Alfabeta - anno VII - n. 78 - novembre 1985

Democrazisaenzaledonne Christine Fauré La démocratie sans les femmes. Essai sur le libéralisme en France Paris, Puf, 1985 S i è spesso attribuito a Fourier l'uso primigenio della parola «femminismo», dato che la sua teoria dei quattro movimenti si fonda sul principio del rinnovamento sociale attraverso l'uguaglianza dei sessi (cosa che non sarebbe possibile senza una radicale trasformazione della condizione femminile): ma l'innovazione linguistica non si trova realmente nel testo di Fourier. Sicuramente il vocabolo apparve in Francia nel 1892, quando si tenne il Congresso delle Società femministe. Quindi contemporaneo - se non originato dal protosocialismo- allo sbocciare del socialismo contemporaneo. Ora, se è vero che è importante che la storia del femminismo non sia una storia astratta dagli altri movimenti politici (come dice Geneviève Fraisse nel suo articolo «Singularité féministe. Historiographie critique de l'histoire du féminisme en France», in Une histoire des femmes est-ellepossible? a cura di Michelle Perrot, Ed. Rivages, 1984), pare troppo spesso naturale pescare nella storia dei movimenti socialisti per studiare il movimento femminista. Una questione di «ismi»o un'alleanza reale? Christine Fauré, nel suo libro La démocratie sans les femmes. Essai sur le libéra/isme en France, Puf 1985,contesta questa alleanza «ragionevole». Il movimento operaio francese (il movimento operaio in generale, fatta qualche nobile eccezione postrivoluzionaria, subito sepolta) non fu per niente partigiano di una divisione del lavoro e di responsabilità pubbliche tra uomini e donne, continuando invece a sostenere che la vita famigliare era il solo terreno naturale delle donne. La storia dei partiti socialisti riproduce questa divisione sociale e politica senza tentare di modificarne il corso. Più che di un'alleanza si tratta di turbamenti, di variazioni portate dall'elemento femminile nel cuore dell'ideologia socialista. Christine si domanda, ad esempio: «Come fu possibile, e accettato, che il partito socialista (in Francia), dopo aver militato un quarto di secolo in favore del suffragio femminile, una volta al potere rinneghi il suo impegno e si rifugi sotto le ali dell'autorità del Senato?». Ricordiamo l'atteggiamento del Fronte Popolare nel 1936che cooptò tre donne nel governo per evitare di dare all'insieme della popolazione femminile del paese (considerata sotto l'influenza del clero) il diritto di voto. Ed è in ogni caso largamente diffusa la condanna, in nome della lotta di classe, del principio della solidarietà tra donne propugnata dal femminismo, da parte del soçialismo scientifico. Il femminismo si situerebbe allora «tra i discendenti di un liberalismo filosoficoche la Rivoluzione francese contribuì a sviluppare, ma anche a rivoltare contro i propri artefici, e che ebbe origine nel XVI secolo, nella formazione del consenso nazionale»? Secondo Christine Fauré, sì; per apprezzare l'apporto del movimento femminista alla costruzione del mondo moderno e contemporaneo, la questione delle· sue ongm1 come espressione politica appare inevitabile. Diventa importante, fondamentale ritrovare le tracce manifeste di un pensiero che si erge contro l'ingiustizia del destino femminile e promuove le condizioni del cambiamento; anche se sarebbe sicuramente assurdo accreditare l'esistenza di un continuum storico dal XVI secolo ai nostri giorni. Bisogna comunque trovare, secondo Christine, un qualche contatto tra le grandi correnti di pensiero e l'espressione individuale o collettiva delle donne che hanno segnato il corso dei secoli con una costanza molte volte sconosciuta. U na voce che invita a guardare indietro, oltre gli «ismi», la ritroviamo in Luisa Muraro nel suo bel libro su Guglielma e Manfreda, le due donne all'origine dell'eresia dei Guglielmiti (fine del XIII secolo). (Luisa Muraro, Guglielma e Manfreda, storia di un'eresia femminista, Ed. La Tartaruga, 1985) «... Ma la ragione storica del femminismo è più antica della parola e oltrepassa la cultura in cui la parola fu coniata. La ragione del femminismo sono quelle donne che vedono e non accettano la subordinazione del loro sesso a