Alfabeta - anno VII - n. 79 - dicembre 1985

della natura attraverso la bellezza materiale», secondo la «grammatica» di Alois Riegl), mentre il secondo riporta l'immagine ad un valore più strettamente concettuale, quasi alfabetico («L'arte come miglioramento della natura attraverso la bellezza spirituale», sempre riprendendo Riegl). Molti sono i dati e le considerazioni avanzate da Gombrich in queste conferenze, dedicate alla rappresentazione del gesto ritualizzato, del movimento sul piano . fisso dell'immagine, dell'espressione e della narrazione nella comunicazione pittorica. In molti saggi ricorre e si ripresenta il percorso particolare tramite cui Gombrich giunge (e ci fa giungere) all'iconografia, ossia al punto dell'intelligibilità e della significatività del motivo visivo. La «questione di che cosa, nel mondo, faccia parte della natura e cosa invece sia convenzione», è problema antico che l'autore rintraccia sin dai dialoghi platonici, e nel parallelismo della ricerca critico-artistica e filosofico-scientifica ci si trova di fronte al fantasma dell'iconismo che, sul versante più schiettamente teorico e generale, è quello del1' equivalenza tra mondo naturale e rappresentazione, o della somiglianza o dell'analogia tra immagine e realtà. Qui interviene tutta l'esperienza intellettuale inglese di Gombrich e in particolare il suo debito verso il «falsificazionismo» epistemologico di Popper, che permette allo storico dell'arte di evitare le trappole semplicistiche dell'illusionismo naturalistico per affidarsi viceversa agli statuti procedurali che rendono intelligibile un'immagine (quasi) al pari di un esperimento scientifico, che circonda la realtà grazie ad «una approssimazione per errore». Il mondo realistico dell'immagine (il suo iconismo, la sua pre- • gnanza iconografica) risulterebbe, così, tanto più rappresentativo quanto più in grado di «falsificare» dentro un codice gli elementi del reale, e «l'arte occidentale non avrebbe elaborato le speciali illusioni del naturalismo se non si fosse scoperto che l'inserimento nell'immagine di tutti gli elementi che nella vita reale ci servono a scoprire e a verificare il significato, consentiva all'artista di fare a meno di un numero sempre maggiore di convenzioni». Al di là di questa sottoscrizione decisa dell'illusionismo prospettico e della lezione che ci proviene dal plasticismo «scorciato» classicoche rivelano la realtà celandone sempre più segmenti, ecco che emerge a tutto tondo l'apprendistato laboratoriale e popperiano di Gombrich. Ormai, il criterio di verità non può che essere inteso come un risultato dentro un campo di varianti prestabilite, siano esse i criteri sperimentali di un laboratorio di fisica oppure i principi prospettici di una pala rinascimentale. Ma, anche sul versante scientista del1'analisi gombrichiana, non mancano le critiche e, se per gli storici dell'arte più squisitamente affezionati alle cronologie artistiche l'autore pecca per difetto di distinzioni tra generi e maniere e variazioni sugli stilemi, per gli. sperimentali della visione egli è ancora legato per eccesso al significato come tradizione e trasmissione. Così Amheim, nel suo Il potere del centro ( edito da Einaudi) in chiara contrapposizione a Gombrich sostiene che «la configurazione delle forze visive create dal nostro pattern compositivo deve riflettere in modo tanto essenziale la condizione umana, da risultare accettabile come simbolo universale che s'incarna in ogni altra teoria d'arte visiva... Il pattern visivo non è stato imposto all'arte da una qualche tradizione culturale» poiché «le tradizioni stilistiche influenzano invero i modi in cui un pattern viene applicato: alcune lo manifestano in modo evidente, altre lo celano; ma non lo creano». N on c'è chi non veda e non senta le crepe e gli scricchiolii di siffatta fiducia ontologica e scientista, ma essa basta a mettere in risalto la funzione vare oggi sul mercato. Per il momento basta segnalare come, in questa vasta ricognizione logica e storica del problema, si giochi con fine intelligenza sulla doppia valenza della decorazione (ma meglio sarebbe dire del «decoro»): seguendo quella che Popper ha definito la «teoria della mente come lampada» contrapposta a quella dell'«occhio innocente» o della «mente come recipiente», il valore raan1ma ec a Mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale Càmpagna abbonamenti 1986 A chi si abbona entro il 31 dicembre 1985 in omaggio una litografia a colori in edizione esclusiva e numerata formato mm. 430 x 290 Abbonamento per un anno ( 11 numeri) Lire 50.