Alfabeta - anno VII - n. 78 - novembre 1985

ISTITUTO UNIVERSITARIO DI BERGAMO TESTOE LAVORO DELLALETTERA Bergamo, 13-16 novembre 1985 PROGRAMMA Il caìendario dei lavori prevede due sezioni: TEATRO/CINEMA e LETTERATURA, coordinate rispettivamente dal prof. B. Cuminetti {Istituto Univ. Bergamo) e dal prof. S. Agosti (Università di Venezia) Mercoledì 13 SEZIONE TEATRO/CINEMA interventi: G. Brunetta (Università di Padova) Cronocrazie e cronotopie: l'ossessione temporale nel cinema americano F. Casetti (Univ. Cattolica di Milano) Il problema dél punto di vista F. Vergerio {Istituto Univ. di Bergamo) La rappresentazione del tempo nei film di Alain Resnais S. Ghislotti (DAMS Bologna) Il testo filmico tra autore e spettatore: la promessa e la sanzione Giovedì 14 interventi: F. Cruciani (DAMS Bologna) B. Cuminetti {Istituto Univ. di Bergamo) Mario Apollonia e la legittimazione del teatro: la distanza da Croce B. Bonacina Artaud: la messa in questione della grammatica R. Molinari Il racconto e l'azione F. Taviani (Università di Lecce) Problemi d'intreccio drammaturgico S. Dalla Palma (Univ. Cattolica di Milano) Testo e scrittura Venerdì 15 SEZIONE LETTERATURA interventi: S. Agosti (Università di Venezia) La scrittura della catastrofe: il sonetto mallarméano del naufragio M. Lavagetto (Università di Bologna) Una lettera di Freud A. Prete (Università di Siena) Sulle vocali S. Finzi (psicanalista) Forma, materia, natura e luogo della lettera A. Marzo/a {Istituto Univ. di Bergamo) Ritratto dell'artista da giovane: il Joyce di «Novembre» A. Casto/di {Istituto Univ. di Bergamo) Lettera inaugurale/lettera postuma: la scrittura sacrificale Sabato 16 interventi: T. Kemeny (Università di Pavia) Molto rumore per nulla: il sospiro, la calunnia, la lettera G. Restivo (Università di Pavia) Lettere/soglie R. Bonadei (Istituto Univ. di Bergamo) G.M. Hopkins: incursioni naturali in forma di parola E. Krumm (Istituto Univ. di Bergamo) Una teoria d'alberi: la zolla di Hopkins Sede del Convegno: Istituto Univ. di Bergamo, Aula 3, Via Sa/vecchio, 19. Segreteria organizzativa: Dott. R. Bonadei Dott. S. Ghislotti Dipartimento di Lingue e Letterature comparate Istituto Universitario di Bergamo P.za Vecchia, Te/. 035/217195 int. 23 BERGAMO gran numero di qualità affettive, di parametri pertinenti tramite i quali si possa caratterizzare il tono affettivo di un gesto, o di una posizione: paura, aggressività, gioia, piacere, dolore, la gamma dei grandi affetti umani è forse abbastanza limitata. Questi parametri saranno altrettante componenti del campo H definito qui sotto. B) L'ipotesi del campo generatore delle forme collettive Questa volta si tratta di sapere cosa assicura il sincronismo dei ballerini, la forma globale del balletto. Per comprendere appieno il problema, è bene tornare a una situazione linguistica: consideriamo una frase attributiva, come «il cielo è blu». Il predicato «blu» è attribuito all'attante «cielo». Ora «blu» è un colore, una qualità di quella pregnanza fisica che è la luce. La frase «il cielo è blu» esprime il fatto che questa qualità ha investito l'oggetto spaziale cielo, nel senso che il cielo risplende di luce blu. Si può vedere nell'investimento di un soggetto localizzato (un «attante») da parte di una pregnanza (una qualità sensoriale) il paradigma iniziale della predicazione in grammatica. (Cfr. per esempio «Predication et Grammaire Universelle», Fundamenta Scientiae, I, 1, pp. 23-34, 1980, Pergamon Press) Ma accanto alle pregnanze fisiche vi sono quelle affettive. Come la paura. Quando in una comunità animale uno dei membri scorge un predatore, avvertirà i suoi consimili con un grido d'allarme. Questo grido, percepito dagli altri membri della collettività, li riempirà di spavento e susciterà in loro i