Alfabeta - anno VIII - n. 80 - gennaio 1986

. Estensiodniunmodello S e nelle scienze umane, filosofia in testa, si assiste da decenni al bando di sistemi generali di pensiero, onnicomprensivi, in favore di una pensabilità del reale locale, rizomatica, disseminata, nomade, dispersa per frammenti acentrati e «sentieri che si biforcano» (Borges) incessantemente, nelle scienze esatte si delinea invece da un po' di decenni in qua una linea di tendenza inversa; a partire dalla Generai System Theory e dalla Cybernetics degli anni '40 e '50 sino alle tre strategie globali che si contendono oggi la palma della centralità: la sinergetica, la teoria delle strutture dissipative e la teoria delle catastrofi (per tacere delle ricerche sull'antimateria del premio Nobel Rubbia al Cern di Ginevra e quelle dello Stanford Institute negli Usa). Tre strategie, tre sistemi, tre nomi: Hermann Haken, Ilya Prigogine, René Thom. E tre letterature orama.i sterminate, anche di divulgazione, tre filoni di ricerca scientifica concorrenti e rivali. Tre diverse fortune. L'interesse diffuso e transdisciplinare di cui la teoria delle catastrofi gode da alcuni anni in Italia, e ne sono testimonianza le traduzioni dei «classici»,gli studi e le ricerche condotte, i convegni specifici, la presenza sul nostro suolo sempre più frequente di Thom (il volume della Cappelli è infatti la raccolta di testi di un ciclo di conversazioni tenutesi a Rimini nel 1983),è la spia non solo di un'apertura della cultura di lingua italiana, ma anche l'emergenza di una «fame di sapere» che si traduce in un'attitudine del pensiero a sperimentare nu_ovevie, a prospettare nuove soluzioni ai problemi vecchi, a reimpostare ex novo i problemi, a rivedere le fondamenta dei consueti paradigmi. E ciò, come per gli altri paesi d'Europa e del continente americano, su diversi piani di approfondimento, che, concernendo la teoria delle catastrofi, toccano l'aspetto formalizzatore della matematica vera e propria, l'aspetto divulgativo, l'aspetto epistemologico (come nel libro di Curi), l'aspetto e l'uso estensivoanalogico del nocciolo della teoria delle catastrofi (come negli studi compresi nel n.1 della rivista internazionale Prometheus curata da P. Bisogno e A. Forti). Il «nocciolo» della teoria delle catastrofi è presto detto. Innanzitutto vengono assunti alle fondamenta alcuni vincoli immanenti alla struttura dei sistemi reali che si riflettono direttamente sulla capacità della ratio di spiegare gli enigmi emergenti delle novità: una priorità ontologica del substrato-continuo che si esprime in una stabilità strutturale del sistema di riferimento controllato da variabili regolative che ne assicurano una leggibilità costante; uno scambio tra quantità e qualità, nel quale le discontinuità assumono la figura della metamorfosi; una dimensionalità-4 dello spazio tempo. È dunque all'interno di questo quadro che va spiegata la morfogenesi, cioè lo stagliarsi di una forma qualitativamente diversa che emerge in seguito ad una frattura discontinua; l'apparente evoluzione lineare «precipita» in presenza di un conflitto tra «bacini di attrattori» che determina una rottura della simmetria, in prossimità di un punto di biforcazione, topologicamente ben individuabile in uno spettro di sette modelli elementari, matematicamente rappresentabili, detto appunto «punto di catastrofe». La teoria delle catastrofi è, infine, quella teoria generale dei modelli, quella semantica, meglio, che racchiude e comprende quelle forme che si stabilizzano nel divenire, attraverso una dinamica, localmente determinata, di catastrofi elementari e generalizzate che spiegano il cambiamento qualitativo. 11 successo di una teoria che aspira a diventare generale è dovuto alla sua fertilità in un dominio altamente specialistico e limitato, quale la matematica (e la topologia, in un certo senso) che però prolunga le proprie assioma- './t~ ,;;i ~: ~t~ ;/li'!, ·~ ....... :· ,-2:? ,.,. ~%' , ~-- .. : <,}f.· ' , ·,• -:,!' -~- ~{~!$1! tizzazioni come piattaforma di formalizzazione geometrica con la pretesa di interpretazione e spiegazione dell'ignoto: in una parola, una ermeneutica scientifica. L'operatività di tale ermeneutica scientifica si articola non solo attraverso la riduzione di ciò che è ignoto in una dimensione di conoscenza che lo spiega riconducendolo ad una sua geometrizzazione sussunta nel framework concettuale, ma anche attraverso un uso sapiente, e suggestivo, della modellizzazione e dell'estensione analogica. La modellizzazione è fondamentale per la vitalità euristica e gnoseologica di un apparato teorico; è lo stesso Thom ad affermare che una.teoria si nutre di modelli, polivalenti sia in funzione riduttrice di complessità, sia in funzione di ipotesi stabilizzate, sia in funzione Salvo Vaccaro di memoria rappresa e condensata, sia in funzione di irretimento di un frammento di realtà da comprendere (una funzione simulatoria, in ultima analisi). La conoscenza scientifica si appiattisce, pertanto, sulla produzione di modelli; l'intercomunicatività è assicurata dall'uso dell'analogia tra modelli orientati differentemente quanto a formazione e funzionamento, qualora gli effetti siano declinabili in modo comparabile. L'estensione analogica si può ricondurre a mo' di genealogia al black box theory, per il quale l'analogia degli effetti input e output sono indici di un'analogia del modello complessivo rimanendone opaco il meccanismo di funzionamento interno e di organizzazione locale. Il cranio del diavolo Per quanto concerne direttamente la teoria delle