Alfabeta - anno VII - n. 78 - novembre 1985

ticelli ai piedi della sua muraglia di pittura. La derelizione della nudità, la derelizione del possibile o la derelizione dell'origine, la derelizione della libertà. Non possono più pensare alla molteplicità bianca. Gillette piange, abbandonata, impensabile, invisibile perché nuda. Rappresenta la facoltà nuda, indeterminata, indifferenziata, si scrutano sempre le differenze solo nell'odio e nella contesa: lo sprofondamento del tempo, lo sprofondamento del pensiero, corrono verso la determinazione. Lei è nuda, è solo possibile, piange, abbandonata, a nessuno viene l'idea di chiederle che cosa vede, lei, della bella noiseuse, se vede il quadro e cosa vede, lei, di lui, nella nebbia leggiera delle sue lacrime. Lei non si perde nel senso, lei ama. Lei inizia anche un po' ad odiare, comincia già a scendere lungo il pendio della differenza, vi mette il piede. Ecco la nudità, ecco il molteplice, e sono tutti e due dei possibili, delle capacità. Due origini: il fiume Albula, liscio, nudo e bianco e la folla romana, striata, denudata, zebrata, tigrata, mescolata. C'è il silenzio, c'è il brusio. La grande distinzione delle molteplicità si sposta: ci sono le molteplicità complesse, caotiche, insiemi a mescolanza sul bordo limite dell'ordine e del disordine, e poco importa che siano continui o discreti, ci sono grandi molteplicità bianche. La pianura piatta da una parte e il rumore del mare grigio. La notte nera dove tutto dorme e la brezza che increspa e che fa sorridere il mare. Non sono contraddittori fra loro, come si dice, come il continuo e il discreto, sono tutti e due delle fini e dei compimenti, sono tutti e due dei possibili, delle origini. Empedocle li chiamava amore e odio. Balzac li chiamava Gillette e la belle noiseuse. Non sono contraddittorie fra di loro, perché la belle noiseuse è annegata nel tutto delle contrarietà. L'amore non è il contrario o l'inverso dell'odio, poiché l'odio è l'integrale delle contraddizio'ni, o il tutto della contesa, rumore e furore. La belle noiseuse è annegata negli incompossibili. La storia e il sapere sono tutti interi annegati nel quadro folle della belle noiseuse. V'è dunque il dedifferenziato, piatto e nudo come la mano, bianco come il soggetto, fragile, sospeso, abbandonato, sul punto di nascere, c'è l'oceano della contesa, il flutto delle differenze e determinazioni. La belle noiseuse e la bella danzatrice. Calcoli Serviva un calcolatore, ci fu un ballerino che l'ottenne. Figaro, nella notte, fa scoppiare il riso. E il corto circuito dalla danza al calcolo abbagliò questo riso con un'immensa luce bianca. Forse il corpo del danzatore sarebbe un numero? E la sua nudità quel che si chiama, nel calcolo, l'incognita? Il capolavoro incognito? Cambiamo, per vederci meglio, di spazio e di tempo, andiamo in Utopia. Il re cerca un primo ministro, una sorta di preposto alle finanze, un calcolatore, un amministratore, un tesoriere. Oppure: le rane cercano un re. Tutti sanno da Nabussan, figlio -di Nabussanab, · figlio di Nabussun, figlio di Sandusna, che, per governare un paese, una scienza sublime designa il primo e l'ultimo economista del paese. Tutto il problema è nella selezione. Questo genere di cose richiede un sapere superiore, inaccessibile a coloro che conoscono solo le loro lettere. Ma fin dall'alba dei tempi, la scelta è mancata. Prima dell'arrivo in mezzo a noi del saggio Zadig, il più grande esattore fu sempre anche il più grande predone. Una popolazione, per il saccheggio, tutta per lui. Così parla Voltaire. Zadig organizza la scelta, l'elezione o la selezione. Ecco sessantaquattro candidati. Vengono vestiti di seta leggiera. Ecco i candidati, vestiti con l'abito candido e di bianca probità, tutti avvolti di possibilità. Il candidato, come indica il suo stesso nome, è bianco. Nessuno di loro è marcato