comportamenti (come fuggire, immobilizzarsi, nascondersi) che sono di norma in simili casi. In questo caso si può dire che c'è un «campo» iniziale, quello della visione del predatore, di natura affettiva, la paura, che si propaga di soggetto in soggetto per il tramite «grido», forma sonora che si propaga secondo la forma fisicamente saliente del suono. Si può parlare di un campo «indotto», di un propagatore (nel senso tecnico del termine in fisica) che caratterizza questo campo. Qui l'opposizione pregnanza-salienza si interseca con l'opposizionei significatosignificante. In questo esempio, non c'è identità tra campo induttore (il campo affettivo dello spavento) e campo indotto (la forma sonora del grido), benché il campo indotto crei nel soggetto percipiente la forma induttrice dello spavento. Accanto alla forma sonora del grido (o dei linguaggi umani), la forma visiva dell'organismo può anche servire come propagatore delle pregnanze. Da questo punto di vista esiste per noi un significante universale: è il corpo umano. Il corpo umano, con il suo atteggiamento, può esprimere questo o quel sentimento, questo o quell'effetto... L'espressione corporea è una sorta di prelinguaggio, prelinguaggio che non ha un significato molto preciso, né organizz~zione interna (la sola·sintassi un po' stretta è quella dei vestiti che «vanno insieme»). In questo caso, l'opposizione tra campo induttore e campo indotto diviene meno netta. La linguistica ci propone un altro problema: quello della presenza di diversi livelli d'organizzazione: il livello fonologico (fonemasillaba) e il livello sintattico (parola-frase): è la famosa «doppia articolazione». Mentre le regole di organizzazione di una sillaba in fonemi sono·visibilmente legate a costrizioni fonatorie, quelle che reggono la sintassi delle nostre frasi (per esempio l'ordine sv, svo, na, .. .ecc.) sono infinitamente più misteriose, esprimono fattori globali legati a determinate situazioni dell'ambiente. La teoria del campo generatore ha come scopo precisamente di spiegare l'origine di queste strutture significanti: esso attribuisce l'organizzazione del livello superiore alla presenza di un campo translocale di natura contestuale che stabilizza certe configurazioni (concatenazioni): significanti locali, dando così nascita a una sintassi. Bisogna probabilmente attribuire la presenza di nodi sintattici significanti a delle sorte di «condensazioni» locali del campo che spezzano una struttura dinamica glo0 baie concentrandola su nodi distinti, inizialmente indifferenziati e che in seguito si diffondono, si dispiegano materializzando schemi di interazione tipici del campo generatore iniziale. (Per una analogia nella fisica, si pensi all'esperienza di Helmholtz sulla diffusione di una goccia di inchiostro di China nell'acqua immobile di un lavabo... le volute t\irbolente si frammentano in gocce che a loro volta danno luogo a vortici di seconda generazione ... e così di seguito). Ma torniamo alla questione principale: cosa fa sì che una forma sia significante o ci appaia come tale? Una certa instabilità strutturale della forma è un buon criterio, e in effetti le forme strutturalmente stabili (come quelle descritte nella teoria delle catastrofi elementari) danno testimonianza solo di se stesse, non suggeriscono alcun significato diverso da loro stesse. Se questa instabilità si manifesta in modo coerente su tutti gli elementi di una popolazione, fondatamente si sarà portati a attribuire questa coerenza all'esistenza di un campo esterno. Per esempio, se passeggiate a qualche chilometro dal litorale dell' Atlantico, in Vandea o in Bretagna, potrete osservare che gli alberi crescono tutti con il tronco piegato verso oriente: segno della presenza di un vento dominante dall'ovest. Matematicamente, l'esistenza