rnovità., La sfinge collana di psicoanalisi diretta da Glauco Carloni Testi di psicoanalisi teorica, clinica e applicata, lungo un itinerario che va dai classici ai più significativi contributi contemporanei, italiani e stranieri. ULTIMI VOLUMI PUBBLICATI Discussioni con W. R. Bion Los Angeles I New York I Siio Paulo Bion a confronto con psichiatri, psicoterapeuti, psicologi. L'originalità concettuale, l'umorismo, la simpatia di quello che viene considerato il più geniale continuatore di Freud. ROGER MONEY-KYRLE Scritti-1927-1977 Psicoanalisi, antropologia, filosofia, biologia. Tutto il cammino teorico e clinico di un grande analista, esponente illustre della scuola inglese cresciuta intorno a Melanie Klein. PAUL-CLAUDE RACAMIER Di psicoanalisi in psichiatria • Studi psicopatologici Frustrazioni precoci, traumi del post-partum, manie, depressioni. .. In forme diverse, la psicosi pone drammaticamente il problema dell'essere, del come si organizza e disorganizza il Sé. LOESCHER L@.1· ,Mllod.y,po d-.-v.rr,,..,.,.,.., _,...._ Gian Paolo Biasin Il vento di Debussy All'intersezione di musica, pittura e romanzo, la poesia di Montale come emblema dell'arte moderna Enzo Golino Pasolini: il sogno di una cosa Pedagogia, eros, letteratura dal mito del popolo alla società di massa Tra militanza e nevrosi, il tracciato intellettuale e letterario di un «pedagogo di massa» Robert Scholes Semiotica e interpretazione Come si legge uno slogan, un testo letterario, un film: una guida all'impero dei segni Il tempo dei giovani a cura di Alessandro Cavalli Senso della storia e vissuto quotidiano, memoria e speranze nel ritratto di una generazione senza certezze il Mulino e L la scienza univesitaria: è lei che fra l'altro sterilizza l'estetica conferendo all'arte un'autonomia perfettamente illusoria. La danza non sopprime i desideri, al contrario li esaspera e così facendo accelera ancora il ritmo delle sostituzioni mimetiche. Ciò che ci impedisce di danzare, come ho detto, non è essenzialmente fisico, è l'intreccio, la frammistione terribile dei nostri desideri che ci trattiene fissi al suolo, ed è sempre l'altro del desiderio che sembra responsabile di questa infelicità: siamo tutti delle Erodiadi ossessionate da un qualunque Giovanni Battista. Anche se i nodi del desiderio sono tutti particolari, se ogni individuo ha il suo proprio modello/ostacolo, la meccanica dello scandalo è sempre identica, e questa identità facilita le sostituzioni. Come tutte le arti rituali, la danza è una specie di dramma mimato che fa di tutti coloro che assistono, meglio, di tutti i partecipanti, una comunità, offrendo loro su un piatto la testa dell'avversario che impediva loro di danzare in cerchio. Dire che la danza piace non soltanto a Erode ma a tutti i suoi convitati è dire che al termine della danza tutti condividono il desiderio di Salomé: non vedono nella testa di Giovanni Battista soltanto il suo scandalo, o lo scandalo in generale, il concetto filosofico di scandalo, che d'altronde non esiste, ognuno vi vede il proprio scandalo personale, l'oggetto del proprio desiderio e del proprio odio. Non bisogna interpretare l'assenso collettivo alla decapitazione come un consenso educato, ungesto di amabilità senza reale portata. I convitati sono tutti egualmente colpiti da Salomé: ed è subito, in fretta, che serve loro la testa del Battista: la passione di Salomé è diventata la loro. Sempre mimetismo. Il potere della danza somiglia a quello dello sciamano che dà ai suoi malati l'impressione di estrarre dai loro corpi il demone malefico o la sostanza nociva che vi era stata introdotta. Erano posseduti da qualche cosa che li incatenava e che li torturava ed ecco la danza che li libera. Se la danzatrice può far danzare questi infermi, non è soltanto perché lei stessa danza, è perché danzando essa esteriorizza il demone che li possedeva, esercita al loro posto e con loro la vendetta che sognano. Sposando il desiderio violento di Salomé e di sua madre, tutti gli astanti hanno l'impressione di soddisfare anche il proprio. La stessa frenesia pervade tutti rispetto al modello/ostacolo, e se accettano tutti di sbagliarsi di oggetto è perché l'oggetto proposto fornisce alimento alla loro sete di vendetta. Non è la negatività hegeliana o la morte impersonale dei filosofi che ratifica la simbolicità della testa profetica, è