Alfabeta - anno VII - n. 79 - dicembre 1985

che preoccupa anche me. Io ho pensato che si trattassesolo di Chlebnikov, e l'ho contrapposto a tutta la correl'}te,perché non ne avevo trovato traccia in Majakovskij. E probabile che io abbia torto. C'è anche la Guro (18 ) ed altri ancora. Non era necessario separarlo dalla corrente, e comunque ciò si poteva fare senza ricondurlo al denominatore Majakovskij. (. ..) Sono un po' confuso, non ho- lavori importanti da fare ed ho paura che mi sia disabituato a lavorare sulla storia e sulla teoria. Allo stesso tempo, non mi appresto affatto a diventare romanziere. lo, come sai, sono contrario allo stile monumentale in tutto. Guardo ai miei romanzi come a saggi di fantasia scientifica, e basta. Penso che la bellettristica basata su materiale storico adesso passerà presto, e che ci sarà una bellettristica basata sulla teoria. Da noi inizierà un'epoca teorica. Non saremo stanchi? (... ) Sono molto annoiato e seccato, mio dolce Vitja. Ho paura di pensare alla noia che cresce, crescerà e che l'anno prossimo sarà già del tutto vecchia. Ti bacio forte, caro. B. Ejcbenbaum a V. Sldovskij Tuo Jurij. (28 aprile 1929) Viten'ka! Ho ricevuto subito due tue lettere: una a macchina e una a mano, letteraria l'una, «letterario-quotidiana» l'altra. Su una di queste, al posto del solito timbro, sopra il francobollo è stampato uno slogan: «Non insudiciate i campi, seminate con grano selezionato». A cosa è diretto, alla campagna per la semina, alla letteratura contemporanea, a te o a me? In tutti i casi, è un fatto significativo, soprattutto quando la lettera viene spedita da un letterato a un altro letterato. Suona come un'epigrafe. Caro! Komarov è un libro notevole, e Tolstoj è un libro straordinario per s(ngoli capitoli e brani, ma i ancora più straordinario per Sklovskij, per la lotta di Sklovskij con Tolstoj senza nessun timore e gli dà pacche sulla spalla (vedi note 2 e 3). Tolstoj pensava molto, certo, più di quanto non leggesse. Che vuol dire «uomo centrale per il suo tempo»? Cernysevskij, Turgenev, erano uomini senz'altro «centrali» e conoscevano e sapevano moltissimo. Tolstoj era più complesso, più furbo, più grande per natura, si preparava a 60 anni di lavoro. Negli anni '50 e '60 egli è certo «laterale»,ma non solo. Egli cerca il potere, e non la letteratura. No, egli non è «un nobiluccio». (. ..) Ma vivere è certo difficile, anche solo di letteratura è difficile vivere. Di nuovo parleranno male di me in diversi luoghi: mi presento al pubblico, perché star seduto nello studio, come ho fatto per un anno e mezzo, non posso più. Voglio guardare alle mie spalle. Jura si è rinchiuso, circondato dai libri, vive d'immaginazione, d'orgoglio e d'iro-' nia. Tu sei più complicato. Tu avverti la tensione del tempo, e ti sforzi di far pressione su di essa, sei una specie di Tolstoj. Gli idioti si stizziscono fino a farsi venire la bava alla bocca. Sono terribilmente indispettiti da te anche a Mosca. Si lamentano di te come di uno scherzo del destino, perché sentono il tuo respiro nell'aria stessa. Vengono a scuola da te per imparare ad insultarti. Tu li disturbi nel vivere. Quando prendi il tempo sottobraccio, essi si stizziscono ancor di più, perché sono gelosi. A te e a Jurij si avvicina la maledetta età puskiniana, mi duole molto per voi. Tolstoj se ne liberò grazie a Guerra e pace e Jasnaja Poljana. Per Jurij ho paura, per te, meno, sebbene lui possa essere sorretto da~'orgoglio e da~'ironia, mentre sotto questo aspetto per te è più difficile, perché tu sei un fanatico, e non solo un ebreo russo, ma anche un tedesco russo. Tu hai il sangue che ti bolle nelle vene, mentre a Jurij, gli si rapprende. La mia fortuna è di essere caduto nei vostri anni nel pieno della rivoluzione, e di aver scritto alla sua luce Il giovane Tolstoj (' 9) (.