Alfabeta - anno VII - n. 78 - novembre 1985

del Tasso, odiato) sia in modo indiretto (come stile di pensiero). Proprio per questo, il saggio di Panofsky incontrò subito un grande successo criticò anche da parte degli scienziati, il che valse una seconda edizione accresciuta del testo nel 1956. Questa è la prima edizione originale. Kenneth Clark, Il paesaggio nell'arte, Milano, Garzanti, pp. 218, lire 16.000. È la riedizione del famoso libro del grande storico dell'arte inglese recentemente scomparso; scritto nel 1949 a seguito di alcune trasmissioni divulgative della Bbc, e già tradotto da Garzanti nel 1962. Questa, tuttavia, è la traduzione della nuova edizione inglese accresciuta del 1976, che comprende numerosi aggiornamenti. Nell'edizione italiana compare anche una nota introduttiva di Andrea Emiliani, cl7:eripercorre la fortuna di questo eccellente libro di divulgazione. Cfr. Schede Secolare, dunque apocalittico Maurizio Ferraris • Con il titolo complessivo Di-segno. La giustizia nel discorso è uscito di recente presso l'editoriale Jaca Book, e per la cura di Gianfranco Dalmasso, una bella raccolta di saggi di •Agamben, Contri, Dalmasso, Derrida, Levinas, Madera, Marion, Sini. Impossibile, ovviamente, trattare in dettaglio ogni saggio, per cui vorrei "concentrarmi sullo scritto di Derrida, «Di un tono apocalittico adottato di recente in filosofia», una lunga conferenza pronunciata nell'Ottanta al convegno di Cerisy «Les fins de l'homme. A partir du travail de Jacques Derrida», pubblicata l'anno successivo negli atti (Paris, Galilée), e poi, due anni fa, in volume separato presso il medesimo editore. Un testo importante sotto più di un punto di vista - e in particolare come chiarimento di che cosa Derrida intenda con «decostruzione» e come prospettiva - a partire dal decostruzionismo - sul problema della ragione filosofica. In qualche modo anche un testo paradossale. Corre infatti intorno alla filosofia di Derrida l'impressione diffusa secondo cui si avrebbe a che fare con una filosofia apocalittica, di duplice ascendenza: ebraico-rabbinico-cabalistica (la decostruzione come nuova Torah, come ciò che scava varchi nell'edificio del pensiero per prepararvi l'irruzione dell'Altro, la seconda venuta di Elia, l'Apocalisse di una verità finale metastorica e oltreumana); e cristiano-luterana (il problema. già hegeliano ma poi tipicamente L' tematicamente heideggeriano della fine della filosofia come oltrcpassamento della metafisica, dunque un'altra Apocalisse, forse diversa o forse uguale a quella ebraico-cabalistica, ma comunque non meno apocalittica). Il nome di decostruzione, con il suo tono catastrofico, fa il resto e completa il quadro. In odore di Apocalisse, ovviamente, significanel lessico filosofico attuale anche in odore di irrazionalismo. Ora, Derrida prende le mosse da un breve opuscolo di Kant, Van einem neuerdings erhobenen Vornehmen Ton in der Philosophie (1796) (È importante, credo, questo recente interesse di Derrida per Kant e per la tematica illuministica che vi è implicata; si vedano per esempio le analisi della Critica del giudizio-in La vérité en peinture, Flammarion 1979, i seminari sull'imperativo categorico, la conferenza sul Conflitto delle facoltà pubblicata l'anno scorso sul n. 2 di Philosophie, e che sta per uscire in traduzione su aut aut). Nel pamphlet del 1796, Kant se la prende con i pensatori che, con un tono aristocratico e oracolare, come per una comunicazione immediata con la verità, vengono a annunciare la fine della filosofia, l'Apocalisse delle scienze filosofiche. Una situazione che, sottolinea Derrida, è attuale e corrente oggi; il tono oracolare e apocalittico sarebbe anzi, come ho appena accennato, quello che molti attribuiscono al decostruzionismo, e ai suoi antefatti (gergo heideggeriano della· autenticità, aforismi nietzscheani, ecc.). Dal secolo dei Lumi, Kant ci mette in guardia contro i mistagoghi del suo tempo e contro quelli futuri, dei due secoli di filosofia che da lui ci separano. Ma Derrida non ha nulla da eccepire contro il legittimo fastidio di Kant e dei suoi eredi legittimi o illegittimi nei confronti di mistagoghi, oracoli, predicatori dell'Apocalisse, anche nelle sue forme moderne (fine dell'arte, della filosofia, delia politica, morte di Dio, ecc.). Si domanda soltanto se anche la ragione più tranquilla e illuminata non sia abitata dal demone dell'Apocalisse, come svelamento finale, rivelazione discorsica e teoretica del come stanno veramente le cose. E più precisamente: forse l'Apocalisse non è un certo discorso, un certo insieme di temi riferiti a determinati oggetti; ma è piuttosto una posizione topologica: «ognuno di noi è il mistagogo e l'Aufkliirer di un altro (... ) ogni discorso un po' organizzato si trova o pretende di trovarsi oggi da entrambe le parti, alternativamente o simultaneamente, anche se questa collocazione non va fino in fondo, non fa il giro o il perimetro del posto e del discorso tenuto» (p. 126). Il mistagogo infastidisce con discorsi apocalittici l'Aufkliirer. che quietamente lavora per ~rP11!