voi. 5, n. 2, Tokio 1981), Y. Aytoji fa una buona recensione degli scritti di Simmel sull'arte. L'articolo di Atoji uscirà in traduzione francese nel fascicolo della rivista Sociétés dedicato a Simmel (éd. Masson, Paris). (9) G. Simmel, Einleitung indie Moralwissenschaft (2• ed. tomo I, p. 83, 1982) cit. in A. Mamelet, Le Relativisme philosophique chez G. Simmel, F. Alcan, Paris, 1914. (10) Sul dato sociale cfr. la mia analisi, M. Maffesoli, La violence totalitaire, Paris, Puf, 1979, p. 207. (11) G. Simmel, Fragmente und Aufsiitze, Miinchen, Drei Masken Verlag, 1923, p. 28, trad. J. Freund, cit. in La théorie de la forme chez Simmel, in corso di pubblicazione. (12) G. Simmd, Les problèmes de la philosophie de l'histoire, op. cit. p. 83. (13) P. Brown, Genèse de l'Antiquité tardive, Paris, Gallimard 1983, p. 16e ss., e la prefazione di P. Veyne che discute lo stile come categoria del sapere. Su apparenza e teatralità, mi permetto di rinviare al mio La conquéte du Présent, Paris, Puf, 1979, capitoli VII e VIII. (14) Citato da R.A. Nisbet, op. cit, p. 272. Sulla stilizzazione della esistenza, cfr. G. Simmel, Mélange de philosophie relativiste, Paris, Félix Alcan 1912, p. 217, e Les Problèmes de la philosophie de l'histoire, cit., p. 53; cfr. anche il testo sulla civetteria, in Sociétés, Paris, Masson 1985, voi. 1, n. 3, p. 20 e ss. (15) R.A. Nisbet, La tradition sociologique, cit, p. 54. (16) Sull'«immoralismo etico», cfr. M. Maffesoli; L'oml;re de Dionysos, Contribution à une sociologie de !'orgie, P~is, Ed. Librairie des Méridiens, 2a ed. 1985. (17) Si veda l'eccellente studio di P. Tacussel: L'attraction sociale (la dynamique de l'Imaginaire dans la société monocéphale), Paris, Ed. Librairie des Méridiens 1984, Cfr. altresì W. Worringer, Abstraction et Einfiihlung, Paris, Klinksieck 1978. (18) Cfr. H.R. Jauss, Pour une eshétique de la réception, Paris, Gallimard 1978, p. 292. Cfr. inoltre le pp. 278e 149, e P. Berger e T. Luckmann, La construction sociale de la réalité, Paris, Éd. Librairie des Méridiens 1985. (19) Cfr. l'articolo di Y. Atoji, cit., p. 1, che sottolinea questòlegame estetica-vita. (20) G. Simmel, Les Problèmes de la philosophie de l'histoire, cit., p. 111. (21) Id., lbid., p. 131. (22) R.A. Nisbet, Op. cit., pp. 128 e 127 (23) Cfr. p. es. G. Simmel, Les Problèmes de la philosophie de l'histoire, cit., p. /69: «[lo storico], cercando le similarità, sottopone il proprio materiale a una interpretazione simbolica, laddove una metodologia individualistica quale quella adottata dalle scienze della natura cercherebbe di ridurre il materiale alle sue componenti elementari, per sottometterlo a leggi». (24) Id., /bid., p. 121. - (25) Berger e Luckmann, Op.cit., pp. 23 e ss. (26) A questo proposito, è necessario trarre le dovute conseguenze da ciò che L. Dumont chiama «crescita considerevole-della categoria estetica» (cfr. Homo Aequalis, Paris, Gallimard 1977). Estrapolando un po' la categoria estetica, cioè non inscrivendovi semplicemente le grandi opere della cultura, si può immaginare che l'insieme della vita quotidiana divenga un'opera d'arte. (27) G. Simmel, Les Problèmes de la philosophie de l'histoire, cit., p. 122.

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