dall'avvenire, nessuno ne è responsabile, il candidato è bianco come l'Albula, è all'inizio della storia, nel possibile del tempo politico, è indeterminato. Bisogna allora farlo danzare. È bianco, è nullo, è senza determinazione, dedifferenziato: è nudo, vergine, può danzare. Zadig lo fa danzare. Zadig ha ragione di farlo danzare. Zadig è un filosofo profondo, e il candidato un fantasma. Prima di entrare nella danza, attraversa una galleria in cui sono sparsi i tesori del re, e deve rimanerci un attimo. I tesori del re: oggi diremmo i conti della nazione, il prodotto nazionale lordo, o il budget, che ne so, cose del genere. Ci resta un momento, temo che non sia il momento del calcolatore. Giudicate il modo in cui danza uscito da questi mortali minuti di economia. Goffo, pesante, con la testa bassa, le braccia incollate al corpo, una certa determinazione sembra disturbarlo. Inzavorrato di differenze, non è più così candido. Chi danza è coperto della veste candida, trasparente o bianca, poco importa, è coperto di numero e d'oro. Chi_danza è cifra e segno, è ·::::: .. n~ il calcolo, è il denaro puro, il suo corpo d'astrazione, nudo e nullo, è l'equivalente generale. Voltaire, un po' leggiero, si sbaglia pesantemente. Il danzatore candido non può essere appesantito dall'oro. Quanto la testa è alta, lo sguardo franco, il corpo diritto, il garretto fermo, le braccia libere, tanto la dedifferenziazione è completa, il danzatore è assente, è altrettanto astratto del denaro e del numero. Ecco una costellazione di stelle che vanno da un punto unico, assente, alla totalità. Il denaro è privo di senso, ha tutti i sensi. È bianco e polisemico. Il denaro è il numero puro, e il calcolo nudo. Sono facoltà. Astrazione. Il danzatore è privo di senso, ha tutti i sensi. È bianco e polisemico. Il cortocircuito è accecante. No, né l'argento né il calcolo possono impedirgli di danzare. Bisognava pure che, ogni volta, un danzatore l'ottenesse. La danza è il corpo del calcolo. Sbarre Come comprendere un simile supplizio e come tollerare il dolore di queste disarticolazioni? Perché la spietatezza di queste sbarre e questa dettagliata distruzione del corpo? Perché questo ritorno forsennato alle membra disperse? Il fantasma della morte si aggira nella danza? Ho impiegato molto tempo a dimenticare la stampa del cuore e del sesso per accedere a questa nudità. La memoria tuttavia conser>1agli odori duri dell'imbroglio e restituisce la favolosa antichità della ginnastica. Da quale notte dei tempi ci riviene questa assenza? Perché questo supplizio? Per niente, alla lettera, per niente. Tecnica difficile del ritorno a zero. Cammino verso la nudità, l'indeterminazione, l'inesistenza. Più penso e meno sono io. Se penso qualcosa, sono quel qualcosa. Se penso tout court non sono più nessuno. In tutti i casi io pensatore non sono niente. Più danzo e più sono nudo, assente, calcolo e numero. La danza sta al corpo come l'esercizio di pensiero sta al soggetto detto io. Più danzo e meno sono io. Se danzo qualcosa, sono questo qualcosa, o lo significo. Quando danzo sono solo il corpo bianco della scimmia. Il segno è una trasparenza che va verso la propria designazione. Il danzatore, come il pensatore, è una freccia verso un altrove. Fa vedere altro, lo fa esistere, fa discendere un mondo assente nella presenza. Deve dunque essere assente a sua volta. Il corpo del danzatore è il corpo del possibile, è bianco, è nudo, non esiste. Questa disarticolazione è la polisemia discesa nelle membra, e queste membra sparse sono un alfabeto, un solfeggio di note. Il corpo diviene, nel migliore dei casi, indeterminato, dedifferenziato quanto una mano, una cifra, una lettera, un numero. Il danzatore è un semaforo. E il semaforo non è niente se non trasmette alcun segnale. Avete sentito qualche volta la lingua al di fuori dell'ascolto di un senso particolare? Avete mai