-!i11r:1l;r1Lf·inç l' pl-r rP11ti1111acome desiderio di chiarezza e di rivelazione, per demistificare o, se preferite, per decostruire lo stesso discorso apocalittico e con esso tutto ciò che specula sulla visione, l'imminenza della fine, la parusia, il giudizio finale, ecc.» (p. 130). «Dunque noi, Aufkliirer dei tempi moderni, continuiamo a denunciare gli apostoli impostori, i sedicenti inviati che non sono inviati da nessuno, i mentitori e gli infedeli, la gonfiezza e l'ampollosità di tutti gli incaricati di missione storica a cui nessuno ha chiesto nulla. Continueremo così nella migliore tradizione apocalittica a denunciare le false apocalissi?» (p. 136). «Niente è più conservatore del genere apocalittico» (p. 137). E, si potrebbe aggiungere (provo a riassumere un senso possibile, e molto pertinente nella situazione attuale), nulla è più secolare dell'Apocalisse. L'Apocalisse annuncia da secoli e secoli il proprio avvento, la fine del secolo; essa si trova quindi pienamente ambientata in tutti i secoli, passati e futuri, sempre nell'imminenza della fine. Gianfranco Dalmasso, a cura di Di-segno. La giustizia nel discorso contributi di G. Agamben, G. Contri, G. Dalmasso, J. Derrida, E. Levinas, R. Madera, J.-L. Marion, C. Sini, Milano, Jaca Book 1985 pp. VIII + 249, lire 21.000 Il Capitale Mondiale Integrato Salvo Vaccaro Questi due recenti pamphlet" politici di Félix Guattari (l'ultimo dei quali in collaborazione con A. Negri) sono il supporto teorico di un engagement che vede lo psicoanalista francese attivo in una serie di iniziative che danno il senso concreto delle riflessioni da lui condotte negli anni, spesso insieme a Gilles Deleuze. L'attenzione teorica di Guattari si rivolge al contemporaneo, alla lettura del Capitale Mondiale Integrato come nuova condizione matniak d"esisll'111a pn rumani- •••••••••••••••••••••••• I I I I I I I I I I I I = Mensile di informazione culturale = I I I; diretto da I I Balestrini, Calabrese, Corti, Di Maggio, Eco, Ferraris, I I Formenti, Leonetti, Porta, Rovatti, Sassi, Spinella, Volponi I I I I I I 48 pagine, Lire 5.000 I I I I Abbonamento per un anno (11 numeri) Lire 50.000 ■ 1 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa I Via Caposile 2, 20137 Milano I I Conto Corrente Postale 15431208 I I I I ~ I .I.••••••• IIEdizioni Intrapresa■••••••• .I re la storia: ma qudla volontù di far luce, di por fine all'ignoranza, è a sua volta una volontà di fine e di Apocalisse che solleciterà un altro Aufkliirer, e così via, all'infinito, in una strana collaborazione tra Apocalissi esplicite e implicite. «Al giorno d'oggi non possiamo ( ... ) rinunciare all'Aufkliirung, in altre parole a ciò che si impone come il ·desiderio enigmatico della vigilanza, della veglia lucida, della delucidazione, della critica e della verità·, ma di una verità che nella stesso tempo conserva in sé un desiderio apocalittico, questa volta tù, scissa secondo un asse ordSud (coordinate della moneta e della ricchezza disegnate da formazioni di sovranità della Produzione e dell'Ordine), piuttosto che Est-Ovest (coordinate dell'ideologia, oggi vero e proprio paravento illusorio e fittizio). Il Capitale Mondiale Integrato ha superato i limiti ristretti degli stati-nazione e dei mercati locali per connettersi a livello trans-nazionale instaurando un nuovo ordine economico, politico e sociale. L'accelerazione dei processi produttivi ha accentuato la valorizzazione fine a se stessa che si iscrive su un registro mondiale nel quale il capitale, «operatore semiotico», è anche «capitale di potere» (1982, p. 69). Il Capitale Mondiale Integrato porta a compimento l'integrale sussunzione del tempo di lavoro: lo stretto controllo del tempo del regime di produzione, la cui regolamentazione soggiace ai ritmi delle tecnologie della produzione e della ratio organizzativa dispiegata, è anche una strategia sociale del dominio: alla monetarizzazione si accompagna la «vampirizzazione» della vita umana (1984, p. 12), organizzata secondo ingiunzioni del «nuovo