Alfabeta - anno VIII - n. 80 - gennaio 1986

della sua nuova estetica), l'idea di modernità non è più definita «dall'opposizione storica del presente a un dato passato». Ciò che la caratterizza è la nozione secondo la quale «il romanticismo di oggi, molto rapidamente, diventa il romanticismo di ieri, assumendo la figura di Classicismo». O, come esige Jauss prendendo spunto da Stendhal (1823), «tutta l'opera classica, a suo tempo, fu romantica», per concludere che, dopo di loro, «la coscienza della modernità non si definisce che in rapporto a se stessa». Baudelaire, nel punto culminante del suo processo (un processo che riprende l'opposizione bello universale/bello relativo per rinforzare, in questa relativizzazione del bello, un ideale di novità in costante mutazione) finisce per identificare con il transitorio (il cui paradigma è la moda) il criterio distintivo della modernità: «La modernità è il transitorio, il fuggitivo, il contingente, una metà dell'arte, la cui altra metà è l'eterno e l'immutabile». Ecco così definito il secondo percorso diacronico abbozzato da Jauss lungo tutto il suo tentativo di .ricostruire la «ricezione estetica» del concetto di moderno (modernus), l'ultima tappa, der Endpunkt, della storia della Modernità annunciante la nascita della nostra propria concezione contemporanea di ciò che è moderno, in opposizione alla «metafisica atemporale del bello, del buono e del vero». L a visione della modernità per Octavio Paz deriva da tutt'altro punto di vista, pur non essendo necessariamente opposta a quella che deriva da una lettura storiografica delle varianti funzionali del concetto, come per Jauss. Questa differente focalizzazione diventa subito evidente quando Paz scrive in Los hijos del limo: «La letteratura moderna è moderna? La sua modernità è ambigua: c'è un conflitto tra poesia e modernità che si apre con il pre-romanticismo e che si prolunga fino ai nostri giorni. Cercherò qui di descrivere questo conflitto non attraverso i suoi episodi - non sono uno storico della letteratura - ma soffermandomi su quei momenti e quelle opere in cui l'opposizione si rivela con maggior chiarezza. Accetto che il mio metodo possa essere tacciato di arbitrarietà; senza contare che questa arbitrarietà non è gratuita. I miei punti di vista sono quelli di un poeta ispano-americano: essi non costituiscono una trattazione disinteressata ma un'esplorazione delle mie origini e un tentativo di autodefinizione indiretta. Queste riflessioni appartengono a quel genere che Baudelaire chiamava critica parziale, la sola che gli sembra valida (... )». Di conseguenza un punto di vista sincronico e non diacronico. Appropriazione selettiva e non conseprogetta illusoriamente come identità ( ... ). L'ironia è la ferita dalla quale sanguina l'analogia( ... ). L'ironia mostra che, se l'universo è una scrittura, ogni traduzione di questa scrittura è diversa e che il concerto delle corrispondenze è uno sproloquio babelico». Chateaubriand cercava di rinnovare l'opposizione antico/moderno sostituendo al lontano passato (l'Ellade omerica) un passato prossimo e diverso nella sua specificità nazionale: il Medio Evo eroico agli ideali cavallereschi, paradigma comunque dell'Indianismo romantico della nostra America, di cui il brasiliano José de Alencar, autore di un capolavoro come il romanzopoema Iracéma (1865) può servire da esempio. Il poeta latino-americano di oggi, al contrario, pensa alla modernità attraverso l'assunzione della sua universalità in quanto poeta (poiché il suo nazionalismo non è più ontologico, so- ' . \ ' ·:. I '·,. '· : \ ,. " ,-~ •. ·,, \ •."-. cutiva della storia. Ricostruzione stanzialista, ma modale o, piuttodel passato non secondo i quadri sto, contemporaneamente diffesuccessividi epoche che la ricapito- renziale e dialogico - onnipresenlazione delle tappe della coscienza te, disubiquo, ubiquo). Il punto di estetica permette, nel modo più partenza che gli serve da riferimenoggettivo possibile, di profilare to ereditario per la costruzione del sull'asse diacronico, ma tentativo suo presente è, come ricordava Ocdi suscitare un'«immagine dialetti- tavio Paz, il momento in cui «la ca» (W. Benjamin) capace di recu- creazione poetica si allea alla riflesc::s perare, per l'uso immediato del fa- sione sulla poesia». Questo mo- .:; ~ re poetico ~tuato nell'hic et nunc, mento si verifica durante il Ro- ~ il momento ai rottura nel quale un manticismo, in particolare nel suo ~ presente determinato (il nostro) si momento essenziale, quello di Je- -. reinventa riconoscendosi nell'ele- na in Germania (di Novalis, dei -~ zione di un determinato passato. fratelli Schlegel, ma anche di Ho!