Alfabeta - anno VIII - n. 80 - gennaio 1986

zione della poesia. Mi permetto di trascriverne un estratto: «Nel XIX secolo c'è stato un processo di emancipazione del linguaggio poetico, che si è distanziato dal linguaggio del discorso di idee (referenziale) rivolgendosi sempre più verso la considerazione del suo essere intransitivo. Questo processo è descritto da M. Foucault, che lo caratterizza come l'apparizione della letteratura, figura di compensazione di fronte all'utopia di un linguaggio totalmente trasparente, così come apparve nell'episteme classico. Mallarmé che risponde a Degas 'la poesia si fa con le parole e non con le idee' deve essere visto come caso estremo di questo processo. «Si assiste, in questa evoluzione, ad una presà di coscienza della crisi del linguaggio e della crisi propria della poesia o dell'arte. Già Hegel affermava che, per la modernità, la riflessione sull'arte è divenuta più importante dell'arte stessa. Marx, in questo stesso ordine d'idee, profetizza la scomparsa dell'arte come manifestazione della superstruttura ideologica alienata, nel momento in cui la sua realizzazione nella prassi totale l'abbia resa superflua in quanto istanza indipendenté. «Per tutti e due l'emergenza della grande stampa ha costituito un soggetto di meditazione: per Hegel la lettura del giornale diventa, nella nostra epoca, una sorta di mattutina preghiera filosofica - Marx, riflettendo sull'impossibilità dell 'epica nel suo tempo, utilizza una bella paranomasia per esprimere come, davanti alla stampa, la parola e l'invenzione, il racconto e il canto (das Singen und Sagen), la musa dei greci in definitiva, cessano di farsi intendere. Del resto Lamartine, poeta rappresentativo del Romanticismo ortodosso, scriveva nel 1831: «Il pensiero sarà diffuso nel mondo alla velocità della luce, immediatamente consumato, immediatamente scritto e compreso fino alle estremità del globo ( ... ). Non avrà il tempo per morire, per formare un libro; il libro arriverà tardi. Il solo libro a partire da oggi è il giornale». E Mallarmé per il suo Coup de dés (1897) si ispira alle tecniche della spazializzazione visuale della stampa quotidiana, come vent'anni prima un brasiliano di genio, il poeta Sousandrade, si Lo spirito della vita era ispirato ai mezzi di montaggio dei frammenti di giornale (racconti, avvenimenti, personaggi) nella creazione del suo Inferno di Wall Street, che si svolge sullo sfondo della Borsa di New York. Mallarmé vedeva nella stampa «il moderno poema popolare», una forma rudimentale del libro enciclopedico ed ultimo dei suoi sogni. La crisi del linguaggio coincide con l'apparizione della civiltà tecnologica, con la crisi del pensiero discorsivolineare nell'arte, con l'avvento di ciò che McLuhan chiama «la civiltà del mosaico elettronico», una civiltà segnata non dall'idea dell'esordio-metà-fine ma dalla simultaneità e dall'interpenetrazione, una compressione dell'informazione, così come era stata annunciata dalla coniugazione della grande stampa con le informazioni telegrafiche. «Constatiamo quindi due fenomeni: a) da un lato, il poema comincia a prendere la propria poesia come oggetto; l'atto di poetare, la crisi o la possibilità stessa del poema, come se il poeta assumesse nel suo lavoro il dilemma hegeliano e marxiano, ponendosi le domande sulla morte e il divenire della poesia: una poesia che tematizza la poiesis, qui compresa nel suo senso etimologico (poieo, in greco: fare, fabbricare); b) dall'altro, il linguaggio della poesia guadagna sempre più in specificità, si emancipa sempre più dalla struttura discorsiva del linguaggio referenziale, ne elimina le connessioni, ne taglia gli elementi ridondanti, concentrandosi e riducendosi all'estremo; il Coup de dés di Mallarmé, che equivale per la civiltà indu- . striale a ciò che la Divina commedia di Dante fu nel Medio Evo, è composto di sole undici pagine (doppie) nelle quali il poeta medita, in un linguaggio estremamente rarefatto, sulla propria possibilità di creazione, poema