Alfabeta - anno VIII - n. 80 - gennaio 1986

propriandosi della natura di cui la poesia urbana e la teoria della modernità di Baudelaire forniscono una testimonianza non meno importante». Ne sarà riprova la poca importanza accordata da Benjamin alla «teoria dell'arte moderna» dello stesso Baudelaire, considerata da questo saturnino critico ebreo-tedesco, come il «punto più fragile della concezione baudelairiana della modernità». Per Jauss, questa «teoria razionale e storica del Bello» (sviluppata dal poeta in Le peintre et la vie moderne), così come la sua poesia, «portano ugualmente la traccia della forma produttiva della vita moderna nel- !' era industriale: il nuovo impulso creatore che conduce l'uomo, nell'economia come nell'arte, a sorpassare lo stato di natura per accedere, attraverso il lavoro, a un mondo di cui egli è il creatore esclusivo». La lettura benjaminiana, attraverso il punto di vista del materialismo dialettico, non sarebbe stata sufficientemente dialettica, mettendo in rilievo soltanto la negatività della visione baudelairiana del nuovo mondo urbano, nella misura in cui «il rifiuto della natura» non si lascerebbe spiegare dal poeta dei Fleurs du Mal unicamente sotto la voce passivo, come «testimonia il processo storico imposto dal proletariato alla borghesia», ma, anche, sotto la voce attivo, come «uno degli aspetti di questa forza produttiva che permette all'uomo di appropriarsi della natura e, nello stesso tempo, di liberarsi dal suo giogo». Questo paradosso baudelairiano, secondo Jauss, rinvia ad un altro di cui la sola esplicitazione sul piano negativo-retrospettivo del determinismo socio-economico non renderebbe conto: «L'arte non è soltanto l'indice di una costellazione sociale esistente, ma anche il potere di anticipare una costellazione futura». Che la critica di Jauss provenga o no da un supposto riduzionismo benjaminiano nell'interpretazione della modernità in Baudelaire, la verità è che Benjamin per primo ha rilevato questa «funzione anticipatrice» della poesia nell'era industriale in un testo poco citato su Mallarmé (Vereidigter Biicherrevisor/Réviseur assermenté de livres) nel quale con particolare riferimento a Coup de dés egli dichiara: «Mallarmé ha rielaborato per la prima volta le tensioni grafiche della notizia nella raffigurazione della scrittura». E aggiunge: «Posteriormente i Dadaisti hanno intrapreso la ricerca sulla scrittura, ma il loro punto di partenza non era la costruttività ma piuttosto l'acuta reazione dei nervi dei letterati. Per questo la ricerca dadaista è molto meno consistente di quella di Mallarmé ( ... ). Così si mette in evidenza l'attualità della scoperta di ciò che Mallarmé ha dato al pubblico, in modo monadico, nel più intimo recesso del suo laboratorio, ma in armonia prestabilita con gli avvenimenti decisivi del suo tempo nell'economia e nella tecnica. La scrittura che aveva trovato asilo nel libro stampato, verso il quale essa aveva trasposto il suo autonomo destino, si è vista inesorabilmente gettare g sulla strada, trascinata dalle notizie -~ e sottomessa alla brutale eteronoc:i.. mia del caos economico». Benja- ~ ...... .9 I:! I:! min prevede ancora che «lo sviluppo della scrittura non d\Penderà ad infinitum dalle potenti pretese di un movimento caotico nelle scien- 5 b-0 ze e'nell'economia», ma che al con- ~ trario, mediante un balzo dal quans:: titativo al qualitativo «la scrittura ~ progredirà sempre più profonda- ~ .e mente nel campo grafico della sua ~ nuova ed eccentrica figurabilità». .9 Nello sviluppo di questa «scrittura 5 iconica» (Bilderschrift) i poeti «co- ] me nei primi tempi, sono innanz~ ~ tutto essenzialmente esperti nella ;;; grafica». E conclude in una prospettiva utopica: «Con la fondazione di una scrittura di circolazione universale i poeti rinnoveranno la loro autorità nella vita dei popoli e assumeranno un ruolo a paragone del quale tutte le aspirazioni di rinnovamento attraverso la retorica assomiglieranno ad antiquate fantasticherie gotiche». , ,'/. ,I i·· , I ' / I / ✓ , \ 'j I I, I Il Coup de dés, che Valéry ha chiamato lo «spettacolo ideografico di una crisi o avventura intellettuale», poema in cui il Maestro avrà provato ad «elevare una pagina alla potenza del cielo stellato», è, in un certo senso, il condensato ecumenico poetico, visualizzato e iconicizzato. Documento di una crisi portata al suo zenit e prospetto di un'avventura in divenire. In • rapporto alla poesia baudelairiana (segno nella praxis della