Alfabeta - anno VIII - n. 81 - febbraio 1986

l'avvenuta «rivalutazione» del medioevo, del resto già·debitarn'ente sancita sulle pagine culturali dei giornali. Ciononostante, le piccole polemiche sorte in seguito all'evocazione del personaggio di Parsifal . da parte di Comunione e Liberazione all'ultimo Meeting dell'amicizia tra i popoli dimostrano il·perdurare di un certo provincialismo e di una certa mancanza di familiarità con la cultura dell'Europa nordoccidentale, rivelando, in un contesto più ampio, lo scarso livello d'integrazione culturale sinora raggiunto tra i paesi europei. I I La storia del Sacro Graal» '' - così intitola Malory una delle sue composizioni - «brevemente tratta dal francese, la quale è una storia ricordata come una delle più vere e sante che siano a questo mondo». Ma cerchiamo di districarci un pochino nella <lenza foresta del mito. L'antica materia nasce nella Grande Bretagna nel corso del sesto secolo, quando i celtici romano-bretoni tentano, non senza qualche temporaneo successo, di arginare la marcia verso ovest degli invasori sassoni. Uno di questi successi fu riportato nella misteriosa battaglia di Badon, vinta da un non meglio specificato Artù, che per molto tempo dovette arrestare l'avanzata del nemico. In queste lotte e in questa battaglia, senza dubbio, va ricercato l'embrione _del successivo mito delle guerre sostenute da Artù per imporsi come re, e dell'età dorata succeduta alle sue vittorie. Ma infine i sassoni riusciranno a chiudere il cerchio, cacciando i celti entro i monti del Galles e della Cornovaglia. Da ciò, nel mito, la decadenza e dissoluzione del regno di Artù e la sua dipartita verso la favolosa isola di Avalon; ai sopravvissuti rimarrà la speranza del suo ritorno e l'attesa di una riscossa. Ma è nel XII secolo, dopo che i sassoni sono a loro volta stati sottomessi dai normanni di Guglielmo il Conquistatore, che il mito di Artù - eroe celtico, non sassone - può essere assimilato dalla nobiltà anglo-normanna, diventando così il mito dell'intera Grande Bretagna e ponendo le basi di una sua ulteriore e prodigiosa fioritura internazionale. Primo e fondamentale passo in questo sviluppo è la grande cronaca nazionale Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth (che, opportunamente, è una cittadina limitrofa tra Galles ed Inghilterra), nella quale si determina una leggendaria epopea dell'isola che inizia con lo sbarco di Bruto, discendente di Enea. Tra gli ultimi re figura Artù, la cui più alta impresa sarebbe stata la conquista di Roma se egli non fosse stato richiamato in patria dal tradimento del reggente Mordred. Sulla scorta dell' Historia seguono i poemi dell'anglonormanno Wace in versi francesi, e del Layamon in inglese, e in queste opere abbiamo i primi riferimenti alla Tavola Rotonda. Mentre in Francia, pochi decenni dopo l'Historia, inizia l'elaborazione cortese della materia ad opera di Chrétien de Troyes, tra i cui poemi figura un incompiuto Racconto del Graal o Perceval «il Gallese». Questo eroe, che pare avere lontana origine in un Peredur gallese, ha per il momento solo tenui legami con la Tavola Rotonda. La sua è la storia di un solitario tirocinio spirituale che lo porterà alla conquista del Graal. Il quale non è però ancora il caliceo la coppa conservati da Giuseppe d'Arimatea, bensì un sacro recipiente dispensatore di superiore nutrizione. Nel Parzival (c. 1210) di Wolfram von Eschenbach, derivato dal Perceval, viene accentuato il significato religioso del Graal, che si presenta come una pietra gemmea posta sulla terra per volere divino e guardata da una schiera di cavalieri. Al termine di questo filone si colloca in diretta discendenza l'opera di Wagner, nella quale tuttavia al Graal sono attribuite le note caratteristiche cristiane. D i