di una polarizzazione di un ambito spaziale diminuisce il «gruppo delle equivalenze locali». Così una forma stabile rispetto alle azioni di un gruppo (f) cessa di esserlo quando (f) si trova ridotto a un sottogruppo (f'): la presenza di un campo esterno «translocale» ha l'effetto di aumentare il numero delle forme .stabili. Queste nuove forme presentano un carattere eccitato, eccezionale, che le rende particolarmente toccanti e suggestive. Per comprendere l'effetto di un campo su un ambiente, torniamo alla metafora fisica: un campo ma- - gnetico H in un ambiente magnetico ha l'effetto di orientare le molecole portatrici di un dipolo parallelamente a H. Una volta realizzato questo orientamento, se si sopprime (H) le molecole orientate creeranno un campo magnetico H I indotto localmente opposto a (H), da cui deriva la calamitazione dell'ambiente. Si può interpretare questo campo (H1) come risultante da una tendenza dell'ambiente ad ammortizzare l'aggressione causata dal campo induttore (H). Qui si trova probabilmente la ragione profonda dell'esistenza del significante. Il significato - l'ho detto altre volte - genera il significante: ma lo genera in generale come manifestazione. di una resistenza dell'ambiente (soggettivo) rispetto all'intrusione aggressiva di una pregnanza. Il grido d'allarme lanciato dal custode di una collettività lo libera dalla sua angoscia nel momento stesso in cui egli diffonde quest'angoscia: di qui l'effetto di diluizione e infine di ammortamento della pregnanza aggressiva. Possiamo ora affrontare il secondo punto di questo saggio: l'integrazione del ballerino individuale nella danza collettiva. L'ipotesi sarà la seguente: l'integrazione è realizzata grazie alla presenza di un campo di pregnanze H (x,t), dipendente e dalla posizìone x del ballerino, e dall'istante t. Questo campo è sincrono con la forma sonora µ (t) data dall'orchestra. Appare dunque come una estensione spazio-temporale della forma musicaleµ (t). Conosciamo i tentativi di Xenakis di spazializzare la mu- . sica: il balletto vi riesce con la presenza mobile dei ballerini e dei loro gesti e posizioni suggestive. Ci sarebbe molto da dire sul determinismo proprio del campo H, che è lontano dall'essere determinato da µ. In molti casi, il campo (H) si scinde in una molteplicità di sottocampi (in un bai musette, al suono di un valzer, ogni coppia di ballerini dà vita al suo piccolo ciclone individuale trasportato dal tempo insistente del valzer). In questi casi non si tratta di un balletto, la cui unità si esprime precisamente nel carattere irriducibile, non scomponibile del campo generatore. Questo non significa che non siano presenti determinate sc1ss1oni temporanee, volute o prescritte dal. contenuto propriamente narrativo del balletto, ma anche queste scissioni, questi choc non sono arbitrari: rientrano in uno schema dinamico globale, la cui unità, percepita in modo implicito, comunica allo spettatore il sentimento della bellezza (perché una unità narrativa è anche di natura dinamica). Questa unità dinamica è fatta di pregnanze in lotta, poiché le pregnanze, se sono qualitativamente costanti, hanno effetti spaziali localizzati estremamente variabili. Sono di natura fondamentalmente variabile e dinamica, hanno una tendenza naturale alla scissione, all'esfoliazione: una sorgente primaria induce una sorgente secondaria che può entrare in competizione con lei. Di qui una certa spartizione della loro vicinanza. Le isole di pregnanza si fragmentano, si fessurano, si assorbono, si dislocano in una dinamica incessante: come dei fluidi non mescolabili si dividono un volume chiuso, le pregnanze si urtano, si diffondono l'una nell'altra in un combattimento senza fine, ma dato che questi accidenti che mettonò in