t--- D on Juan Manuel, governatore del regno di Murcia e nipote del famoso Alfonso X il Saggio, apparteneva a una stirpe di re e di intellettuali, di cui intendeva ripetere imprese guerresche e fama letteraria. Per lui sapere e potere costituivano un binomio di ferro: se le alterne vicende della sorte potevano localmente privilegiare la • ragion politica (di fatto matrimoni vantaggiosi e un accorto destreggiarsi tra corona castigliana e aragonese), nei rovesci di fortuna là cultura e la pratica delle lettere stavano lì, pronte a garantire un diverso e meno precario contratto con l'eterno. Nel quarto decennio del Trecento il governatore mette dunque insieme una sua raccolta di novelle, o meglio di enxiemplos, affidandone l'esposizione a un Patronio, saggio consigliere e vero patrono spirituale di un nobile conte Lucanor; quest'ultimo come Manuel rappresentante della classe dei defensores e come lui tutto preso da sottili casistiche e angosciosi quesiti di carattere politico, tattico e morale. Le richieste a Patronio si dividono in due categorie: la prima pragmatica (come comportarsi di fronte agli sgarbi dei feudatari, come distinguere volta a volta buoni e cattivi suggerimenti, come trattare i sedicenti amici, gestire le liti, sventare il tradimento ecc.); la seconda di tipo più generale (quali virtù etiche siano da privilegiare, cosa sia l'onore, come possa far ammenda dei peccati un potente vissuto tra guerre e eccidi). Domande e risposte rimbalzano tra i due personaggi fittizi, interagenti per formule fisse, in un mondo dalle circostanze temporali e topografiche vaghe. Ma la solidarietà di classe tra autore storico e sua costruzione libresca è ben garantita da una q,oppiaproiezione: quella, più mediata, in Lucanor e l'altra, robustamente sottolineata, nel Manuel che alla fine di ogni exemplum ne ratifica la validità sintetizzando la morale in un paio di versi. Come spiega nell'utile postfazione il curatore Aldo Ruffinatto, a chi legge non è concesso il priviThomas Malory Storia di Re Artù e dei suoi cavalieri a cura di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini Milano, Mondadori, 1985 2 voli., pp. XVII + 731, lire 16.000 N el corso di questa estate si è ancora una volta avuta conferma del fatto che non si possono nel nostro paese nominare pubblicamente i miti del ciclo bretone senza evitare l'insorgere di determinati fantasmi politici, no- .s nostante sia finita da tempo l'epoca ~ dell'esasperata faziosità politica Cl.. con le sue assurde classificazioni. ~ Per limitarci al tema che ci interes- ...... sa, basterà dire che le aberrazioni a .9 l: cui si giunse in quel tempo furono ~ semplicemente mostruose: il ~ Graal, il medioevo fantastico, e chi si interessava di simili argomenti furono qualificati in blocco come ~ «di destra». Nemmeno le fiabe di ~ ~ Tolkien, malauguratamente ap- ~ parse in Italia nel divampare della «CondLeucanor» legio del dubbio in questa medievalissima camera chiusa ove i doppi de~'autore rafforzano in un gioco di specchi il dover essere di un mondo assiologico teocentrico e privo di incrinature. Per fortuna del lettore moderno il repertorio tematico è di per sé assai godibile. Le cinquanta novelle (più una, probabilmente interpolata), che si leggono tutte quante per laprima volta nella traduzione italiana di Sandro Orlando, si trovano al crocevia di parecchie tradizioni, orientale e araba, classica, cristiana, e a loro volta offrono lq spunto a celebri elabo: razioni più tarde, di modo che al piacere della scoperta si abbina soMaria Antonietta Grignani fi, passato alla cultura castigliana con la traduzione del Calila y Dimna: il corvo che si fa spiumare per fingersi traditore