la danzadiSalomé L a danza è la sola di tutte le arti a comparire nei vangeli, e peraltro solo in due, Marco e Matteo, che contengono il racconto della decapitazione di Giovanni Battista. Il testo più ricco è quello di Marco. Ci dice semplicemente che nel corso di un banchetto offerto da Erode, la figlia di Erodiade, sposa del tetrarca, entrò e danzò, e piacque a Erode e ai suoi ospiti... Sulla danza propriamente detta non c'è nient'altro. I nostri due vangeli non descrivono la danza, non menzionano neppure il nome della danzatrice: noi la chiamiamo Salomé a causa dello storico Giuseppe che parla di una figlia di Erodiade chiamata così. La nostra informazione diretta è molto povera, e ciononostante la danzatrice e la danza hanno sempre acceso l'immaginazione erotica e estetica occidentale. Salomé danza già sui capitelli romani, e da allora non ha ancora smesso. In tempi vicini a noi ci sono lo Hérodias di Flaubert, l' Hérodiade di Mallarmé, la Salomé di Oscar Wilde, quella di Richard Strauss e di Hugo von Hofmannsthal. C'è una danza di Maurice Béjart che purtroppo io non ho visto. Per comprendere questa fascinazione bisogna esaminare il racconto di Marco. Non è lungo e concerne esclusivamente i rapporti che il desiderio e l'odio intessono tra i personaggi. Erode voleva sposare in seconde nozze Erodiade, moglie di suo fratello. ·u profeta aveva condannato questa azione e Erodiade, «accanita contro di lui», reclamava la sua testa. Erode non voleva dargliela e, sembra, per proteggere il Battista, quanto o più che per punire la sua audacia, lo aveva fatto imprigionare: .Erodiade finì quindi per impadronirsene facendo danzare sua figlia davanti a Erode e ai suoi invitati. Tutto comincia come in un mito, con una storia di fratelli nemici. I fratelli sono votati alla rivalità per la loro stessa prossimità: si contendono la stessa eredità paterna, la stessa corona, le stesse spose. Ma questa banalità non è sufficiente a giustificare la frequenza di fratelli nemici nei miti. Hanno gli stessi desideri perché si assomigliano o si assomigliano perché hanno gli stessi desideri? È il rapporto di parentela che determina il gemellaggio dei desideri o è il gemellaggio dei desideri che determina una somiglianza designata come fraterna? Nel nostro testo sembra proprio che le due proposizioni siano entrambe vere. Erode e suo fratello costituiscono sia il simbolo del tipo di desiderio che domina il nostro testo sia un esempio storico reale degli effetti di questo desiderio. Erode aveva davvero un fratello, gli aveva realmente sottratto Erodiade, sua sposa. Sappiamo attraverso Giuseppe che il piacere di soppiantare il fratello gli procurò grossi fastidi: il nostro testo non ne parla ma sono nello stile delle complicazioni mimetiche e di conseguenza nello spirito dell'ingiunzione ·profetica. Erode aveva una prima moglie che dovette ripudiare, e il padre dell'abbandonata decise di_ punire l'incostanza del genero infliggendogli una cocente disfatta. In margine al nostro testo i frac telli nemici designano il tipo di rapporto che domina l'insieme del racconto e che alla fine giunge al suo parossismo, all'uccisione di Giovanni Battista. Tutti gli incidenti, tutti i dettagli del testo illustrano qualche aspetto di questo· desiderio, e soprattutto i momenti successivi attraverso i quali passa, ognuno dei quali è prodotto dalla logica demente del continuo rilancio suggerito dallo scacco subito nel momento immediatamente precedente. Cominciamo dall'inizio: «Era Erode che aveva fatto arrestare e incatenare Giovanni nelle proprie prigioni a causa di Erodiade, la moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposato. Perché Giovanni diceva a Erode: "Non ti è permesso di avere la donna di tuo fratello" ... » L'accento qui non viene messo sulla stretta legalità del matrimonio di Erode e di Erodiade. È l'errore più comune, e il dogma freudo-strutturalista oggi gli dà nuovo respiro. Con l'aria di fustigare o di relativizzare il legalismo pedante, il dogma moderno in realtà lo perpetua. E ci impedisce di vedere che il vero nemico del legalismo codino non è il culto della trasgressione, ma al contrario, dato che questi due fratelli nemici non possono che detronizzarsi l'un l'altro interminabilmente, è l'intelligenza del desiderio mimetico. Fonte onnipresente di rivalità sterili e principio di decomposizione culturale ma alla fine anche principio di ricomposizione, tramite la mediazione del meccanismo sacrificale, il cui stesso parossismo ne favorisce l'avvio. N on è mai alla stretta legalità che si interessa il vangelo. Nella frase «non ti è permesso di avere la moglie di tuo fratello», il verbo greco tradotto con «avere», exein, non ha una connotazione legale. Avere Erodiade, impadronirsi di Erodiade, ·possedere Erodiade è negativo per Erode non in virtù di qualche regola formale, ma perché il