sentito il rumore dei pensieri, al di fuori dei singoli pensieri? Avete udito la lingua nuda, il pensiero nudo, come facoltà? Il danzatore-semaforo si è dato un corpo facoltà, la pura possibilità di fare. La nudità qui non è il colmo del concreto, la presenza integrale delle singolarità individuali, il segno irrecusabile del nome proprio nel corpo proprio, la nudità qui è al contrario, il colmo dell'astratto, l'astrazione come tale, o il possibile qui attualizzato. Il corpo nudo singolare attira verso la sua propria singolarità. Esso tenta, come si dice. Il corpo nudo del danzatore significa o evoca, lo guardate senza vederlo, vi fa guardare altrove. Ancora, è Nessuno. È, alla lettera, rotto. Il piede sa andare in tutti i sensi possibili, la gamba, il braccio, la mano, ·il tronco, possono andare in tutti i sensi possibili. Il corpo è rotto in tutti i sensi dello spazio. Diventa, allora, capace di ogni senso, di ogni segno, di ogni designazione. Il corpo è diventato il jolly, la sostanza, il fautore di tutti i sensi possibili. Può dire tutto senza linguaggio. Le articolazioni del corpo sono rotte per fuggire la lingua articolata. Tutti vengono alla danza per leggere senza che si parli, per comprendere senza lingua. Sono tutti, oggi, così stanchi, così saturi, così stanchi di discorsi, di linguaggio, di scrittura. I_nfineil senso fuggitivo passa di là, silenzioso. Il corpo del danzatore è la chora platonica, la cera vergine sulla quale si scrive, il luogo puro o il posto puro, o lo spazio nudo. Chi sono io quando penso? Uno spazio nudo. Chi sono io corpo che danza? Uno spazio nudo. Non protetto da un baluardo di singolarità. Senza il soccorso di qualità. Il corpo senza qualità. L'inverso del quadro della belle noiseuse Gillette nuda. Note Non si può danzare che in musica. La musica trasporta l'universale prima del senso. La musica ha solo un senso bianco. È la lingua universale, quasi indeterminata. La musica è una lingua dedifferenziata. Il corpo indifferenza si bagna nella sonorità indeterminata. Il ritmo batte, reversibile, la lotta contro il tempo irreversibile La musica suona al di qua di ogni senso singolare. Il danzatore muove il suo corpo di segno, nello spazio occupato dai segnali prima del segno.. Corpo di ballo Io non censisco, non ho i mezzi di farne una rivista completa, io non censisco, evoco, evoco con la mano luoghi indeterminati, le cose, gli esseri indifferenziati. Li metto in piazza. Per prima si fa avanti la puttana, perché è lei che conduce la danza. È seduta all'incrocio, da dove i sensi vanno e vengono, lei danza al posto della stella, porta una coda di pavone. È vista da cento occhi, vede cento portatori di sguardi. Fa un duetto con il candidato, portatore della propria bianca probità, è in coppia con l'uomo di Stato, fantasmi bianchi delle pòlivalenze. Io evoco il balletto, io convoco in questo luogo il corpo del ballo. In effetti si tratta di un ballo, di un ballo in bianco, forse è il ballo di tutti i balli. Ulisse l'astuto brulica dappertutto. Si sparpaglia, trasparente, davanti a Polifemo, ed è polisemo, nessuno, davanti al mostro dall'unico occhio, all'inverso del pavone, e in nome del multiplo, al contrario di nessuno. Vediamo male se il Ciclope danza con diversi multipli. Ciascuno prende un posto e cede il proprio. Il soggetto senza carattere. Il soggetto senza qualità, fragile, tremante, sospende, prolifera, svanisce, brilla sul bordo dell'esistenza. Cesare donna danza con diversi mariti, Cesare marito danza con diverse donne. Evoco le assenze, le nudità, le pagine bianche, le matrici. Evoco i fantasmi che si cancellano a mano a mano che si presentano. Evoco la corte del dedifferenziato. La corte del Re, Cesare, l'uomo di Stato, primo ballerino stella in compagnia con la puttana, che trascina la sua coda di pavone. Immagino un balletto che sia il corpo del danzatore. Un