che, come una fugace e breve costellazione, nasce dalla lotta contro la sorte, il disordine, il caos, l'entropia dei processi fisici». Prendiamo allora come punto archimedico dell'equilibrio il poema-costellazione di Mallarmé, la grande sintesi (quantunque trattenuta da un forse) della poetica «universale progressiva» del Romanticismo, il poema che avrebbe potuto risolvere la crisi o l'impossibilità dell'epopea nell'Era Chimica, scissa dalla Modernità (già così concepita da F. Schlegel) in favore della poesia, attraverso l'annuncio di una nuova forma d'arte poetica e non necessariamente attraverso una nuova epica a base prosastica, il romanzo, «la moderna epopea borghese», il genere per eccellenza del mondo irreconciliato e abbandonato dagli dèi, come preferisce pensarlo il giovane Lukacs sui sentieri di Hegel. Se adottiamo quest'ottica, tutta una storia della poesia - una «piccola storia (radicale) della Poesia Moderna e Contemporanea» - può essere tracciata, considerando soltanto le risposte che i poeti di numerose nazionalità e lingue (e i latino-americani tra loro) avranno appo tato~ poema-sfida di Mallarmé, alla questione insinuata nella breve introduzione che la precede: «senza presumere l'avvenire che da qui uscirà, niente o quasi arte». L a rivoluzione b_audelairianaè sopravvenuta m gran parte • (ad eccezione dei poemi in prosa che, con il verso libero, costituiscono per Mallarmé i punti di riferimento da cui prende origine il suo prismatico e partizionale poema) all'interno del limite della strofazione regolare e, in parte, della forma fissa del sonetto la cui «bellezza pitagorica» affascinava il poeta. È in sonetti quali A une Passante, L'Albatros, Correspondances, Le Vin du Solitaire o nelle quartine di composizione come Le Cygne, Les sept Vieillards, Les Petites Vieilles (tutte e tre del resto dedicate a Victor Hugo), Le Jeu, Femmes Damnées, o ancora nelle doppie quartine imparentate di Le Solei/ (le stesse che ha iniziato a tradurre in tedesco tra il 1815 e il 1824) che Walter Benjamin trova gli elementi per la sua celebre lettura di Baudelaire in quanto «lirica dell'epoca dell'alto capitalismo». Il tema delflaneur, del cercatore, del poeta nella folla, della degradazione della grande città, del poeta-Caino, teppista e cacciatore, i motivi della caducità, della rovina e della «mimesi della morte», disseminati nei poemi dove «la modernità eroica si rivela come tragedia in cui il ruolo dell'eroe resta aperto». Il tratto stilistico rivoluzionario di questi poemi si troverà nel dispositivo di choc generato dall'uso della parola prosaica e urbana mediante lo «spostamento tra l'immagine e la cosa» (Gide), attraverso il poema «calcolo degli effetti», mediante lo smascheramento critico, infine, che contrassegna la «sensazione della modernità» come perdita dell'aureola di poeta, «dissoluzione dell'aura nell'esperienza dello choc». Così il vocabolario lirico usuale si confronta a citazioni allegoriche, inattese, che fanno irruzione nel testo come un «atto di violenza». In questo senso si può dire che Baudelaire ha interinato la rivoluzione di Hugo (che voleva mettere un «berretto rosso» sul vecchio dizionario). La strofazione regolare era la camera di risonanza di questa esplosione inquadrata ( e tanto più scioccante, vista da una certa visuale, per questa ragione). La lettura benjaminiana di Baudelaire mette soprattutto in rilievo questa funzione negativa nelle relazioni tra poesia e modernità. Jauss le oppone una restrizione. Benjamin, seguendo Jauss, «vuole interpretare Les Fleurs du Mal solo come testimonianza dell'esistenza denaturata delle masse urbane, misconoscendo così il rovescio dialettico dell'alienazione: la nuova forza produttiva che l'uomo acquista ap- -. .: -· .. : --·-- ____ ..... ...::. , .. :\.._ • ~,-.--__ ' - ·-----. ,.. -~;;·,.,~..::-· ' ·-· . • - --- --- ..... Unasalitaspaventosa ·----------- - -· ------------ -------------·----- --------------- ------ ......-.. -

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