protesta, gratificandosi, attraverso la testimonianza di sé. La componente diaristica diviene fondamentale: il ricordo, la caccia alla impressione custodita nella memoria, la reminiscenza, la ricostruzione del decorso temporale proprio degli avvenimenti da rievocare. Dunque, le cose che sono fuori di noi e il nostro stesso corpo, ciò che succede in noi e ciò che succede di noi, tutto questo bagaglio si fa predominante. Dal Mappacorpo a La Palazzina: sì, perché anche questa, la magione avita, è fotografata, ingrandita, ricomposta e poi scuoiata, costretta ad una unica dimensione, viva, vivente ancora. Stesso procedimento, stesse finalità: mettersi al riparo dai disastri irreversibili, attutire i colpi della sorte, prolungare la stagione del tempo felice, l'adolescenza, la prima giovinezza. La strategia assistenziale e nostalgica è quella portante del far arte visiva, oggi. Job disloca tale attitudine nel suo libro: lo fa con calma, garbo, strazio, tremore e - ed è qui che non è manierista - col desiderio di infuturarsi. Certo, è evidente, nelle pagine di Job, il bisogno di rassicurazione; i ricordi sono scritti ad esorcizzare l'ansia, l'abbandono, la fine; ricordi che sono il filo d'Arianna di un Orfeo impaurito e incapace di darsi ad Euridice. Nel Mappacorpo era raffigurato un sé vissuto, così come ne La Palazzina sono raccontate storie vere, non sogni ma immaginazioni, non incubi ma brutti pensieri, non deliri ma trasalimenti diurni, presentimenti, sobri intrighi domestici. Le case, i luoghi, i quartieri, gli oggetti divengono corpo essi stessi. Sembra, a lettura terminata, che nelle duecento paginette siano sparpagliate ossa, lacerti, cicche, odori, reliquie. L'itinerario fra i personaggi è condotto con una crudeltà educata, non immediatamente manifesta. E preserva la storia attraverso un filo conduttore dei più angelicamente luciferini: la memoria che tiene in vita ciò che è stato sequestrato dal tempo. Enrico Job La Palazzina di villeggiatura Palermo, edizioni Sellerio, 1985 pp. 192, lire 7.000 Finisterre Frediano Sessi «Più che l'immagine del confine e del limite, Finesterre (la nuova rivista semestrale che segna il ritorno all'editoria dell'Editrice Elitropia) vuole sollecitare quella della porta, che ... fa da cerniera tra lo spazio dell'uomo e tutto ciò che è fuori di esso». Il suo nome, Finisterre, più che essere così l'emblema «di una collocazione terminale» vuole evocare il limite «tanto di chi decide che la terra finisca con la regione che abita, tanto di chi decide che inizi con l'oltrepassamento». In questo senso Finisterre è rivista che si colloca in limine, sulla soglia; aperta al viaggio, all'avventura, funambolicamente in bilico sulla linea di confine, ma anche oltre. ,Un luogo nel quale il pellegrino sosta, in attesa e ascolto. Ma cos'è questa soglia, confine sul quale il pellegrino sofferma indagatore il suo sguardo e i suoi passi? cos'altro è se non la parola, il corpo del linguaggio? La convinzione è che del linguaggio solo la pelle ci appartiene, la opaca e scivolosa superficie del significato; il resto, ciò che del linguaggio è atto che va oltre, eccesso del significato, «è rottura che si inscrive in una ... mancanza», che ci inscrive nel vuoto, sul confine tra il deserto e il mare. «Attraverso la parola i cuori mortali differiscono dal nulla e resistono alla morte», presenza pur essa perifrastica del nostro esistere. La rivista, per dichiarazione esplicita del suo editore, non è e non vuole essere in primo luogo letteraria; è pensata piuttosto come «un repertorio di gesti, di proposizioni antinomiche» e vede l'accostamento, spesso provocatorio, di campi d'indagine fra loro distanti ma che consentano l'attraversamento del luogo-itinerario che i redattori della rivista si propongono di percorrere: procedere «all'identificazione del volto umano nel corpo della parola». Ma che cosa è il volto umano, ci dice Artaud nel testo che apre la rivista, se non «una forza vuota, un campo di morte» ancora tutto da indagare? Quale sapienzialità cela in sé, nei particolari, nella sua imprendibile motilità, nelle espressioni, nella lenta metamorfosi opera del tempo? Certo, l'interrogazione è scomoda per chi, come Dorian Gray, cerca di sfuggire nascondendosi al ritratto, all'altro (da) sé. Eppure, oggi, pare essere anche ineluttabile. Questo primo numero di Finisterre (rintracciabile nelle migliori librerie o scrivendo a Elitropia, c.p. 421 - 42100 Reggio Emilia) si apre con una serie di disegni di Artaud, accompagnati