Alfabeta - anno VII - n. 79 - dicembre 1985

A questo confronto si presta il volume di Castellana, che riconosce la crucialità dell'interazione dialettica tra scienze e filosofiee tenta di proporre, con la formula di una epistemologia materialistica debole, una soluzione teorica al conflitto. Innanzitutto Castellana fa propria la negazione bachelardiana della filosofia quale variabile giustapposta al concreto operare scientificoe, distanziando la riflessione di Bachelard da quella di un filoso/ o-lettore quale - a detta di Desanti - fu il suo maestro L. Brunschvicg, la definisce come «epistemologia della fisica-matematica degli anni '20-'30, emersa nei lavori di Heisenberg e soprattutto di Dirac» (p. 21). Su questo piano l'analisi, dettagliata, e già in parte svolta nel saggio ricordato apparso su Il Protagora, perviene a risultati, credo, incontrovertibili. Il carattere unitario della fisicamatematica, mutuato già da Riemann e da Einstein, la centralità epistemologica riconosciuta alla meccanica quantistica tramite Heisenberg (principio di indeterminazione), Fréchet e Destouches (teorie sugli spazi astratti) e soprattutto Dirac (teoria dello spin e sintesi tra meccanica relativistica e quantistica), la prospettiva costruttivistica e micro-epistemologica, sono esiti interpretativi comprovati. Come pure interessanti appaiono le indagini che Castellana avvia· con il confronto convergente con l'epistemologia di Reichenbach (pp. 33-35), e con lo scenario di un incontro mancato tra Bachelard e Boltzmann, così vicino al primo per la portata radicalmente innovativa della sua fisica-matematica (pp. 41-56). Vintento di Castellana non è però soltanto ricostruttivo: l'opzione per una epistemologia materialistica debole assume profondità nella presentazione delle riflessioni di Desanti, alla quale è dedicato il II capitolo del libro (già apparso, con lievi modifiche in Nuova Corrente, XXX, n. 90-91, 1983, pp. 173-204), e di P. Raymond, che occupano il III capitolo. L'epistemologia di Desanti è decisiva per Castellana, perché permette di individuare una linea di continuità che - tramite approssimazioni e radicalizzazioni successive - convalida la proposta bachelardiana. Desanti ha inaugurato un'epistemologia regionaly e sperimentale delle matematicpe che intende riconoscere archeologicamente,. dall'interno, le forme in cui la filosofia ha operato un surrettizio processo di interiorizzazione delle pratiche ,matematiche. Tale radicalismo anti-filosofico, presente con connotati. simili nel1' «epistemologia critica' in senso materialistico» di Raymond, ·conduce a vedere l'epistemologia come una soluzione alla conflittualità di lunga durata tra scienze e filosofie. Desanti prospetta per l'epistemologia un programma debole, che comporta l'eliminazione dall'interno delle scorie filosofiche delle teorie scientifiche, una loro descrizione genetica e una attenzione critica alle devianze ideologiche. Da parte sua, Raymond propone iniziative di smascheramento che devono comportare - secondo l'insegnamento di Althusser - l'annullamento dell'«ideologia spontanea» degli scienziati, così diffusa nei momenti di cns1. «L'epistemologia francese con Bachelard, prima, e con Desanti e Raymond, dopo, a cui bisogna aggiungere },'apporto decisivo di Georges Canguilhem, sfocia quindi - può concludere Castellana - in un radicalismo antifilosofico, dato che il suo compito prioritario è quello di fare emergere i metodi, le procedure, tutta la ricchezza conosçitiva e i contenuti oggettivi del pensiero scientifico sul terreno storico co'ntro le teorie della conoscenza elaborate dalle filosofie •che deformano i programmi di ricerca, denunciando l'estrema frammentazione e specializzazione delle conoscenze scientifiche in nome di principi astratti» (p. 149). Tale proposta solleva due ordini di questioni, uno sulla caratterizzazione del pensiero bachelardiano, il secondo sulle funzioni attuali dell'epistemologia. Impossibile rispondere, se non per accenni. Propendere per la «bulimia di lettura» ricordata anche da Mansuy (e con lui da J. Hervier, M. McAllester, J.