tal modo luogo di un paradosso dell'originalità: se al poeta postilluminista si chiede anzitutto una marca stilistica, una voce diversa rispetto ai poeti antecedenti o contemporanei, proprio a tale poeta l'autonomia cercata viene preclusa per l'inevitabile indebitamento con il padre poetico. E ove egli trionfi «demonizzandosi» ciò avverrebbe con una deprivazione del predecessore. La revisione/rimozione dell'antenato o, con il linguaggio di Blake, del Cherubino Protettore, viene proposta come criterio di lettura della poesia, per giudicare della sua lotta di indebitamento col passato. La nuova Critica Antitetica diviene funzione dei precursori del poeta; mis-interpretazione oppure essa stessa nuova poesia in prosa, che il critico scrive come sua lettera, o sostituto della poesia che il poeta «avrebbe dovuto scrivere» (p. 99). Tra il critico e il poeta la differenza è solo di intensità del fraintendimento e di maggior numero dei «genitori» che affollano il romanzo familiare del critico, tanto poeti che critici. Confronto di impossibili solipsismi e luogo di scompensi, l'attività estetica postilluminista appare nell'ottica di Bloom perdente proprio sul terreno dei suoi due oggetti del desiderio: il nuovo (per il poeta) e il vero (o vera interpretazione) per il critico. Vicenda di saccheggi e falsificazioni, parassitismi e disconoscimenti, palestra di ripiegamenti e violenze testuali persino in senso anticronologico, questa interpretazione dei meccanismi dell'attività poetica si presenta d'altra parte con una formula realistico-disillusa ad alta persuasività socioculturale. Alle indubbie intuizioni, alla prestigiosa - specie in America - terminologia greca, alla capacità di attraversare, con Freud e Nietzsche, romanticismo e derridismo, si aggiunge, nel finale «alto» di ognuno dei saggi del volume di Bloom, l'afflato di una citazione dalla Bibbia; e il magnetismo del1;écritureartiste in ogni caso trasci- :na per la determinazione stessa del suo orientamento. Ma l'organizzazione semiotica della teoria dell'influenza, ispirata al freudiano romanzo familiare, rivela un preciso codice istitutivo. Ogni innovazione estetica si colloca per Bloom in rapporto biunivoco con gli elementi forniti dal romanzo familiare o insieme dei predecessori scelti dal poeta, e riceve senso agli occhi del nuovo critico antitetico proprio in funzione di tale corrispondenza. La poesia riscrive il proprio testo ad ogni efebo, approfondendosi e purgandosi, in una dimensione detemporalizzata: preclusa un'assoluta originalità, si può leggere Stevens o Whitman nell'ultimo Roethke, Ashbery nel suo predecessore-maestro Stevens, o persino Yeats in Shelley, Wordsworth in Milton o Browning nello Shelley dei Cenci. Questa logica della creazione poetica, che si offre come intimo teatro delle angosce linguistiche dell'artista moderno, mette in luce un aspetto trascurato delle interazioni poetiche, ma rivela in sé due limiti: dichiara una ristretta competenza cronologica e risponde, se analizzata nei termini della tipologia della cultura di Lotman, 3 ai canoni di un codice medievale innestato su un orizzonte semantico romantico. Dante come Shakespeare sfuggono alla teoria dell'influenza: il rapporto di Dante con Virgilio è sì riferimento ad un predecessore forte, ma privo di angoscia, mentre per Shakespeare il problema non si pone per la relativa debolezza di predecessori come Marlowe. Applicabile al romanticismo come «decadenza dell'illuminismo», la teoria di Bloom sembra fornire, tra l'altro, un'ironica vendetta di contrappasso: la pretesa di originalità, di orgogliosa negazione o rimozione del padre divino («papà» proprio di quello che Bloom chiama protestantesimo individualista del poeta romantico), si risolve in un' ossessiva presenza punitiva del padre stesso. Il ritorno del padre viene reimposto ad un figlio-efebo che, credendo di rinnegarlo, rivela in tale pretesa non la propria libertà, ma la propria perversione. Se sostituendo all'originalità la riscrittura e la rispondenza tra poesia nuova e modello preesistente, Bloom evoca una concezione