poco posteriore a Chrétien un altro poeta anglofrancese, Robert de Borron, pone il Graal in questo contesto cristiano e dà avviamento alla fusione dei due rami della materia (quello del Graal e quello di Artù) narrando come dai seguaci di Giuseppe d'Arimatea il Graal venisse trasportato nel lontano occidente. Per volere di Merlino una Tavola Rotonda dovrà essere istituita, la terza dopo quelle dell'Ultima Cena e di Giuseppe. L'intera storia venne poi risistemata e resa coerente nel XIII secolo dagli autori dell'ampio ciclo in prosa francese del Lancelot-Graal, dove i due grandi temi (oltre al completo sviluppo del terzo elemento, quello dell'amore di Lancillotto e Ginevra) appaiono completamente fusi ma con un'importante variazione nella vicenda: il Graal viene conquistato dal purissimo Galaad figlio di Lancillotto; Perceval, anch'egli puro, sarà suo accompagnatore, ma non più protagonista della vicenda. Da questa opera nel XV secolo infine discenderanno, almeno in parte, le compilazioni di Malory. Tale, dJmque, il complesso storico-mitologico che tanto smarrimento continua a provocare in Italia. Espressione di una comune civiltà cristiano-feudale, il mito avrebbe potuto estendersi a tutta l'Europa. Cito dall'introduzione di Gwyn e Thomas Jones ai Mabinogion (Dent, Londra 1949): «E così, benché il miracolo finale [dell'evoluzione del mito] sfuggirà sempre a una spiegazione logica e documentata, la leggenda arturiana divenne ora una inestimabile eredità dell'Europa, e parte dell'immaginazione europea per sempre». Ma non per noi italiani. Certo, anche da noi vi fu una produzione medievale di letteratura arturiana - ormai completamente dimenticata - ma sempre minoritaria rispetto al filone carolingio, oggi sopravvissuto a livello di letteratura «ufficiale» solo nei grandi poemi del Rinascimento. Il predominio di questo filone si spiega con evidenti motivi storici, né d'altronde lavicinanza del soglio di Pietro poteva molto favorire lo sviluppo di una leggenda che, con soave aggiramento delle esistenti costituzioni, mirava a creare un altro centro religioso nella brumosa isola occidentale. Ciò ha fatto sì che ai nostri giorni il filone bretone in Italia sia giunto al grande pubblico quasi esclusivamente tramite l'opera di Wagner, e soltanto, quindi, nel suo sottofilone Perceval-Graal, generando la falsa impressione che Parsifal sia una creazione essenzialmente germanica. Ora, non vi è dubbio che Wagner rientri in quel vasto movimento culturale spirituale politico che, in lunga prospettiva, culminò nel nazismo. E con ciò? Il punto secondo me è un altro. E cioè che, da un punto di vista poetico, alla solitaria vicenda di Perceval con i suoi pochi personaggi - per quanto affascinante e misteriosa - resta sempre preferibile l'ecumenico e complesso filone Artù-Graal. Ivi si mescolano amore, magia, epopea nazionale, guerre e misticismo; ivi abbiamo Merlino, l'ascesa di Artù, gli amori di Lancillotto e Ginevra, la ricerca del Graal, la fine della Tavola Rotonda. Per la verità, molta della letteratura del ciclo bretone risulterebbe alquanto monotona e stancante al lettore moderno. Nelle grandi compilazioni molte sono le confuzioni e le incoerenze, di modo che la vicenda arturiana oggi può piacere solo tramite rimaneggiamenti che assicurino uno svolgimento coerente alla materia, quali a più riprese sono stati realizzati, con grandi oscillazioni nella qualità dell'esito, nel cinema nella narrativa e poesia soprattutto anglosassoni. E tale è lo scopo che la Agrati e la Magini si sono proposte nell'apprestare la loro traduzione dell'opera di Malory, restando fedeli al grosso del testo ma sfrondandolo di ogni elemento d'incoerenza. Si tratta in sostanza di un'operazione (qui condotta su di un solo autore) simile a quella compiuta a