- § Scoperta (invenzione) di un parti- derlin nella misura in cui questo ~ cipiÒpassato che si misura al no- può essere considerato come ro- ~ stro participio presente. mantico) e il Romanticismo inglese Nell'analogia e nelf'ironia, nel- di Coleridge, Blake e anche Words- .S l'introduzione della nozione di cri- worth (nella misura in cui, come (Il ~ tica all'interno della creazione poe- per Holderlin, si lascia caratteriz- ~ ~ tica, nella canonizzazione dell'e- zare come «poeta filosofo» in cui il -8 stetica del cambiamento, Octavio «pensiero tende a convertirsi in im5 Paz vede le caratteristiche e il para- magine sensibile»). Dalla tradizio- .§ dosso della modernità: «L'analo-:..---n-e di questo Romanticismo ci ven- ~ gia è la metafora per la quale !'alte- gono Poe, Nerval, Baudelaire, ~ rità si sogna unità e la differenza si Rimbaud, Mallarmé e la nostra Modernità (chiamata a seconda del momento, «Modernismo» e «Vanguardia» nell'America spagnola; «Simbolismo» e «Modernismo» nel Brasile della stessa epoca). All'evoluzione in tappe successive e funzionalmente diverse del concetto di moderno, proposta da Jauss, Octavio Paz preferisce un modo di vedere il problema che svela, piuttosto che le sue sfumate gradazioni semantiche, il suo paradosso centrale, per noi immediatamente prioritario. Datando la «modernità» nel Romanticismo (indipendentemente da altre eventuali querelles tra antichi e moderni eventualmente recuperabili lungo un arco di passato più dilatato e neutro) Paz sottolinea con--lasua indecidibile ambiguità: «Ironia e analogia sono irriconciliabili. La prima è figlia del tempo lineare, successivo e irripetibile; la seconda è manifestazione del tempo ciclico: il futuro è nel passato e tutti e due Il pietrificatore di cadaveri nel presente. L'analogia s'inserisce nei tempi del mito e, ancor più, neHe sue fondamenta; l'ironia appartiene al tempo storico, è la conseguenza (e la coscienza) della storia». D i questo paradosso si nutre il Romanticismo. Da un lato, nell'alleanza che egli pro-• muove tra poesia e riflessione critica, si definisce come terminus a quo della nostra modernità (la quale secondo Paz «è sinonimo di critica e si identifica con il cambiamento», cioè con la costante autointerrogazione della «ragione critica»); dall'altro, come «reazione contro l'Illuminismo», e uno dei suoi prodotti contraddittori, il Romanticismo si erge contro questa stessa «ragione critica», e così «è l'altra faccia della modernità: i suoi rimorsi, i suoi deliri, la sua nostalgia di una chiacchiera vermiglia». Allo stesso modo la letteratura moderna, prolungamento di questa tradizione romantica, sarà, secondo Octavio Paz, «una negazione appassionata dell'era . _moderna» che manifesta invariabilmente, nonostante i mezzi ostensibilmente diversificati di ognuno dei suoi poeti, «una ripugnanza comune di fronte al mondo edificato dalla borghesia». La differenza di visuale (che non implica necessariamente un'opposizione nei risultati, ma piuttosto una differente enfasi nella lettura di questi risultati e nel privilegio di alcune relazioni configurate del disegno finale) tra il punto di vista storiografico-recezionale di Jauss e la prospettiva di Paz, «critica parziale», può essere spiegata con l'aiuto di qualche considerazione di Paul de Man (Litterary History and Litterary Modernity): «La Modernità e la storia sono in un rapporto contraddittorio, che supera l'antitesi o l'opposizione. Se la storia non vuol diventare una semplice regressione o paralisi essa dovrà dipendere, per la sua durata e il suo rinnovamento, dalla modernità; ma la modernità non può affermarsi senza essere subito inghiottita e reintegrata in un processo regressivo», scrive, riassumendo in questo passaggio il modo nietzschiano