medievale del testo, la preoccupazione gerarchica - che vede nel rapporto tra poeti una «singolar tenzone», un agone in cui un vincitore impone le sue insegne al vinto (di qui l'esito alternativo del dominio del padre sull'efebo, ma anche dell'efebo sul padre riletto a posteriori) - conferma il quadro delineato. Il peso del rimosso di ispirazione freudiana è tuttavia in Bloom mitigato da una libertà di deformazione della ripetizione, che consente una sia pur perversa innovazione. Parallela alla logica medievale - presente in un filone della cultura americana contemporanea: si pensi alla passione di Pound per i provenzali, alle preferenze per Dante di Eliot, autore di Murder in the Cathedral, alle ricostruzivni medievali di Henry Adams, apprezzate da Eliot, o più recentemente di Gore Vidal - si delinea nel libro di Bloom una componente romantica. La storia della letteratura diviene spazio di una totalità in evoluzione organica oltre che gerarchica: ma l'idea romantica di progresso si è deformata nell'ipotesi del regresso. 2. I vestiti dell'imperatore Alla pugnacità medievale di Bloom corrisponde nello sguardo fenomenologico proposto da Zecchi una diversa conflittualità, basata piuttosto sulla spoliazione, la messa a nudo o epoché. La riduzione alla naturalità o desemiotizzazione della formula sociale dei predecessori alimenta qui un farsi utopico dell'arte come produzione relazionale di novità, nel segno del polemico/ingenuo grido del bambino che nella favola di Andersen, sotto la pretesa dei meravigliosi vestiti dell'imperatore, scorge invece e proclama la sua re(g)ale nudità. Tesa a isolare nella riflessione estetica il problema della legittimazione dei processi di trasformazione storico-culturali, evitando la trappola della sistemazione pragmatica del già accaduto, l'analisi si orienta su una logica del divenire e del distacco dal passato. Un insolito Goethe delle riflessioni scientifiche sulla metamorfosi delle piante illumina e giustifica il rapporto tra Faust, Mefistofele e il mondo dell'esperienza, anticipando un senso fenomenologico della descrivibilità dei processi naturali. Opponendosi al meccanismo causale di Newton, come al determinismo della dialettica della storia di Hegel, Goethe rivela qui un senso dinamico e unitario della parte rispetto al tutto, il senso dell'omologia tra ricerca scientifica e estetica, spiegazione e significato, scienza ed etica. La ricerca della Urpflanze a partire dalla quale spiegare le varietà botaniche, più tardi attribuite invece alle metamorfosi della foglia, si alimenta, al pari della discesa di Faust alle Madri, all'esigenza di un modello, di una struttura naturale originaria, con cui giustificare il manifestarsi dei fenomeni e la relazione singolo/universale. Una morfo logia metamorfica oppone Goethe a Newton o Hegel (con cui pure lo scrittore era in buoni rapporti): carenti l'uno per una fissazione della forma che esclude la dinamica del divenire e l'altro per l'immediata identificazione della trasformazione con lo sviluppo della storia. In questa polemica con le due prospettive filosofiche fondamentali della cultura del suo tempo viene indicata «la sintesi dell'opera di Goethe». Analogamente Blake sembra poter definire la sua estetica della visione nell'attacco a Joshua Reynolds e alle sue scelte neoclassiche e neobarocche o all'empirismo del Philosophical Enquiry sul Sublime e il Bello di Edmund Burke. La separazione tra Sublime e Bello, grandezza della concezione e perfezione dell'esecuzione dell'opera d'arte provoca la reazione di Blake, per il quale funzione ideativa e operativa coincidono, né si possono dare «Idee se non nelle loro Parole esattamente Appropriata». Nella rivolta di Los e Or a Urizen, rappresentante di una sterile ragione statica, Blake raffigura una cultura che è, sottolinea Zecchi, «conflitto, mai trasmissione di consenso o legittimazione». Anche nei due saggi su Lawrence emerge una dimensione fenomenologica del conflitto: in Fantasia dell'inconscio, Lawrence polemizza con la concezione freudiana, sterilizzata e repressiva, della sessualità