non di meno, anche le manifestazioni della soggettività, nel senso delle categorie linguistiche di Emile Benveniste. Quelle relative alle tracce della temporalità e della spazialità che accompagnano gli atti comunicativi. Per tutti questi aspetti, la geometria, non solo in pittura, può essere definita come una componente essenziale della manifestazione e dell'organizzazione delle strutture del significato e quindi non solo del significante materiale. Il compito prospettato da Calabrese è pertanto ambizioso, ma porterebbe ciò che sino ad ora si è inteso con l'etichetta di semiotica del visivo ad uscire dal ghetto del cosiddetto specifico artistico. Vorremmo sottolinearlo più volte: «La pittura figurativa diventa il banco di prova dell'esiste.nzadi geometria del senso» {p. 49). Il quadro teorico, sottinteso ai quattro capitoli che compongono il libro, «La coerenza interna dell'opera», «I generi in pittura: problemi semiotici», «Tempo, azione e movimento», «La multipla spazialità della pittura figurativa», non è composto da un insieme si:- stematico di concetti interdipendenti. Pur mantenendo, ovunque, l'orizzonte semiotico, l'autore ha proceduto attraverso una geografia di nozioni astratte, parallela alla geografia dei concetti reperibili nella teoria della pittura. La ragione, che precede questa scelta, sta nel fatto che il progetto di mostra_. re l'esistenza di una pittura teorica, per il quale, come abbiamo visto, è stato scelto l'aspetto della produzione testuale, non è per niente quello di osservare la pittura figurativa a partire dalla semiotica, ma, piuttosto, il contrario. ovvero, osservare alcuni concetti semiotici a partire dalla pittura. A questo proposito, si rende necessario un esempio. Nel caso della teoria dell'enunciazione, Calabrese suggerisce una ipotesi: invece di domandarsi ·sele procedure dell'enunciazione siano applicabili alla pittura, per problematizzare il valore della loro prestazione interpretativa, è meglio chiedersi se le teorie dell'enunciazione siano pertinenti alla pittura in quanto realtà comunicative. L'analisi di alcuni concetti fondamentali, che riguardano l'enunciazione, mostra che un nucleo consistente di questi concetti poggia solidamente, come del resto anche gran parte delle nozioni della narratologia, su teorie della pittura figurativa e in particolare - è ormai patrimonio comune - sulla teoria della prospettiva lineare. Ne citiamo alcune: focalizzazione, punto di vista, proiezione, localizzazione, osservatore ... Da questa valutazione, derivano due notevoli conseguenze: in primo luogo, che la teoria dell'enunciazione non è solo applicabile alla pittura come strumento forte dell'indagine, ma è una vera e propria teoria della pittura o, quanto meno, del- . la rappresentazione figurativa; in secondo luogo, che la prospettiva lineare non è solo un dispositivo tecnico e filosofico, ma è proprio una teoria della comunicazione (p. 38). Calabrese non sottovaluta il fatto che il suo progetto di analisi semiotica è parallelo a quello di altre discipline che hanno studiato il medesimo oggetto. Così, per l'autore, è stato necessario formulare le condizioni di una convivenza disciplinare. Una convivenza che può dare frutti, insperati, se la semiotica si renderà disponibile all'analisi degli oggetti figurativi come oggetti teorici concernenti la produzione del significato mediante le forme, e cioè restando rigorosamente all'interno della morfologia (p. 6). Emerge, in tal modo, il capitolo specificamente semiotico delle teorie pittoriche, già descritto in alcuni dei suoi paragrafi dagli studiosi dell'arte più vicini alla fenomenologia, come Henri Focillon (La vie des formes, Puf, Paris 1934). Per altro, •occorre anche sottolineare che vi sono incompatibilità, non risolvibili, dovute ai presupposti epistemologici, estranei agli interessi semiotici, ai quali si riferiscono l'éstetica o la storia dell'arte. F atta questa precisazione, è con il saggio dedicato ap Aby Warburg che Calabrese entra nel merito della questione, dell'intertestualità nelle arti visive, proponendo ~lcune ipotesi_relative a una definizione del concetto di motivo. Noto, in area iconologica e letteraria, per gli studi di Erwin Panofsky, raccolti soprattutto in Meanings in the Visual Arts, del 1955 (tr. it. Einaudi, Torino 1976). Lo scopo dell'indagine, condotta sull'idea warburghiana di un atlante sinottico che ponga in relazione le invarianti dei motivi pittorici, indipendentemente dall~ loro localizzazione storica e geografica, è di verificare alcune ipotesJ forti: a) l'esistenza di specifici modi di manifestazione pittorica dell'intertestualità; b) se, e come, l'intertestualità in pittura non sia semplicemente un reticolo di fonti, ma possa costituire, per mezzo di opportune operazioni che riguardano il processo di produzione testuale, un principio che determina l'architettura interna delle singole pitture (p. 53). La