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Via Ca posi le 2, 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 EdizioniIntrapresa di punto tra storiografia e psicologia che Gombrich ha tentato e tenla di esplicare. E tale funzione risulta al meglio assolta in quella che (per chi scrive) è forse la più seria, nuova e affascinante avventura di studio del grande pensatore viennese: // senso dell'ordine. Molto andrà ancora detto su questo fondamentale libro, il più coerente e intelligente sul problema dell'ornamento che sia dato di trodel decoro corre su un doppio binario: il primo è quello che vede l'ornamentazione come segno formale che dichiara intenzionalità (la regolarità del segno umano, ma anche la ripetitività della morfologia naturale), mentre il secondo è quello che con la forma può dichiarare una realtà simulandola (l'illusionismo secondo una convenzione figurativa, l'ornamento come possibilità di falsificare un oggetto pur vero). Tra questi due poli riemerge la contrapposizione tra un atteggiamento morfologico (e quasi «classico») che guarda alla materia e alla struttura come portatrici in sé di forma, e un secondo atteggiamento che all'immanenza della forma sovrappone una dislocazione «impertinente» dell'illusione. Abbiamo da una parte la cupola brunelleschiana e dall'altra'le volte affrescate da Pietro da Cortona, oppure troviamo la morfologia dei fiocchi di neve o la loro simulazione nel «punto neve italiano» applicato ad un tessuto secentesco. Tra forma come intenzionalità, riconoscibilità, e falsificazione figurale, corre anche il dibattito storico in architettura, da Vitruvio ali' Alberti, dal Milizia a Loos. Il decoro oscilla continuamente, secondo Gombrich, secondo i criteri della verità falsificabile, e pare di scorgere nei vari saggi un continuo passaggio di testimone tra un'estetica della morfologia (classica, rinascimentale, modernista) e un'estetica dell'illusione (tardo-classica, barocca, ottocentista ed eclettica). Storico e psicologo, certamente l'autore del Senso de/l'ordine può prestare il fianco agli ottimistici appunti neoscientisti o alle sottili specificazioni di una cronologia artistica che con la sua ricchezza fonda la molteplicità delle carriere accademiche. Resta comunque, quella di Gombrich, una rara lezione d'erudizione e, probabilmente, una delle ultime grandi biografie intellettuali dei nostri tempi, e i suoi libri dicono molto delle tradizioni figurative poichè esprimono molto della tradizione intellettuale che ha preparato l'avvento in Austria e gli sviluppi in Inghilterra della via gombrichiana alla visione. Progetto Cultura è il nome del nu~vo rapporto di comunicazione tra Montedison e la società. E un programma organico ispirato dalla ricerca e proiettato sull'informazione e sulla formazione. Con il Progetto Cultura, Montedison apre alle nuove generazioni il proprio sapere scientifico e tecnologico, integrandolo con ! più prestigiosi contributi della conoscenza contemporanea. E in questo quadro che si sono inserite le «Letture Nobel» dell'autunno, recentemente avvenute nella sede centrale milanese della Montedison - Foro Buonaparte 31, che qui di seguito presentiamo. Il ruolo dell'idrogeno e dei metalli nella sintesi dei composti organici Sintesi delle conferenze del professor Geoffrey Wilkinson I metalli «di transizione» e i loro composti sono il tema delle conferenze, a Milano e Venezia, del professor Geoffrey Wilkinson, premio Nobel 1973per la chimica. L'importanza di questi particolari metalli risiede non solo nel fatto che essi consentono determinate reazioni chimiche, ma anche nel loro valore di modelli quasi creati «ad hoc» per consentire al ricercatore di meglio comprendere tutte quelle reazioni chimiche che coinvolgono l'utilizzazione dell'idrogeno. Per quanto riguarda la prima funzione, bisogna ricordare infatti che molti composti organici, tra cui l'alcool metilico, l'alcool etilico, il glicole etilenico, gli intermedi per la produzione di detersivi e resine, vengono· prodotti in grandi quantità dall'industria chimica mediante l'utilizzo dell'idrogeno. Questo gas viene usualmente prodotto dal cosiddetto «gas di sintesi», cioè da una miscéla di idrogeno e ossido di carbonio che si ottiene bruciando in opportune condizioni il metano o altrHdrocarburi più pesanti (etano, propano, butano ecc.). Queste reazioni, che comportanç>l'utilizzazione dell'idrogeno, devono essere facilitate (o, come più correttamente si dice, catalizzate) dalla presenza dei cosiddetti «metalli di transizione». In genere si utilizzano metalli come ferro, nichel, cobalto, cromo, ma spesso bisogna ricorrere a metalli preziosi (platino, rodio, rutenio, iridio), che generalmente vengono adoperati in soluzione sotto forma di opportuni composti solubili. Il catalizzatore di Wilkinson, per esempio, è una sostanza contenente rodio, un metallo