e dell'inconscio, e negli ultimi tre scritti, in particolare nell'Apocalisse, esalta una categoria pagana versus il desiderio di dominio dell'Apocalisse cristiana, che si serve del giudizio per una morale punitivo-coercitiva, e procrastina il presente all'aldilà. Nei quattro saggi su un'estetica fenomenologica Zecchi chiarisce infine le premesse teoriche utilizzate. L'atto conoscitivo o la percezione estetica presuppone un rapporto soggetto-oggetto dominato dall'intenzionalità del soggetto e deve volgersi non all'elencazione degli attributi storici (serie potenzialmente infinita di confronti e contestualizzazioni, utile e tuttavia incapace di raggiungere il valore dell'opera) ma all'identificazione, mediante l'epoché degli attributi storici, della genesi e struttura eleper la difficoltà di definire la naturalità, essendo il soggetto impossibilitato a uscire dalla storia. Il divenire dell'intenzionalità consente al soggetto sia di operare l' epoché, che di mantenere la sua connessione con la storia. Se nel conflitto dell'influenza si produce per Bloom un'innovazione illusoria e regressiva, nella riduzione fenomenologica il nuovo torna a dispiegarsi: la memoria, ossessiva in Bloom, entra in ombra per la dominanza di un diverso codice, e riemerge intera la libertà del futuro. 3. Tutto scorre / è necessario fermarsi L'ironica scena evocata da Calvino di un Delacroix in rissa con gli altri artisti al Louvre diviene, nella riflessione dell'ultimo libro di Lotman, la scena stessa dei meccanismi non solo dell'arte ma della cultura. Lo sviluppo della semiosfera rivela la necessità di un enantiomorfismo che per istituirsi può persino indurre a inventarsi il proprio barbaro (in tempi recenti magari l'inconscio), riserva di irregolarità o disorganizzazione cui attingere per elaborare nuove informazioni e ricavare energia dalla differenza di potenziale, secondo una polarità simmetria/asimmetria, omeostasi/trasformazione, continuo/discreto. Nel saggio che dà titolo al volume, per descrivere la semiosfera Lotman ricorre proprio all'immagine di una sala di museo: ricca di materiali di secoli diversi, iscrizioni in lingue note e ignote, istruzioni per visitatori disparati, culturalmente disomogenei. La legge della simmetria speculare o enantiomorfismo sembra trovare una base biologica nella bipartizione funzionale del cervello. L'opposizione polare tra due linguaggi diviene la macchina elementare di un sistema generatore --•~Quadrimestrale del Centro di Ricerca sulla Tradizione Manoscritta di Autori Contemporanei. Universitàdi Pavia Nel sesto numero: Intervista a Italo Calvino Una sceneggiatura inedita di Delio Tessa Il «Fondo S. Quasimodo» dell'Università di Pavia Saggi di Tomaso Kemeny, Giorgio Orelli, Silvana Tamiozzo Goldmann, Anna Modena In libreria a lire 8.000 Abbonamento per un anno (3 numeri) Lire 28.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2, 20137Milano Conto Corrente Postale 15431208 mentare o «cosalità materiale» dell'oggetto. La riduzione fenomenologica evidenzia così la naturalità dell'oggetto, intesa non come data ma come intenzionale e regionale. L'epo7:hé husserliana presenta dunque le caratteristiche della desemiotizzazione illuminista descritta da Lotman: l'autenticità dell'atto conoscitivo dipende dalla rescissione dal contesto socio-storico come da ogni totalità determinante. L'individuazione di genesi e struttura porta ad un primato della funzione del linguaggio proprio della prospettiva semiologica: di qui le convergenze con Hielmslev o Jakobson, pur nella denuncia del rischio di un formalismo che sottovaluti l'intenzionalità del soggetto. L'orizzonte della Erlebnis fenomenologica, insieme soggettiva e oggettiva, trascendente e immanente, supera il paradosso individuato da Lotman nel codice illuminista di senso, forma insieme di cooperazione e conflitto. I «pugni» si rivelano inevitabili: il compromesso comporta staticità, la produzione di informazione nuova richiede la rottura dell'equilibrio. Se un continuo dinamismo diventa autodistruzione, la quiete omeostatica blocca il meccanismo