Il paradigmg estetico I Contro il <<Sociean/ gineering», nelle sue forme più o meno sofisticate, è forse giunto il momento per il e sociologo di. reclamare il diritto di «poetizzare», di estetizzare sullo sviluppo sociale. Di esser cioè più vicino, di sentire /~viluppo che, nel significato che gli attribuiva il romanticis o tedesco «Entwicklung», è più vicino alla crescita che ali evoluzione. Si ricomi eia a sapere, ma soprattutto a non aver paura di dire, che la conoscenza non si limita alla scienza; o almeno a una e.ertaforma della scienza. Essere attenti a ciò che ho proposto di chiamare la «respirazione sociale» non sarà dunque atto di circostanza, ma un'esigenza intellettuale che sappia integrare la molteplicità degli elementi che compongono la società sempre più complessa in via di formazione. È interessante notare come si ritrovino negli scritti di Canetti riferimenti alla «memoria respirato~ia» o all'«economia respiratoria». Egli nota che sebbene la scienza - questa «arricchita dell'umanità» - abbia ignorato tale dimensione, l'organizzazione delle nostre società, delle nostre città, si fonda su[l'adeguamento degli «spazi di respirazione».' L'abbondanza delle immagini atmosferiche in mitologia .sottolinea come in ogni tempo il respiro e la vita siano intimamente legati. E infine anche le tecniche di respirazione che ci vengono dall'Oriente si inseriscono senza dubbio in un processo di conoscenza che non si può ignorare. Questi riferimenti di massima consentono di mettere in risalto l'importanza dell'atmosfera che caratterizza un'epoca. Al di là della riduzione concettuale, la descrizione, la cattura delle impressioni, tutte cose riguardanti la fenomenologia e la poesia, devono poter trovare posto nelle nostre discipline. La molteplicità delle respirazioni sociali, cioè gli stili o modi di vita, non è semplicemente conseguenza di questo o quel fattore economico e politico né può riassumersi in una semplice categorizzazione psicologica. Essa ha una propria autonomia e riproduce in qualche modo una vita animale, incontenibile e un po' barbara, una vita di passioni e sentimenti che tende sempre più a far esplodere l'aspetto civile omologante della civiltà. Questo può spingerci a superare la vecchia diffidenza che, da Platone in poi, pesa sul «godimento», compreso il godimento intellettuale. Si ricordi, ad esempio, come, agli inizi dell'era borghese, Faust avesse destituito il verbo, scrivendo «semplicemente: al principio era l'azione!». Da qui discendono anche quegli intellettuali che, dai loro studioli, si ostinano a vedere nelle diverse modulazioni del/'azione gli unici vettori della vita sociale. Bisognerà tornarci sopra, ma sembrerebbe che il divenire comunicativo delle nostre società ci obblighi a riconsiderare il problema: accordare di nuovo al verbo il,posto che gli spetta e far attenzione alle immagini e alla retorica sociale che, dai discorsi dei bar sino ai discorsi politici, punteggiano l'esistenza quotidiana. La parola, quella d'occasione o quella del _messaggioinformatico, è un elemento interattivo e come tale merita credito. Allora, il gioco o il godimento linguistico del sociologo non sarà un semplice «flatus vocis» ma espressione coerente del- /' atmosfera del momento. In un tempo che ricorda il nostro, quello della tarda antichità, mentre i filosofi si dilettavano nel/'astrazione, Sant'Agostino seppe avvalersi con felicità del metodo allegorico. Così facendo, prendeva atto del crollo di un mondo; le sue parole non sono state inutili nella costruzione, allora in atto, della civiltà cristiana e la proliferazione di immagini nelle sue analisi è in perfetta consonanza con la 4istruzione del reale che egli osservava. 2 Tutte le -cose nuove, emergenti, hanno bisogno di visualizzare il proprio obiettivo e allo stesso tempo di visualizzarsi. Si può fare, aggiungendovi lo sviluppo tecnologico, il confronto tra la fini del mondo antico e la fine della modernità: alle immagini immateriali • della post-modernità deve poter corrispondere l'approccio allegorico delle nostre analisi. Ci si può qui riferire a tre bei libri di R.A. Nisbet il quale, specie quando si interroga sull'immaginazione sociologica dei padri, della sociologia non si stanca di ripetere che essi «furono sempre artisti». Secondo Nisbet la «sociology as an Art Form». Così i concetti che noi utilizziamo risulterebbero analoghi alle istituzioni o visioni che sono «proprie sia all'artistache allo scienziato». 