quello maschile, il fatto che gli esseri umani femminili siano tenuti socialmente ad accordare i propri interessi a quelli dell'altro sesso». Luisa riafferma con passione la volontà d'esistenza non subordinata delle donne come qualcosa di iscritto inc!elebilmente nelle trasformazioni della società. Ed è vero che solo a partire da questo punto di vista è possibile ritrovare le donne nella storia, il loro essere, il loro esistere per sé e non in funzione di eventi e rapporti che esse mai hanno potuto determinare; e anche il loro contributo specifico al cambiamento sociale, allo sviluppo del pensiero, all'edificazione della democrazia. Quello che Luisa dice nell'introduzione e che poi esemplifica così bene nell'accurata descrizione del caso specifico, utilizzando le metodiche storiografiche più moderne (immagini, indagini sul terreno, modi di vita quotidiana), Christine Fal.Yélo esalta durante tutto un periodo storico piuttosto importante, cercando di ritrovare, come Luisa, un'identità culturale Alisa Del Re delle donne per cogliere il senso di una presenza quasi sempre ignorata, comunque misconosciuta e sicuramente sottovalutata. Il percorso di Christine Fauré è molto lungo e non privo di «salti» storici, cosa che rende talvolta la lettura non agevole: ma ha senso cercare ogni volta una continuità se questa non c'è? Sappiamo che le donne godettero di periodi di relativa libertà, non sempre in quanto «donne», sovente in quanto appartenenti a classi privilegiate; a questi periodi fecero seguito altri, più oscuri, dove la libertà d'espressione per le donne era nulla, come la possibilità di partecipare al potere, o più semplicemente di conoscerne i meccanismi, o ancora più banalmente di adire la cultura dominante. Vorrei comunque fare un breve excursus storico, seguendo il percorso di Christine: in primo luogo perché in questo libro estremamente colto ogni periodo ha un interesse in sé; in secondo luogo perché ogni coraggioso tentativo di ritrovare un contributo delle donne alla storia delle idee quale ci è sempre stata imposta (cioè come storia del pensiero maschile) urta contro una tale massa di difficoltà e di omissioni (a meno che non si voglia sostenere che le donne non hanno mai «pensato» politicamente) da scoraggiare chiunque: questo libro quindi rappresenta, non fosse solo che per l'argomento, una novità. Si parte da Christine de Pisan (XV sec.), cui si attribuisce tradizionalmente l'atto di nascita politico del femminismo, visto che difese la dignità della donna contro i primi umanisti (Jean de Meun) che predicavano una specie di libertinaggio sessuale: non è certo però che questo corrispondesse a un desiderio di trasformazione del mond~ Nel XVI sec., il calvinismo si dimostrò favorevole alla complementarietà dei sessi nella coppia: in questo modo rompeva con la tradizione ascetica di Roma; le successivepersecuzioni, dividendo la società del tempo e la rappresentazione del potere politico, fondarono le condizioni per una esigenza d1libertà e di uguaglianza tra le persone. Nello stesso periodo, comunque, viene scritto da Bodin, giurista liberale, partigiano della libertà di coscienza in materia religiosa, democratico per l'idea che si faceva del controllo del sovrano da parte dei sudditi, La Démocratie des Sorciers, libro utilizzato dai tribunali reali per mandare a morte migliaia di sorciers, che principalmente erano donne: R are furono le donne che s'imposero in questo secolo, pur effervescente sul piano delle concezioni politiche: Christine Fauré cita Mille de Gournay, figliastra di Montaigne, che scrisse un trattato sull'uguaglianza dei sessi, intendendo rompere con la celebrazione delle qualità femminili. Questo trattato, che rinviava la femminilità alla sua umanità era il corollario di una teoria politica che giustificava il tirannicidio o il diritto per il suddito di sbarazzarsi di un sovrano ingiusto. Poulain de la Barre, teologo nello stesso tempo cartesiano e riformato, autore di tre opere che parlano della condizione femminile, estende alle donne la sua aspirazione a una società più giusta di quella che l~ sua condizione di proscritto gli imponeva. Il protestantesimo non fu il solo vettore di questo