dei confratelli presso i gufi è un abile cavallo di Troia al servizio dei suoi alleati naturali; di qui l'insegnamento: «Di chi si sarà come nemico condotto/tu non dovrai mai fidarti troppo». I casi citati sopra appartengono tutti alla modalità metaforica del1' exemplum, la cui forza didascalicapuò giovarsi del paradigma analogico, come nellefavole di animali, nelle parabole e nell'allegoria, o piegare verso l'identità di statuto tra personaggi della fabula e destinatari dell'insegnamento, come {0,<Y1A ~p~~ Pr~·~"'~~ ~z.MJ2,d~ -~ ~ -6 ~VI_Q ~. Y►~/-· vyc~ de~ ~r.~~' vente la gioia ancor più compiuta del riconoscimento. Ecco, da Esopo e Fedro, l'apologo del contadino, del figlio e della bestia da soma: ai malevoli passanti qualsiasi combinazione del terzetto (brav'uomo e figlio a piedi, figlio a cavallo, brav'uomo in groppa, entrambi sulla bestia) sembra passibile di critica; donde si ricava che un comportamento buono in sé vaperseguito senza dare troppo splendore al giudizio della gente. E poi la celeberrima favola del corvo e della volpe o quell'altra della volpe che si finge morta e tiene duro finché gli svantaggi della finzione non superino i pro. Addirittura al Pantchatantra risale l'apologo dei corvi e dei gunell'esempio dell'uomo che si lagnava di mangiare solo lupini, essendo caduto in miseria, finché vide que~'altro ancor più misero che raccoglieva le bucce dei lupini scartate da lui: e qui siamo all'eterno dilemma sulla monogenesi o poligenesi di un motivo, giacché il raccontino si trova -in Diogene Laerzio, e poi nel Medioevo latino, ma anche nella tradizione araba, da cui sembrano provenire l'istanza narrativa e una notevole quantità di spunti tematici, destinati a notissime rielaborazioni. P er esempio la favola della lattaia, ben nota dopo La Fontaine, ha origini orientali; forse è araba la matrice del- /'es. XXXII, noto a tutti come I vestiti nuovi dell'imperatore nella rielaborazione di Andersen, ma già ripreso da Cervantes: la versione manuelina aderisce al proprio contesto storico e invece di puntare sul timore della stupidità, che inchioda al ridicolo l'ottocentesco re nudo, si aggancia alle leggi dei mori che privavano de~'eredità chi non risultasse vero figlio del padre. Alla fine solo un palafreniere negro, «che non ~veva nulla da perdere», denuncia l'inganno dei tessitori. Altro episodio ricco di futuro è il n. XXV, con la saggezza incrociata del conte di Provenza e del Saladino, figure speculari dell'incredibile saggezza di Patronio e portatori del messaggio secondo il quale l'uomo va apprezzato più per le sue azioni che per virtù di sangue o di ricchezza: Calder6n intitolerà la sua pièce, in omaggio alla fonte, El Conde Lucanor. La Bisbetica domata si ritrova nell'es. XXXV, dove il figlio di un moro impalma la temibile insolente ragazza più ricca e la riduce subito all'umiltà massacrando sotto i suoi occhi, a scopo propedeutico, il cane, il gatto e il cavallo di casa per non aver portato a suo comando l'acqua per lavare le mani; ma il suocero, che vorrebbe imitarne la vantaggiosa pedagogia maritale, si sente sbeffeggiare dalla consorte che lo conosce ormai fin troppo bene e non lo temerebbe neanche se ammazzasse cento cavalli. Certo, la gabbia didascalica non è pura cornice, ma anzi postilla perpetua al singolo récit, che talora in vista dell'interpretazione allegorica viene radicalizzato sì da produrre qualche sconcerto. Un esempio limite è la prova degli amici (XLVIII), ove, per figurare la sola vera amicizia concessa all'uomo, cioè quella dei santi, di Dio e di Cristo, qualcuno fa uccidere il proprio figlio per salvare il figlio de~'amico accusato di omicidio. Saltano in questo caso motivazioni