U no psicoanalista sceglie di non usare più i termini tecnici del vocabolario analitico, e scrive di psicoanalisi con le parole della lingua quotidiana, o di quella letteraria. Un altro analista cerca la verità di un celebre caso clinico semplicemente raccontandone la vita e l'analisi, come un romanzo. Un terzo psicoanalista lavora sulla registrazione delle sedute come se fossero testi, giacché la psicoanalisi non è una terapia medica, ma un intreccio di narrazioni, una conversazione che deve essere il più f e/ice possibile. Un musicista non si serve più del materiale sonoro dell'avanguardia musicale, e inserisce in forme classiche i suoni della musica di consumo. Un antropologo osserva il bizzarro rituale di alcuni etiopi che si mettono del burro sulla testa, non ne capisce niente attraverso le interpretazioni classiche, scopre che un simbolo non significa nulla, e che è un dispositivo mentale per improvvisare su qualunque materiale. Uno studioso di intelligenze artificiali giunge alla conclusione che il pensiero non opera per frasi dotate di senso come quelle della logica, ma per scelte successive e imprevedibili, guidate da una specie di «orecchio» mentale. Un neurofisiologo scopre che la mente non funziona sul modello del linguaggio, che non pensiamo per significati, ma in qualche altro modo imprendibile e multiplo, che somiglia più all'improvvisazione, alla letteratura, o alla musica. Questi personaggi disparati esprimono un movimento importante nella storia delle idee di questi anni. Le parole decisive delle avanguardie storiche (la psicoanalisi classica, la. musica di Darmstadt, lo strutturalismo linguistico... ) sembrano avviarsi allo spegnimento. L'ascolto psicoanalitico sta stretto nelle parole magiche della metapsicologia psicoanalitica. Il paesaggio sonoro del consumo straborda dai confini della musica radicale. Il modello del linguaggio e quello del significato sembrano sempre più angusti per rendere conto del dispositivo simbolico e del funzionamento del pensiero. Credo che la psicoanalisi, la musica, lo studio del simbolo e della mente trovino sempre meno respiro nelle maglie di un pensiero scientifico che procede per selezione, governo e riduzione. Mi sembra che questi saperi sperimentino da tempo altri modelli: un pensiero in cui tutto va bene rispetto a uno aristocratico, un pensiero in ascolto rispetto a uno che governa, un pensiero che narra rispetto a uno che riduce. Forse, un pensiero musicale. Elvio Fachinelli ha percepito l'usura delle parole psicoanalitiche, terminologia irrigidita «che spesso impedisce, anziché facilitare, la comprensione delle situazioni concrete». Le parole della lingua quotidiana o letteraria sembrano più vitali e prossime ali'esperienza analitica. Quelle della terminologia psicoanalitica rischiano l'opacità. Masud Khan, psicoanalista indiano allievo di Winnicott, ha raccontato un celebre caso con la verità e l'eleganza di un breve romanzo. Le incursioni teoriche sono stringate, mentre lo spazio maggiore è occupato dai dialoghi in analisi e dal racconto di una vita. Il dolore e la gratitudine dello psicoanalista, lo snodarsi autentico e indecidibile dell'esiPolemichienmusica. stenza del paziente, prendono corpo attraversouna narrazione emozionante. La comprensione analitica sembra farsi acuta e concreta per le vie di intuizioni quasi letterarie. Secondo Giampaolo Lai, l'istituzione psicoanalitica rischia di trasformarsi in accademia, e il suo linguaggio in un gergo che ormai parla a se stesso. L'analisi non è un'ortopedia per la guarigione, né un luogo dove le teorie si sostituiscano all'ascolto. La psicoanalisi è un incrocio di racconti che producano la minore infelicità possibile, una conversazione che sia, più che si può, felice. Il modello letterario diventa allora un interlocutore per una psicoanalisi che cerca uno stile più trasparente, e parole più evocative. L a polemica in musica tra «neoromantici» e avanguardia storica percorre tragitti analoghi, con esiti diversi. I suoni colti dei padri musicali, le loro proce(i,ure formali algebriche, la struttura severa delle loro opere, Novembre 1985 Numero 29 Anno 3 Lire4.000 Editore Media Presse srl Via Nino Bixio. 