suo tempo su vari testi cavallereschi - tra cui precipuamente il ciclo Lancelot-Graal - da Jacques Boulanger, la cui redazione unitaria apparve negli Oscar quattro anni or sono sempre per cura di Agrati-Magini. P er analoghi motivi sembrano in grado di offrire maggiore interesse delle antiche trattazioni i temi che queste non sempre elaborano esplicitamente e che paiono ancora offrirsi elaborarono esplicitamente e che paiono ancpra offrirsi a ulteriore sviluppo. Come, ad esempio, nelle validissime raccolte dell' «Inkling» Charles Williams (Taliessin through Logres e The Region of the Summer Stars, pubblicate a Oxford e Londra nel '38 e '44 e tuttora inedite in Italia). Dopo la caduta dell'impero romano la Provvidenza decide l'istituzione di un nuovo ordine spirituale nel lontano occidente. Agente di questo disegno sarà Merlino, Artù lo strumento. Il suo regno, Logres, ovvero la Grande Bretagna che egli ha liberato da barbari e tirannelli, è destinato ad accogliere il Graal. Ma il re è fallibile, e la sua unione incestuosa con la sorella Morgause (dalla quale nascerà Mordred, il futuro traditore), è l'atto che impedisce l'uscita del Graal dal castello di Carbonek dove il guardiano delle reliquie, il Re Pelles ferito dal Colpo Doloroso causa di ogni male - e dunque dell'errore di Artù - attende la sua liberazione. Il destino della Tavola Rotonda è già segnato, nondimeno l'unico a saperlo, Merlino, vi istituisce il Seggio Periglioso, che potrà essere occupato solo quando si presenterà un cavaliere purissimo a salvare dall'inevitabile rovina la speranza di un'ulteriore redenzione. Questi è Galaad, figlio di Lancillotto, il quale lo aveva concepito con la figlia di Re Pelles credendola Ginevra. E assieme ai puri Boors e Perceval Galaad raggiungerà il Oraal, che poco tempo dopo verrà rapito in cielo. Questo - salvo per pochi- sostanziale fallimento della ricerca ·del Graal provocherà la fine dell'età dorata in Logres e l'inizio della discordia con la scoperta dell'amore di Lancillotto e Ginevra. Con l'ultima battaglia, che vede lo sterminio di tutti i cavalieri, viene travolto il regno di Logres. Avrà così inizio l'epoca storica della Gran Bretagna. Questa è la concezione - qui riassunta fin troppo sommariamente - esposta dal Williams nel saggio postumo The Figure of Arthur; le poesie stesse fungono da veicolo alle concezioni religiose dell'autore, riservando però alla vicenda una trattazione a episodi e dettagli (sono divise in due raccolte costituenti un ciclo coerente di liriche). Ugualmente coerente è lo svolgimento che abbiamo nel film di John Boorman, dove il mito tuttavia si presenta molto più secolarizzato e semplificato, in ossequio ai tempi e al botteghino, mentre la trattazione non può non consistere in una narrazione continua. Il grande mito europeo; insomma, è ancora lì, pronto per esser còlto. La vasta materia ha sopportato innumerevoli rifacimenti, né sembra avere ancora esaurito tutte le sue potenzialità, come testimonia l'odierna letteratura arturiana appartenente a quell'ampia produzione di buona qualità che nel mondo anglosassone si colloca tra la letteratura popolare e quella ufficiale. Sarebbe dunque tempo qui da noi di tralasciare le meschine ao classificazioni politiche per riap- .s propriarci di quell-a nostra parte ~ dell'eredità europea che smettem- c:i.. mo di conservare tanto tempo fa. Il ~ vecchio mito è buono per ogni epo- ....,. ,9 ca, si adatta ad ognj foterpretazio- l:: ne individuale. È auspicabile che ~ l'uscita dei cavaJieri dalle torri d'a- ~ vario dell'accademi;i per avventu- ~ rarsi nelle inesplorate contrade del ~ nostro paese possa indurre autori e ~ cineasti nostrani a seguirli su campi -e ~ nuovi alla fantasia italiana. ~

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==