ne politica hanno indubbiamente incorporato il presupposto dellà crescita illimitata come presupposto di progresso e di «felicità». Ambedue si sono presentate come filosofie globali; capaci cioè di dare risposta definitiva al problema della sopravvivenza con gli stessi modi in ogni parte del mondo. Ma l'illusione è caduta negli anni '60. La «nuova frontiera» di Kennedy ed il comunismo a portata di mano di Krusciov si sono, in un certo senso, reciprocamente elisi. Ciò che è avvenuto è stato invece un aumento considerevole delle disuguaglianze su scala mondiale e la perenne condizione di povertà ai limiti della sopravvivenza della maggioranza della popolazione. Il che determina una situazione apparentemente irrisolvibile. Per-. ché se dovessimo ritenere desiderabile per quella parte del mondo un livello di vita paragonabile al nostro, fatto non contestabile dal punto di vis_taetico, incorreremmo nel primo caso ossia l'impossibilità di una crescita quantitativa globale di tali dimensioni. Se invece assumessimo l'ipotesi di un arresto della crescita nelle condizioni presenti dovremmo implicitamente rinunciare all'obbiettivo di un'emancipazione globale e rendere Aldo Gargani Lo stupore e il caso Bari, Laterza, 1985 pp. 212, lire 20.000 ' E possibile riassumere in alcuni punti i passaggi che guidano, nel «secondo» Wittgenstein, dall'abbandono della teoria denotativa del linguaggio al riconoscimento del ruolo dell'intenzionalità negli atti conoscitivi (almeno secondo alcune tesi sostenute da Gargani in Lo stupore e il caso). 1. Per il «secondo» Wittgenstein (distinto per comodità dal «primo», anche se tale distinzione è tutt'altro che rigida) non esistono regole universalmente valide che guidino l'uso del linguaggio (ed, estensivamente, di linguaggi specialistici come quello scientifico), né la concezione del linguaggio è di carattere denotativo (vero-funzionale) (G. Di Giacomo: «La nozione di uso e la funzione della filosofia in Wittgenstein», in Ludwig Wittgenstein e la cultura contemporanea (a cura di A. Gargani), Longo, Ravenna, 1983). 2. La corretta applicazione delle regole di un gioco (inclusi i giochi linguistici)non può essere riconosciuta attraverso il confronto con un modello universale e astratto, bensì osservata nel comportamento di chi pratica quel gioco; io concordo con un altro (in · quanto riconosco che applica correttamente le regole), semplicemente ed esclusivamente perché lo identifico come membro della comunità (linguistica) cui io stesso ;:::; appartengo, ovvero come parteci- <::s pante alla mia stessa forma di vita -~ (la concordanza tra gli uomini non I:). è una concordanza delle opinioni, ~ ma della forma di vita). ~ 3. C'è quindi un limite alla ~ esplicitazione delle regole di un ,-C:) 5 gioco; è piuttosto presente un rap5 porto interattivo tra regole esplici- ~ te e contesto implicito del loro ~ uso, definito da una forma di vita (Cfr. ancora G. Di Giacomo). 4. Forma di vita, contesto implicito, uso del linguaggio (pragmatica della comunicazione) coinvece permanenti le disuguaglianze attuali. Il ragionamento è sintetico ma, spero, chiaro. O si accetta l'idea di un limite ecofisico alle possibilità della crescita o si ignora la lezione fondamentale su cui si basa la cultura ambientalista di questo quindicennio. Innovazioni tecnologiche orientate prevalentemente nella direzione dell'ottenimento di un'ulteriore fase di crescita possono alimentare qualche illusione, ma non assolutamente risolvere il problema. Rispetto a questa situazione l'impostazione teorica della sinistra è deficitaria da lungo tempo per lo meno rispetto a due punti decisivi. Primo: la fiducia in uno sviluppo illimitato delle forze produttive; secondo: la funzione generale che in tale direzione può essere svolta dal soggetto storico preposto al raggiungimento di tale obiettivo: la classe operaia. Due presupposti teorici formatisi dentro la rivoluzione tecnologica e sociale provocata dalla rivoluzione industriale. Alla quale viene però a mancare una delle condizioni «di contorno» decisive: la disponibilità illimitata di risorse. Il fallimento dell'esportabilità sia del socialismo realizzato che stituiscono un a priori della conoscenza, che precede la possibilità di ogni esperienza. 