psicologiche e spiegazioni plausibili e si passa alle svelte movenze da parabola evangelica, tipiche della predicazione domenica11ciclodi ReArtù lotta fra il furore rivoluzionario e la reazione neofascista (il Signore degli anelli uscì nel '70) furono risparmiate. Di conseguenza i neofascisti si appropriarono liberamente ... ~ _ _... ~-- ...............,.... Federico Gamberini di questa ed altre aree culturali visto che la sinistra era ben lieta di lasciar fare, giungendo essa stessa ad avallare questa usurpazione. Fu una gravissima lacuna culturale /_,..,,. DVNS~~r:==-- .. Copertina per 391 n. 516, New York, 1915 della contestazione, inevitabilmente destinata a scontarsi. Ma infine, all'inizio di questo decennio - agli albori dell'ormai universalmente riconosciuto «nuovo ,. .. ZAYASI DE ZAYAS =:.#Ji-:-: au-,..- na tanto cara a Juan Manuel. Nel mondo di Patronio e Lucanor domina la poetica del miscere utile dulci, in cui il piacere della narrazione è subordinato, in quanto mezzo, al fine conativo. Il Saladino è pazzamente innamorato della moglie di un suo vassallo, ma lei argutamente rinvia gli amplessi a quando il regale spasimante, dopo lunga e penosa quete, saprà dirle qual è la miglior cosa che l'uomo possa avere in sé; e poiché la risposta corretta è il pudore, Saladino è costretto a un comportamento onesto. L'assetto lucanorico sta tra le versioni del Sendebar indiano e, a valle, la novella della Marchesa del Monferrato e del re di Francia (Decameron /,5): ma che abisso ideologico divide il moralismo del nobile spagnolo dal- /' ottica laica del Boccaccio! Patronio, insomma, non è un puro supporto vocale ai racconti, ma un sublime direttore spirituale che si serve indifferentemente di un personaggio storico come Riccardo Cuor di Leone o di uno f antastico, come il negromante che mette alla prova il vicario di Santiago, per insegnare il comportamento giusto sia rispetto a Dio sia rispetto al nobile rango di Lucanor. Lo fa ben sapendo quanto sia precario il suo stesso prestigio di consigliere preferito e non perde occasione per screditare consiglieri più lusingatori ma meno onesti e, per rafforzare la propria funzione pedagogica, si serve degli esempi addotti, in un gioco di rispecchiamenti che umanizza un poco la stessa figura del detentore di saggezza. Questo delizioso collettore di favole esemplari mostra nel/'organizzazione dei contenuti la filigrana dei fremiti etico-religiosi e dei crudeli rapporti di forza del mondo feudale da cui l'autore storico ha preso le mosse. Don Juan Manuel Le novelle del «Conde Lucanor» a cura di Aldo Ruffinatto Milano, Bompiani, 1985 pp. 257, lire 22.000 corso» italiano - il discreto film di John Boorman, Excalibur, ha potuto circolare senza suscitare clamori; come tante altre volte nella vita culturale italiana si è fatto ricorso a una moda corrente in Francia con la pubblicazione di diversi studi francesi sulla società e cultura medievali; è poi uscito il romanzo di Umberto Eco, che non cessa di riscuotere tuttora ampi successi; e diverse iniziative editoriali hanno finalmente portato a conoscenza del pubblico testi originali della «materia di Bretagna». Ultima di questa serie esce ora una Storia di Re Artù e dei suoi cavalieri curata da Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini, le quali si sono proposte di colmare un vuoto presentando una nuova traduzione - decurtata ai fini di una scorrevole lettura - dell'ampia e caotica opera di Sir Thomas Malory (1410?-1471) che per secoli è stata, almeno per il pubblico anglossassone, l'espressione più compiuta dell'intero ciclo bretone. Vari segnali, dunque, indicano
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