riscontrabili in determinati eventi singolari in cui è prevalente l'incertezza, l'alea - eventi-sfinge, dice Morin, dove la fluidità turbolenta raggiunge il punto di biforcazione catastrofica- è anche vero che quel modello scientifico nulla offre in più a ciò che già si era riusciti a sapere per altri percorsi, eccetto una formalizzazione debole, riflesso di quella matematica. Una ridondanza, dunque, che non dà maggiori garanzie di legittimazione per una conoscenza più approfondita. In quelle situazioni in cui, invece, l'estensione analogica riorienta l'organizzazione dei dati rilevati al fine di ricomporre un modello assiomatizzabile, tale operazione ha più l'apparenza di una sussunzione sotto paradigmi e strategie date che non quella di una via inedita che fornisce nuovi e più profondi elementi di conoscenza. Gli interrogativi prima formulati si ripropongono in modo deciso, sprigionando una sensazione di vaga efficienza del modello paradigmatico, come una macèhina dal motore potente che gira a vuoto, inutilmente, senza superare l'ostacolo che, probabilmente, andrebbe aggirato con più sottigliezza e furbizia, piuttosto che abbattuto con spreco spropositato di energie. Il futuro dell'applicabilità della teoria delle catastrofi alle scienze della società è tutto ancora da giocare, e le intelligenze che si indiriz-. zano su questa pista sono coscienti delle insidie del percorso, delle trappole e degli «abbagli» possibili tesi da una realtà complessa restia a rimanere irretita e imbrigliata nelle trame di una ennesima teoria generale. Cfr. Umberto Curi Katastrophé. Sulle forme · del mutamento scientifico Venezia, Arsenale, 1982 pp. 111, lire 12.000 AA.W. La teoria delle catastrofi in Prometheus, n. 1 Milano, Angeli, 1984 pp. 288, lire 18.000 AA.W. Catastrofé. Teoria delle catastrofi e modelli catastrofici Bologna, Cappelli, 1984 pp. 95, lire 6.500 ualeanalisi? ualereale? Pier Paolo Pasolini Passione e ideologia Torino, Einaudi, 1985 pp. XXII +448, lire 34.000 Aldo Carotenuto L'autunno della coscienza Torino, Boringhieri, 1985 pp. 118, lire 16.000 Gian Paolo Lai «Tecnica senza teoria» in Riza Psicosomatica n. 55, settembre 1985 Intervista a Cesare·Musatti' in Mondoperaio n. 10, ottobre 1985 • O ggi che di analisi e di analisti ce ne sono di tutti i tipi e per tutte le esigenze del nostro complicato modo di vivere, è difficile dire cos'è l'analisi indipendentemente dal contesto. Cos'hanno in comune le analisi chimiche e le analisi sistemiche? le analisi biografiche dell'autore e le analisi letterarie dei suoi testi? l'analisi della congiuntura economica e l'analitica ontologica dell'Esserci? E l'analisi politica, l'analisi storica, l'analisi matematica che analisi sono? Analizzare l'analisi è impossibile. In effetti, se le differenze sono molte e le uguaglianze poche, non si può dominare tutta la complessità del reale con un solo discorso, come quello del metodo cartesiano che divide la difficoltà in parti e enumera tutti i casi. Con l'aggettivo non va meglio. Il termine analitico è usato in filosofia da Kant per dire ciò che del predicato è già incluso nel soggetto (ad es. la materia è estesa). L'analitico non fa aumentare il sapere. Si contrappone a sintetico che, invece, il sapere l'accresce o per esperienza (ad es. la materia è pesante) o con la teoria (la somma degli angoli interni del triangolo è due angoli retti). L'analiticità tocca il culmine della sua fortuna col neopositivismo logico dove svolge funzioni di criterio di verità: analitica è la verità della logica formale, in ultima analisi il portato del principio di non contraddizione (A.J. Ayer, Linguaggio, verità e logica, Feltrinelli, Milano, 1961). La decadenza filosofica dell'analitico inizia dal W.V. Quine dei due dogmi dell'empirismo (tr. it. Il problema del significato, Ubaldini, Roma, 1966). Il concetto di analitico inte- <::s so come vero in base al significato .s ~ dei termini finisce tra le macerie c::i.. delle teorie, in genere mentalisti- ~ che, che riducono il significato ad ..... una proprietà fissa dei termini lin- -9 <::s guistici. Il significato di un termine ss :: :: non esiste a priori. Dipende dal ~ contesto, dall'uso, dal gioco lingui- ~ stico di cui fa parte, insegna il sei:! condo Wittgenstein. L'analisi stes- ~ sa è un termine di per sé senza si- l gnificato. È un significante, dicono ~ gli analisti lacaniani. Ha sul soggetto effetti che dipendono dalla domanda in cui si trova. Allora va analizzata la domanda d'analisi. Passando dal discorso filosofiéo; messo in moto da un significante principale (essere, divenire o dialettica), al discorso universitario, aperto all'azione del sapere, l'analisi riacquista valore e significato. Trova anche l'ancoraggio ad un elemento oggettivo: il testo scritto. L'oggetto dell'analisi è la scrittura. Dal testo di una comunicazione schizofrenica alla pagina di un romanzo, in università