••). Bisogna risolvere il problema del comportamento. Bisogna incontrarsi per benino quest'estate. C'è ancora più da fare che nel metodo formale. (... ) Sono stanco. Le due di notte. Il naufragio del lavoro. Ti bacio e ti penso. • Tuo Borja. V. Sklovskij a Ju. Tynjanov (febbraio 1934) Caro Jurij! Non ci vediamo da mezz'anno. Majakovskij diceva che i cavalli non muoiono mai suicidi perché non sanno parlare e non chiariscono mai i rapporti. Al telefono, evidentemente, essi dicono di essere occu- ' pati. I fiumi, amico, sono dolci. La Volga sfocia nel mar Caspio, ma il mar Caspio è salato. Nei fiumi c'è un po' di sale, salinità, che la bocca non avverte. I fiumi dolci portano il sale a mare. L'acqua evapora, il sale resta. Dalla salinità degli o-:eanisi stabilisce l'età della terra. La nostra amicizia è vecchia e salata. L'acqua primaverile, acqua di neve, non sala i fiumi. I fiumi sono salati dall'autunno. Molto si è accumulato, e il meglio è in quel sale che ora noi mangiamo, il nostro disaccordo letterario. Con la voce del cavallo, che chiacchiera anche se non dovrebbe, ti posso dire che se ho dei nemici, allora oggi possono dormir trgnquilli, perché io non valgo molto. Non sono d'accordo con te letterariamente. Dal giorno in cui ci siamo incontrati, non sono d'accordo con te. Due linee, probabilmente, sono presenti nell'arte. Tu pensi una letteratura che perdura, sei un arcaista, e come un arcaista percepisci Majakovskij, Chlebnikov. Il lavoro degli storici della letteratura in questo contesto somiglia a un qualche gioco, diciamo il tiro alla fune, quando mettono la gente alla prova, la prendono nel proprio campo e poi, dispostisi in fila, guardano chi è il più forte. Futuristi non ce ne sono, i rapporti con loro sono stati chiariti. Io posso uscire, a guardare gli amici insieme ai quali ho lottato; in piedi non ce ne sono, ce ne sono di morti, altri, giacendo, giocano probabilmente a ventuno (gioco di carte, ndr.). Un palazzo con le colonne copre la mia terra, l'Accademia pubblica libretti. Il classicismo vince. • Mendel'stam Osip Emilevic sa di essere nemico di Chlebnikov. Belyj Boris Nikolaevic lo sapeva. La tua edizione di Chlebnikov questo lo nasconde, dà false genealogie, spegne l'ostilità futura ('5). Amico, io non sono affatto d'accordo con i tuoi libri, e so perché il mio tempo li ama, e so che in essi c'è del buono, ma non sminuiremo il nostro contrasto, ·né ridurremo le dimensioni del nostro disaccordo. Noi non siamo d'accordo non perché alcuni di noi sono buoni, altri cattivi, non perché non è simile la misura del nostro talento, non perché alcuni di noi sono giornalisti, altri scrittori, non perché le nostre malattie sono diverse, non perché abbiamo litigato a causa dellej,onne, non perché spieghiamo differentemente il segno tra noi e il tempo, non perché riceviamo in modo differente gli ospiti infamiglia, ma perché noi siamo linee differenti di cultura, e all'interno dello stesso gruppo, della stessa formalizzazione, noi eravamo se non proprio dei compagni di strada, allora, diciamo, cemento e ferro della stessa costruzione. E siamo stati distrutti. (. ..) Tu non sei nel giusto cancellando il cammino di Chlebnikov, la sua particolarità, facendo del suo destino solo un errore, creando un unico cammino, un'unica maniera di vestire. Mi pare fosse Spet che, mi pare, fece in Byron una chiosa alla parola coccodrillo, nominando questo coccodrillo in latino. V. Sklovskij a Ju. Tynjanov (fine del 1935) Caro Jurij! Passano le isole Azzorre (2°), e in generale esse azzurreggiano soltanto. C'è odore di cucina, e delle isole Azzorre in genere si sa solo che sono passate. I miei rampolli, trovando brani e frammenti, mi rimprovereranno di aver