risposta a questi interrogativi è introdotta dalla confrontazione della duplice definizione della nozione di motivo, di quella che, gen~ralmente, si trova nella maggior parte della critica dell'arte e della letteratura. Secondo que~ta accezione, ciò che si intende con il termine di motivo, è innanzitutto un elemento stabile, almeno morfologicamente, in misura inversa al variare dei testi nei quali può essere inserito; e poi è•un elemento variabile che può essere immesso in una struttura-tipo, precedentemente stabilizzata dalla tradizione artistica. È evidente che c'è una contraddizione di fondo, per cui la nozione di motivo è un. termine ombrello che comprende fenomeni tra di loro molto differenti. Per cercare di dipanare i termini della contraddizione, invece di partire da un elemento già ben conosciuto dagli storici dell'arte e dagli iconologi, Calabrese si occupa di una figura che ancora n0n è • • - Unomaggio 4<0maggioa Gyorgy Ligeti» convegno di studi promosso dall'Assessorato per la cultura di Torino nell'ambito del «Settembre Musica» 1985 coordinato da Enzo Restagno AA.VV. Ligeti a cura di E. Restagno Torino, Edt, 1985 pp. XI - 265, lire 15.000 I n quest'anno europeo della musica è stato presente in Italia uno dei compositori contemporanei più interessanti, Gyorgy Ligeti; ha tenuto personalmente un seminario all'inizio di aprile ad Asolo, presso l'Associazione Ami- ~ ci della Musica, in cui ha seguito un .s gruppo di dieçi giovani composito- ~ ri della comunità europea (tra cui ~ l'itàliano Gilberto Cappelli), ana- ~ lizzando e discutendo i loro lavori; ......, discussione critica a cui ha sottopo- .s ~ sto con gli allievi anche alcune deli le proprie opere, che sono poi state ~ eseguite in Asolo, a Treviso e alla òcl Fenice di Venezia dalla Orchestra ~ Giovanile della Comunità Euro- ~ pea. Gyorgy Ligeti è stato poi preÌ sente - anche se non di persona, ~ impedito dalla malferma salute - nel convegno di studi a lui dedicato che si è svolto a Torino negli ultimi giorni di agosto, nell'ambito della manifestazione «Settembre Musica», corredato dall'esecuzione delle opere più significative. Le composizioni di Ligeti hanno superato il cordone sanitario stabilito dal pubblico intorno alla musica contemporanea e sono da tempo ascoltate da gente diversa dagli addetti ai lavori che seguono i concerti e le manifestazioni dedicati alla musica contemporanea. Questa circolazione «oltre confine» è partita dalle pacate tenebre senza limiti di Lux Aeterna, part,~ della colonna sonora di un filmdi successo di Stanley Kubrik (2001 Odissea nello spazio), e anche dall'interesse di un personaggio atipico nel mondo della musica «leggera», Demetrio Stratos. Demetrio Stratos, nella sua intelligente ricerca sulle possibilità neglette della voce umana, si è accostato agli autori di musica colta che gli potessero essere congeniali; fra questi Ligeti, probabilmente a causa della sua raffinatissima ricerca timbrica, e talvolta, alla fine dei suoi concerti con gli «Area», eseguiva brani di Ligeti, proponendolo così ad un pubblico giovane non avvertito ma Lµ,ciana.Calliano attento. Il ritratto del compositore emerso dal convegno di Torino è quello di un artista affascinante, autonomo come sempre si sente ripetere, ma anche dal percorso stratificato, sempre più difficile nella contraddittoria condizione della musica dei nostri giorni. Ligeti nasce in Ungheria nel '23 e vi cresce come compositore, isolato da tutto quanto accadeva nell'Europa occidentale, conoscendo appena Schonberg·e l'avanguardia di Stockhausen, Boulez, Nono eccetera tramite le trasmissioni notPagina n. 4 di 391 (rivista), n. 16, Parigi, maggio 1924 stata esaminata come motivo e segue le sorti del «motivo del ponte», che è la resa figurativa di una funzione narrativa, il cui ruolo è prevalentemente sintattico (p. 192). Questa funzione può migrare da un testo all'altro, ma anche trovarsi, con diverse posizioni e con diversi compiti, all'interno dello stesso testo. Si leggano, sul problema, le indicazioni dedicate al Ciclo della Croce, dipinto da Piero della Francesca ad Arezzo (p. 257). Nel Ciclo, Piero doveva sviluppare, in una sequenza narrativa, diverse scene chiuse dalla gabbia della cornice architettonica, ma al tempo stesso ottenere ndea dello sviluppo dei diversi avvenimenti dipinti in una o più scene. In breve, il motivo del ponte serve a connettere luoghi narrativi che, nella te~poralità del testo verbale, sono tra d_iloro eteroge-· nei, dal fiat lux ali'Apocalisse. Due avvenimenti storici sono rappresentati come concomitanti per il fatto di essere dipinti nella n:iedesima tela o nello stesso affresco. . Il supporto pittorico, essendo inevitabilmente «non-lineare», come lo pqò essere la temporalità fisica che appartiene allo svolgersi della pellicola di un film, o quella della lettura di un romanzo di trecento pagine, presenta simultaneamente, sulla tela;più