balletto nudo e indeterminato come la mia mano. Dedifferenziato come il suo piede, il suo piede nudo nel mare della belle noiseuse, indifferente e nudo come il corpo della giovane Gillette. Il Re è la mano del ballerino, la puttana è il piede del ballerino, e il calcolatore è il corpo e il tronco del ballerino. Il balletto si assenta come si assenta il corpo del danzatore, membri dai cento gradi di libertà, come l'incognita = x del calcolatore si assenta, segno dai cento e dai miile valori. Balletto astratto di corpi astratti, balletto segno dei corpi del segno. Balletto coperto d'oro e d'argento, balletto privo di senso prima di ogni senso, i danzatori, la puttana e l'uomo di Stato, che decisamente non si lasciano, scambiano tra di loro simboli lisci, segni trasparenti come chiavi passepartout, oro e argento. . Entrata-uscita del calcolatore, entrata-uscita del matematico, entrata-uscita del ladro, del banchiere, del commerciante, del tesoriere, entrata-uscita del dio Hermès, portatore della lettera chiusa, della lettera rubata, della lettera priva di senso prima di ogni senso, del denaro. Balletto d'assenze e balletto di transfert, io evoco, assente, un balletto di astrazioni. Essi sono astratti perché hanno trovato la nudità. I greci hanno inventato l'astratto per aver avuto l'audacia di denudare gli dei. Entrata del ginnasta, entrata della ginnopedia, entrata dei ginnosofisti, entrata del professore di ginnastica. - 1 Essi insegnano al Re, ai Re, a trovarsi nudi, insegnano ai candidati a spogliarsi della veste bianca, insegnano alle puttane, ai calcolatori, ai matematici, ai finanzieri panciuti a spogliarsi delle loro pesanti molteplicità, a dimenticare, per una volta, le loro liti. È il senso, voi ballerete. Quando il segno perde il suo senso, quando perde tutti i sensi possibili, allora diventa segno puro, segno nudo, segno astratto, entra ancor più profondamente nel calcolo, nella matematica, nel denaro, il dio è più dio dello stesso dio. La cosa diventa numero, il numero diventa lettera, la stessa lettera è un simbolo, il logico si dedifferenzia, come se entrasse lentamente nella propria nudità. Il professore di ginnastica è il maestro del ballo, egli è maestro degli dei, dell'astrattù, è professore di candore. I greci hanno inventato il numero e la geometria per avere avuto la strana idea di questa nudità. Così il ballerino che è tutto il balletto di per sé solo è il più astratto di tutti gli uomini. Tutti si cancellano davanti a lui, tutti gli cedono il posto, lui danza. Non danza da solo, anche se danza solo. Bianco, assente, al limite dell'inesistenza, danza con un'altra assenza. Riempiendo tutto lo spazio mentre il ballerino cede sempre il suo posto, la musica, insensata, lo fa danzare, lui, segno nudo, perché lei è la lingua universale. L'armonia lo disarticola e il ritmo lo fa scorrere. Tutto il senso è scomparso dal luogo che io evoco. È uno spazio bianco. La musica trasporta l'universale prima di ogni senso, il corpo del ballerino porta l'universale del segno prima del senso. Su questa piazza, dove la ricerca ci spinge al centro del riflettore, come al centro della fascinazione, ha luogo il balletto bianco del trascendentale. Non dice che pure possibilità, non dice che nuda capacità, è il balletto del condizionale.-Le condizioni di possibilità percorrono, tavolta, la società, passano attraverso il corpo silenzio, passano attraverso la bellezza. Alba È l'ultimo ballo. Non ha argomento, non ha storia. È il ballo bianco, racconta la risalita verso Alba. Il luogo che io evoco, il posto del re, incrocio dov'è passato Cesare, spazio del calcolatore o scena del ballerino, è la piazza di Alba. Alba è la nostra origine, è la nostra matrice, è, sotto le fonda: menta della città, la città madre. È bianca, la città madre, sotto la cit-

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