3 Gli esempi che offre in questo sénso appaiono convincenti e mostrano bene l'inanità delle astrazioni metodiche nel lavoro scientifico. Segnala inoltre come Simmel fu tra i grandi sociologi, quello che «conferì all'immaginazione e all'intuizione un ruolo decisivo»4 • Attraverso l'esempio di Simmel si vùole indicare che ogni grande opera si fonda sulla paradossale tensione tra aspetti estetici e aspetti metodici. Ecco ciò che rende ricche simili opere e che soprattutto le differenzia dagli studi nel campo della scienza. della natura, e, aggiungerei, che proprio questo le distingue dalle opere di quegli ingegneri sociali che hanno decretato una volta per tutte che la scientificità di un'opera è direttamente proporzionale alla noia che suscita. Così l'anticonformismo dell'approccio simmeliano1 il suo puntare su oggetti minori o secondari. gli hanno valso l'accusa infamante di estetismo e di saggismo.5 Cosa che ~on gli impedisce di essere di nuovo d'attualità visto che, tra l'altro, aveva riconosciuto con premonizione, «che è del tutto futile voler riservare il titolo di "scienza" alla determinazione delle leggi e di non accordarlo ali'osservazione dei fatti». 6 Non si potrebbe riconoscere meglio la necessità della descrizione fenomenologica. Proprio per questo quello che si potrebbe chiamare saggio scientifico ha un posto nell'università in tempi in cui, per il cambiamento dei valori in atto, è necessario essere attenti a ciò che è in statu nascendi. E per quelli che avessero qualche difficoltà ad ammetterlo, si può ricordare che «gestire il sapere stabilito e sentire ciò che sta nascendo non sono dopo tutto che i due poli di tensione necessari ali'armonia conflittuale di ogni conoscenza». 7 Così, di fianco a una sociologia sociologizzante, una sociologia estetizzante può giocare un ruolo esplorativo nel nuovo mondo che si sta annunciando. 2. Il «formismo» come categoria cognitiva Nel pluralismo della conoscenza può esistere dunque un estetismo metodologico che non è un'abdicazione del pensiero. E soprattutto può giocare in modo euristico là dove sia in perfetta consonanza con lo spirito del tempo. È in questa prospettiva che si può parlare di una sociologia «formista». Questo neologismo, su cui mi sono già soffermato, intende considerare la forma nel/'ottica simmeliana, come modello cognitivo, inscrivendosi cioè in una tradizione che va dalla filosofi.a aristotelica alla biologia contemporanea, passando per Goethe e per Spengler. Diciamo rapidamente che Simmel elaborò questa nozione di forma8 perché la riflessione esietica fu una sua preoccupazione costante. Ed essa traduce una autentica ossessione: quella della relazione, del/'azione reciproca, o ancora di ciò che egli chiama il «concetto di rapporto» (Verhiiltnissbegriff). La forma è prima di tutto un a priori che ordina le situazioni e le particolarità osservabili. Essa mette in relazione motivazioni-e modi d'essere che non sono nè esclusivamente sensibili •nèesclusivamente razionali. Così, in modo sfumato o, nel senso comune del termine, relativistico il sociologo può comprendere la complementarità, o forse occorre dire la sinergia, tra i diversi elementi del dato sociale. , Di contro al pensiero critico che, secondo la sua etimologia, sceglie, soppesa, separa il vero dal falso, il formismo è piuttosto un pensiero affermativo: il dato è accettato perché. c'è. Piuttosto che di compromesso o di accettazione dello statu quo, si potrebbe parlare di congiunzione delle sensibilità eleatiche e eraclitee. C'è un testo di Simmel che precisa bene questa congiuntura: «Come la nostra conoscenza riconosce da una parte la durata nel cambiamento e dall'altra il cambiamento nella durata, così... l'evoluzione organica costituisce l'individuo come somma di proprietà della specie e gli concede tuttavia la capacità di adattarsi a delle forme e a delle nuove esigenze della vita». 9 A priori e empirismo. Il dato è costituito insieme da un preesistente e dalla cristallizzazione sintetica delle valutazioni indotte da questo pre-esistente. Insieme archetipo e stereotipo. Bisognerebbe trovare delle immagini nella fisica o ne~'astrofisica contemporaneamente per spiegare la dinamica delle particelle in.movimento e la statica dell'insieme. È di questa tensione che è costituito il dato sociale. 