CittàdelMessico HaroldodeCampos Pubblichiamo un estratto del/'intervento letto da Haroldo de Campos in occdsione della «Conferenza in omaggio ai 70 anni di Octavio Paz», tenuta a Città del Messico nell'agosto del 1984. Dalla morte dell'arte alla costellazione Haroldo de Campos 11termine «modernità» è ambiguo. Può essere considerato tanto da un punto di vista diacronico, storiografico-evolutivo, quanto da un punto di vista sincronico: quello a cui corrisponde una poetica precisa, necessariamente impegnata nello svolgersi di una data epoca e che ne costituisce il momento presente in funzione di una certa «scelta»o costruzione del passato. Ne abbiamo dapprima una notevo)e esposizione nel saggio di Hans Robert Jauss Literarische Tradition und gegenwiirtiges Bewusstsein der Modernitiit (Tradizione letteraria e coscienza attuale della modernità, 1965); il libro di Octavio Paz Los hijos del limo, che raccoglie le conferenze «Charles Eliot Norton» tenute dal poeta a Cambridge nel 1972, ce ne dà poi una configurazione affascinante. Jauss, che non aveva ancora formulato la sua Estetica della ricezione, per quanto si incamminasse nella sua direzione, ci mette in guardia con~ro un possibile inganno, !'«illusione della modernità». Jauss si richiama a Curtius ed alla storia filosofica del concetto di modernus, che sarebbe originario del basso latino ma con radici in una ancora più antica tradizione letteraria. «In effetti - avverte Jauss - lungo quasi tutto il periodo della storia culturale e letteraria greca e romana ( ... ) si vede riaccendersi il dibattito tra i moderni, che sostengono questa pretesa, e i difensori degli antichi, dibattito che in definitiva si lascia superare dalla semplice avanzata della storia. Perché col tempo gli stessi moderni finivano per diventare antichi (antiqui) e gli altri, i nuovi arrivati, assumevano il ruolo di moderni (neoterici), e ciò costringeva alla constatazione che questa evoluzione si riproduceva con la regolarità di un ciclonaturale». Al contrario Jauss critica ciò che potrebbe esserci di «metafisico», di sostanzialista nella concezione filologica definita da Curtius e dai suoi discepoli quando consideravano la «querelle des Anciens et des Modernes» una costante letteraria atemporale. Egli mostra piuttosto che il senso della parola modernus non era definito una volta per tutte all'epoca della sua costituzione durante il tardo latino (nel VII secolo deriva da modo, come hodiernus da hodie, e significa non soltanto «nuovo» ma anche «attuale») e che non poteva essere presentito storicamente in tutta la sua ampiezza. Aggiunge che, sotto l'apparenza di una tradizione manifesta, il concetto si evolve e si lascia determinare, in modo effettivamente storico e concreto, ogni volta che riappare «attraverso i cambiamenti d'orizzonte dell'esperienza estetica». Il concetto acquista, in questo modo, una «funzione di delimitazione storica». Questa «funzione» o «potenza» (Potenz) si lascia riconoscere ogni volta che l'«opposizione dominante», cioè I' «eliminazione di un passato» (Abscheidung) mediante la presa di coscienza storica che un nuovo presente effettua di sé, si manifesta in quanto nuova coscienza della modernità. Al posto di uno schema situato fuori dal tempo abbiamo una «opposizione dominante» (antico/moderno) che non si sostanzializza in una entità, ma rappresenta una «funzione variabile» e reperibile secondo il contesto storico che gli pertiene. Jauss passa in rivista le numerose istanze di questa «coscienza che i moderni hanno della loro originali- .. ,,, . ;i: :),' i. L'adultera /..9 l:17 ✓·-··. ;- -;. ·.;. -~: .. ~-;~ , ✓, :- -~ ..... :: .. ~. "/. 3-1_:.. _,:.tAJ.-/ .. ;,;/2 tà storica», dopo la comparsa del neologismo modernus nel latino ecclesiastico («nella transizione dall'Antichità romana al nuovo mondo della Cristianità»), passando attraverso il rinnovamento carolingio del IX secolo e il cosiddetto «Rinascimento del XII secolo», attraverso la querelle tra gli antichi e i moderni ( o aristotelici) del XIII secolo, attraverso la coscienza di una nuova rinascita, di un «ritorno delle Muse», di una resurrezione della poesia che Boccaccio esprime in rapporto a Dante e che in seguito sarà compiuta dal Petrarca fino a quando assume, durante il Rinascimento, l'aspetto di una «metafora , biologica». Mentre gli umanisti del Medio Evo avevano una coscienza tipologica della loro relazione con il passato, vedendo la storia in una prospettiva cristiana di redenzione del passato attraverso il presente, concependola come una rivelazione progressiva della verità e arrivando ad immaginare la loro epoca come il punto culminante di questa evoluzione («il momento presente deve avere una precedenza sul- !' Antichità allo stesso modo del nuovo oro sul rame antico»), gli umanisti del Rinascimento ne sostenevano una concezione ciclica: i tempi nuovi rappresentavano