-C. Margolin, i cui saggisulla Revue de Litt. Comp. - valorizzano il carattere sovversivo del1' umanesimo bachelardiano, la sua permanente rivoluzione culturale) comporta la negazione de Il'immagine, di certo non suffragata da prove, dell'epistemologo da laboratorio, e permette di evidenziare maggiormente condizioni e limiti di una ricerca etica e stilistica del tutto singolare e per questo motivo classica, sempre attuale. In secondo luogo, affidare all'epistemologo il ruolo, scomodo e ingrato, di tutore della pratica scientifica e di difensore armato della purezza progressiva delle scienze non comporta soltanto una ingiustificata assunzione di potere, ma soprattutto l'incomprensione della direzione presa dalle nuove forme di sapere, sempre più attente a non rigorizzare i fenomeni, a immergersi nelle dinamiche complesse dei flussi, a gestire in prima persona un discorso la cui specificità epistemologica, scientifica o letteraria è divenuta indiscernibile. In questa direzione (ma solo in questa) il silenzio su Bachelard coincide con il tramonto delle epistemologie. Gliinnamoratdi ellascienza Ludovico Geymonat Lineamenti di filosofia della scienza Milano, Mondadori, 1985 pp. 170, lire 22.000 Scienza e filosofia. Saggi in onore di Ludovico Geymonat a cura di Corrado Mangione Milano, Garzanti, 1985 pp. 860, lire 45.000 D ue giorni di convegno, 17-18 giugno, nell'aula 113 della Statale di Milano, per un «maestro» tra i pochi, tra gli ultimi: Ludovico Geymonat, che ha terminato due anni fa il proprio insegnamento. Il convegno è stato promosso da Scientia, la prestigiosa rivista fondata da Enriquez neJ 1907, che ha mantenuto in Italia un pensiero e una ricerca rigorosamente scientifici che datano dal Cinquecento e dal Seicento, e che ha costituito un modello culturale alternativo allo storicismo, anche marxista. Scientia è perciò contemporaneamente un luogo vivo e di tradizione, diffidente verso le mode, le rapide conversioni, i teorici improvvisati o distorti dal successo dei media: lavora lenta, sedimenta, come fanno gli organismi animali e vegetali nelle profondità. Il convegno ha un titolo con un proposito suggestivo, «La realtà ritrovata», e ha visto la presenza degli storici e teorici della scienza in Italia da Montalenti a Paolo Rossi, da Pasquinelli, Agazzi, Cappelletti ,agli allievi Casari, Mangione, Bellone, Giorello, Tagliagambe, Quaranta. E c'erano all'ingresso due grossi libri, Scienza e filosofia, dedicato a Geymonat, e di lui l'ultimo libro ora uscito, Lineamenti di filosofia della scienza. È emerso nel convegno, ed è riscontrabile anche nel volume teorico complessivo di ricerche che onorano Geymonat, che ciò che ha dato il tono all'incontro è l'ammissione che il carattere fondamentale del lavoro geymonatiano risiede in un'opera di diffusione culturale e di mediazione tra la componente neopositivistica, e quindi convenzionale, e quella «realistica». Questa mediazione, in cui si inscrive la peculiarità e la paradossalità della ricerca geymonatiana, è stata riconosciuta come da lui stesso «non riuscita» già in interventi che hanno preceduto il convegno. I percorsi si sono quindi differenziati e fatti plurali fino ai limiti della non-comunicazione e la ricerca dello stesso Geymonat ha accentuato la componente realistica strutturando un proprio riferimento teorico e politico al marxismo. Decisivo - e, mi pare, anche riduttivo - è che Geymonat si definisca entro la cultura più che entro la ricerca. Infatti, attualmente, non appare più chiara neppure la definizione della scienza o meglio, al plurale, delle scienze, essendo venuto meno ogni tessuto connettivo e unitario e mancando ogni progettualità in tal senso (se non quella geymonatiana appunto). Al convegno dunque non vi è stato