10 L'arte del sociologo starà nel riconoscere, constatare e descrivere questa tensione tra la forma e il minimo, cioè, come si è detto sopra, consisterebbe meno nella critica che nella fenomenologia. Se una tale impostazione contravviene a ciò che sembra essere, da~'Illuminismo in poi, ilfonda• mento del procedimento intellettuale - tuttavia risulterebbe molto efficace quando si riconosca che, oltre un remoto finalismo, i fatti minimi de~'esistenza sono pieni di senso di per sè. Bisogna riconoscere che è l'interesse estetico a sottolineare /'importanza dell'anodino, del dettaglio come costituente del tutto. Ci siamo così ricongiunti alla riflessione della scuola di Palo Alto sulla «prossemica»; nelle sue diverse modulazioni il vicino, ciò che posso toccare, ciò che si visualizza direttamente non è privo di conseguenze nel nostro rapporto col mondo. Ma ciò richiede un cambiamento di prospettiva. In effetti, dichiara Simmel, «la nostra inclinazione a criticare è connessa al nostro modo meccanico di vedere le cose». 11 Penso che lo scopo principale del «formismo» sia quello di individuare lo sviluppo organico del sociale. La messa in relazione e l'azione reciproca (Wechselwirkung), di cui si è parlato, e che si applicano a quelle piccole cose che si risolvono nell'atto (pasto, ornamento, civetteria, rituali, convenevoli) fanno sì che laforma non sia affatto un'Idea platonica, intangibile e perfettamente univoca. Al contrario essa coglie la motivazione e l'interazione. Ecco l'organicità. Per riprendere l'immagine utilizzata all'inizio, l'albero cresce e sviluppa le sue potenzialità a partire dalla «forma», o ancora, per usare un'altra metafora, proprio come la «determinatio», lo steccato che separa un campo dal deserto lo chiude e assieme costituisce; permette che ci sia del grano piuttosto che niente. Compresenza di costanza e moto, la forma è un'altra maniera di render conto del principio interno d'organizzazione, della «ratio seminalis» che fa sì che in ogni strutturazione ci sia corrispondenza, azione, retro-azione, tutte cose che ci ha insegnato la cibernetica. È in questo senso che l'estetismo della forma può essere chiamato un modello cognitivo. Tutti i dati di base «sono già stati modellati da forme a priòri», 12 un po' come informazioni codificate che basta saper leggere. Così, sebbene non permetta di elaborare leggi generali e di ragionare in termini di «dover essere», il formismo consente, nel senso stretto del termine, di coordinare gli elementi eterogenei che costituiscono le nostre società complèsse. Si può precisare infine che questo atto coordinatore utilizza ciò che H. Corbin e G. Durand chiamano la funzione immaginale. In effetti, senza dilungarsi, si può ipotizzare che dopo la prevalenza di un pensiero iconoclasta - diffidenza di fronte all'immaginario, ricerca dell'autenticità, atteggiamento di sospetto e dunque di critica - si assistea una rivalutazione dei modi dell'apparire. Nella logica del dato accettato «perché c'è» e nel quadro della descrizione connessa a questa accettazione, la rivalutazione de~'apparenza potrà essere una leva metodologica non trascurabile. Ed è evidente che ciò che era solo un'intuizione all'inizio del secolo diviene ora perfettamente pertinente in un momento in cui l'immagine, pubblicitaria, televisiva, elettronica, si capillarizza nell'intero corpo sociale. Dobbiamo mettere in conto gli effetti di questa diffusione se vogliamo capire il nostro quotidiano. Se, per riprendere un'ipotesi formulata all'inizio, il Verbo, e il suo pendant, l'Immagine, prevalgono sull'Azione, una sociologia dell'immaginario sociale non sarà un semplice supplemento d'anima filosofico, ma sarà il cuore di un procedimento riflessivo. Si tratta di un'accentuazione già verificatasi nel corso della storia. Per ricordare solo un esempio, Peter Brown, con grande originalità, mostra come possiamo capire la tarda Antichità partendo da ciò che egli chiama lo «stile» degli scambi sociali, cioè Lo stile dei rapporti col divino, Lo stile delle relazioni quotidiane. Ifi questo modo egli fa dello stile una categoria del sapere. 13 La vita sociale non si riduce dunque a un ordine di cause razionali, non può essere sottomessa a una legge, o a un insieme di leggi universali. • e Ci sono dunque momenti in cui questa particolarità avanza sulla scena, in cui l'uomo non è orientato verso un fine, spinto da cause precise, ma in modo stocastico vive al presente situazioni puntuali ed effimere, privilegiandone l'espressione e accentuandone l'apparenza. Si tratta di periodi in cui dominano i sentimenti di finitezza e di tragicità; e il 'O -. c:s .:; ~ c:i.. gi -. <::) ~ c:s E: òcl ~ !:! ~ .e $ ,.__---------------------------------------------~--------------------------------c:s
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