di trattare il paradosso della modernità. E conclude: «Lo storico, nella sua funzione di storico, può restare molto distante dagli atti collettivi che registra; il suo linguaggio e gli avvenimenti che esso denota sono chiaramente distinti come entità. Ma il linguaggio dello scrittore è fino a un certo punto il prodotto della sua azione; essendo nello stesso tempo lo storico e l'agente del suo proprio linguaggio». L'urgenza di concedersi una «tradizione vitale» (di identificare «questa parte della tradizione letteraria che rimane vitale o che è stata ravvivata» da una data epoca, secondo Roman Jakobson, a proposito del punto di vista sincronico negli studi letterari) sollecita lo crittore più che lo storico della letteratura. Il primo pensa prioritariamente ad una presentificazione produttiva del passato; il secondo, benché profondamente sensibile alla prospettiva sincronica e alle nuove questioni poste dal presente (è il caso di Jauss) non può attribuire ai numerosi passati successivi, pazientemente riconsiderati, l'indice specifico di ognuno nel cielo simultaneo della sincronia: è in questo modo che assolve il compito dello storico. Per lo scrittore, che è anche critico, vale la massima baudelairiana di Walter Benjamin: «Colui che non è capace di prendere partito deve tacere» (La tecnica del critico in tredici tesi). Non c'è coscienza più acuta di questa urgenza come forma del «prendere partito» di quella dello scrittore latino-americano, perché la ricerca di una «tradizione vivente» è implicita nella sua propria lacerante e dilemmatica ricerca dell'identità: «Sradicata e cosmopolita, la letteratura ispano-americana è ritorno e ricerca di una tradizione. Cercandola essa l'inventa» (Octavio Paz, Literatura de fundaci6n, 1961). Ponendomi da un angolo visuale vicino a quello di Octavio Paz proverò a definire le relazioni tra poesia e modernità attraverso un taglio sincronico ancor più limitato nel tempo. Privilegiando il Romanticismo tedesco come segno referenziale della modernità, Paz ha privilegiato soprattutto una poetica: quella dell'alleanza tra la riflessione critica e la pratica del poema. Un altro modo di descrivere la stessa questione potrebbe offrirsi privilegiando un poema: quello in cui questa poetica prende corpo, poetica della «poesia universale progressiva», secondo le parole di F. Schlegel nell'Athenaum, cioè della poesia «critico-trascendentale» che è, nel medesimo tempo, poesia e poesia della poesia. Il poema cui quest'ultima giunge e nella quale trova il suo radioso punto d'attualizzazione lo conosciamo tutti: Un coup de dés di Mallarmé, stampato nel 1897 nella rivista Cosmopolis. A effetti puramente descrittivi, Roman Jakobson privilegia una «oppos1z1one simmetrica» tra «funzione metalinguistica» e «funzione poetica del linguaggio» (Linguistics and Poetry). Nella prima, nella sua accezione più semplice di «funzione decodificante», la sequenza sinonimica è utilizzata per costruire una proposizione equazionale del genere della definizione del dizionario o della glossa; nella seconda l'equazione mediante similarità e contrasto dei costituenti formali del codice verbale è impiegata per la costruzione della sequenza (il sintagma poetico) che mette in rilievo la sua propria «palpabilità» significante. Questa disgiunzione simmetrica delle idoneità sul piano descrittivo-funzionale non contrasta col fatto (ugual-. mente rilevato da Jakobson) che la «funzione poetica» non è né esclusiva né escludente, ma piuttosto dominante nell'arte verbale, necessariamente coesistente nel poema con altre funzioni del linguaggio. Nel momento in cui l'opposizione funzionale si trasforma in coesistenza di opposizioni, abbiamo un ossimoro poetologico: il poema critico. È così che si può anche definire, con l'aiuto degli operatori scaturiti dalla teoria linguistica, il concetto di modernità. L'istanza poematica che ne è, per eccellenza, tipica, è il poema costellare di Mallarmé. N el mio saggio del 1968 «Communication dans la poésie d?avant-garde» (in L'art sur l'Horizon du Probable) ho tentato di leggere questo momento decisivo, punto culminante dell'evoluzione e della trasforma-

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