suo possesso può essere ottenuto solo a spese di un fratello spodestato. D'altronde è proprio per questo che Erode prova questo desiderio. La prova che si tratta di un desiderio puramente mimetico ci è data subito. Appena sposata la donna perde tutta la sua diretta influenza sul marito. Non può nemmeno ottenere da lui la testa di un insignificante piccolo profeta come Giovanni Battista. Per realizzare i suoi scopi Erodiade ha bisogno di ricostituire tramite la figlia, che domina, una configurazione triangolare analoga a quella che le assicurava il dominio sui fratelli nemici, per i quali rappresentava una posta in gioco. Erodiade si sente negata, obliterata dalla parola di Giovanni. Ed effettivamente lo è, non tanto come donna quanto come posta mimetica: I fratelli si interessano a lei solo in funzione della loro rivalità. Sottraendo il profeta alla venRené Girard detta della moglie Erode dà una verifica alla parola profetica e raddoppia l'odio di Erodiade, che a sua volta è solo una forma esasperata di desiderio mimetico. È il divenire violento di questo desiderio, attirato da Giovanni perché si sente respinto da lui. Imitando il desiderio di mio fratello, io desidero ciò che lui desidera, ci impediamo a vicenda di soddisfare il nostro comune desiderio. Più la resistenza si accresce da una parte e dall'altra più il desiderio si rafforza, più il modello si fa ostacolo, più l'ostacolo si fa modello, così che in fin dei conti il desiderio si interessa solo a quanto gli si oppone. Ormai si fissa solo sugli ostacoli. Giovanni Battista è un ostacolo impotente ma inflessibile, inaccessibile a ogni tentativo di corruzione. È questo che affascina Erodiade più ancora di Erode. Erodiade è qui sempre il divenire del desiderio di Erode. La metamorfosi del desiderio in odio si deduce dalla sua natura mimetica. Più il mimetismo si esaspera e più la sua potenza di attrazione aumenta, più si trasmette rapidamente da un individuo all'altro. Il seguito del testo costituisce una straordinaria illustrazione di questo fenomeno: «La figlia di Erodiade entrò e danzò, e piacque a Erode e ai suoi ospiti. Allora il re disse alla giovane: "Domandami ciò che vuoi e io te lo darò". E le fece un giuramento: "Tutto ciò che mi chiederai io te lo darò, fosse la metà del mio regno!". Essa uscì e disse a sua madre: "Che cosa bisogna domandare?". "La testa di Giovanni Battista", rispose questa. Tornando in fretta dal re, la giovane donna gli fece questa richiesta: "Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni Battista"». L'offerta di Erode innesca qualcosa di strano. O meglio, lo strano è che non provoca alcunché. Invece di enumerare le cose preziose o folli che si immagina desiderino i giovani, Salomé resta silenziosa. Non ha desideri da formulare. Per i vangeli l'essere umano non ha desideri che gli siano propri: gli uomini sono estranei ai propri desideri, i bambini non sanno che cosa desiderare e hanno bisogno che glielo si insegni. Erode non può suggerire niente a Salomé, dato che le offre qualsiasi cosa. Proprio •per questo Salomé lo pianta lì e va a domandare alla propria madre cosa convenga desiderare. Ma è poi un desiderio quello che la madre trasmette alla figlia? Salomé forse é soltanto un'intermediaria passiva, una bambina saggia che esegue docilmente senza passione le commissioni terribili della sua mamma. La prova è la partecipazione che dimostra appena la madre ha finito di parlare. Un momento prima era l'incertezza fatta persona, poi cambia da così a così. Gli osservatori attenti, come padre Lagrange, hanno notato questa differenza di atteggiamento, ma non hanno capito ciò che significa: . «Tornando subito in fretta dal re, la giovane gli chiede: "Voglio che tu mi dia subito su un piatto la testa di Giovanni Battista"». Subito, in fretta ... Non può essere senza intenzione che un testo così avaro di dettagli moltiplichi i segni di impazienza e di febbrilità. Salomé certo si preoccupa all'idea che il re, disincantato dalla fine della danza e dall'uscita della danzatrice, possa tornare sulla sua promessa. Ma è il desiderio che dentro di lei si impazientisce: il desiderio di sua madre è diventato il suo. Il fatto che il desiderio di Salomé sia tutt'intero ricalcato su di un altro desiderio non toglie niente alla sua intensità: proprio al contrario l'imitazione è più frenetica ancora dell'originale. S alomé è una bambina. L'originale greco non la designa con il termine kore, fanciulla, ma con il diminutivo koraison, che significa appunto ragazzina. La Bibbia di Gerusalemme traduce correttamente con giovinetta. C'è qualcosa di falso nella visione che fa di Salomé una professionista della seduzione. Il genio del testo evangelico non ha .niente a che vedere con la cortigiana di Flaubert, la danza dei sette veli e il bric-à-brac orientalista. Per quanto ancora infantile, o meglio