da un testo dello stesso «sul volto umano». Le poesie di Endre Ady eWallace Stevens, un testo di Ives Bonnefoy e i commenti di Nadia Fusini, Gabriella Caramore eMaurizio Ciampa, compongono la sezione centrale «atti del dire»; mentre la sezione «l'occhio e lo spirito» ospita l'intervento di Marco Belpoliti e i disegni di Nanni Valentini. Infine, i filosofi Sergio Quinzio, Umberto Galimberti e Massimo Cacciari completano il panorama di interventi. Finisterre rivista semestrale Elitropia edizioni, anno 1. n. 1 autunno-inverno 1985 pp. 110, lire 12.000 Imparare le lingue Bice Mortara Garavelli Interessarsi a come si impara una lingua straniera non è solo affare di addetti ai lavori dell'insegnamento linguistico. Sono certamente molti quelli di noi che vorrebbero saperne di più su quale sia l'età migliore per impadronirsi di una seconda lingua, sui meccanismi che si mettono in azione durante l'apprendimento, sulle possibili interferenze tra la lingua materna e quella che si impara in età e condizioni diverse, sulle tecniche didattiche più efficaci ecc. Il libro di H. Dulay, M. Burt, S. Krashen, La seconda lingua, di cui Anna Giacalone Ramat ha curato l'edizione italiana, è manifestazione importante di un indirizzo di studi che si è sviluppato ampiamente in America, mentre non ha avuto adeguata diffusione in Italia dove l'attenzione di studiosi e insegnanti si è concentrata più sui metodi dell'insegnamento che sull'osservazione di come si fa ad imparare le lingue. Dulay, Burt e Krashen intendono dimostrare, con l'appoggio di consistenti prove empiriche, che l'apprendimento di una seconda lingua da parte di bambini e adulti segue la stessa evoluzione che si osserva nell'apprendimento della prima lingua. Il supporto teorico di tale ipotesi si trova nelle teorie di Chomsky riguardanti l'esistenza e il funzionamento di un meccanismo mentale innato in tutti gli esseri umani (il cosiddetto Language Acquisition Device) che organizzerebbe l'acquisizione linguistica. Indagini scientificamente fondate informano il lettore su questioni basilari: il ruolo che spetta ai fattori dell'ambiente linguistico, gli effetti della personalità e dell'età sul-. l'apprendimento della seconda lingua, la natura e le ragioni degli errori, l'interferenza tra la lingua posseduta e quella da possedere, il transfert ecc. Nell'introduzione la curatrice illustra esemplarmente i principi teorici e le metodologie della ricerca, e ne oltrepassa i risultati: li sottopone infatti a critiche e Francesco Leonetti: Simili notazioni diaristiche sono . disseminate nelle cento pagine del- . la raccolta di memorie, lettere, articoli, fotografie, intitolata Ezra Pound, un poeta a Rapallo e dedicata dalla cittadina del Tigullio al poeta che vi trascorse ininterrottamente venti anni della sua vita. Lungo il prezioso documento, curato da Massimo Bacigalupo, e atLettera in versi a Giovanni D'Agostino su una sua vocale Guardo una cera con un rilievo illudente chiaro C{;lnla forma di O per differenza di caldo o peso o mano o tempo di artista. Al muro appeso, da me. Nella tua mostra, simili più grandi bianche giallastre, e nere tele, scritture, opere, sculture, cere... Mi tiene un timore dell'O, una vocale che per anni mi ha dato ansietà, perdita ... È perfezione: l'interpreto dunque come il vuoto, forzato a ciò. Nella labilità conclusa della cera. Leggo e penso, dinanzi al tuo centrale oggetto, decisivo, fresco, giottesco e astratto, assoluto e virtuoso e originario nel giungere ali'occhio ... L'appendiamo alla parete contro cui si discute nel giornale ... E tu forse non muti il geometrico per virtù d.imateriale e di linguaggio fatto del materiale medesimo - secondo spessori, parlante - forse non muti tu pure il geometrico nel vitale? con qualche essenza sacra in sé? con un'imperativa impronta segreta? disponibile agli incroci, tenendo una filigrana etica, amara? Questa contraria e fusa duplicità che presenti qui mi sembra simile a quando giovane disegnavi balle di paglia e erba: artificiale la natura era, il vuoto è un livello di cera... L'osservatore si accorge allora di vigilare sulla sua vita, guardando in dentro, qui, per crescere la resistenza propria (e dell'altro, e del vuoto o del doppio) a stare nel giro grande del soffio. Nota: sull'ultima parola o termine («soffio»): per Cleante e Crisippo è congenito in noi, corrisponde a quello dell'universo; ed è l'anima in quanto essa è corpo. ~cere» di Giovanni D'Agostino (840•)Mostra nella Galleria del Naviglio, Milano, via