Einaudi DanielDeelGiudice Atlantoeccidentale «Del Giudice accetta la sfida della scienza, e trasforma il proprio libro in un programma letterario, l'unico che le nuove generazioni abbiano espresso» (Pietro Citati, «Corriere della sera»). Terza edizione «Supercoralli», pp. 155, L. 16000. GuidoCeronetti AlbergIotalia « Uno dei libri piu belli della letteratura italiana di ieri e di oggi» (Goffredo Parise). «Saggi», pp. x-226, L. 18000 MarioRigonSitern L'anndoellavittoria Il romanzo del ritorno allavita dopo la Grande Guerra, l'epopea minima di una famiglia e di un paese. «Nuovi Coralli», pp. 163, L. 10000 YasunaKriawabata Bellezzeatristezza Premio Nobel 1968, Kawabata è maestro nel dipanare il grovigliodi ombre e di ossessioniche si annidano in una storia d'amore rivisitata vent'anni dopo. Da questo romanzo il filmdi Joy Fleurycon Charlotte Rampling e Audrej Zulawski. <,Supcrcoralli», pp. 17 ~. L. 1(l\l\l\l ClaudSeimon LastraddaelleFiandre li destino di una famiglia aristocratica e gli enigmi del Tempo s~/iÒal centro del romanzo piu significativo del Premio Nobel 1985. «Supercoralli», pp. 257, L. 18000 MargueriYteourcenar Il Tempog,rande'scultore Un libro di osservazioni che dall'int:elligenzadelle cose approda a una classicamisura di meditazione. «Supercoralli», pp. 215, L. 18 ooo DelioTessa L'èeldìdiMorta, legher! Delàdelmur ealtreliriche Per la prima volta in volume le opere del grande poeta milanese, in una edizione critica e annotata a cura di Dante !sella. «Supercoralli», pp. xxx-585, L. 35 ooo PierPaoloPasolini Passioneeideologia (1948-1958) Un libro-chiaveper capire la cultura italiana del dopoguerra, il capolavoro del Pasolini storico e critico. Con un saggiointroduttivo di Cesare Segre. «Supercoralli», pp. xxrr-448, L. 34 ooo GottfrievdonStrassburg Tristano Il piu grande romanzo d'amore del Medioevoeuropeo in una traduzione condotta per la prima volta sul testo duecentesco. A cura di Laura Mancinelli. «I millenni», pp. xxxv1-503 con 16 tavole fuori testo a colori, L. 50 ooo ManfredToafuri Veneziea il Rinascimento La vita artistica, scientifica e r~ligiosadella Venezia del '5oo in una ricostruzione popolata da patrizi, dogi, popolani, architetti, maestri di muro, letterati, ambasciatori imperiali. «Saggi•, pp. xxm-313 con 147 illustrazioni fuori testo, L. 45 ooo perché almeno un ugual peso lo hanno i produttori, i venditori, lo stesso pubblico». Da qui anche «l'artificio storiografico», come definisce, sempre De Fusco, il fatto che «non si assume una incerta definizione del design, bensì la sua più accertata fenomenologia», appunto la progettazione, la produzione, la vendita e il consumo. Se da un lato questa interpretazione semplifica il lavoro dello storico, dall'altro riduce la componente «culturale», «simbolica» dell'oggetto disegnato a pura merce. Voglio dire che forse era possibile partire da una definizione teorica di disegno industriale, perché anche la stampa, la grafica è design, come avevano scritto giustamente nel numero del settembre 1983 di Op. cit. D'Ambrosio, Grimaldi, Lanza; perché soltanto un apparato teorico è in grado di far parlare la storia. Lo storico inglese Edward Carr scriveva nel 1961 che «il rapporto tra lo storico e i fatti si svolge su un piano di parità, di scambio reciproco perché lo storico è perpetua- . mente intento ad adeguare i fatti all'interpretazione e l'interpretazione ai fatti»; deve esistere quindi una dichiarazione d'intenti interpretativi e non è sufficknte appellarsi al passe-partout fenomenologico, considerando il design come «un'attività prevalentemente pratica, realistica, legata alla forza delle cose, fino ad inquadrarlo in un'ottica businesslike, come scrive De Fusco. Vi sono stati approcci teorici fondamentali, pur discutibili, ma sempre nella direzione di progressive tappe di avvicinamento disciplinare, come le definisce Giovanni Anceschi, al problema design: Max Bense, Abraham Moles, Gui Bonsiepe, Bernhard Biirdek, perché non risultano nemmeno citati? Se l'interesse centrale del lavoro di De Fusco era, esclusivamente, quello di dare «una più chiara idea del design e della sua vicenda storica», perché allora concludere il saggio con l'analisi del design italiano e, contemporaneamente, dimenticare di citare come progettista grafico, ma non solo grafico, del compasso d'oro il nome di Albe Steiner? Il saggio ha, sì, una certa chiarezza espositiva, pur nella sua schematicità, ma non spiega un fatto fondamentale della storia del progetto: perché essendo, in genere, le funzioni fondamentali dell'esistenza corporea sempre le stesse l'oggetto seriale cambia forma; voglio dire, la componente gusto non è un elemento occasionale per comprendere