Alfabeta - anno VIII - n. 81 - febbraio 1986

••••••••••••• f ••••••••••••• . . . . . . . . . . . . . . . . . . rivano già in Djinn. Il titolo infatti, Lo specchio che ritorna, se contiene un'allusione allo stadio dello specchio in Lacan, ne contiene un'altra ad una leggenda bretone che si trova all'interno del libro. Potrebbe spiegare meglio questo riferimento alla leggenda? Robbe-Grillet. Così come la leggenda è riportata nelle Légendes de la Mort en pays breton - è un grosso libro di Anatole Le Braze - questo racconto si chiama «Le miroir épave», dunque è già un altro titolo. Ma quello che è importante nell'antologia bretone è che i fantasmi non sono soltanto esseri umani, ci sono anché oggettifantasma. Ora la nozione di oggettofantasma mi sembra interessante a proposito dei miei libri, si è tanto parlato di oggetti «oggettivi» che ho voglia di dire: «No, sono oggetti fantasma», qualcosa come gli ologrammi. Gli ologrammi sono gli oggetti scomparsi ma registrati per l'eternità come nell'Invenzione di More/ di Bioy Casares. I fantasmi in Bretagna sono anime in pena che non possono trovare riposo nella tomba perché sono morti senza la benedizione del prete, sia perché sono stati assassinati sia perché si sono suicidati sia ancora perché sono morti in mare, e che tornano per tormentare i vivi. Quindi nella leggenda è l'immagine di una morta che viene a tormentare un marinaio il quale ha recuperato uno specchio che si rivela ben presto malefico poiché di tanto in tanto vi appare l'immagine di una donna, ma con la quale non ha niente da spartire, mentre nel mio libro è l'immagine della fidanzata morta che ritorna. È già un modo perverso di rapportare la leggenda in questione. Russo. Pur situandosi nilla scia flaubertiana, per caso si sente vicino, almeno affettivamente, ad autori che hanno fatto del meraviglioso il centro della loro opera come ad esempio Barbey d'Aurevilly? Ama leggere questo scrittore? Robbe-Grillet Sì! sì, certamente. Russo. Penso comunque si possa dire che la leggenda diventa una componente_ della sua opera allo stesso titolo degli stereotipi, cioè come qualcosa che fa parte della propria vita, con cui si finisce per convivere anche quando la si denuncia. Malgrado lei abbia sempre dichiarato l'intenzione di combattere gli stereotipi, è stato spesso attaccato per questo, è mai accaduto il contrario? Robbe-Grillet Dopo Progetto per una rivoluzione a New York che è veramente fatto di stereotipi, ho ricevuto un'incredibile quantità di lettere da NewYork, per la mag_- gior parte di donne, per dirmi: «E formidabile! è la nostra vita. È così che noi viviamo». Trovo questo davvero sorprendente, ma ad ogni modo positivo. Russo. Le è stato spesso rimproverato il suo disimpegno che lei giustifica con il suo rifiuto di qualsiasi fede militante. Tuttavia i suoi genitori erano molto impegnati a destra e lei condivideva le loro idee, pronto però ad apriregli occhi alla fine della guerra. Come mai questa presa di coscienza non l'ha indotta, oltre che a scrivere, ad un maggiore o diverso impegno politico? . Robbe-Grillet. Sono sempre stato estremamente impegnato come scrittore, ossia ho combattuto per le mie idee letterarie. Quello che ho sempre contestato è la possibilità di impegnarsi in un partito, in una specie di «militantismo» per una causa che non fosse la letteratura. La mia militanza è puramente letteraria, cosa che le permette di essere anch'essa tremolante. Una delle caratteristiche delle mie posizioni letterarie è che molto spesso esse sono state esposte in piccoli articoli dell'Express che sono poi diventati Per un nuovo romanzo. Questo libro, che trovo molto interessante, è abbastanza semplificatore, c'è sempre una specie di convinzione quasi fascista - nel senso iricui Barthes ha detto che ogni parola è fascista, ebbene la parola di Per un nuovo romanzo lo è. Al contrario le mie posizioni sono farlo in politica. Quanto ai miei genitori, essi erano molto impegnati e avevano una grande ammirazione, non per Hitler che era visibilmente un pazzo, ma in ogni caso per Mussolini che ha dato