scritto poco, eppure io ho scritto molto, ma in nessun modo mi son potuto avvicinare ahavolo, me ne separava un intero lago d'inezie. Le inezie ci hanno infastidito e ci infastidiscono, ciascuno di noi a casa ha un piccolo lago salato con vento e conchiglie. Ed ecco noi quattro, che siamo tre. (. ..) Romka è giovane, come la neve sciolta del futurismo, egli è molto grande, puro, eppure è lontano. Scrivo in camera con. la porta socchiusa, e il telefono squilla continuamente. Come fai tu a lavorare e a fare romanzi con il telefono, non si sa. (. ..) Verrà prima o poi il giorno in cui serreremo la porta, emigreremo dalle inezie e io scriverò un libro sulla letteratura contemporanea, su di me, su di te, su Majakovskij, Zoscenko, Pasternak. Tu scriverai un libro su Puskin. (... ) E nonostante tutto è un sollievo che si possano scrivere lettere, ed è un peccato che tu non mi risponda. (. ..) Scrivo a lungo, perché ora è necessario scrivere non per se stessi. Agito la zampetta. Ho letto Le notti' in villa di Gogol. Il mio Fedotov (2 1 ) è in composizione. Mi preparo di nuovo a scrivere novelle. Spero di vederti prima di gennaio. V. Sklovskij a B. Ejchenbaum (10 dicembre 1946) Caro Borja! Ho ricevuto la tua lettera. Sono stato a lungo indeciso se scriverti o no. Io non posso pensare a Nikita (22). Quando penso a lui tutto intorno è insignificante e morto. Io vivo. Una volta scambiai tutto per la famiglia. Mio figlio non è più. Mille volte provo e rimodello la vita per non farlo trovare lì, nella Prussia Orientale, presso Koenigsberg, dove una scheggia lo raggiunse. Io ti posso rispondere solo con il pianto. (... ) La nostra generazione non c'è già più. Scrivo, ma non lavoro. Ho finito le minute per una teoria de.Jsoggetto. Giacciono sul tavolo. Ho dato un'occhiata a Cechov. Ma non ho forze, ed è più lieve star seduto, le braccia appoggiate sui gomiti. I pensieri sono chiari. Posso tutto, ma non ne ho voglia. ( ... ) E così, ecco la piatta riva della vecchiaia. Il mondo non l'abbiamo rifatto. La nostra voce è diventata troppo forte per la gola. Parlarefa male. Ti bacio, mio caro. Bacio tutti i nostri morti. Continueremo a vivere. (. ..) Iraklij è malato (21 ). Ha avuto la sepsi. Roman è in America, torna a Praga. Quelli che mi sono intorno sembrano spesso dej cappotti vuoti. Arrivano e rimangono su~'attaccapanni. E arrivata El' za Trio/et (24 ), vecchia e famosa. Ti bacio. Ti bacio forte. La vita è stata lunga. (. ..) Quante persone son passate. Come ci è caro il nostro tempo. E quanto caro l'abbiamo pagato. (... ) V. Sklovskij a B. Ejchenbaum (17 marzo 1954) Cara, dolce quercia canuta! (... ) Visto che ora ho tradotto nazidanija di Abaj (25), avrò un tono cosacco e didascalico. Le querce invernali non perdono le foglie fino a primavera: esse stanno dritte nella brina e nel pallore come se fosse nel cotto, nell'oro. Ecco, così·sta Ejchenbaum vicino al giradischi. Somiglia pure a un grillo canterino, fatto d'acciaio inossidabile. Lasciamo stare i cosacchi. . Borja, in un saggio introduttivo proporre una nuova metodologia, o determinare uno schema generale del/'andamento della letteratura russa di quel tempo, non è possibile. Bisogna scrivere un saggio introduttivo e metterci delle mezze paginette di intelligenti precisazioni, non accessorie né personali (2 6). Polonskij se ne andò nel Caucaso, andò lì, dove c'erano i deportati, non perché fosse un deportato e non perché fosse un cicikov con sete di guadagni. Non è neanche un assessore di collegio della letteratura (2 7 ), che nella letteraturastessa non trova il suo posto, e cede geograficamente il posto a un altro; se va in esilio per rimanere se stesso. La lineaprincipale egli la capisce, ma confusamente. Ed ecco che quest'uomo - dotato di molto talento, ma che