ordine totalitario». I meccanismi di disciplinamento acquistano un'importanza pari a quella della produzione, in quanto l' «egemonia» del Capitale - suo tratto peculiare più che dell'apparente razionalità (1982, p. 41) - mira «al controllo dell'insieme della società, inducendo una "articolazione macchinica" del nostro inconscio a tutti i sistemi di potenza ed a tutte le formazioni di potere che ci circondano» (1982, p. 119). In questa nuova situazione, gli stati-nazione già declinati ritrovano una loro funzione nell'instaurazione di un ordine statuale cui compete il disciplinamento sociale; gli esiti e le transazioni tra i conflitti dei capitali sui vari mercati si scaricano sempre più spesso sulla «politica» mediante il controllo statale dei mercati stessi (nuove politiche protezioniste, la moneta come «cuneo politico», le alleanze statali nel campo dell'informatica e della telematica). Non è un caso la corsa al riarmo che vede in prima fila gli stati nella veste di produttori principali (1984, p. 29): la militarizzazione del territorio - ombra minacciosa del terrore e dello sterminio praticati dal Capitale Mondiale Integrato - è indice sia di una politica militarista entro i confini verso le popolazioni ed i movimenti pacifisti, sia di una politica aperta di supporto alle locali industrie belliche ovunque in espansione. La nuova realtà istruita dalle strategie del dominio riorienta lo spazio della conflittualità, rimescolando gli antagonismi, dislocando i soggetti su nuove posizioni e ridisegnando nuove coordinate di possibilità di sovversione «molecolare». Guattari intende articolare quelle soggettività che «eccedono» i ferrei quadrillages che incasellano ogni individuo al proprio posto e al proprio ruolo, in nuove «macchine di lotta» (1984, p. 60) che hanno una sorta di funzione ricompositiva delle lotte molecolari e delle lotte globali. Nella digestione che il Capitale Mondiale Integrato ha portato a termine delle vecchie segmentazioni di classe, segnando la fine, o meglio, l'esplosione dell'antagonismo storico della classe operaia tradizionale, in fasce di nuove soggettività non garantite, sia a livello di integrazione economica che politica e sociale, si aprono nuove possibilità di alleanze su strategie o «proposizioni diagrammatiche» . Il dato più interessante sembra emergere non tanto nella riproposizione, appena abbozzata, di un nuovo stile dell'organizzazione (1984, pp. 52 ss), policentrica, che rigetta il modello leninista ma anche il modello dell'autonomia della politica; quanto in un nuovo àtteggiamento, uno stile di impegno politico incentrato non più sul1' «essere contro» - un antagonismo che scivola spesso nella specularità - quanto sull'«essere per» (1984, p. 77). Anche se indicazione incompiuta, l'essere per si riassume in una sorta di progettualità - «invenzione del presente» - che tracci sin dall'hic et nunc quelle ■Novità Marsilio Luigi Barzini DA PICHINO A PARIGI IN SIUANTA GIORNI La metà del ~ondo vista da un'automobile Un'automobile, ' un giornalistae sedicimila chilometri: il più avvincente reportagedi viaggio del Novecento pp. 360 con 200 ili., rilegato, L. 90.000 Donato Riccesi GUSTAVO PULITZER FINALI. IL DISEGNO DELLA NAVE L'architettura del transatlantico dall'artigianatoall'industriai designnelle operedi un • grandearchitettodella Triestedel '900 pp. 232 con 300 ili., rilegato, L. 70.000 • Giuseppe Berto GUERRA IN CAMICIA NERA Alle originidel male oscuro: l'eroismodella sconfitta pp. 2-10, L. 18.000 Giani Stuparich COLLOQUI CON MIO FRATELLO a cura di Cesare De Michelis «Un libro che pare un tempio» (Italo Svevo) pp. 192, L. 15.000 ~~ , ~ Quatremère de Quincy DIZIONARIO STORICO DI ARCHITETIURA a cura di Valeria Farinati e Georges Teyssot La teoria dell'architetturaneoclassica dell'ideologodelle belle arti nella Franciadel primo '800 pp. _4-18c, on 11-l ili. fuori testo, L. 60.000 Vittorio Sgarbi IL SOGNO DELLA PITIURA Come leggereun'operad'arte Premio Estense 1985 pp. 200 con 38 ili., L. 22.000 Scipio Sighele LA FOLLA DELINQUENTE a cura di Clara Gallini L'apocalisse del mondo borghese PP·. 128, L. 14.000 Franz Joseph Gall L'ORGANO DELL'ANIMA a cura di Claudio Pogliano Fisiologiacerebrale e disciplinadei comportamenti pp. 224, L. 20.000 ~ SARIN / TELEMATICA Jean-Dominique Warnier LA LOGICA DEI SISTEMI INFORMATIVI ln/onnatica e societàcomplessa pp. 96, L. 22.000 Abraham Moles Elisabeth Rohmer LABIRINTI DEL VISSUTO Tipologiedello spazio e immaginidella comunicazione pp. 120, L. 24.000

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