5. Se il riconoscimento della correttezza d'applicazione delle regole è fondato su un criterio pragmatico e antropologico (osservare piuttosto che pensare), l'applicazione delle regole stesse implica l'esercizio di un atto intenzionale. Il significato di una proposizione (che nella concezione denotati va del Tractatus era definito dalle condizioni di verificazione della proposizione) è ora identificato con il suo uso: il significato è l'uso. «In questa nuova concezione un ruolo fondamentale è esercitato dagli atti intenzionali (... ), al punto che Wittgenstein arriva a dire che "se si esclude l'elemento dell'intenzione dal linguaggio, crolla il suo intero funzionamento"» (A. Gargani: Lo stupore e il caso, Laterza, Bari, 1985, pp. 159-160). Il tramite tra uso del linguaggioe intenzionalità è costituito dai concetti di fisionomia e di relazione interna. «Vedere e interpretare consistono nello scoprire una possibilità, e la possibilità consiste nell'attività di connettere un tratto della vita umana con altri tratti che fanno parte della nostra espedel capitalismo realizzato è in buona parte qui. Una spinta illimitata verso la crescita in una situazione di risorse limitate implica necessariamente la disuguaglianza. Chi è più forte si appropria della parte maggiore della torta. E questo spiega anche perché le disuguaglianze tendano ad aumentare. Accrescendosi infatti ad una velocità sempre minore la disponibilità di risorse, aumenta invece più velocemente la parte di essa di cui si appropria chi è più forte. E eco quindi che i tempi lunghi di una possibile rottura globale coincidono con i tempi già presenti dei conflitti mondiali provocati dalle forme d'appropriazione e d'uso delle risorse. Con una specifica novità: che in questo ventennio si è reso evidente anche nella parte privilegiata del mondo un processo di impoverimento legato alla degradazione ambientale. L'economia della crescita assicura vantaggi notevoli, ma produce una contraddizione ambientale di non poco conto. La perdita di qualità di tale componente costituisce anzi probabilmente il più importante fenomeno di impoverimento reale di questo secolo. Si depaupera, per altro, il bene colrienza passata e interiore. Vedere è connettere, e potremmo anche dire: vedere è lo scoprire la relazione interna che lega un oggetto, un atteggiamento ad un altro oggetto, ad un altro atteggiamento» (p. 185). Detto in altro modo, l'aspettativa di conoscenza originante da un movimento intenzionale di ricerca viene soddisfatta dallo scoprire una connessione formale tra i fatti (fisionomia), tale da costituire una rappresentazione perspicua di essi. In tal modo, secondo Gargani, «caso, attitudine etica, motivazione, capacità di fare esperienza sono tratti tra loro solidali» (p. 19), ove il riferimento al caso sta a indicare il «cogliere nuove possibilità entro una codificazione del mondo, delle situazioni ordinarie della vita». 11 nesso tra assenza di una regola universale che consenta di valutare la correttezza dell'uso del linguaggio (secondo il «paradosso scettico>>di Wittgenstein, qualunque modo d'agire può esse- .re messo d'accordo con una regola) e l'intenzionalità etica negli atti conoscitivi è costituito dunque, secondo Gargani, dal rifiuto di un lettivo per eccellenza di cui disponiamo: l'habitat della vita umana. Il cogliere questo specifico processo e le contraddizi0ni che. ne derivano disarticola e frantuma le forme classiche del conflitto. Sembrano in particolare perdere senso i conflitti in un qualche modo riconducibili strettamente a categorie economiche. E con essi i conflitti che vedono come attori tra loro contrapposti gruppi sociali specifici. Le linee lungo le quali definire i concetti di giustizia, di uguaglianza, di benessere si disaccoppiano da quelle basate su fondamenti economicisti. Si pensi all'importanza di un valore come quello della solidarietà intergenerazionale, in una situazione in cui, per la prima volta, il lavoro del presente parrebbe non necessariamente preparare un futuro migliore. È inevitabile che una situazione siffatta provochi una galassia di possibili risposte e di filosofie che ad essa si contrappongono. Ed il cui disordine è pienamente comprensibile, o perlomeno spiegabile, se si tiene ferma l'analisi della cause. La crisi ambientale sembra infatti mettere