il trasporto mimetico dell'assassinio collettivo. La decollazione del Battista risulta da un processo sacrificale che deve il suo carattere decisivo al divenire unanime del desiderio mimetico, cioè alla stessa forza, alla forza stessa che causa le divisioni e le frammentazioni anteriori. Il racconto coincide con una crisi mimetica che finisce e si risolve con la messa a morte del profeta. In principio questa risoluzione non ha niente a che vedere con l'identità della vittima. Il suo carattere aleatorio è fortemente illustrato dal fatto che la scelta della vittima interviene alla fine, dopo la danza, nel momento in cui il desiderio già mimetico di Erodiade si trasmette mimeticamente a sua figlia, che lo ritrasmette ai suoi ammiratori e alla fine allo stesso Erode. Apprendendo che la danzatrice gli domanda la testa di Giovanni Battista, il re ne fu molto rattristato, ci dice Marco, ma, a causa dei suoi giuramenti e dei suoi ospiti, non volle mancare alla parola data. e ome Erode, i suoi ospiti desiderano danzare al passo della danzatrice, ma a differenza . di Erode essi non hanno lo stesso motivo, lo stesso desiderio, di rifiutarle ciò che essa domanda, perché Giovanni non rappresenta niente per loro. Non bisogna quindi stupirsi di vederli più obbedienti di Erode agli impulsi venuti da Salomé, in grado di conseguenza .di fornire, al momento supremo, il supplemento di energia mimetica che si rivela decisivo. È sempre la stessa energia che anima il nostro testo, chiaramente imitativa anche se Marco non la enuncia mai espressamente come tale. Solo il termine non figura nel testo: tutto il resto vi figura, e da solo può unificare tutti i temi. Non possiamo sbagliarci, ad esempio, sul ruolo mimetico giocato dai convitati. Marco si premura di enumerarli per categorie per segnalarci il loro potenziale di influenza mimetica, che può dipendere solo dal numero e dalla qualità degli individui che compongono un gruppo. È questo che Marco sottolinea. Gli invitati sono e molto numerosi e molto influenti, dato che comprendono tutta l'élite dell'universo di Erode: i grandi della corte, gli ufficiali e i principali personaggi di Galilea. Marco ci informa di tutto ciò non per il piacere di raccontare, ma per chiarirci la natura della decisione che comporta la testa del profeta. Bisogna riconoscervi non l'atto di un sovrano che agisce in twta indipendenza e per ragioni sue, ma la decisione di una folla che deve la sua unanimità solo a una fissazione improvvisa su una vittima qualsiasi di una frenesia mimetica ormai priva di ogni radicamento concreto, di ogni attaccamento obbiettivo, per il fatto stesso che si è arrivati al parossismo della crisi mimetica, allo stadio dello scandalo diffuso ovunque. Nel corso del racconto, il numero dei personaggi cresce costantemente, per finire nella folla degli invitati. Che si comportano da folla, reagendo tutti identicamente, mimeticamente, perché rappresentano, in quanto folla, lo stadio supremo della crisi. La decisione appartiene alla folla: Erode si limita a ratificarla nolens volens, soggiogato dalla pressione mimetica formidabile che emana dall'unanimità. Cedendo a questa pressione, Erode raggiunge a sua volta la folla: rappresenta l'ultimo degli individui che la compongono. Il suo esempio mostra che anche gli esseri più potenti sono incapaci di resistere al mimetismo sacrificale veramente cumulativo, questa volta, perché Erode può solo fare eseguire una sentenza di morte che non è veramente sua, o che diventa sua nella misura in cui la forza di unificazione e di unanimjtà mimetica si esercita anche su di lui. Ho analizzato prima lo scambio di domande e di risposte tra Erode, la danzatrice e sua madre per mostrare come illustri la nascita mimetica del desiderio, ma esso mostra anche la fine sacrificale di questo desiderio e la natura del meccanismo sacrificale. La domanda di Salomé a Erodi ade, «che cosa bisogna desiderare?», indica che in quell'istante andrebbe bene qualsiasi vittima indicata a Salomé da Erodiade, o forse da chiunque. Che il Battista sia nominato. in extremis non impedisce che venga adottato, e subito, come vittima, prima da Salomé e poi da tutti i convitati. A questo stadio tutte le velleità di resistenza sono vane, anche per il detentore della potenza sovrana. L'unanimità mimetica trascina tutto. È in questa unanimità conseguente