30 20129 Milano Spedi1ione in abbonamento postale gruppo 111/70 Printed in Italy Denis Gaita labirinto mentale, o di afferrare questa partitura segreta del pensiero. Anche gli studiosi di intelligenza artificiale e i neurofisiologi sono approdati a conclusioni analoghe. Marvin Minsky ha dimostrato che la mente non funziona per «proposizioni», come la matematica o il linguaggio, in cui ogni tratto forma/e può avere un significato, ma per «reti» di rappresentazioni mentali che intrecciano qualunque informazione, compresi l'arbitrario, l'inconscio e lo stile personale. Jean-Pierre Chan- • geux ci ha spiegato che un modello della corteccia cerebrale costituito da «moduli», «unità ripetute, geometricamente definite» di cellule, porta poco lontano. Il cervello sembra costruito non tanto per unità sequenziali compatte, divise per funzioni, e in definitiva per significati, quanto per «cristalli» che organizzazno gli elementi in una rete, in cui ci sono vie privilegiate, ma dove è tutto possibile. C'è un filo, mi sembra, che perScienz.a &perienza ,\1en.,.,ilca cura delfa c·,u,p('rat1,·t1 .\'uon, S,iJJ('T(' Nuovicasidi cancroda lavoro Ci si può laureareda verdi? Il computersfidala scuola Tra giocoe studio Dal I di ogni mese in tutte le edicole e nelle migliori librerie griglia per un pensiero di cambiamento, appaiono distanti alla nuova generazione. I neoromantici mettono insieme le sonorità della musica di consumo e la nostal- • gia per le strutture classiche, in uno sconcertante misto di Prokofiev e Duran Duran che rivendica alla musica espressione e piacere. L'alternativa alla sterilità del/'accademia sembra dunque l'immersione in una curiosità poco differenziata per un paesaggio sonoro in cui «tutto può andar bene», anche il consumo, o la nostalgia. Su tutt'altri registri, l'interpretazione del simbolo ha subito un ri- • ba/lamento per certi versi analogo a questi movimenti. Dan Sperber, di fronte a un bizzarro rito dei Dorze in Etiopia, ha sperimentato l'insufficienza delle interpretazioni classiche. Quella psicoanalitica è troppo stretta, quella strutturalista troppo larga. Il simbolo allora non è più un segno forte da svelare una volta per tutte, o un elemento da inserire in un sistema di opposizioni che spieghi tutto. Si trattaforse della messa in moto di un pensiero non discorsivo che evoca e improvvisa. Il burro sulla testa dei Dorze non «significa» nulla, ma innesca una catena di rappresentazioni mentali impÒrtanti, pescate in qualunque repertorio della memoria, del mito o del corpo. Non è possibile allora un'interpretazione finale, ma solo il tentativo di ripercorrere questo corre questi movimenti delle idee, a livelli diversi, e con risultati alterni: una specie di pensiero musicale. Molti psicoanalisti guardano con sospetto alle sistematizzazioni e ai formulari del repertorio psicoanalitico, dove ad esempio il kleinismo rischia di diventare una mitologia rigida, e Bion un mazzetto di formule buone per tutto. L'analista, allora, cerca di non gravare l'ascolto con teorie che dimostrino se stesse, ma piuttosto di esercitare un «orecchio» disponibile a tutto. Non si tratta di ingabbiare eventi mentali indecidibili nelle parole consumate di un sapere costante, ma d?'lasciarli parlare, e di trovare le parole più nuove per pensarli, per trasformarli, senza tradirne la musica segreta. E proprio in nome di una musica segreta da restaurare, i giovani musicisti neoromantici decretano spenti e solitari [ suoni dell'avanguardia musicale storica, e ne cercano di più vitali e condivisi nella musjca di consumo, o in nostalgie classiche. La musica, qui, sembra sganciarsi da un impegno quasi etico, per lasciarsi andare a un ascolto curioso e indiscriminato, dove qualunque materiale musicale può «cantare». Anche la nuova antropologia, e la recente filosofia della mente, costruiscono, del dispositivo simbolico, un modello che si ispira più al canto che al discorso. Il simbolo innesca un orecchio mentale che evoca rappresentazioni per assonanze poco spiegabili linguisticamente. L 'organizzazione del cervello somiglia più a una partitura che a una frase. Lo stile del pensiero è più vicino alla musica che non al linguaggio discorsivo. Si profila insomma un quadro in cui la scien- • za pensa come un romanzo, e la mente funziona come la musica. Q uando mi metto in una posizione di_ascol~o,d~fronte a un paziente in psicoterapia o a una musica, è in gioco un mio orecchio mentale che coglie le stonature e l'inautentico, che riconosce ciò che ritorna e ciò che è inatteso. Lo psicoterapeuta, lo psicoanalista, ascoltano in un modo simile a quello del musicologo o dello studioso di simboli. In sintonia con i modelli dell'intelligenza artificiale o della neuropsicologia, non pensiamo per moduli di significati, o per proposizioni f ornite di senso, ma per reti di rappresentazioni molteplici e intrecciate come una partitura, segrete ma necessariecome la musica. Se, allora, lo strumento principale di questo pensiero musicale è una specie di orecchio della mente, lo