Manzoni 45 dal 14 gennaio al 3 febbraio 1986 con uno scritto di Pierre Restany retto un sonetto di Shakespeare, secondo il precetto poundiano dell'eliminazione delle parole superflue. Negli anni Trenta Pound organizzò per il Comune di Rapallo i «Concerti Tigulliani», facendo conoscere testi inediti o trascurati e tracciando la storia dello sviluppo delle varie forme musicali. «E la musica stampata una cosa da rappresentare o deve il concertista interpretare, come un attore interpreta una parte? L'Amleto di Shakespeare o l'Amleto di Booth, Salvini, Forbes Robertson? Il Bach di Bach o il Bach di Busoni? Unarisposta media è che ci sono due attività diverse e che secondo il caso l'una o l'altra può dare piacere, risvegliare interesse, aumentare cognizione, destare emozione.» Come si può via via dedurre da . questo catalogo, l'interesse di Pound verteva sui punti nodali delle problematiche disciplinari. L'analisi del rapporto tra opera matrice e opera derivata, si trattasse di esecuzione musicale o rifacimento interpretativo di un testo poetico, tendeva sempre a un allargamento oltre i confini dell'opera primaria, verso una proliferazione metalinguistica. Pound fu perciò definito «barbaro» («un po' di barbarie nella nostra estrema civiltà: ottimo ricostituente» scrisse Gino Saviotti con un po' di sufficienza) e ciò era esatto nel senso di un intervento non conformistico suscitatore d'innesti. Perché Pound, sotterraneamente, fu il grande agitatore della sponda poetica sul piano visuale: il plurilinguismo dei suoi versi e la frequente presenza, in essi, dell'ideogramma cinese sottraggono la poesia alla sua servitù.alla lingua, con un ampliamento che rompe fin da allora le dighe delle frontiere nazionali, preparando la fuoruscita dai codici disciplinari. Del resto la Liguria, fertilizzata dalla sua presenza, fu tra le prime regioni italiane in cui si conducessero esperimenti di scrittura poetico-visuale. Si vedano Corrado D'Ottavi e, fin dagli anni Cinquanta, Martino Oberto. Lungo gli itinerari della trasgressione transletteraria ci s'imbatte _spesso,quasi di sorpresa, nella bar- •ba di Pound. Il gruppo brasiliano dei fondatori della poesia concreta, la prima forma d'avanguardia che dalla sponda letteraria sistematicamente coinvolgesse il piano della visualità (1956), in omaggioa Pound si era denominato «Noigandres», termine provenziale mutuato da uno dei poemi poundiani. E a sua volta, Pound dedicò la sua versione delle Trachinie di Sofocle al giapponese Kitasono Katuè, fondatore del gruppo «Vou»; il primo orientale che abbia sposato arte e linguaggio in esperimenti, rimasti storici, di poesia-immagine. Pound ebbe a scrivere: «L'itnmagine è ciò 1----------------,,-------------------1 che debbo necessariamente definia revisioni costruttive, confrontandoli con gli sviluppi più recenti degli studi nell'ambito della didattica delle lingue e nelle aree disciplinari a cui questa fa capo (piscolinguistica, semantica, pragmatica ecc.). Heidi Dulay, Marina Burt, • Stephen Krashen Le seconda lingua a cura di Anna Giacalone Ramat traduzione di Dora Scillieri Bologna, il Mulino, 1985 pp. 395, lire 30.000 Pound e l'immagine Mirella Bentivoglio «Frugando in dizionari trovo un rapporto tra le parole tedesche Dichtung, poesia, e dichten, condensare. Se Goethe avesse fatto questa trovatella, la Germania sarebbe trent'anni più avanti. E l'Italia?». traverso la mostra che esso accompagna, si delinea il profilo intimo del poeta che Eliot, in una testimonianza del '54 qui presentata, definì il più grande della sua epoca. La casa ligure di Pound era denominata Ezruniversità. Vi si riunivano studenti d'ogni provenienza e protagonisti della letteratura internazionale; l'insegnamento, gratuito, veniva impartito anche nel corso di passeggiate. «Greco e provenzale suonavano bene all'orecchio tra i grigi della pietra e degli ulivi» scrive James Laughlin. Gli ospiti si misuravano con i più intoccabili autori in un rapporto di familiarità, anche mediante operazioni riduttive che precorrevano di molti decenni le attuali tecniche concettuali e poetico-visive di rivisitazione del testo: in una di queste esercitazioni Basil Bunting, quasi anticipando un tipo di cancellazioni alla Isgrò, aveva addirittura corre un vortice; mediante il quale, attraverso il quale, e nel quale, le idee sono continuamente trascinate». Ezra Pound, un poeta a Rapallo Genova, Edizioni San Marco dei Giustiniani, 1985 pp. 100, lire 25.000
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