non si analizzano fatti che non siano di scrittura. Protocolli scientifici o dispositivi notarili, leggi della fisica o del diritto, metriche della poesia o della topologia, rientrano nel discorso universitario per la via della scrittura. I modi di analizzare la scrittura sono molti ma in fondo riducibili a due: semantico e sintattico. Il primo, più ingenuo del secondo, cerca Antonello· Sciacchitane> significati profondi' che esulano dallo scritto e sconfinano nella psicologia dello scrivente. Esempi tipici sono l'analisi archetipica di Jung e coinemica di Fornari. I moduli junghiani sono coerentemente applicati da Aldo Carotenuto nel suo ultimo libro, L'autunno della coscienza (Boringhieri, Torino, 1985), dove analizza vita e morte di Pier Paolo Pasolini. Dal romanzo autobiografico, Ragazzi di vita, l'analista fa balzar fuori le figure fondamentali della vita dell'autore: la Via, l'Ombra, la Persona. (Pasolini direbbe: «Nessuna delle ideologie ufficiali attraverso cui interpretare la 'vita di relazione', e magari metterla in rapporto con la vita interiore, ci possiede», «La libertà stilistica» in Passione e ideologia, Einaudi, Torino, 1985.) Non diversamente Franco Fornari, oggi rimpianto, propone un'analisi che nel testo reperisce un certo numero, piccolo e predeterminato, di significati affettivi pnm1tIV1, detti coinemi, intorno a cui ruota il mondo inconscio contusivo e identificatorio. Detto in breve: l'analisi semantica parte dal testo e va aldilà, al suo significato. Si riconosce il suo stile dall'uso di aggettivi che rimandano a tempi mitologici della preistoria del soggetto, prelinguistici e preconcettuali; dall'uso di sostantivi con la Maiuscola che sostantificano troppo concetti che dovrebbero romanere soft; dall'u- , so di apparati concettuali che fanno riferimento ad una psiche o ad un homunculus che agiscono in noL 'L'analisi sintattica, invece, rimane interna al testo. Si libera dalla servitù del riferimento immaginario extratestuale e opera unicamente in termini strutturali. Esemplare di questo approccio è l'analisi letteraria che opera attraverso la divisione dei piani soggettivi (soggetto dell'enunciato/soggetto delIl disegnatore l'enunciazione); la divisione dei piani espressivi (metaforico, o della sostituzione di una parola con l'altra, e metonimico, o della concatenazione di una parola all'altra); la distinzione logica tra linguaggio e metalinguaggio che parla del linguaggio in cui si parla. Il saggio introduttivo di Cesare Segre agli scritti critico-letterari di Pasolini (/oc. cit.) testimonia, con equilibrio e pacatezza, che, proprio in tema di ideologia, l'analisi non ·può limitarsi al campo semantico della parola. Senza far ricorso a metasignificazioni, ma semplicemente cercando per via grammati- .cale l'elemento terzo, o soggettivo, tra passione (elemento vitale) e ideologia (elemento razionale), Segre coglie la struttura della particolare inibizione di Pasolini, uomo di lettere: è l'atteggiamento ideologico che esclude ogni forma storica e pratica di ideologia. È un atteggiamento col quale, dopo il '68, Pasolini, uomo politico, romperà. Dell'approccio sintattico all'analisi esistono anche versioni psicoterapiche. La più nota viene dalla California (Palo Alto). È il colmo della raffinatezza cibernetica. Considera il testo del paziente l'esito di una comunicazione disturbata- lo stampato di un calcolatore impazzito - e l'analizza in termini di livelli logici che, contraddicendosi tra di loro, generano la sofferenza, in genere psicotica, del soggetto. La cura, che non disdegna un ricorso moderato alla suggestione sotto forma di prescrizioni para-. dossali (all'enuretico ordina di bagnare il letto), si dedica, un po' idealisticamente, al riassorbimento delle contraddizioni. I freudiani, invece, preferiscono risolvere i conflitti. D opo i discorsi filosofico e universitario non è fuori tema chiedersi se esista un discorso analitico tout court. La risposta è sì. II discorso analitico è nel campo aperto da Freud. Perché prima di Lacan non ce ne siamo mai accorti? Perché quello analitico è un discorso senza parole e, a maggior ragione, non è scritto nei libri. Sia chiaro, non si tratta della famosa comunicazione non verbale. Si tratta, innanzitutto, del fatto che durante l'analisi l'analista non ha molto da dire perché è impegnato ad agire da oggetto-causa del desiderio. Si tratta, inoltre, del fatto che l'analizzante, impegnato com'è nell'amore di transfert verso l'analista, di solito non scrive poesie o romanzi ma suppone nell'altro quel sapere che ignora essere suo perché inconscio. La cosa è difficile da testimoniare in pubblico o da trasmettere ad allievi. Oggi si ricorre al rito, che è la soluzione, vecchia ma sempre buona, per trasmettere il mistero. In carenza della categoria forte di discorso la teoria analitica si per-
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