femminismo egalitario; la Controriforma trovò, in Gabrielle Suchon, religiosa di Semur, e autrice di un trattato di morale e di politica sulle capacità femminili, una voce ·direttamente uscita da una tradizione patriottica, che sviluppa tesi in fondo vicine a quelle di Poulain de la Barre. Il fondatore del pensiero liberale moderno, Montesquieu, esaltò nella monarchia le condizioni istituzionali della libertà. Per il filosofo, la vanità femminile, il gusto del lusso diventavano un valore positivo, un «uso che si fa di ciò che si possiede di libertà», e che un governo ha come scopo di accrescere per la sicurezza che fa regnare nella società. Il governo monarchico, tanto a livello di istituzioni che a livello delle persone, privilegiava l'idea di libertà rispetto a quella di uguaglianza, e Montesquieu su questo punto, da monarchico illuminato, si opponeva al repubblicanesimo intransigente di Rousseau. Per quest'ultimo l'ideale di una virtù repubblicana, garante di un'uguaglianza individuale, era stato spezzato dall'accumulazione delle ricchezze, e l'archetipo della donna naturalmente virtuosa, antitesi delle creazioni artificiali che produceva il secolo, gli si impose all'immaginazione. Ritrovando nella famiglia il modello iniziale delle società politiche, Rousseau ci trasmette sulle donne un discorso di dominazione, concependo per la Sofia di Emilio una dipendenza naturale della donna riguardo al suo futuro marito e pedagogo. Contrariamente ai suoi predecessori, il marchese di Condorcet prese parte ad avvenimenti rivoluzionari. Alla vigilia della Rivoluzione, partigiano dei diritti naturali dell'uomo, vi incluse il diritto delle_donne di essere cittadine. Nel luglio 1790 il suo saggio sull'ammissione delle donne al diritto di cittadinanza coronava il suo percorso liberale. Purtroppo nel suo progetto di costituzione del 1793il diritto di cittadinanza spariva, mentre ancora nella sua dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789l'uguaglianza dei sessi era mantenuta. ' E difficile trovare sul piano della teoria politica donne dello stesso spessore dei filosofi citati. Christine Fauré cita l'opera di Mlle de Lézardière che si preoccupò, seguendo Montesquieu, di ritrovare i fondamenti liberali del patto reale con la nazione francese, ma manifestò un'indifferenza totale alla discriminazione politica del suo sesso. Le donne che si staccarono durante la rivoluzione dal plotone delle anonime furono spinte da un desiderio irresistibile di pesare sugli avvenimenti e di segnare la loro epoca con le loro iniziative. 0lympe de Gouges volle creare lo strumento di una solidarietà nazione, Mlle Jodin una legislazione civile per le donne, Théroigne de Méricourt armare la popolazione femminile. Questi progetti diedero talvolta luogo a testi che fecero epoca nella storia delle idee. Tale è il caso della Dichiarazione dei diritti della donna e del cittadino. Il dilemma della Rivoluzione era chiaramente posto: l'avvento del razionalismo aveva dato alle donne la possibilità di una liberazione, la rivoluzione politica toglieva alle donne ogni speranza di libertà. Quando all'inizio del XIX secolo, con Mme de Stael, Benjamin Constant, Alexis de Tocqueville, il liberalesimo si diede forma come ideologia politica, le potenzialità politiche dell'emancipazione femminile erano scomparse, erano uscite dal campo delle preoccupazioni. Le donne ormai erano divenute le universalmente incapaci di cui il codice civile e la costituzione avevano definito la sorte. Un secolo e mezzo dopo le donne hanno ancora grandi pàssi da percorrere nella ricerca di una rappresentanza femminile nelle istituzioni democratiche del paese, molte cose da definire a livello di uguaglianza di di- ~ ritti, di libertà. c::s Ma c'è un interesse delle donne •5 g,<> a essere cittadine? O le loro richie- ~ ste di diritti civili non nascondono ~ °' qualcosa di"più sovversivo? Den- ...., tro un mondo maschile la cittadina ~ .e:, non può che essere un neutro (Sottosopra, Più donne che uomiE ~ ;::.. e:, I:! ni, 1982): se la richiesta di uguaglianza significa un riconoscimen- ~ to di sé, allora tutti i cambiamenti sono possibili.

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