psicoanalista dovrà bazzicare molte storie possibili, frequPr;.tare più simboli che può del paesaggio in cui vive e lavora. Sarà curioso di canzonette di successo, di immagini condivise, di mitologie sul- ['onda, della musica e delle parole che sente nell'aria. Si tratteràdi un ascolto poco aristocratico, in cui, letteralmente, tutto può andar bene. E per cogliere l'autentico e il nuovo che il mondo interno offre a questo ascolto, bisognerà trovare parole impreviste, magari quelle quotidiane, o quelle letterarie. Il musicista cerca qui e là nel paesaggio sonoro che lo circonda i simboli musicali meno spenti e più in sintonia con il tempo. Che si tratti di Rave/, o degli Eurythmics, non sarà questione di elaborare strutture forma/i radicali che fondino un altro mondo musicale possibile, magari negativo, o sovversivo, ma forse soltanto di curiosare in qualunque repertorio sonoro, e di elaborarne una sorta di pasticcio, purché alluda a qualcosa di vitale per chi vive in questo paesaggio. L'antropologo, e lo studioso di simboli, non intendono governare e ridurre un mito o un rituale a un modello semantico, in cui un tratto sta per un significato. Se il mondo simbolico (come quello musicale) non ha un dizionario possibile, in cui qualcosa significhi qualcos'altro, diventa necessario percorrerne gli incroci senza una guida strettamente linguistica, facendo appello, ancora, più a un orecchio evocativo della mente che non alle sue mappe discorsive. E quel che manca a un modello di intelligenza artificiale o di attività cerebrale fondato sulla proposizione e sul linguaggio discorsivo, sarà forse proprio la capacità di costruire polifonie, o di procedere per modulazione piuttosto che per segnali discreti, ciò che è proprio, insomma, dal pensiero·musicale. Ma, se per cercarela musica delle cose tuttopuò andar bene, non è detto poi che qualunque partitura ne esca sia importante. La sospensione di ogni riduzione teorica, o l'affidamento a un orecchio indifferenziato, può produrre una confusione estetizzante, o nascondere un'altra teoria rigida. Così, ad esempio, la provocazione di Lai rischia di trasformare la psicoanalisi in una psicoterapia della comunicazione vagamente letteraria. E le provocazioni dei musicisti neoromantici rischiano di rifluire né più né meno che nel mercato, consumistico o neoclassico. Niente di male, voglio dire, soprattutto se tutto va bene, ma certe nuove parole corrono ti pericolo di sembrare molto nuove e di avere poco spessore simbolico. Il pericolo, insomma, è quello di opporre a simboli spenti un'ideologia troppo accesa, o simboli dal fuoco breve. La .storia delle idee non si snoda solo per costellazioni simboliche di volta in volta in sintonia con il tempo, come nel mercato culturale. Se è vero che tutto può andar bene per ascoltare il mondo, non tu(te le musiche sono decisiveper capirlo. È importante rendere l'orecchio mentale disponibile per ascoltarne il più possibile, ma anche per coglierne quelle più appassionate, in cui non si riconosce continuamente qualcosa che si sapeva già, ma si inventa qualcos'altro. Nota bibliografica Un sommario repertorio per rintracciare i personaggi e le ricerche di cui parlo (e di cui non dovrebbe sfuggirela singolarità, e la specificità, anche in un discorso interdisciplinare così disparato) può essere il seguente. Elvio Fachinelli, Premessa a La freccia ferma. Tre tentativi di annullare il tempo, L'Erba voglio, Milano 1979. Masud Khan, Prisons, «Nouvelle Revue de Psychanalyse», n. 30; Le destin, Gallimard, Paris. 1984~Giampaolo Lai, La conversazione felice, Il Saggiatore, Milano 1985. La polemica musicale tra «neoromantici» e avanguardia storica (che oppone, tanto per fare qualche nome, Marco Tutino, Lorenzo Ferrero o Carlo Galante in Italia, a Franco Donatoni, Giacomo Manzoni o Brian Ferneyhoùgh) si sviluppa attraverso esecuzioni e dibattiti a partire da una lettera-manifesto di Tutino apparsa su Musica/Realtà, n. 4, aprile 1981. Dan Sperber, Le symbolisme en général, Hermann, Paris 1974, tr. it. di F. Zanelli Quarantini e M. V. Malvano, Per una teoria del simbolismo. Una ricerca antropologica, Einaudi, Torino 1981. Marvin Minsky, Frame-System Theory, 1975, cit. nell'intervista di G. Tqnfoni a Minsky, «L'intelligenza artificiale», Alfabeta n. 46, marzo 1983. Jean-Pierre Changeux, L'homme neuronal, Librairie Arthème Fayard, Paris 1983, tr. it. di C. Sughi, L'uomo neuronale, Feltrinelli, Milano 1983. Johnson,Laird, Mental Models, 1983, cit. in Giovanni Jervis, «Le vecchie debolezze», Alfabeta n. 64, settembre 1984.
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