perché è una bambina, Salomé passa quasi istantaneamente dall'innocenza al parossismo della violenza mimetica. Facendo di Salomé una vera e propria tabula rasa del desiderio, il testo di Marco riesce a illustrare, a «drammatizzare» la definizione stessa del desiderio mimetico. Per svelare la genesi del desiderio non si può immaginare una sequenza migliore di quella che abbiamo appena citato. Dapprima il silenzio della ragazza in risposta all'offerta esorbitante del monarca, poi la domanda alla madre, la sua risposta, e infine l'adozione di questa risposta da parte della figlia. Il bambino chiede all'adulto di supplire non a una mancanza che costituirebbe il desiderio, ma alla mancanza stessa di desiderio. Incontriamo qui una rivelazione dell'imitativo come pura essenza del desiderio che ci rifiutiamo di assorbire perché è troppo insolita, estranea com'è sia alle concezioni filosofiche dell'imitazione che alle teorie moderne del desiderio. In questa rivelazione c'è sicuramente qualche cosa di schematico. Si effettua a spese di un certo realismo psicologico. Per folgorante che possa essere la trasmissione del desiderio da un individuo all'altro, si fa fatica a immaginare che si basi soltanto sulla breve risposta della madre alla domanda posta dalla figlia. Questo schematismo contribuisce ad accecare i commentatori. Matteo per primo non ne ha voluto sapere: tra l'offerta di Erode e la risposta di Salomé ha soppresso lo scambio tra madre e figlia. Ne ha visto solo la goffaggine, non ne ha colto lo spirito o ne ha giudicato l'espressione troppo ellittica per essere conservata. Ci dice semplicemente e ragionevolmente che la figlia è «indottrinata» dalla madre, e questa è un'interpretazione certo molto esatta di ciò che succede in Marco, ma ci fa perdere lo spettacolo saliente della metamorfosi immediata di Salomé in una seconda Erodiade. Dopo aver afferrato il desiderio materno, la figlia non si distingue più dalla madre. Le due donne giocano successivamente lo stesso ruolo con Erode. Il nostro culto inattaccabile del desiderio ci impedisce di riconoscere questo processo di uniformazione: esso scandalizza le nostre idee preconcette. Gli adattatori moderni si dividono in numero più o meno uguale tra coloro che esaltano la sola Erodiade e coloro che esaltano la sola Salomé, facendo dell'una o dell'altra, poco importa in realtà, l'eroina del desiderio più intenso e dunque, secondo loro, più unico, più spontaneo, più liberato, più liberatore. Tutto quello che il testo di Marco smentisce con una potenza e una semplicità che sfuggono completamente alla volgarità - il termine va inteso alla lettera - degli strumenti d'analisi che ci siamo forgiati, psicoanalisi, sociologia, etnologia, storia delle religioni. Dividendosi come fanno tra Erodiade e Salomé, i moderni cultori del desiderio ristabiliscono tacitamente la verità che il loro culto è destinato a negare, cioè che anziché individuare, il desiderio è sempre più mimetico e rende coloro che possiede sempre più intercambiabili, sempre più sostituibili l'un l'altro a misura della propria intensità. Ad eccezione del profeta, nel nostro testo ci sono solo gemelli mimetici, la madre e la figlia, Erode e suo fratello, Erode e Erodiade. Questi ultimi due nomi suggeriscono foneticamente il gemellaggio e sono costantemente ripetuti, in alternanza, all'inizio del nostro testo, mentre quello di Salomé non è mai pronunciato, probabilmente perché non c'è niente a fargli eco e sul piano degli effetti mimetici non aggiunge niente. Il fratello, o piuttosto il mezzofratello con cui Erode si è disputato Erodiade, non si chiamava Filippo, come Marco afferma per errore, si chiamava anche lui Erode, aveva lo stesso nome di suo fratello: Erodiade si trova presa tra due Erodi. Se Marco l'avesse saputo, probabilmente avrebbe parlato di questa omm1imia. La realtà storica è più bella ancora del testo. N on sto dimenticando la danza, ma prima di arrivarci è necessario evocare ancora una nozione di cui il nostro testo è fortemente impregnato, anche se non se ne fa esplicitamente menzione. È la nozione evangelica di scandalo. Derivata da skadzein che significa zoppicare, la parola skandalon designa l'ostacolo che respinge e attira simultaneamente, ·1apietra d'inciampo. Se si inciampa una prima volta su di lei si continuerà a inciampare su di lei, perché l'incidente iniziale la trasforma in una specie di calamita. Invece di insegnarci a evitare l'ostacolo, questo primo contatto con lei ci spinge a ricominciare sempre, cioè a zoppicare. Bisogna riconoscere nello scandalo una metafora rigorosa del processo mimetico. Desiderare ciò che desidera l'altro, come ho detto, è fare di questo modello un rivale e un ostacolo. Il desiderio vede perfettamente di cosa si tratta: se fosse saggio abbandonerebbe la
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