Alfabeta - anno VII - n. 79 - dicembre 1985

Ci sentiamo eccitati quando siamo seduti al lungo tavolo verde da gioco, a caccia degli sfuggenti valori universali de~'esperienza umana. E ci sentiamo delusi. quando le nostre aspettative sono frustrate. «Abbiamo in comune la 'follia' di un gruppo di giocatori e la nostra condizione non è soggetta né alla logica del business tradizionale né al richiamo di pretese ricette del successo. Anche quando pensiamo di aver trovato un manoscritto di valore, dobbiamo aspettare il verdetto dei lettori. Solo allorasapremo se la carta che abbiamo giocato è un asso, o una scartina. «Infine siamo uniti dai nostri entusiasmi. Riluttanti alle richieste dei contabili e alle insistenti pressioni di un mercato che spesso _sembrafavorire quello che è mejdiocre e banale, ci piace pensare \di poter difendere le nostre posizioni e continuare a tenere gli occhi puntati su quelle opere che possiedono vitalità, cuore e idee nuove. «Si sente dire che in tutto il mondo l'editoria ha attraversato momenti difficili. Ma quando mi guardo intorno in questa sala vedo molti che rischiano una scommessa su scrittori alle prime armi, nonostante le incertezze del mercato. Alcuni potrebbero dire che c'è una tendenza a passare dalle grandi concentrazioni a uno stile editoriale più personale e più creativo. A me pare che, grandi o piccole che siano le nostre forze, il nostro mestiere è di lanciare autori interessanti, e non solo di fare affari per milioni di dollari... Se vogliamo migliorare il mondo editoriale, dobbiamo riconoscere che abbiamo bisogno gli uni degli altri, e che abbiamo interessi comuni. I Calvino, i Pasternak, i Beckett e i Joyce di domani saranno sostenuti validamente se non cesseremo di seguire il nostro fiuto, la nostra ostinazione e il nostro amore per la letteratura». Carlo Feltrinelli, parlando subito dopo, ha sottolineato con convinzione i punti principali espressi da Inge Feltrinelli. Si può inoltre leggere nel Catalogo storico della casa editrice, pubblicato in questa occasione, la prefazione da lui scritta, ove, con • parole precise, si riferisce a Giangiacomo Feltrinelli, fondatore di una attività editoriale limpida e ricca, non slegata dall'impegno politico diretto, soprattutto nell'ultimo periodo, e vicino alla «nuova sinistra» particolarmente italiana, francese e latino-americana. H.M. Ledig Rowohlt (RowohltVerlag GmbH, Reinbek b/Hamburg) ha parlato di un mercato che favorisce la mediocrità. «Il mercato è mediocre», ha detto. «Il nostro compito permane quello di volere rendere migliore la qualità della cultura letteraria. È ancora possibile per qualcuno arricchirsi con un'opera prima, ma più che mai, oggi, noi editori dobbiamo saperci aiutare gli uni con gli altri ... ». E Klaus Wagenbach (Verlag Klaus Wagenbach GmbH, Berlin) sventolando un mazzetto di aglio (vero) ha evocato con Il!Oltoumorismo un esorcismo contro i «vampiri». Vampiri sono gli autori troppo complicati e illeggibili, vampiri i prezzi imposti dal mercato. Per George Weidenfeld (George Weidenfeld & Nicolas Ltd., London), il valore della Feltrinelli • non è legato solamente alla scoperta di alcuni grandi autori, come Pasternak per citarne uno clamoroso, ma è nel livello di lavoro. Un lavoro caparbio e costante: «La casa editrice avrebbe potuto atro- • fizzarsi dopo la morte di Giangiacomo, ma è stata salvata anche dallo spirito, dall'esuberanza, dalla tenacia e dall'intelligenza cosmopolita di Inge». Il discorso di Siegfried Unseld (Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main), uno dei pochi interventi scritti e distribuiti ai presenti, conteneva un invito preciso. Così ha esordito: «Noi vogliamo libri pieni di fascino che si vendono a un vasto pubblico affascinato e che si trasformano anche in affascinanti affari. Ma se fosse così il nostro sarebbe un lavoro noioso... Oggi v1v1amo in un'epoca di terra-di-nessuno collocata fra Gutenberg e i video. Appollaiati sui cespugli, spiamo questa terra arida con occhi di lince. Siamo ormai specializzati nel pensare in termini di curve e non di linee rette». Così ha proseguito: «Ritengo che l'editoria non sia in competizione stretta con gli altri media. Oggi però dobbiamo essere forti per potere pubblicare i libri che vogliamo anche a costo di andare contro la ~rrente del momento. Vorrei rinnovare qui una proposta fatta già a Frankfurt: quella di costruire una collana europea. È una proposta politica poiché, rinforzando l'idea di una cultura europea unita, avrebbe lo scopo di combattere le grandi potenze». Una collana dunque di libri uguali in ogni nazione, pubblicati con scadenza mensile. Essi dovrebbero avere, oltre all'immagine grafica coordinata, anche un contenuto «europeo». Unseld ha citato alcuni esempi: un libro sulla rivoluzione francese trattata in senso europeo, un altro sui paesi europei minori o periferici, un altro ancora di analisi dell'intellettuale europeo rispetto a quello operante negli Stati Uniti1. Christian Bourgois (Christian Bourgois, Paris) ha parlato della «frustrazione quasi permanente che tocca a ogni editore: vedere i libri invenduti tornare indietro». Si è fermato sul problema attuale definendolo «una trasformazione nella commercializzazione dei libri» e prevedendo una continuazione del lavoro «dei nostri antenati», anche se «sarà la .TV a determinare il successo di un titolo», ha detto: «Noi editori proviamo un piacere particolare nel pubblicare i nostri libri. Siamo persone di piacere, mondani con gusto e persone di mondo. Dinamici e seduttivi. Del piacere di pubblicare, non ci stancheremo mai». Ignacio Cardenal (Ediciones Altea/Alfaguara/Taurus, Madrid) ha ·illustrato una situazione positiva nei paesi di lingua spagnola. «L'intellettualità è giovane», ha detto in spagnolo, «e, ora, si può collegare alla libertà politica>>. Critico e stimolante l'intervento di Heikki A. Reenpaa (Otava Publishing Co., Helsinki) riassumibile in questi termini: «Il mondo sta cambiando i parametri di giudizio rispetto all'arte, agli ideali, alla morale. Occorre osservare come · mai prima d'ora i cambiamenti si sono tutti svolti simultaneamente. Ogni fatto viene dunque reso più • interessante. Il modo di pubblicare libri e quotidiani è così mutato con la tecnologia che provoca una pericolosa accelerazione dei ritmi. Viviamo in un mondo di «usa e_ getta», dove le persone non si riconoscono più fra loro». E ancora: «Ma la nostra struttura fisiologica non muta: il cervello e la memoria sono inalterati ... Il tempo per la lettura è diminuito, ormai si riduce a pochi minuti al giorno. La gente seleziona le proprie letture in base alle esigenze professionali. Tutti i beni di consumo tendono intanto ad assomigliarsi sempre di più. Un rimedio forse utile da seguire è quello di osservare in modo ravvicinato i cambiamenti chiedendosi sempre il perché di ogni cosa. Diversificare le pubblicazioni, essere presenti in tanti settori è, a mio avviso, importante». Reenpaa ha concluso proponendo un seminario che analizzi la pianificazione delle idee, i diversi utenti sul mercato, le trasformazioni nel sociale. L'intervento di Peter Mayer, dirigente della Penguin Books Ltd., London, era particolarmente atteso dal pubblico italiano presente in sala. Egli, infatti, ha praticamente rivoluzionato e miracolato la Penguin Books che, nel corso degli ultimi anni, aveva subito un notevole declino. Il suo è stato un intervento duro e preciso: «Al centro delle difficoltà bisogna porre il rapporto con i gruppi di potere. L'editoria deve esistere in un ambito di libertà di azione. Non basta più l'intelligenza o la tradizione. Occorre riuscire a lavorare anche contro l'establishment. Abbiamo bisogno di editori forti. Quale qualità può mantenere un editore manovrato da un gruppo di potere? Gli editori grossi hanno bisogno di stabilire buoni rapporti con le case editrici meno grandi. Qui, oggi, celebriamo gli editori engagés che intendono proseguire nel loro impegno, malgrado i media, malgrado i colossi, malgrado i tempi». Come Cardenal, anche Beatriz de Moura (Tusquets Editores, Barcellona) si è detta ragionevolmente ottimista. Nel suo paese i libri di narrativa stanno ottenendo un notevole successo. Questo è un indubbio segno di maturità e di amore per la letteratura. Ha però anche espresso un pensiero inquietante: «Ho un sospetto: siamo forse gli ultimi dei mohicani? La cultura non si trasmette più solo attraverso i libri... ». Giulio Einaudi ha concluso gli interventi della mattina: «4 speranze sono ancora nel catalogo. Dal catalogo si può intuire il futuro. Il nostro lavoro è solitario. O può essere di équipe, oppure strettamente manageriale. Ho sempre lavorato in équipe e ritengo che il fare manageriale inevitabilmente porta a un abbassamento del livello culturale». Inge Feltrinelli ha invitato i presenti ad accomodarsi in cortile per gli aperitivi e la colazione. Gli interventi sono continuati. Michael Klett (Klett-Cotta, Stuttgart): «Amo i libri raffinati, l'ozio, la libertà, il fascino... Il libro rimarrà sempre. Non contiene attualità, ma riflessione». Ivan Nabokov (Editions Albin Michel, Paris) si definisce fra gli editori solitan, fra gli spleen e gli ideali. Tom Maschler (Jonathan Cape Ltd., London) si interroga sulle nuove generazioni di amanti dei libri, sugli editori futuri: «Abbiamo degli eredi?». La giornata veniva conclusa da un ulteriore intervento di Rowohlt: «Qui siamo una sola grande famiglia che vive il suo amore, il suo ideale... Lasciamo che il commerciale fra di noi si esprima a Francoforte ... » seguito da Mathew Evans: «Il libro rimane il centro della vita culturale». Nota (1) Unseld, intellettuale e dirigente nell'editoria (come in Italia Bollati, Tagliaferri e Forti), con Enzensberger tentò, attorno al '60, di fondare una rivista europea; il tentativo, a cui lavorarono anche Nadeau, Barthes e Blanchot in Francia, Vittorini, Calvino e Leonetti in Italia, non riuscì. (Gli atti e i testi sono nel n. 7 della rivista // Menabò, Einaudi, Torino, 1964).

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