in discussione nella percezione di grandi masse la ramodello conoscitivo fondato sull'inesorabilità di schemi astratti, e dal ruolo riconosciuto viceversa al caso, alla possibilità, all'interpretazione, alla ricostruzione di senso. «(... ) per esempio, la filosofia della scienza di Karl R. Popper risulta essere ideologica e insostenibile nella misura nella quale essa cerca di proiettare l'impresa scientifica sullo sfondo di schemi astratti puramente logicizzanti considerati come dei fini in se stessi, senza tener conto di cosa sia effettivamente la pratica scientifica e senza analizzare le vie e i modi svariati e accidentati attraverso i quali sono· ottenuti i risultati scientifici» (p. 59). La fiducia in schemi conoscitivi astratti trae origine dalla tentazione che hanno gli uomini «a modellare gli eventi e le situazioni della loro vita nella forma e sulla falsariga delle relazioni causali». Un'alternativa a que·statentazione è costituita dal considerare un modello o un'ideologia, in termini provvisori, come un paradigma o una prospettiva «lungo la quale noi siamo disposti o preparati a considerare e a valutare i tratti della nostra vita» (pp. 59-60); questo implica, tuttavia, la disponibilità ad abbandonare il modello già zionalità del processo storico e si accompagna, o serve da lettura, ad una molteplicità di suggestioni culturali che investono criticamente la nozione stessa di progresso. Politica, cultura, società, paradigmi scientifici, categorie economiche, forme e comportamenti dell'esistenza quotidiana: le risposte variano dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo, dalle concezioni globali alla sperimentazione localistica, dall'investimento sul futuro al tentativo di sottrarsi al presente. L'eresia prodotta nella razionalità positivista dalla percezione della crisi nel rapporto fra l'uomo ed il suo habitat produce insomma, come ogni eresia che si rispetti, un gran numero di scissioni. Mentre ne attendiamo la maturazione sarebbe bene che qualcuno si preoccupasse di mettere in •• funzione il freno d'emergenza della crisi ambientale. Giusto per avere il tempo per pensarci. I precedenti interventi di questa serie sono apparsi sui numeri 71 (Fiorani, Formenti, Curi), 72 (Berardi, Mascitelli), 73 (Zanini, Fumagalli), 76 (Manzini, Manconi), 77 (Goldsmith, Langer) di Alfabeta. dato e un considerevole grado di sensibilità verso il caso e la novità («l'analisi di casi particolari, di nuovi casi, ci conduce ad una sorta di sperimentazione concettuale con nuovi, imprev(?,dibilfiatti»). A una concezione rappresentazionale del linguaggio e delle forme di conoscenza subentra una «preminenza data alle forme di vita umana concepite come dei contesti entro i quali soltanto le nostre imprese e pratiche intellettuali conseguono il loro significato e la loro legittimazione» (p. 64). È la forma di vita a fornire il contesto implicito dei criteri di veridicità delle proposizioni, e il senso che esse hanno per noi: «la verità per se stessa non ci basta più; in realtà noi cerchiamo una verità che sia significativa, interessante e importante per noi (... ). Anche le constatazioni, i giudizi fattuali sono largamente influenzati dai nostri interessi e scelte, perché un fatto è riconosciuto come tale sullo sfondo di valori profondamente radicati nella nostra vita» (p. 67). È su questo sfondo che nascono le aspettative di conoscenza, o i sistemi di aspettative («i rapporti tra gli uomini sono fondamentalmente un confronto di aspettazioni»). E l'intenzionalità è il movimento che guida da una aspettativa a quella rappresentazione perspicua (o riconoscimento di una fisionomia, di una relazione interna tra i fatti) che ne costituisce il soddisfacimento. La conclusione di questi passaggi è dunque che «la capacità di fare esperienza è strettamente connessa alla forza degli atteggiamenti etici». Una conclusione sicuramente interessante per chi nutre dubbi sulla presunta supremazia di una delle varie versioni (verificazioniste o falsificazioniste)del modello conoscitivo scientistico. ' f • E interessante so fermarsi, a proposito di modelli scientifici, sul problema accennato della corrispondenza tra aspettativa e suo soddisfacimento. Si tratta certamente di un pro-
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