e e·· e • e L'1st1tuz1oVneenezia 85 L a Mostra di Venezia, il maggiore avvenimento cinematografico del nostro paese e certamente uno dei maggiori d'Europa, soffre di una contraddizione da cui non riesce ad uscire: da un lato tende a rappresentare la condizione generale del cinema nel mondo, cioè a proporre un campione corrispondente alla realtà in cui la produzione d'immagini, anche videotelevisive, appare e si presenta su scala planetaria, dall'altro aspira a segnare una differenza rispetto a tale condizione tentando di operare scelte atte a caratterizzarsi nei confronti delle analoghe manifestazioni che agiscono sulla scena internazionale e ad assicurarsi una funzione culturale specifica. La XLII edizione di quella che storicamente è la prima mostra internazionale di cinema (di «arte cinematografica», secondo la dizione delle origini ritenuta oggi incongrua) ed è stata fino alla scossa eversiva del Sessantotto la più prestigiosa (nonostante il conformismo di alcune gestioni già le avesse inferto precedentemente durissimi colpi), ha confermato la propria incapacità di superare tale contraddizione. Anzi, in termini più esasperati (le tensioni irrisolte si fanno più acute di anno in anno) Venezia 85 ha vissuto il paradosso di un sempre più marcato adeguamento complessivo all'immaginario standardizzato in tutti i suoi aspetti, in quello del prodotto artigianale come in quello della spettacolarità diffusa ad alto impegno tecnico-industriale, accompagnato dal tentativo di tagliare trasversalmente l'omogeneità di tale universo iconico con una selezione qualitativa effettuata per linee interne. Il risultato è stato, ovviamente, quello di mancare ambedue i bersagli; di avere offerto uno spaccato dell'esistente alquanto approssimativo e di non aver registrato sostanziali acquisizioni sulla linea tesa al raggiungimento di una precisa identità culturale. Credo che sia questo il nodo fondamentale su cui si innestano oggi tutti i problemi che affliggono la Mostra veneziana, compresi quelli che si trascinano dalla crisi Vittorio B arini istituzionale apertasi alla fine degli anni Sessanta, e ad esso vanno riferite anche le critiche (quelle meditate e sostanzialmente giuste, è ovvio) rivolte all'edizione '85 della Mostra se si vuole cogliere di esse l'aspetto generale e trarne indicazioni per il futuro. Intanto va dato atto che la selezione ufficiale è stata di buon livello, con almeno dieci dei ventitré film in concorso del tutto degni di parteciparvi (ma già si può obiettare, assumendo rigorosamente il punto di vista della qualità, perché allora non selezionare solo quei dieci). Analogamente bisogna riconoscere che il verdetto della giuria è stato ineccepibile (anche qui i • più intransigenti po&sono, con qualche ragione, osservare che però si è troppo abbondato nel distribuire premi). Inoltre si deve confermare la validità della «Settimana internazionale della critica», sezione autonomamente diretta dai critici cinematografici (ma a Cannes esiste una sezione analoga dal 1969). E si potrebbe continuare se tutto questo avesse un significato ai fini di qualificare la Mostra nei confronti delle altre grandi istituzioni festivaliere, invece di essere semplicemente un merito di questa edizione (ben venga, naturalmente) che lascia inalterata la questione di fondo. La questione di fondo è, ovviamente, la crisi di identità che la Mostra ha subito con la contestazione antistituzionale e che non ha ancora risolto, crisi certamente aggravata da una inadeguatezza drammatica della sede e dalla as:. soluta mancanza cielretroterra necessario ad ospitare oggi un festival di quelle dimensioni. Mentre nella rivolta sessantottesca Cannes e Berlino colgono immediatamente l'occasione per rinnovarsi, Venezia si trascina a lungo in attesa di una riforma che, quando giunge, rischia di affossare definitivamente la manifestazione. Intanto, siamo alla fine degli anni Settanta, il cinema è divenuto la rappresentazione spettacolare del mondo e si è affermata quella cinefilia di massa che paradossalmente, ma non tanto a ben guardare, accompagna la lunga crisi del cinema e il proliferare indiscriminato dei festival. La direzione Lizzani, che riporta la Mostra nella compagine internazionale dei festival, si sforza di caratterizzarla in senso istituzionale avviando un interessi;lntetentativo di assegnare alla manifestazione, attraverso le attività decentrate e i progetti speciali, una funzione permanente da svolgersi tendenzialmente durante tutto l'anno su tutto il territorio nazionale. La successiva gestione, quella attuale di Rondi, sceglie un'altra direzione: concentrare tutte le energie sulla tradizionale rassegna di fine agosto al Lido rafforzandone gli aspetti più tipicamente festivalieri e contemporaneamente cercando di riallacciarsi alla tradizione artistica vantata dalla MoCaroleTarantellii:o, Ezioe i terroristiM. ilano1975,l'irreparabildeistanza. "CasoTortora"e "casogiustizia".Specialesul7 Aprile,aspettandoil processod'appello. Glipsichiatrei la legge.I separatistii, complotti,lo stato.Lapoesia,l'evasione Scrittidi BronziniC, acciari,Caggegi,Canevacci,Castel,Castellano,Cellerino, Ocerchia,ConversoC, uri,I.>eLeonardis,Di FrancescoD, ominijanniD, onà, FattoriniF, errajoliF, oti,FrancioniF, usini, Gallini, GentiloniI,acoboniL, anger, MajorinoM, anconiM, ereu,MorettiM, osca,Novak,OnoratoP, alma,Papa, · Pizzo, Portelli,Priulla,QuinzioR, OS&UldRau,ggieroS, chiera,Violante, Vmo, VJSaggiAbbonamentoannuoL. 20.000;sostenitorLe . 50.000;esteroL. 35.000- e/ e p. n. 5066S<XiXnt>estatao«ANTIGONE» e/oCoop.va«Ilmanifestoann'8i0»viadiRioetta<. i6-00186Roma N. 3-4 ~~::~·~.~ esb1te-autunno 1985- Nelleedicole e nellelbrerie·. li.-e 5.000
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