spesso per discutere di cinema, teatro, musica e letteratura. Dal contatto con poeti e scrittori che si univano a noi mi è rimasta l'abitudine di studiare non solo l'opera pubblicata ma anche quella inedita. Così cominciai a scoprire (anche se questo termine è un po' eccessivo) o meglio a «riconoscere» quel che si stava per pubblicare. Lavoravo a contatto di gomito con gli' autori perché stavo bene con loro e loro (apparentemente) erano a loro agio con me. Così intrapresi l'attività di promotore culturale di cui tu parlavi. Questa atffiritàha due tappe ben definite: una-a Montevideo con la direzione della pagina letteraria di Marcha (1945-1957) e la fondazione e direzione di Numero (1949-1963)e l'altra tappa in Europa con la fondazioné e direzione di Munda nuevo (1965-1968). È naturale che solo con questa rivista a Parigi la persona pubblica di «Erm» cominciò a essere veramente conosciuta. Bonatti. Proprio dirigendo a Parigi Mundo Nuevo tu hai contribuito a scoprire e rendere famosi molti scrittori ora notissimi; sei stato uno dei promotori del «boom» latinoamericano... Monegal. Sì, molti autori del «boom» li ho lanciati io; esistevano indipendentemente da me, ma io approfittai di Munda Nuevo per farli conoscere. Leggevo molto e mi piaceva promuovere talenti, è una specie di orgoglio imprenditoriale. Una volta; Manuel Puig fece un elenco degli scrittori del «boom» mettendoli in relazione con le star di Hollywood: Asturias era Greta Garbo, perché era l'unico che avesse ottenuto il Nobel; Cortazar era Norma Shearer, perché era bello, distinto, ma strabico; Fuentes era Ava Gardner e il suo riferimento diceva: «She's beatiful, but can she <,!et?»e il tutto era introdotto da: «Mgm presents». Quando Cabrera Infante ricevette l'elenco lo corresse così: «Mgmonegal presents». Bonatti. Ultimamente hai scoperto nuovi autori? Monegal. Ho continuato la ricerca, ma non ho trovato scrittori nuovi veramente originali. Credo ci sia il bisogno di reagire alle grandi macchine narrative del «boom». Ormai più nessuno vuole scrivere Terra Nostra, Paradiso, Grande Sertiio... , non si può investire tanto tempo e fatica in un libro che chissà mai se uscirà-.Allora c'è una specie di modestia «post-boom», non la «tristitia post coitum», ma la modestia «post-boom» in cui i giovani cercano di scrivere in un'altra forma. Bonatti. Emir, tra le tue molteplici attività - critico, professore, promotore culturale - per quali di queste vorresti essere ricordato? Monegal. L'idea di restare nel ricordo degli altri non è quella che mi preoccupa di più ora. Anche se so perfettamente che ormai sono vicino alla fine continuo a lavorare e produrre e a viaggiare pensando a un contesto concreto. Per me è importante quello che sto facendo in questo istante. Il futuro è un'altra cosa: è l'unico tempo che ci è completamente vietato. Benché sia il tempo che stiamo sempre desiderando e immaginando. Ma per accettare il gioco delle anticipazioni ti confesso che mi piacerebbe che domani o dopo si dicesse di me quel che un giorno disse un amico: «Ti si ricorderà come un uomo che leggeva». Penso che di tutto quello che ho fatto, e ne ho fatte di cose, leggere è ciò che nella vita mi ha dato più godimento e si è convertito nella mia costante preoccupazione. In realtà sono principalmente un lettore. A cura di Maria Bonatti ConRobbe-Grillet D ecisamente Alain Robbe-Grillet non smette mai di stupire! Quando tra dicembre e gennaio di quest'anno appare in Francia il suo ultimo libro, Lo specchio che ritorna, molti faticano a riaversi dalla sorpresa. Rob- , be-Grillet che scrive un'autobio- ·grafiaassumendo una scrittura alla prima persona! li rappresentante dare non pochi allo scandalo - , dall'alto pretende di non esserlo. Lei stesso dice, nel libro, di non rispettare il «patto autobiografico», sottolineando che si tratta, ancora una volta, di"una finzione. Allora a quale genere di contratto fictif risponderebbe Lo specchio che ritorna? indiscusso del nouveau roman, co- Robbe-Grillet. L'autobiografia lui che presentav_a.i fatti_nella loro tradiziol)ale.pretende di mettere le - ~àstratta•• é sééèa tmmarienia_»: ft:.:_: :_._~<?