eh- - - 1ar1ment1 Fin dal 1981, Jiirgen Habermas raccoglie nelle Kleine Politische Schriften gli articoli e le interviste, scritt_iper i quotidiani o le riviste di larga diffusione, come Die ·zeit, Merkur o Le Monde. Nel conte.stodi questo impegno l'editore Suhrkamp· di Francoforte ha pubblicato da poco la quinta sezione della raccolta, intitolata Die Neue Unubersichtlichkeit (Il nuovo ottenebramento). Il tema centrale del libro è costituito dagli interventi sulle forme del neoconservatorismo, in politica, in filosofia e nelle scienze sociali. Il carattere divulgativodi questi scritti non ha il respiro teorico degli altri saggi di Habermas, tuttavia alcuni di essi si situano sullo sfondo del Discorso filosofico del moderno, composto dalle lezioni accademiche tenute all'Università di Francoforte (1983/84) e dalle Letture fatte al Collège de France (1983) e poi alla Cornell University di• lthaca (1984). Abbiamo estratto dall'ultimo volume delle Kleine Politische Schriften i p~ssi più significativi, in cui, certo in modo caustico, Habermas riassume i motivi del suo disaccordo con l'affermarsi delle concezioni del poststrutturalismo e del postmoderno. Il testo fa parte di un faceto face che Habermas ha avuto con Perry Anderson e Peter Dews -della New Left Review. Dopo alcune precisazioni sul percorso teorico che lo ha condotto - dalle esperienze di assistente di Adorno - fino alle attuali considerazioni inerenti al dibattito sul moderno, passando per il pragmatismo americano, Habermas conferma la messa in discussione della tradizione della Scuola di Francoforte. Non a caso l'intervista rientra nella sezione «Klarstellungen» (Chiarimenti). I temi impliciti alle domande qui· presentate sono almeno due: da un lato; il ruolo vicario e interpretativo della filosofia, e dall'altro la fortuna della filosofia tedesca contemporanea, dopo la rilettura che ne hanno fatto i filosofi americani e francesi come Rorty e Derrida1 • Roberto Benatti D In Theorie des kommunikativen Handelns lei ha sostenuto la tesi secondo la quale Horkheimer e e Adorno possono opporre alla razionalità rispetto allo scopo (Zweckrationalitiit), divenuta totale, solo le forze irrazionali e mimetiche dell'arte e dell'amore, «la rabbia impotente della natura in rivolta»2 • Sebbene queste osservazioni critiche siano appropriate per una determinata tendenza della Teoria Critica classica, è però incerto se siano applicabili in toto ad Adorno, che è sempre stato cosciente del pericolo di richiamarsi a una natura non mediata. È possibile che il suo tentare di distanziarsi da un infaticabile negativismo e di riabilitare le concezioni costruttive e indirizzate alla collaborazione, caratteristiche della Teoria Critica degli anni Trenta, l'abbia condotta ad esagerazioni polemiche, sottovalutando la misura del legame che vincolava in modo fondamentale Adorno agli ideali dell'autonomia e dell'Illuminismo? Habermas. Sono d'accordo: la critica della ragione di Adorno e Horkheimer non si oscura in nessun luogo fino a revocare ciò che la grande tradizione filosofica, in particolare l'Illuminismo, ha un tempo inteso, comunque sempre vanamente, con il concetto di ragione. Entrambi, come Nietzsche, radicalizzano la critica della ragione fino alJiirgen Habermas l'autoreferenzialità (Selbstbeziiglichkeit), vale a dire fino al punto in cui la critica dissolve perfino i propri fondamenti. Ma Adorno si differenzia dai successori di Nietzsche, Heidegger da una parte e Foucault dall'altra,proprio perché non vuole più staccarsi dai paradossi di una critica della ragione divenuta per così dire senza soggetto. Egli vuole perseverare nella contraddizione performativa della dialettica negativa, che rivolge gli indispensabili strumenti del pensiero identificante e oggettivante contro questo stesso pensiero. Nell'esercizio del perseverare, Adorno credeva di rimanere fedele fino in fondo all'intenzione propria di una ragione scomparsa: la ragione non-strumentale. Questa ragione, appartenente al passato, trova eco solo nelle forze di una mimesis muta. Questo ambito mimetico deve essere isolato per mezzo della dialettica negativa, ma non - heideggerianamente - aperto. L'elemento mimetico lascia ben presagire di cosa abbia assunto il ruolo, sostituendola, tuttavia non si può riconoscere in esso alcuna struttura caratterizzabile come razionale. Proprio per questo motivo Adorno non può fare riferimento a nessuna struttura eterogenea rispetto alla ragione strumentale, a nessuna struttura che dovrebbe urtare contro la violenza della razionalità rispetto allo scopo divenuta totale. A questo proposito sto fissando proprio una struttura in grado di opporre resistenza: mi riferisco a quella della razionalità insita nella prassi comunicativa quotidiana, che mette in risalto l'ostinatezza delle forme di vita di fronte alle esigenze funzionali del sistema di azione economico e amministrativo, reso indipendente. D. In numerosi saggi recenti lei ha espresso