non sj ·trova· sulle linee generali delle decisioni importanti - fugge nel Caucaso, lo descrive e allo stesso tempo s'incontr_adi nuovò c;onciò che è importante e fondamentale. Caro amico, che tu scriva così o no, non si può in un saggio introduttivo, con la scusa della soluzione del problema Polonskij, definire e ridefinire e raccontare in forma elegante il destino della letteraturarussa. I futuristi hanno scritto del!'eleganza che deve essereconcessa ai sarti e ai calzolai. Una grande coscienza non la si può soffocare, ma persino in Puskin ci sono versi scherzosi, e non bisogna sforzarsi di versare un litro d'acqua in una tazza da caffè: non c'entra. E chi te l'ha fatto fare di cominciare a scrivere su Polonskij, quando hai esperienza di scrittura su Tolstoj! Che grande malattia - la difficoltà di scrittura degli articoli! Ti supplico con le antilopi e con i daini dei boschi: scrivi leggermente, così come se correggessi il lavoro di un aspirante, come se da te fosse venuto Rafili (2 8 ) con un tema su_ Polonskij, scrivi e inserisci solo un monologo; perché non si può fare altrimenti, il tema non regge allo sforzo. (... ) La verità non la si può scrivere, ad essa ci si può avvicinare, e non avvicinare stilisticamente. (...) C'è un eccellenteproverbio: gli occhi non sanno quel che fanno le mani. Bisogna arare il solco senza voltarsi. Immagina che è scritto nella Bibbia. Vitja - 61 anni e due mesi Nguè! V. Sklovskij a B. Ejchenbaum (Ottobre 1956) (. ..) caro Borja. Ho cominciato così tante volte che non so come cominciare. Riempito di giorni, saturato di avvenimenti, vedo avanti a me la tua schiena robusta. Cammini verso occidente, senza far passi sul sole e senza piegarti. Si sfalda già il bel mosaico dorato dellefoglie d'autunno, ma il cielo innanzi a noi è sempre più azzurro. Cammini senza piegarti, senza scansare il vento, senza socchiudere gli occhi. Io sono l'ultima persona che ti chiama Bor'ka. Bor' ka! Vit'ka ti bacia. Che la terra risuoni sotto i nostri passi come una pallina. Bor'ka, amico, ti bacio. La tempesta non ti ha travolto. Vitja. (... ) V. Sklovskij a B. Ejchenbaum (9 settembre 1957) Ecco che ti scrivo una letterache mi preparavo a scrivere da tempo. Scrivo nella daca. Mi son sentito male, Borja. Ho mal di cuore. Non molto, ma ho voglia di star sdraiato e dormire. Dormire senza sogni. Essi scompaiono. E già autunno. Oggi malgrado tutto ho camminato per un'ora nel bosco. Gli alberi son già diventati trasparenti. Le betulle hanno perso le foglie per metà. Cade sulla terra una specie di polvere gialla, che somiglia al tabacco molto leggero, o a lustrini ne~'acqua. Sotto le querce stanno le ghiande. L'erba sui sentieri è verdissima. Nel cielo rade nuvole cardate. Quando di notte non dormo, allora penso. Ho da poco scritto 76 pagine del piano del nuovo libro (29). Anche per questo sono stanco. Il piano te lo manderò. Di questo non scriverò. Non scriverò di che si tratta. Ho iniziato un grosso lavoro. Ecco cosa vedo, non in sogno, quanto in semimeditazione. Mettere in mare una grande rete. Più larga non l'ho ancora pensata. Probabilmente viene abbracciata molta acqua azzurra e circondato il pesce. Non so se tirerò le reti. Le reti mi sembrano di vetro. Fragili. Tintinnano persino ne~'acqua. È rimasta la larghezza di pensiero. Le esperienze. Ma il tempo esige da noi dei discepoli. Essi avrebbero dovuto riparare le reti e imparare a penetrare nella scienza con ampie prese. Il mio nuovo lavoro mi sembra fragile. Te lo manderò Sono stanco, Borja. Anch'io avrò presto 65 anni. Doppio (l'uno e l'altro) impedimento. La vita è passata contropelo. Le sue onde non si sono placate. Ma gela già, e diventa fragile l'acqua stessa. Sono stanco, Borja.

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