azioni, temporalmente distanti tra di loro. Queste azioni compongono il contenuto di una storfa di minuti, di giorni, di secoli e di millenni. In generale, si può dire che il ruolo connettivo esercitato dal ponte può ricoprire una funzione sintattica astratta, che, a sqa volta, istituisce una relazione di implicazione tra gli spazi astratti e figurativi della rappresentazione visiva (p. 182e p. Ì84), Anche in questo caso si tratta di ·una nozione duplice: iQfatti, ci si può riferire a una concezione del figurativo coine a una rappresentazione verosimile, ed a una concezione-élel figurati,vovotato all'esercizio, meno nobile, di semplice «figura» il cui ruolo è però. quellq di rappresenfare delle relazioni tra turne delle radio tedesche, occultate oltre la cortina di ferro da un fruscio di disturbo, che forse non è del tutto estraneo alla concezione di quell'indistinto e brulicante continuum che caratterizza il corpo centrale delle sue composizioni. In quell'isolamento il modello principale fu, come ha sottolinéato Piero Santi, Bartok, da cui Ligeti eredita l'attenzione alla musica popolare slava, interesse- che continua oggi per le culture musicali non europee, la musica dei Caraibi e del Centro Africa. La musica popolare si amalgama, come già in gioventù, con altre concezioni nell'immaginazione del compositore, e nel periodo della formazione può essere stata ispirazione e modello di un'indifferenza rispetto ad un soggetto protagonista: non esiste nelle stie opere un'espressione individuale, soggettiva, e la «asoggettività» è un dato della musica popolare, che vive un'espressione collettiva. Della produzione giovanile, pubblicata in tempi relativamente recenti dall'autore, fa parte il primo quartetto, Metamorfosi Notturne. Il concitato clima emotivo, al di qua delle gelide astrazioni di Atmosphères, è intessuto di visiogli elem~nti che appartengono all'attualità cognitiva più elementare, ma pur sempre iconica, come la classica freccia tra due lettere,' per significare che tra due entità c'è una qualche relazione astratta, come la velocità, il calore o la d0 pendenza. Le osservazioni, condotte a proposito del motivo in pittura, possono essere riformulate in un principio generale, ma assai preciso: il motivo non fa dipendere il proprio riconoscimento semplicemente dalla stabilità della forma figurativa, perché, inaspettatamente, tra le sue varianti va posta anche l'iconizzazione (p. 186). Un ponte non ha necessariamente la forma di un ponte. Ciò vuole dire che la nuova definizione del concetto di motivo, esposta da Calabrese, descrive . e rende conto di una «instabilità variabile del motivo al livello figurativo» (p. 194). • · Appare, in•questo modo, in tutta la sua evidenza, la vera natura testuale dei motivi, i quali non sono delle unità banalmente lessicalizz•abili ~ del tipo: Cupido bendato, la nuvola, lo specchio, ecc. - e poi archiviabili in·una lista adiuvata da una cronologia. Ma bensì, come abbiamo precedentemente ricordato, i motivi hanno una vocazione prevalentemente sintattica. O sono demarcatori convenzionali che delimitano porzioni testuali, come fanno le più celebri virgolette, e quindi hanno un ruolo citazionale, oppure sono essi ad essere isolati da altri demarcatori e quindi sono citati. Da quanto esposto fino ad ora, si può dunque concludere con due assunzioni di merito: in primo luogo, che il campo della pittura figurativa, proprio per 1~complessità dei fenomeni che la caratterizzano, può offrire al semiotico elementi euristicamente nuovi e capaci dì problematizzare antiche certezze; in secondo luogo, chetale capacità è già espressa da Calabrèse nel titolo del suo libro: la pittura è una macchina per produrre senso. nari stilemi bartokiani, _maei sasperati sino al delirio come in Bartok; già in questo si delinea il sostanziale umanesimo di Ligeti, nell'essere oggi espressione di valori umani e sensibilità allargati, dispersi nel collettivo. Un altro aspetto di questo umanesimo è l'attento legame di Ligeti con la musica del passato: nei giovanili 11Pezzi per pianoforte Musica Ricercata, del '51/'53, dal primo ostinato sulla ripetizione accellerando di una nota, sino all'acida aggressività strawinskiana dell'ultimo, si sentono tangenze ai grandi modelli pianistici, Liszt e Chopin grande amore di Ligeti insieme a Bartok e Stravinskij. Ligeti ha quindi rappresentato nella musica contemporanea il convivere con un passato musicale che l'avanguardia degli anni '50 aveva - stizzosamente o dolorosamente - cercato di cancellare. Quando nel '57 Ligeti arriva a Colonia, dove collabora con Stockhausen e Eimert presso lo studio di fonologia della Westdeutsche Rundfunk, si porta dietro l'insoddisfazione per la propria sterile e scarsa conoscenza di stili linguistici - quelli di Schonberg e Stravinskij - «le cui virtualità risultavano già esaurite», e la nebulosa coscienza
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