caustici giudizi sul poststrutturalismo, secondo i quali i poststrutturalisti francesi devono essere considerati come «giovani conservatori». Ha detto: «Con un atteggiamento modernista fondano un inconciliabile antimodemismo»3 • Potrebbe motivare per esteso questa valutazione e quindi, se necessario, mostrare la differenza tra i diversi pensatori poststrutturalisti? E come spiega la·discrepanza tra la sua condanna del poststrutturalismo e la sua ricezione relativamente benevola dell'opera di Richard Rorty, che non solo presenta alcuni paralleli con i temi poststrutturalisti, ma, in qualche caso, è stata da questi anche direttamente influenzata? Habermas. Come sarà possibile vedere dalle lezioni, di prossima pubblicazione, sul discorso filosofico del moderno, «condanna» non è la parola appropriata per il mio atteggiamento verso il poststruttura/ismo. Esistono tante somiglianze sia tra la dialettica negativa e le procedure della decostruzione, sia tra la criticadella ragione strumentale e l'analisi delle formazioni del discorso e del potere. L'elemento giocoso-sovversivo della critica della ragione, cosciente della sua paradossale autore/erenzialità, e l'esaurimento del potenziale di esperienza che è stato rivelato proprio dall'avanguardia estetica, sono entrambi caratterizzati da un gesto nietzschiano del pensiero ~ della rappresentazione, il quale motiva l'affinità spirituale di Adorno con Derrida, da una parte, e con Foucault, dall'altra. Ciò che separa Adorno da entrambi, come da Nietzsche stesso, e che mi pare sia politicamente decisivo è, in breve, questo: Adorno non esce semplicemente dal contro-discorso fin dal principio immanente al moderno, ma rimane, nel suo disperato perseverare, fermo alla procedura della negazione determinata, fedele all'idea che contro le ferite dell'Illuminismo non c'è alcun rimedio eccetto lo stesso Illuminismo radicalizzato. Adorno non si illude, come Nietzsche e i suoi allievi, sulla genuina origine moderna dell'esperienza estetica, nel cui nome il moderno decade a rifiuto livellante e adialettico. Per quanto riguarda Richard Rorty, di fronte alla sua posizione sono ugualmente critico4 ; ma egli almeno non partecipa agli affari dell'«antiumanismo», le cui tracce in Germania condue0no a figure politicamente inequivocabili come Heidegger e Gehlen. Dell'eredità pragmatistica, che per alcuni aspetti, ma non per tutti, egli a torto reclama per sé, Rorty conserva pur sempre un'intuizione che ci collega reciprocamente: la convinzione che la convivenza umana dipenda dalle forme vulnerabili della comunicazione quotidiana, feconda di innovazioni, reciproca e liberamente egualitaria. Questa intuizione è ancora più estranea a Derrida e a Foucault che ad Adorno, il quale, anzi, è rimasto un romantico - e non solo come compositore. D. Attualmente. il poststrutturalismo è vincente. Nella Repubblica Federale Tedesca il suo stile di pensiero, in modo palese e rilevante, avanza sempre più. Quali sono, secondo la sua opinione, le ragioni di un tale successo e cosa pensa del rimpatrio della filosofia di Nietzsche e di Heidegger nella forma poststrutturalista? Habermas. L'influenza dei poststrutturalisti nelle università tedesche è connessa anche con la situazione del mercato del lavoro accademico. L'orizzonte delle aspettative dei giovani intellettuali si è talmente oscurato che si è estesa una tendenza negativista, la quale, in parte, si rovescia perfino in una ridestata disposizione apocalittica. La realtà sociale fa il resto. Proprio ora non è affatto avara nel produrre nuovi rischi, che anche dopo una tranquilla considerazione si fanno riconoscere pubblicamente come conseguenze dell'agire razionale rispetto allo scopo, vale a dire come rischi volontari. Perciò, le teorie che concepiscono il tutto come fa/so e affermano solamente che non c'è alcuna via d'uscita, non solo colgono nel segno riguardo alle tendenze della critica della civilizzazione, ma hanno addirittura un crescente contenuto di realtà. Come ci si deve comportare di fronte allo spettacolo delle ultime elezioni americane, in cui tutti i livelli della realtà sono caduti in una trionfale confusione: in cui un presidente-attore mostra al pubblico entusiasta che, nonostante tutte le affermazioni della leadership e della he-man-ship, sostiene la parte dell'attore-presidente e per questo- viene confermato in carica dal popolo? A ciò si può rispondere ancora solo con il cinico scherzare dei decostruzionisti. Le cose sono leggermente diverse con Heidegger il quale, anzi, qui in Germania provoca ancora piuttosto un sacro fremito. Il recente ritorno di Heidegger, felicemente denazificato, si nutre naturalmente della sua ricezione astorica in Francia e in America, da dove, dopo la guerra, come la fenice dalla cenere si è affacciato sul palcoscenico come l'autore del Humanismusbrief. D. In filosofia, la messa in discussionedel pensiero siste-
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