culturale. Si avvalorano le tesi ritmiche dei cambiamenti periodici, in cui l'alternanza di canonizzazioni e decanonizzazioni dei testi esprime il modello dialogico di autosviluppo della semiosfera. Non la somiglianza o la convergenza stadiale, ma la differenza tra un interno e un esterno estraneo della cultura assume così evidenza. Tale gioco può farsi socialmente tragico come nel caso del «degradato» o delle varie forme di emarginazione con cui si istituisce una periferia rispetto a un centro. La polemica, meccanismo di «digestione» dell'altro, di traduzione dell'intraducibile e persino fraintendimento come nella teoria di Bloom, non senza analoghi effetti di «assimilazione retroattiva», non è più perversa nel quadro di un romanzo familiare, ma funzione fisiologica: l'altro è una sottostruttura, scelta di volta in volta nel passato, nel presente o nell'utopia, per produrre la tensione del nuovo. Questo processo dialettico acçomuna creazione artistica e conoscenza scientifica: «La storia dell'autodefinizione culturale, della nominazione e della delimitazione dei confini del soggetto della comunicazione e il processo di costrizione del suo controagente - dell'altro- sono tra i problemi fondamentali della semiotica della cultura» (p. 126). Se in Bloom lo spazio della novità si ritorceva su se stesso, in Lotman esso si allarga smisuratamente: nell'alternarsi di fasi di trasmissione e di ascolto la cultura procede verso una maggiore complessità e indeterminatezza, che consente una crescita di informazione in progressiva accelerazione, ampliando il possibile. Il lavoro del teorico, del legislatore, le metadescrizioni della cultura non giovano tanto, ironicamente, a identificare modelli normativi, come tali labili, quanto come 'momento grammaticale', statico e rigido, che opera all'interno della cultura frenandone gli eccessi di indeterminatezza. Alla luce della teoria dei codici della cultura dello stesso Lotman si può ora rilevare nella teoria della semiosfera una significativa compresenza dei quattro codici dominanti. L'alternanza culturale è descritta come oscillazione tra desemiotizzazione o codice illuminista e aggregazione «sintagmatica» o codice rinascimentale. Ma il momento sintagmatico presenta anche il carattere dialettico romantico-hegeliano di organizzazione progressiva: ciò che fungeva da antitesi diviene tesi e si crea una nuova antitesi. Il conflitto può d'altra parte manifestarsi anche in forme medievali, gerarchiche tra dominatore e dominato, o in rapporto ad astratti modelli simbolici, come gli eroi dell'Eneide o i Germani di Tacito. Lotman attraversa così nella descrizione della semiosfera tutta la gamma dei codici della cultura teorizzati altrove: di qui un massimo di dinamismo e flessibilità esplicativa. Egli dà risalto al momento desemiotizzante che, come il silenzio/follia teorizzato da Derrida, permanentemente si oppone all'esigenza della sistematizzazione: ma la visione d'insieme giustappone con inedita necessità semiotica la formula eraclitea del rtavta Qd all'imperativo della sosta dell'txvaYXllo,;ijvm di Aristotele. Il quadro che ne scaturisce non consente la dominanza definitiva di un codice4 : la tensione logos/follia di Derrida trova insieme conferma e misura su un più ampio orizzonte. L'integrabilità dei diversi saggi che compongono la tipologia della cultura di Lotman ne conferma le potenzialità che nel saggio introduttivo la curatrice italiana della Semiosfera, Simonetta Salvestroni, fa convergere con le più recenti teorie della biologia, della fisica, dell'epistemologia e dell'analisi dell'inconscio. Note (1) Italo Calvino, Collezione di sabbia, ~ Garzanti, Milano 1984, p. 57. -. (2) Per Bloom il postilluminismo co- -~ mincia dopo Milton. I:! (3) Juri M. Lotman, «Il problema del· ~ segno e del sistema segnico nella tipologia della cultura russa prima del XX se- ~ colo» in Ricerche semiotiche a cura di ~ Lotman e Uspenskij, Torino, Einaudi ~ 1973. ~ (4) Cfr. il mio intervento «La desemio- ~ tizzazione», Alfabeta, marzo1985. (3
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