~é -in ~ri ordine pi~ rassicurante era· inp~ :çonvertito'·al;piu }tfl:'IV 0::_:-/dériremolio"-dell'èsi~~enz.•a<;ìéne-•• zionale soggettivismo? Era;p.e_,r~:i:;.·.-. _::·ralmeritechi scrive la proprìà•autospondere alla nioda del m·om_èn~o: • .- biografia vuole dare un carattere di che incçmtrai più grandija~off de.l._: · .-·.~o~_tinuitdà,i_causalità :e di verità pubblico dei lettori? Niente_àffat-··... -~ffa_:propr-ieasistenza, e quest_ofa to. Caso mai, è la m~niera peryer, : . ' sa, • vestendosi cort gli stessi abiii' • del nemico, di attaccarla. E, come ser1J-pren, on tarda ad intervenire per smentire, non foss' altro che il termine stesso di autobiografia. Si tratta, sì, di autobiograf1Smo,ma è una nuova autobiografia, che gioca a metà tra il romanzo e l'autobiografia. Di fatto, l'offuscato lettore vede sfilare immagini di «pura» finzione - ma attenzione! c'è sempre un riferimento in qualche parte del reale - che si alternano alle rivelazioni del più nascosto Robbe-Grillet. Non ultima quella che, in fondo, dietro l'apparente impersonale osservazione si nascondevano da sempre i fantasmi personali dello scrittore. ed è inevitabile che questo sia stato trasformato dallo spirito! Dall'altra parte, vi sono elementi che rientrano ugualmente nella stessa composizione immaginaria, per. esempi_oquello che ho letto. Mi accorgo che gli eroi dei romanzi - quaòdo si tratta di libri che ho letto con una tale passione da averli quasi assimilati come se li avessi scritti io stesso - non sono poi tanto diversi da mio nonno o da mio padre. Charles Bpvary, Stavrogin, Mersault, .pòssono appartenere alla st~ssa famigl~a, sono anch'essi la mia famiglia! e gli eroi dei miei stessi romanzi - il Mathias del Voyeur o l'Henri de Corinthe che apquesto nella mia testa. Insomma nel racconto della mia vita ci saranno, a tratti, cose reali, controllabili, ed altre che non lo sono più affatto, come quando scrivo che mio nonno era orfano di guerra. Infatti sembra che fosse orfano e che si fosse effettivamente imbarcato come mozzo giovanissimo, ma che natore e che verrà memorizzata. La memoria lavora sui ricordi ... Russo. Per l'appunto lei dice che la realtà delle cose, dei fatti, risiede nel modo in cui essi si fissano· nella • nostra memoria, il modo in cui li si fa propri. non fosse orfano di guerra, almeno Robbe-Grillet. Esattamente. E questo dicono oggi mia sorella o penso che la mia opera, che è stata mia zia dopo aver letto il libro_.~~ , giu~içat~ ~-~sì~stratta e oggettiva, per. me è lo stesso, 'non "penso di •• 'sta fovece notevoim:ent~~içil!~~Ifa modificarlo ... ,perché è una cosa·· .·,.qua·e'sistenza.· 4a_g.è~bs~ftjiè:_ifA.in che fa parte di me, questo nonno derata, ad esempfo.;-ù~Ifi~\H,colmò· diventa per così dire una finzione e della'lettura m~t~qi~~iça 1 ma io ho questa • è problematica quanto abitato quella.·ca,s~fquéll.as~ori~è _ Henri de Corinthe, personaggio vera! quei persoriligg(possònp;4irè .. come si chiamavanol·,:::P(c6rise- . guenza i miei libri, ~n.particolare i primi che sono sembrati tanto bizzarri e enigmatici, ·proprio quelli erano già la mia autobiografia. Russo. Questo spiega che lei possa affermare: «Non ho mai parlato d'altro che di me». Ma ammetterà che, per quanto ci sia un livello referenziale con elementi facilmente riconducibili al suo vissuto, questo non implica necessariamente una caratterizzazione di tipo autobiografico. D'altra parte questi libri ·rispondevano ad un contratto di finzione espresso dalla definizione ufficiale di «romanzo» che niente veniva a contraddire, come è invece accaduto con l'autofinzione (autofiction) dove gli scrittori - ad esempio Serge Doubrovsky dal quale riprendo il termine - rivelano una precisa volontà di fare della loro esistenza un romanzo ... I È un po' il «come ho scritto alcuni dei miei libri». Ma è anche l'infanzia, nutritasi nell'atmosfera delle leggende bretoni, e l'esperienza rivelatrice, con;'-httti suoi errori ed otrori, della ~conda guerra, che diventa