confronto, dibattito, ma pluralismo, posto come positivo. Eleonora Fiorani Ognuno ha portato il suo discorso quasi senza impatto. L'impatto è stato riservato all'altro della scienza; non senza antiche memorie. Strano effetto e strana reazione da campo assediato e da «innamorati» innanzitutto della scienza, col senso di una guerra che non è stata vinta, anche se si sono vinte tante battaglie e il pensiero scientifico non è certo marginale neanche in Italia. •E ora, anche in generale, il dibattito epistemologico pare inceppato, arenato in un punto morto, in cui la peculiarità della ragione o delle strategie scientifiche ha perso non solo splendore, ma la credibilità e la propria differenza. F orse di questo occorreva parlare, alla luce proprio del magistero di Geymonat che, nonostante i riconoscimenti giornalistici e verbali, è oggi un personaggio più che mai scomodo, che si tenta di emarginare: lo si avvertiva nel silenzio, al convegno, sulla politicità del suo lavoro e delle sue scelte e sulla valenza di progettualità culturale globale che le caratterizza. Esamino, curiosa, il suo ultimo testo. Mi sorprende il titolo Lineamenti; un titolo marxiano; ma c'è anche nel giovane Engels. Mi urta la presentazione, una «summa», il manuale. Temo il ripetitivo, temo che sia una esposizione, lucidissima magari, ma morta e sterile rispetto al vivo• della ricerca. Non è così: non è una «summa», parola così infelicemente tomistica: Ludovico non vive ancora di rendita: ne sono felice. I Lineamenti sono per un lettore attento un piccolo gioiello, un testo esemplare. Il complicatissimo e sofisticatissimopercorso teorico scientifico è fatto emergere, nei suoi nuclei fondamentali, con essenzialità e purezza teorica esemplari. Tutto scorre limpido; paradossalmente, tutto appare semplice e facile attraverso la trama delle definizioni, gli spostamenti concettuali e categoriali che hanno sconvolto le nozioni di esperienza, di dimostrazione, di verità, di scienza e di cultura, e che hanno cambiato il modo di vivere se stessi e il mondo, oltre che il modo di pensare. È il testo di una ricerca ancora lucidissima, che si colloca all'interno di una progettazione in atto, culturale e globale. La ricerca di Geymonat si pone sempre all'interno di un modello di politica e teoria culturale, ed è perciò stesso urtante e scandalosa, in tempi di rinuncia e di chiusura. Colgo in trasparenza i punti nodali su cui si sta innovando il suo discorso, colgo gli spostamenti, le traslazioni apparentemente lievi, in realtà qualificanti perché riformulano le nozioni di verità e di realtà e si accostano ulteriormente alle tematiche della storia sociale e umana. Riconosco, dentro l'apparente sistematicità, il rovello sottile, arguto, corrosivo, che continuamente ritorna a interrogarsi, a dissolvere le certezze e a tessere le maglie della concettualità teorica per captare la materialità dura su cui si esercita la nostra esperienza. Ecco in un passaggio la polemica sul carattere solo ipotetico della scienza, l'insistenza da parte .sua sulla dimostrazione: «Se i risultati della scienza non potessero oltrepassare il livello delle ipotesi, ciò significherebbe che potranno sempre venir falsificati e perciò abbandonati, ma non altro. Al contrario, affermare che essi potranno venire dimostrati veri di verità relativa significa che potranno sem- 00 pre venire completati, perfeziona- ~ ti ed eventualmente corretti, ma -:i che verranno a buon conto conser- ~ vati pur nei loro limiti» (p. 108). ~ Dunque, solo ponendo la dimo- ~ strazione si dà ancora «verità» e ~ «realtà». Certo si tratta di una ve- ~ rità relativa, mossa, fluida, conti- -~ nuamente in discussione e in tra- ~ stazione, è una verità «incerta» ~ potremmo dire, paradossalmente, s.: e per di più priva di un solido cri- ~ terio di verità e purtuttavia capace l di emergere da una pluralità di cri- ~

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