che bisogna cercare il vero sovrano, la fonte ultima di ogni sovranità. Il nostro racconto mostra in forma allusiva e condensata il processo fondatore del religioso e del sociale. Nel parossismo della crisi mimetica è sufficiente tagliare una sola testa per calmare la perturbazione universale. Come può accadere? La convergenza sulla testa di Giovanni è certo solo un'illusione mimetica, ma diventata unanime procura un sollievo reale, perché l'agitazione diffusa non ha più oggetto reale, non ha più causa obbiettiva, ha ormai solo tutti questi desideri allacciati e puntellati gli uni contro gli altri. Se i de; sideri si dividono e si oppongono così a !tingo quando portano sullo stesso oggetto, o sullo stesso essere vivente che ciascuno vorrebbe conservare vivo, intatto, per monopolizzarlo, come fa Erode con Giovanni Battista quando lo rinchiude nella propria prigione, questi stessi desideri possono al contrario conciliarsi una volta diventati distruttori, giunti tutti insieme allo stadio dell'odio affascinato. Il paradosso, dunque, è che i desideri sempre mimetici, sempre fissati sullo stesso oggetto, qui sempre fissati sullo stesso Giovanni Battista, non possono mai in- .tendersi per la preservazione del loro oggetto, ma possono sempre farlo per la sua distruzione. possono accordarsi solo a scapito di una vittima. In caso di crisi, perciò, possono ricominciare a trovare un accordo solo allo stadio parossistico, a partire da una soglia di intensità e di diffusione che produce una convergenza di carattere essenzialmente distruttivo. Per sbarazzarsi della vendetta e dello scandalo, bisogna trovargli un oggetto comune, ma non sono gli uomini che ne decidono, è il mimetismo, per ragioni che il nostro testo fa ben vedere. Lo scandalo diffuso ovunque impediva la soddisfazione di tutti i desideri, turbava tutti i rapporti, ed ecco che ora li facilita diventando questa cosa inerte e docile che circola sul vassoio di Salomé, come una specie di regalo, di pretesto a cortesie reciproche. Costituisce un oggetto di scambio e spettacolo avvincente, è doppiamente riconciliatore, ma dietro di lui va letta sempre l'unanimità mimetica, la sola veramente riconciliatrice, sempre presente nel carattere simmetrico e ripetitivo di tutti i gesti e tutte le parole: «E subito il re mandò una guardia ordinandole di portare la testa di Giovanni. La guardia andò e lo decapitò nella sua prigione, poi portò la testa su un piatto e la diede alla giovinetta, ed essa la diede alla madre». A mio parere troviamo qui un'allusione all'aspetto fondatore dell'assassinio collettivff negli scambi culturali. C'è anche un aspetto fondatore sul piano propriamente religioso, e non si tratta di una semplice allusione. Anziché venire alla fine viene tutto all'inizio, prima dello stesso racconto che costituisce così una specie di flashback. Erode è impressionato dalla fama crescente di Gesù: «Tuttavia il re Erode intese parlare di lui, perché il suo nome era diventato celebre, e si diceva: "Giovanni Battista è resuscitato dai morti: questo spiega i poteri miracolòsi della sua peersona". Altri dicevano: "È Elia". Altri ancora: "È un profeta come gli alttri profeti". Dunque Erode, avendone sentito parlare, diceva: "È Giovanni che ho fatto decapitare che è resuscitato"». Di tutte le ipotesi che circolano, Erode sceglie la prima, quella che fa di Gesù Giovanni Battista resuscitato, e il testo suggerisce la ragione di questa scelta: Erode pensa che il Battista è resuscitato a causa del ruolo che ha giocato nella sua morte violenta. I persecutori riconciliati non possono credere alla morte definitiva della vittima che li riconcilia. La resurrezione e la sacralizzazione delle vittime sono anzitutto fenomeni di persecuzione, la prospettiva dei persecutori sulla v.iolenzaa cui hanno partecipato. I vangeli di Marco e di Matteo non prendono sul serio la resurrezione di Giovanni Battista, e non vogliono farcela prendere sul serio. Rivelano sino in fondo un processo di sacralizzazione stranamente simile a quello che costituisce l'oggetto principale del testo evangelico, la resurrezione di Gesù e la proclamazione della sua divinità. I vangeli percepiscono molto bene le somiglianze, ma non provano nessun disagio, non sentono nessuna forma di dubbio. I credenti moderni non commen-
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