a tutta la destra europea l'immagine che si• dava lui stesso della fermezza. Il fascismo era -ed è quello che molti . italiani ne pensano ancora - l'epoca in cui i treni arrivavano in oraBarcelone, 1922. Gouache su carta, 4lx31 sempre molto più ambigue dei miei articoli. Per esempio condanno la metafora in modo definitivo nel momento stesso in cui scrivo La gelosia che è un festival di metafore! Allora non ho temuto in quanto saggista di mostrare vedute estremamente sempliciste e quindi militanti, ma non potrei certamente rio. Era un'immagine rassicurante dell'ordine. In più, siccome erano maurrassiani, c'era un'ammirazione tradizionale per l'Italia. Maurras detestava la Germania e tutto quanto era tedesco, al contrario l'Italia era la sorella latina, cioè il cristianesimo, il diritto romano, insomma tutto ciò che forma la FranConHassan L a fama di Hassan, critico letterario di origine egiziana, è legata soprattutto alla fortuna del termine «postmoderno», alla cui diffusione negli Usa egli ha contribuito in modo determinante a partire dall'inizio degli anni Settanta (cfr. The Dismemberment of Orpheus: Towards a Postmodern Literature, New York, Oxford Univ. Press, 1971). Per Hassan, il postmoderno non rùponde a un concetto, ma si caratterizza piuttosto per una «nuova sensibilità». In sostanza, secondo Hassan, con il crollo del progetto di metalinguaggi critici e della separazione tra i diversi generi _deldiscorso (scientifico, filosofico, narrativo, ecc.), rimane aperta soltanto la via di una critica immanente o «paracriticism» (cfr. Paracriticism: Seven Speculations of the Times, Urbana, Univ. of Illinois Press, 1975).. Tale critica consiste in un collage di citazioni, aneddoti, sogni, elementi autobiografici, esegesi testuale,' criticadella cultura ecc., insomma, una sorta di ibrido tra la scrittura dei postmoderni «creativi» (Barth, Barthelme, Pynchon, ecc.) e quella di alcuni teorici del post-strutturalismo francese (Barthes, Foucault, Derrida) Tra le numerose opere di Hassan, oltre a quelle citate sopra, bisogna almeno ricordare The Right Prometean Fire: Imagination, Science and Cultura} Change (Urbana, Univ. of Illinois Press, 1975) e la cura, in collaborazione con S. Hassan, del volume Innovation/Renovation (Madison, The Univ. of Wisconsin Press, 1983). In italiano sono apparsi quattro articoli:«Cultura, • indeterminazione e immanenza: margini del/'età (Postmoderna)» nella raccolta Immagini del post-moderno (a cura di C. Aldegheri e M. Sabini, Venezia, Cluva 1983); «L'evanescenza della forma». «Il critico come innovatore» e « La questione del postmodernismo», tutti e tre in Postmoderno e letteratura (a c. di P. Carravettae P. Spedicato, Milano, Bompiani 1984). Hassan ha da poco terminato un testo autobiografico e attualmente sta lavorando a un volume sulla «ricerca» e l'«avventura» nei resoconti contemporanei dei «viaggi ai limiti del/'esistenza». Professore di inglese e letteratura comparata presso l'università del Wisconsin a Milwakee, Hassan vi dirige anche il «Center for Twentieth Century Studies». L'intervista che segue è stata rilasciata a Giovanna Borradori il 2 aprile 1985. Stefano Rosso Borradori. Ritiene che il concetto di «post-moderno» possa comprendere l'assunto di William Gass, o anche di ]orge Louis Borges, per cui è l'ordine testuale, l'universo della fiction letteraria a configurarsi come la nuova fun- . zione costitutiva della realtà; ovvero, che il linguaggio non sia più una trascrizione della realtà, ma ali'opposto che la realtàsia una variabile del linguaggio? E ritiene che questo presupposto si coniughi in qualche modo con la nozione di «iperreale» teorizzata da Jean Baudrillard nello Scambio Simbolico e la Mprte? Hassan. Anche per quanto riguarda Baudrillard mi pare che la Copertina per Littérature n. 6, Parigi, 1922 serie indefinita di dicotomie tra soggetto e oggetto, struttura e sovrastruttura, originale e çopia, appartengano a un'epistemologia, a un tipo di società e a una nozione di estetica che non sussiste più. Il problema non è di stabilire se la realtà sia