modernità interpretata dal poeta-flàneur) il Coup de dés è già post-moderno: la sua rivoluzione non è soltanto lessicale e semantica, ma anche sinLa mummia dell'anacoreta tattica ed epistemologica. Mallarmé è un sintattico. Il poema constellare, nella disseminazione della forma, rompe la chiusura della struttura fissa e strofica, disperde la misura del verso (e lega a ciò, per Derrida, la rottura della chiusura metafisica dell'Occidente, monopolio del modello epico-aristotelico e della linearità della concezione classico-ontologica della storia). e iò che è seguito è stato rivelatore. Dopo i progetti convergenti su certi punti della «rivoluzione della lirica» (il Phantasus di Arno Holz, poema ritmicovisuale, i cui due primi fascicoli datano 1898e 1899, essendosi sviluppati in seguito fino alla sperimentazione pre-espressionista, gigantomachica, arborescente, esplorativa dei limiti della lingua tedesca per finire nelle 335 pagine della monumentale edizione del 1916)passando attraverso movimenti come il Futurismo e il Dadaismo (senza dimenticare il Cubismo poetico di Apollinaire e i suoi Calligrammes sintetico-ideografici o ancora la pratica surrealistica del poema-assemblaggio e del poema-oggetto) fino alla poesia concreta brasiliana e internazionale degli anni '50 e '60; dal Frammentarismo di Ungaretti (che si fa forte espressamente del Coup de dés, di Cézanne e del Cubismo e che beneficia di un'interiorizzazione riflessa del Futurismo e che riconsidera, in una prospettiva mallarmeiana, la vocazione di Leopardi per il frammentario dell'inconcluso) fino al silenzio frammentato di Paul Celan, beneficiario dell'Espressionismo, ereditario del linguaggio esploso dell'ultimo Holderlin, ugualmente contemporaneo della poesia visuale di Gomringer e di Heissenbiittel e di una crisi mallarmeiana della poesia che due documenti teorici, a mezzo secolo di distanza, rivelano acutamente sulla scena tedesca: la Lettera di Lord Chandos di Hofmannsthal (1901-1902) e la conferenza Problème der Lyrik di Gottfried Benn (1951); dall'imagismo paratattico di Pound fino all'epica «vorticista» dei suoi Cantos - una plotless epic organizzata secondo il principio ideogrammatico della giustapposizione e della prismatica del frammento e della citazione (da non dimenticare che Hugh Kenner, già nel 1951, nella sua opera anticipatrice The Poetry of Ezra Pound, faceva notare: «La frammentazione dell'idea estetica nelle immagini allotropiche, teorizzata per la prima volta da Mallarmé, è stata una scoperta la cui importanza per l'artista corrisponde a quella della fissione nucleare per la fisica»; si potrà menzionare qui la polverizzazione grafomatica di E.E. Cummings); su un altro piano, quello della poesia politica, Majakovskij, venuto dal Cubo-futurismo, sfocia sul verso cadenzato, spazializzato sulla pagina, una tecnica che Lila Guerrero ha fatto risalire all'eredità di Mallarmé e per la quale El Lissitski, nel 1923, ha immaginato gli affascinanti tipogrammi costruttivisti della raccolta Dlia Go/ossa (Da leggere a voce alta). Sul poeta russo ho scritto nel 1961 riferendomi alla traduzione che allora iniziavo di alcuni suoi poemi, cercando provocatoriamente di estinguere gli stereotipi di una certa critica burocratica impegnata a convertirlo, dopo il suicidio, in un poeta ufficiale e disposta a neutralizzargli le invenzioni formali: «Majakovskij ha fatto della dialettica spaziale di Mallarmé, strumento di una pura speculazione astratta, ciò che Marx aveva fatto della dialettica hegeliana: l'ha rimessa in piedi, l'ha convertita in tecnica di segnalazione locutoria, idonea al linguaggio dei meeting e dell'agitazione politica. La sua poesia ha più a che fare con il mondo dei manifesti propagandistici che con l'idea tradizionale di lirica». Ma il bilancio di «rete» del Coup de dés potrebbe andare ancor più lontano: basti ricordare che, passando dal piano della poesia a quello del romanzo (nella misura in cui un «poema critico» ossimorico e un mostruoso palinsesto «fiume che abolisce le frontiere tra poesia e prosa» possano essere sottomessi a questa povera dicotomia), tanto Robet Cohn, che ne ha suggerito il paragone, quanto David Hayman, che ha cercato di dimostrarlo da un punto di vista stilistico, vedono una grande affinità di progetto tra il conciso abbozzo del Libro mallarmeiano e il monsterpiece dell'ultimo Joyce, il Finneganswake. ( ... ) Traduzione dal francese di Damiana De Benedetti

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