l'evoluzione del disegno industriale. La valenza estetica di un oggetto seriale non è soltanto decorazione; è, il più delle volte, contenuto che diventa forma; il va- .lore poetico di un'opera è il risultato, come afferma Sklovskij, del modo in cui la forma ce lo fa percepire. Anche il design è in sintonia con questo procedere progettuale, altrimenti non sarebbe altro che la soddisfazione pura e semplice di bisogni naturali. E la storia del design s'annullerebbe in quanto storia naturale dei bisogni. Non sempre questa valenza «estetica» del disegno industriale è messa in rilievo nel saggio di De Fusco, per cui l'immagine del design che ne esce è fortemente parziale e riduttiva rispetto alla cultura della progettualità. Renato De Fusco Storia del design Bari, Laterza, 1985 PP- 324, lire 45.000 Le ricchezze disperse Roberto Bugliani Pttr collocandosi all'interno di un registro narrativo di tipo sperimentale, l'opera di Terrone non fa propri i modelli e le soluzioni stilisticoformali che di solito caratterizzano questo genere di letteratura, ma di una scrittura sorvegliata e contenuta entro tassi assai ridotti di ambiguità e di arbitrarietà espressive si tratta, consapevole che un loro abuso porterebbe inevitabilmente alla morte del testo. Per cui, se le ricchezze disperse assegnate quale «funzione» al personaggio Andrea modellata una delle istanze che meglio caratterizzano la letteratura moderna: la parola frammentaria (ed è a questo livello che il Blanchot teorico si congiunge al romanziere echeggiato nei passi in francese di Andrea). Espressione d'una mobilità di scrittura «geometrica» (e di simmetrie e geometrie si parla molto nel testo, a cominciare dal récit di apertura Metna), il capoverso terroniano accoglie spesso • ne elli BOLOGNA P.zza Ravegnana 1 tel. 051/266891 Via dei Giudei 1 tel. 051/2654 76 FIRENZE Via Cavour 12 tel. 0521/292196-219524 GENOVA Via P.E. Bensa 32/R tel. 010/207665 MILANO Via Manzoni 12 tel. 02/700386 Via S. Tecla 5 tel. 02/8059315 PADOVA Via S. Francesco 14 tel. 049/22458 PALERMO Via Maqueda 459 (P.zza Verdi) tel. 091/587785 PARMA Via della Repubblica 2 tel. 0521/37492 PISA C.so Italia 117 tel. 050/24118 ROMA Via del Babuino 39/40 tel. 06/6797058-6790592 Via V.E. Orlando 84/86 tel. 06/484430 SIENA Via Banchi di Sopra 64/66 tel. 0577/44009 TORINO P.zza Castello 9 tel. 011/541627 hanno 11 che fare con una pratica di dissipazione letteraria esercitata su pagine ricche di trame e situaziÒni narrative che l'autore rapidamente traccia e altrettanto rapidamente abbandona, tale «sciupio» ha peraltro ragion d'essere in una scrittura che saggia la tenuta di quelle trame e situazioni non già lungo lo sviluppo di un possibile récit che da esse scaturirebbe, bensì in un preciso e definito punto del testo, lasciandole cadere subito dopo. Miranti a verificare «la possibilità di una storia; un nome, alcuni esempi di scrittura», le narrazioni terroniane hanno per comune cifra la dicotomia: dissipazione vs misura. A tale coppia sono anche da rapportarsi da un lato la proliferazione (o, per dire in modo economico, l'inflazione) dei personaggi, ciascuno debitore di una particolare «occasione» narrativa ma tutti accomunati dal sostare sulla scena del récit per pochi righi o frasi, e dall'altro l'onnipresente Andrea, personaggio dotato di risvolti autobiografici che è misura di continuità narrativa e di durata «attanziale», su cui convergono a imbuto i l'inserto teorico che orienta o conclude l'enunciato come in questo esempio: «ciò che conta nel narrato è il fatto, da sempre», proseguendo una tecnica della citazione (reale o immaginaria) dall'autore generosamente sperimentata nel suo Storia di Mirandola (1977). Ed è appunto in forza dell'apertura semantica e formale detenuta dal capoverso che la narrazione terroniana mostra i propri «trucchi» anziché nasconderli, esibendo nel contempo quella casualità metonimica che mette in moto i récit; a ciò fa riscontro il depauperamento operato da Terrone nei confronti dell'ornatus retorico, come esemplifichiamo con questa correctio che priva la sineddoche del suo classico terreno di azione: «vedendo in distanza una vela (un'imbarcazione munita di vela)». In tal senso Boselli ha parlato, nella Prefazione, di contiguità metonimica quale asse della scrittura di Andrea, che nel «contatto motivato» promuove una «ricerca della verità del linguaggio nell'oceano del falso». personaggi delle varie storie o da Giorgio Terrone cui si diramano a raggiera, il che Andrea, o delle ricchezze disperse ricorda i romanzi sperimentali di prefazione di Mario Boselli Di Marco della metà degli anni '60 Milano, Ed. Nuove Scritture, 1985 (pensiamo soprattutto a Fughe). pp. 79, lire 10.000 •------------r-------~ : gennaio: : :libreriantelligente!