una forma della fiction letteraria o se sia fuori di noi; il problema vero è constatare che non possiamo più porre una distinzione tra quello che è «dentro» di noi e quello che è «fuori» di noi, tra, per così dire, linguaggio e realtà; essi non si configurano più come «popolarità», ma si trovano costantemente coinvolti in una circolarità «cibernetica», in una serie di interazioni cibernetiche. Io credo che la nozione di «iperreale» non significhi che la realtà è una forma della fiction e nemmeno che la realtà sia là-fuori, in una condizione di oggettività materiale, come potrebbe dire Marx - la realtà è in un luogo che contiene entrambe le dimensioni: l'oggettività e la fiction. In ogni caso credo che ilmodo stesso in cui lei mi ha posto la questione sia da «oltre-passare», poiché appartiene ad un'epistemologia trascorsa. Prendiamo per esempio la morte di Cernienko e la salita al potere di Gorbaciov: è molto difficileper me dislqcare, ognuna al suo posto, realtà e fiction. I media interpretano costantemente la realtà prima di eia atJuale e che viene dall'Italia. Russo. Un'ultima domanda sul panorama letterario attuale. Il 1985 sembra aver sancito una volta di più il successo dei «nouveaux romanciers». Marguerite Duras, Nathalie Sarraute, Robbe-Grillet, ecc., e qui ne tralascioaltri che non hanno niente in comune con il «nouveau roman» ma aventi tutti in comune il fatto di avere proposto romanzi che, pur nelle loro diversità, mettono in scena una nuova autobiografia. Lei pensa che questa forma ibrida di finzione si possa sostituire del tutto al romanzo, inteso come «pura»finzione, e che possa essere il genere romanzesco di oggi, e forse di domani? . Robbe-Grillet. Non sono profeta. Si vedrà. In ogni caso quello che è interessante nella situazione attuale in Francia è che ci sono congiuntamente da una parte questa ondata di «ritorno a» e dall'altra un aspetto opposto: il nouveau roman e la sua ricerca tornano di moda. E queste sono_due cose completaa mente contraddittorie spesso messe in luce da libri come Les Modernes di Jean-Paul Aron, un libro che distrugge tutto: Boulez, Barthès, Foucault, Robbe-Grillet ecc., ma nello stesso tempo ecco un libro il cui successo è dovuto unicamente al fatto che vi si parli di queste persone. Allora il nouveau roman è un movimento che nel primo periodo, negli anni Cinquanta, era molto di moda, ma non aveva lettori, successivamente ha avuto lettori, mé\ non era più di moda, e adesso ha entrambe le due condizioni. La settimana scorsa (fine giugno) ero ad Amburgo, ad un convegno organizzato dall'università di quella città che s'intitolava: «Renouveau du Nouveau Roman». Il periodo è quindi pieno di speranza e proprio stamattina ho ricevuto altri due libri su di me, uno pubblicato in California e l'altro in Inghilterra ... A cura di Maria TeresaRusso noi, talché noi non possiamo avere a che fare altro che con «simulacri», per usare ancora un termine di Baudrillard. · Borradori. Nell'arte contemporanea si intravvedono due prospettive di sviluppo che potrebbero, ad una prima lettura, apparire divergenti: da un lato un'arte «dellacitazione» che si costruisce nella assenza di ogni dialettica tra passato e presente, «vecchio» e «nuovo», che ha abbandonato ogni «estetica dell'innovazione»; da~'altro lato un'arte che vorrebbe testimoniare la dissoluzione, la «dissipazione dell'arte nella vita». Hassan. La dissoluzione dell'arte nella vita è un sogno antico: dalle esperienze della «patafisica» al dada di Marcel Duchamp, al new-dada americano di Cage e Rauscheberg, al gruppo Fluxus. Il fatto interessante dell'arte post-moderna è la sua tendenza ad evolvere in due direzioni opposte: da una parte si evolve nel tentativo di raggiungere il dissolvimento dell'arte nella vita, quel punto in cui l'oggetto artistico diventa indistinguibile rispetto alla vita (Cage, Warhol e il gruppo I;luxus sono buoni esempi). Dall'altra parte si racchiude in una dimensione intima, si ritira dalla vita, e, Beckett è un buon esempio, produce una sor-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==