prezioso dai molteplici usi nell'industria chimica, che può trovare impiego anche nell'industria farmaceutica per la produzione di farmaci, steroidi ed altri composti ad altissimo valore aggiunto. Gli studi in questo settore hanno quindi la possibilità di ottimizzare i processi chimici usati nel- . l'industria, con notevoli benefici di natura economica, ambientale, energetica. Organizzate nell'ambito del secondo ciclo delle «Letture Nobel» in onore di Gitllio Natta, inventore del polipropilene, le conferenze del professor Wilkinson fanno parte del Progetto Cultura varato dalla Montedison per celebrare i suoi cento anni di vita. Mezzo secolo tra atomi e nuclei Sintesi della conferenza del professor Emilio Segrè «Cercherò qui di dare un'idea di come mi è apparsa via via la fisica durante i cinquant'anni della mia carriera. È una visione personale, ma ha il vantaggio di provenire da un testimone che ha avuto occasione di osservare l'azione da vicino e anche di parteciparvi». Con queste parole Emilio Segrè ha aperto la conferenza («Mezzo secolo tra atomi e nuclei»), che ha inaugurato le «Letture Nobel» 1985, nell'ambito del Progetto Cultura Montedison. Dopo aver descritto lo sviluppo della fisica alla fine della prima guerra mondiale, Segrè ha ricordato l'importanza del congresso internazionale di Como, nel 1927:«si può dire che in quella occasione la mee:canicaquantistica fosse ufficialmente inaugurata». È in quel periodo che Segrè entrò a far parte del ristretto gruppo di «studenti-amici» che si raccolse intorno a Enrico Fermi. In breve, la «scuola di Roma» acquisl un'importanza crescente anche sul piano internazionale. Segrè ha accennato al lavoro di quegli anni: «avevamo la sensazione che lo studio dell'atomo fosse un'azione di retroguardia e che la meccanica quantistica avesse prodotto un tale sfondamento che era ormai necessario concentrarsi su soggetti con una nuova fenomenologia, e tra essi si offriva come primo il nucleo». Segrè ha descritto i grandi cambiamenti che caratterizzarono la fisica all'inizio degli anni Trenta, indicando le tappe più significative di quel periodo. L'oratore ha ricordato gli avvenimenti del 1931, quando cinque importanti scoperte tra cui quella del neutrone «cambiarono la direzione dello studio del nucleo», e si è soffermato sul 1933, quando Fermi scoprì l'interazione debole, e quindi sul 1934, quando I. Curie e F. Joliot ottennero nuovi isotopi radioattivi. In quest'ultimo anno il gruppo di Fermi fece un'importante scoperta: i neutroni lenti. , Nella seconda metà degli anni Trenta, le vicende della comunità scientifica internazionale cominciarono a intrecciarsi con drammatici avvenimenti storici. Mentre si trovava a Berkeley, • all'Università di California, Segrè venne privato della sua cattedra universitaria a Palermo e decise di continuare il suo lavoro in America. Nel frattempo, nuove scoperte mutarono in modo significativo il panorama scientifico: «Fermi ricevette il premio Nobel- ha ricordato Segrèproprio nei giorni in cui Hahn e Strassman stavano scoprendo la fissione e subito dopo parti per l'America. Era giunto da pochi giorni a New York quando senti la mirabolante notizia del lavoro di Hahn e subito iniziò l'opera che si concluse il 2 dicembre 1942 con l'avviamento del primo reattore nucleare a Chicago». Nel racconto di Segrè seguono gli anni di Los Alamos e gli avvenimen'ti del 15 luglio 1945, quando si realizzò la prima esplosione nucleare. Descrivendo l'immediato dopoguerra, Segrè ha commentato le trasformazioni che intervennero nel mondo della ricerca: «C'era di nuovo un certo numero di scoperte puramente scientifiche, ma gli sviluppi tecnologici erano più importanti». Indicando i nuovi campi di studio, l'oratore ha precisato che «si prospettava la possibilità di iniziare l'esplorazione di un nuovo strato nella struttura della materia scendendo dai nuclei alle particelle». Segrè ha poi ripercorso le tappe di questa esplorazione, dalle ricerche sui raggi cosmici, alle nuove opportunità aperte dagli acceleratori («il mondo subnucleare esplorato con le macchine e con le nuove camere a bolle rivelò presto una ricchezza inaspettata che richiedeva urgentemente una classificazione»). La testimonianza di Segrè su questo periodo è di importanza fondamentale perché egli stesso e il suo gruppo diedero un rilevante contributo con la scoperta dell'anti-protone nel 1955. Nella parte conclusiva della conferenza, Segrè ha illustrato il quadro delle ricerche sulle particelle elementari cosi come emerge dalle teorie proposte negli anni successivi è dalle verifiche sperimentali fatte in seguito, comprese quelle più recenti realizzate al Cern di Ginevra.

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