un'e- ., . ,.,,, lj;J •· -~ tà dell'oro separata dall'Antichità (archetipo ideale di questa aetas aurea) dalle tenebre di un'età del ferro (qui, secondo Jauss, prendono corpo la «metafora delle tenebre» e quella della «fenice» che rinasce dalle sue ceneri). Il Rinascimento italiano si distinguerà dal Medio Evo che l'ha preceduto per questa disgiunzione: ad una concezione lineare della . storia, irreversibile, orientata verso un telos ascendente (la fine dei tempi in quanto rivelazione piena di.senso, prevalente sull'oscurantismo pagano) opporrà un'altra visione ciclica, di «ritorno o rinascita periodici», rappresentando, m un'altra articolazione, l'immagine della luce rinnovata in contrasto con le tenebre intermedie. In seguito Jauss focalizza la «querelle des Anciens et des Modernes» all'apogeo del Classicismo francese, opponendo il partito di coloro che avevano acquisito l'«idea del progresso sviluppata dopo Copernico e Cartesio dalla scienza e dalla filosofia dei nuovi tempi» a quelli che predicavano la credenza nel «valore atemporale degli antichi modelli». Nella posizione dei moderni dell'epoca, che saranno i precursori del «secolo dei Lumi», Jauss rileva una «coscienza divisa»: insor- .V ·;_1 ,i . I i i gendo, in nome del progresso, contro l'immagine che il Classicismo francese aveva di sé, cercando nel- !'Antichità la norma del tempo presente, intendevano rappresentare una «fase di vecchiezza dell'umanità» (piuttosto che un'età della perfezione); per di più essi vedevano «la storia proseguire irresistibilmente la sua marcia in avanti verso il progresso, alla luce della ragione critica». Da questo conflitto il risultato più significativo, secondo Jauss, è la nascita dell'idea di bello relativo (proprio di ogni epoca) in opposizione al bello universale, atemporale, e ciò conferisce storicità alla nozione di bello. P er Jauss nel XVIII secolo (il secolo dei Lumi o filosofico) l'elemento nuovo nella concezione del moderno si trova nell'introduzione della dimensione del futuro, nella prospettiva utopica. La Modernità illuminista vuol essere giudicata dallo sguardo sempre più critico di un'umanità sempre più avanzata, in luogo dell'attribuzione al passato di un valore ideale di perfezione. Nel XIX secolo, con la riflessione di Chateaubriand sulle rivoluzioni antiche e moderne (1826) il processo dell' Historismus è vittoriosamente concluso. Come lo espone Jauss, !'«immagine della spirale» in quanto «pluralità di cerchi concentrici prolungantesi all'infinito», rimpiazza quella della ripetizione ciclica, valorizzando la differenza radicale, irripetibile, tra la società antica e la società moderna («la modernità si definisce ancora in opposizione ad una Antichità, ma in una nuova accezione, riferendosi ora espressamente all'esperienza di un passato nazionale e cristiano da essa scoperto»). Il binomio «classico/romantico» è il nuovo motore dell'opposizione di base. In opposizione alla tradizione classica, lontana, il Romanticismo nascente si proclama di tradizione moderna, più prossima: il Medio Evo cristiano, cavalleresco, che per Chateaubriand è superiore anche ai tempi omerici. Ciò che ora propone è un «ritorno sentimentale all'ingenuità abolita». La coppia «ingenuo/sentimentale» si riferisce alla celebre dissertazione di Schiller Uber naive und sentimentalische Dichtung (1795) e, come sottolinea Jauss citando F. Schlegel, esprime la concezione secondo la quale l'arte moderna si distingue dalla antica per aver sostituito alla natura, come principio informatore della cultura estetica, un' «origine artificiale», ossia «idee direttive». Il ritorno sentimentale - è bene ricordarlo- non è, di conseguenza, il ritorno puro e semplice, ma piuttosto il tentativo di ripresa dell'ingenuo (il passato nazionale più prossimo) a partire dalla prospettiva artificiale (sentimentale è, in questo senso, un'espressione equivalente) dell'uomo moderno come Chateaubriand lo conosceva. Si tratta della «sintesi della seconda innocenza» (Anatol Rosenfeld) che i romantici tedeschi di Jena avevano formulato anticipatamente. Questo ritorno all'ingenuo, questa «ricerca dell'infanzia perduta» costituisce un paradosso che Jauss caratterizza nel modo seguente: «non più un'opposizione ai tempi antichi, ma la coscienza del disaccordo con il tempo presente». Dopo.essersi fissata nel Medio Evo cristiano (il passato nazionale) come punto di origine, la coscienza romantica sfocia su una nuova e più acuta nozione di «modernità». All'epoca in cui precisamente appariva questa parola (Jauss indica le Mémoires d'Outre-Tombe di Chateaubriand, 1849, come la prima opera in cui il concetto-chiave di modernità fa irruzione, benché insufficientemente elaborato, e il saggio Le peintre et la vie moderne di Baudelaire, 1859, come il testo in cui diventa la «parola d'ordine»
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==