catastrofi, l'estensione analogica verso altre discipline funziona a due livelli, il primo di filiazione più diretta, rispetto al nucleo teoretico vero e proprio, ed il secondo di filiazione più indiretta, e pertanto più lontano e più fragile nella sua operatività e nella sua capacità affermativa. Il rapporto con le discipline del primo livello è più stretto; esse sono rami della biologia e della fisica, la geologia, l'embriologia, la paleontologia. Sono campi del sapere scientifico che lo stesso Thom dimostra di dominare agevolmente, i quali hanno fornito numerosi stimoli per la configurazione complessiva della teoria delle catastrofi sin dalla sua elabo~azione (su tutto ciò esiste già oggi una serie imponente di studi, èome si ricava dal n. 1 di Promethéus). L'estensione analogica è qui una espressione impropria, in quanto la formalizzazione matematica è, per alcune di queste discipline, parte integrante, mentre per altre la rilevazione empirica nei laboratori offre numerosi modelli già inclini ad essere compresi in una semantica delle catastrofi. Non è un caso che persino il termine «catastrofe» sia mutuato dalla geologia; le ricerche d'embriologia genetica di Waddington, per fare un esempio, sono uno sfondo per le ricerche di Thom, ciò che li ha portati a dialoghi e scambi di esperienze interessanti agli esordi della teoria delle catastrofi (cfr. C. H. Waddington(ed.), Towarda Theoretical Biology, 4 vv., Edinburgh, 1968-72). L'uso dell'analogia viene però spinto sino a permeare altre discipline, quali la sociologia e l'economia, che adottano il paradigma catastrofista come strumentario investigativo. La legittimità di tale operazione è sostenuta, tra gli altri, apertamente da E.C. Zeeman e da René Passet nel suo saggio incluso in Prometheus. La suggestione e la seduzione delle categorie catastrofiste nelle scienze umane e sociali è forte, favorita dall'immaginario simbolico che si sprigiona da una fine divulgazione: le figure della discontinuità hanno sempre affascinato quelle menti tese a sottolineare con maggior vigore gli elementi di dinamicità e di trasformazione presenti nei processi del divenire, così come il privilegio rivolto alle rotture, alle fratture, ai salti ha caratterizzato l'esigenza di scientificità di chi vuole sospingere la sfida soggettiva di cambiamento qualitativo al punto in cui essa invest'e e riveste di sé la forma dell'oggettività. P eccati veniali dell'urgenza e del desiderio di una differenza, la quale, contro l'utopia, rintraccia il suo topos sin dal presente, da questo presente illibertario che funge da substrato continuo e dalla cui incrinatura irrecuperabile possa irrompere la figura del- !' Altro, assolutamente incontaminato, puro, per l'appunto. La teoria delle catastrofi sembra offrire una base scientifica a questo progetto di salvezza topica che rinuncia all'attendismo escatologico per tuffarsi nell'istruzione della catastrofe, n_ellasua promozione strategica. Ma se la vulgata può apparentemente offrire una tale base fornendo materiale linguistico e immaginifico relativamente «fresco» e «originale» ad un progetto vecchio quanto la riflessione umana, l'esame critico, anche non specialistico, della teoria sembra, per converso, precludere l'ottimismo smorzando i facili quanto ingenui entusiasmi. In altri termini, ciò di cui si dubita è la possibilità euristicamente corretta ed efficace di poter estrapolare il nocciolo della teoria delle catastrofi adattandolo a• scienze umane e sociali mediante l'estensione analogica di un modello e di categorie date che assumono un senso rigoroso e preciso, e pertanto scientifico, soltanto dentro un dominio ristretto e delimitato del mondo e dell'assiomatizzazione. L'annosa querelle tra scienze umane e scienze esatte, tra universo della precisione e mondo del pressappoco, per dirla con Koyré, sembra qui ritornare, nostalgicamente e forse anche pateticamente, di moda. I partigiani delle barriere potranno compiacersi di fronte a questi spurii tentativi di sorpassare e spiazzare i crinali di discriminazione. Comunque, l'esigenza di trovare nuove vie di comunicazione, aprire nuovi varchi, battere nuove piste, lanciare ponti (il «passaggio a Nord-Ovest» di Miche! Serres) è una bandiera cui non si rinuncia affatto volentieri. Resta da verificare se la strategia dell'estensione analogica delle modellizzazioni sia il percorso migliore (che non vuol dire più diretto, più «economo»), il più corretto e il più proficuo. E, senza bisogno di condanne peraltro di esperimenti in via di attuazione, c'è da dire che i risultati attuali sono scoraggianti per non dire deludenti. Il «passaggio»è ancora celato. Le difficoltà di applicare al mondo umano delle scienze sociali le categorie catastrofiste sono legate ad un problema che, in ultima analisi, direbbe Foucault, è di traduzione: si può tradurre in termini congruenti alla mondanità degli eventi e dei processi individuali e collettivi un substrato-continuo matematico? e un bacino di attrattori? come e dove identificare i ~ punti di soglia? come costruire i pa- -~ rametri di controllo? quali figure ~ sostituire alle note sette catastrofi Cl. elementari d'ordine strettamente ~ topologico e matematico? L'adattabilità per via analogica del modello catastrofista alle scien- ....... .9 t::S I:! I:! ~ ~ ze sociali quali la sociologia, l'economia e la psicologia sembra impattare contro questi interrogativi I:! insormontabili. Se è pur vero che ~ ~ituazioni simili a quelle descritte l dal formalismo matematico sono ~

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