- : un·serviziomigliore, : • - unasceltapiù accurata • ~--------------------J Ora, la dissipazione degli inizi di trame che affollano le pagine di Andrea («ecco un inizio», scrive Terrone in un récit intitolato per l'appunto Inizi) ha il proprio campo d'azione in quella che è l'unità espressivo-contenutistica, oltreché di organizzazione sintattica, della scrittura terroniana: il capoverso. Composto di un limitato ,numero di frasi ove si assiepano più forme e modi del dire, esso, se opportunamente inanellato, può lasciar tra- . sparire una storia o bruscamente interromperla sul vuoto di senso che produce l'a capo, mentre su questa sorta di découpage viene Marxismo e totalità Glauco Casarico Curato da Martin Jay (studioso di fama internazionale e noto al pubblico italiano come autore della fortunata storia della Scuola di Francoforte tradotta e pubblicata nel nostro paese dalla casa editrice Einaudi con il titolo L'immaginazione dialettica. Storia della Scuola di Francoforte e del!'Istituto per le ricerche sociali 1923-1950) Marxism and Totality. The Adventures of a Concept from Lukacs to Habermas si annuncia come il frutto • ·di una ricerca quasi decennale che ha per tema il cosiddetto «marxismo occidentale» e per la quale egli si è potuto avvalere della qualificata consulenza di intellettuali e di pensatori come Lucio Colletti, Jiirgen Habermas, Miche! Foucault, Gian Enrico Rusconi, Andrew Feenberg, Barry Martin Katz, Paul Piccone e Paul Breines-, per citare i più noti. Si tratta, più precisamente, di un tentativo- nel complesso riuscito - di analisi della tradizione marxista occidentale da una prospettiva olistica: prendendo cioé le mosse dalla considerazione della centralità che il concetto di totalita riveste in questa corrente di pensiero, sulla base della celeberrima affermazione formulata da Gyorgy Lukacs in Storia e coscienza di classe secondo la quale «ciò che distingue il marxismo dalla scienza borghese non è il predominio delle motivazioni economiche nella spiegazione della storia, ma il punto di vista della totalità», lo studio si propone di esaminare la specificità dei contributi dei singoli rappresentanti del «marxismo occidentale» analizzando gli sviluppi dati da costoro a questo concetto di totalità nelle loro riflessioni. Consapevole della vastità e della complessità dell'argomento affrontato, Jay non ha lesinato i propri sforzi per dare vita ad un lavoro di ampio respiro, strutturato in ben quindici capitoli e sviluppato in quasi seicento pagine. Dopo aver delineato nell' Introduzione una sorta di topografia del «marxismo occidentale» e nel primo capitolo una storia del concetto di totalità anteriore alla tradizione marxista occidentale stessa, Martin Jay esamina, nei capi_toliseguenti, le avventure di questo fondamentale concetto nel «marxismo occidentale» attraverso l'analisi di un amplissimo ventaglio di posizioni: inizia con Gyorgy Lukacs, ossia con colui che per primo ha posto l'accento sull'importanza e sulla fecondità rivestita dal concetto di totalità nella riconsiderazione del marxismo in vista di una riattivazione della sua originaria valenza rivoluzionaria, continua con Karl Korsch, Antonio Gramsci, Ernst Bloch, Max Horkheimer, Herbert Ma?cuse, Theodor Wiesengrund Adorno, Henri Lefebvre, Lucien Goldman, Jean-Paul Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Louis Althusser, Galvano Della Volpe, Lucio Colletti e termina con Jiirgen Habermas, ossia con colui che, per ultimo, ha insistito sulla pregnanza del concetto di totalità nel marxismo, del quale ha tentato un'ardita ricostruzione proprio in chiave olistica, anche se in termini e su basi assolutamente nuove rispetto a quelle lukacsiane. Jay conclude quindi la sua ricerca discutendone nell'Epilogo gli esiti alla luce delle obiezioni che il pensiero post-strutturalista francese muove nei confronti di qualsiasi ipotesi olistica. Se ora la grande chiarezza espositiva e l'imponente apparato di riferimenti bibliografici rappresentano gli indubbi pregi del saggio, la sostanziale mancanza di spessore di molte analisi, con la conseguente evasione di numerosi problemi che vengono soltanto posti o risolti senza un'adeguata ed esauri_ente discussione, costituisce il suo unico e vero limite - limite questo, però, che sembra essere una costante della produzione socio-filosofica americana che privilegia l'informazione sull'analisi teoretica. Martin Jay Marxism and Totality. The Adventures of a Concept from Lukacs to Habermas Berkeley and Los Angeles, Univ. of California Press, 1984 pp. xi: + 576, $ Usa 29.50.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==