gioco delle fonti sono legati alla salienza, linguisticamente, essi danno luogo alla categoria del verbo che descrive il conflitto tra pregnanze localizzate su attanti. Vi sono sicuramente equivalenti coreografici, caratterizzati. dalle diverse figure più o meno ritualizzate nel folklore. Il carattere bidimensionale del sostrato permette d'altronde figure rotanti che sono ignote alla morfologia unidimensionale del linguaggio, oppure forme complesse inventate de novo dal coreografo. Il campo globale H(x,t) è in ogni istante una descrizione di questo conflitto permanente, pre- •senta a sua volta onde di salienza, choc, nodi di interazione. E tutto ciò si realizza ai nostri occhi nell'ordinamento finale del balletto. Ed è qui che potrebbe trovar fondamento una teoria estetica. Il campo (H) è creato dai movimenti dei ballerini: il coreografo è un «semiurgo», se mi si consente questo neologismo greco, nel senso che egli immagina mentalmente un campo, che a sua volta regolerà il movimento dei ballerini. Ma l'armonia finale del balletto risiede nella struttura dinamica profonda che assicura l'unità delle variazioni del campo. Va notato che questa struttura non è quella della forma musicale: essa è soltanto intrattenuta dalla forma musicale che gioca il ruolo di un «secondo membro», di una forza di mantenimento su questo oscillatore assai più massiccio perché spaziale, che riempie la scena di una sorta di etere mobile e elastico. Ho visto non senza emozione il balletto Il bolero di Béjart, dove la cellula ritmica del Bolero di Rave!, infinitamente ripetuta, serve a eccitare un oscillatore che a poco a poco sblocca successivamente tutti i suoi gradi di libertà, fino a giungere al limite del «caos», interrotto bruscamente dalla caduta nell'accordo finale. Vi ho visto un'illustrazione della teoria moderna della turbolenza (teoria detta di Ruelle-Takens) che genera la turbolenza nei fluidi, il caos a partire da una situazione laminare, calma e ordinata (Quest'ipotesi di un campo generatore continuo potrebbe anche essere applicata al metabolismo degli esseri viventi. Molti autori, evocando il carattere ordinato dei flussi molecolari e biochimici hanno parlato di un «ballo delle molecole» in seno alla materia vivente). L'estetica potrebbe forse essere così concepita: di fronte a una forma esterna data, lo spirito ermeneuta perpetuo cerca di immaginare il meccanismo che lo genera. Il sentimento del bello è il sentimento di un significante senza significato, di un significante alla ricerca del suo significato: ricostruire il significato, senza mai poterlo esplicitare (perché ogni esplicitazione ucciderebbe il bello ... ). Si comprenderebbe allora l'unità sempre presentita, ma mai concepita chiaramente, dello sforzo d'integrazione della conoscenza scientifica, e la scoperta mai conclusa della bellezza nell'impresa dell'artista. La sola differenza è che l'artista costruisce il suo materiale, e per gioco «finge» un campo esterno che l'organizzi, mentre nella natura fisica- o nell'universo platonico delle forme matematiche - la forma è data. In questo l'artista molto probabilmente non fa altro che continuare l'esfoliazione di queste forme-fonti, che caratterizza l'origine del linguaggio umano, e-questo grazie alle possibllità infinite di significanza delle forme spaziali. Per lo spirito che esplora i limiti dell'universo semantico, ai confini della significazione, là dove si abolisce la distanza tra significato e significante, l'opera d'arte fa vibrare le fonti organizzatrici, le più preziose, le più profonde, che sono all'origine del senso. Per questo spirito in ascolto, teso all'estremo della sua sensibilità, ogni semiurgo è un demiurgo. (Traduzione di Isabella Pezzini)

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