la molla della scrittura. Rimane tuttavia, alla fine, il senti.:, mento di un «gioco» a cui ha preso gusto e la promessa, dietro agli accenti ironicamente proustiani dell'ultima scena, che non è finita lì. Il pollaio, 1912. O[io su tela, 131x162 (collezione privata, Milano) Robbe-Grillet. Sì, ma non è forse quello che ha già fatto Proust? Comunque questa questione del contratto è piuttosto torbida. Prendiamo la prima frase di La maison de rendez-vous: «Il corpo delle donne ha sempre occupato un grande posto nei miei sogni». Ecco una frase alla prima persona che segnala una verità puramente autobfografica: mi conosco abbastanza per sapere che il corpo delle donne ecc. Tuttavia non è considerata come una confessione autobiografica, ma come una finzione, perché ha lo statuto di finzione, nonostante nessuno possa dire a quale personaggio del libro appartenga questo «io». Quando invece dico la stessa cosa ne Lo specchio che ritorna, tutt'a un tratto si presume che abbia firmato il contratto autobiografico... Lo «specchio>>tornerà ancora. L'ho incontrato in un assolato mezzogiorno di luglio, 'nel decoro magrittiano del suo appartamento di Neuilly. Ma un'intervista riesce davvero ad esaurire i dubbi e le domande? Può darsi che troveremo insieme le risposte nel prossimo, annunciato, volume di questa «incerta»autobiografia. Russo. Il suo ultimo libro, Lo specchio che ritorna, che ha avuto un grosso successo in Francia, è stato da poco pubblicato in Italia. Questo libro, che appare diverso dai precedenti, si presenta da un lato come un'autobiografia tradizionale, poiché vi si ritrovano gli ingredienti abituali: infanzia, fa- , miglia, ecc. - cosa che ha fatto grisì, - si tratti del generale De Gaulle o di Chateaubriand - che le autobiografie abbiano sempre un lato più o meno falsificato. Ma allo scopo di dare di sé un'immagine di bronzo. Allora, pensando alla mia esistenza, io non ho l'impressione che sia di bronzo, al contrario essa trema, si muove. I miei ricordi sono già un immaginario. E mi accorgo che ho accumulato in me un cer- . to numero di cose - ho più di sessant'anni - e che queste cose hanno tutte più o meno lo stesso statuto, pur avendo origini molto diverse. Da una parte ci sono i miei ricordi, cioè quello che so o credo di sapere della mia esistenza: i miei genitori, i miei nonni, la vita che ho condotto, ecc... Ma tutto questo è eviden-. temente trasformato dall'immagi-: narici. Io racconto oggi cose che mi sono accadute a sette o dodici anni, quindi dopo più di cinquant'anni, pare nella Belle Captive e in Souvenirs du triangle d'or - hanno per me quasi un'esistenza reale. Allo stesso modo Stavrogin e Mathias a katti si confondono, perché il delitto sessuale sulle ragazzine, che no·n è raccontato, è un punto comune della loro esistenza. Russo. Questo Robbe-Grillet non corrisponde affatto all'immagine del costruttore freddo ed austero cui eravamo abituati... Robbe-Grillet. Proprio così! Un'immagine! Sono stato a lungo presentato come uno scrittore molto astratto e concettaule, ora io credo totalmente a quello che racconto, qùello che c'è nel Voyeur, per esempio, per me è reale. Io vedo Mathias e la sua bicicletta come se fossero realtà che ho incontrato, li vedo benissimo, e mescolo tutto completamente enigmatico poiché sembra che la cronologia della sua esistenza sia tanto difficile da ricostituire quanto quella del Rollebon di Sartre nella Nausea e tuttavia, per me, egli ha altrettanta realtà di mio nonno. Russo. Questo libro sarebbe dunque un racconto del tessuto della memoria, ma di una memoria incerta, e in effetti esso è punteggiato sin dall'inizio da frasi come: «Se ho buona memoria», «se la mia memoria è buona» - posizione che non può non ricordare quella, per quanto lontana, di Montaigne all'interno degli Essais... Robbe-Grillet. Sì! sì! è vero. Non ci avevo pensato. La memoria è qualcosa di molto interessante perché non è affatto paragonabile alla registrazione fatta da un ordìRusso. Che sconfessa abbastanza presto ...
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