li replicanti volgari... Dio li perdoni. Io no» (Cacciari, e aggiunge che la violenza del nostro tempo sta già nei fatti, come dimostra il Libano e «il nonsense di Quelli della Notte»), «Ingialliti, sopravvissuti, criminali» (Roberto D' Agostino). Un articolo in prima pagina della Gazzetta dello Sport fa credere che gli attori abbiano praticato la vivisezione. Anche Benelux (pri- . ma pagina di Paese Sera) dice che gli attori «hanno squartato vivo un incolpevole cavallo». La notizia che verrà sintetizzata e spedita fin_ nei fogli provinciali scandinavi si sta completando. Già De Monticelli, che non aveva le informazioni sufficienti per sdegnarsi del •linciaggio gratuito d'un gruppo di attori, _avevaperò rimproverato i suoi colleghi presenti al fatto di non aver espresso «vero sdegno intellettuale (e dunque critico)», lui assente, loro presenti. Il 25, intervengono con dichiarazioni riportate su quasi tutti i giornali (la versione più completa è fornita da La Nazione), Aggeo Savioli, che in veste di vicepresidente dell'Associazione nazionale critici di teatro, giudica gli spettatori di Riccione, specialmente «studiosi e docenti», come gente che ha dato prova «di odiare i cavalli, gli uomini, le parole, gli affetti, ignorando inoltre che il teatro è metafora»; e, con ~avioli, Ugo Gregoretti e Giancarlo Sepe. Franco Quadri, intervistato telefonicamente a Avignone, si meraviglia che tanti colleghi parlino di ciò che non hanno visto. Ma il buon senso non pare più senso comune. Intervengono ancora Giovanni Arpino (il Giornale), Guido Davico Bonino (La Stampa), Odoardo Bertani (prima pagina dell'Avvenire) appena rientrato dagli Usa, che dice d'essersi subito be~ documentato su un «pacco di giornali». Così anche lui sa tutto quel che deve sapere. Scrive, quindi, una vera e proprio recensione allo spettacolo, dopo aver accennato all'improvvido stabilirsi di Magazzini Criminali a Scandicci, dove «godono di vaste protezioni assessoriali». E da dove, invece, rischiano d'essere cacciati via, proprio per quel fidedegno pacco di giornali. Ghigo De Chiara (A vanti! del 25 luglio) crede, o finge di credere, che il linciaggio stampa finirà per far pubblicità a Magazzini Criminali e che, anzi, sia stato procurato proprio da coloro che vengono aggrediti. Insomma: la favola del lupo e dell'agnello. Comunque, a evitare che gli attori già volgarmente e gratuitamente insultati possano trarre troppi vantaggi dalla situazione, dice in termini chiari e diffusi quel che altri avevano solo sottinteso: «Vorremmo che, in via amministrativa, si disinteressassero alla sopravvivenza di 'operatori culturali' di questa fatta anche gli enti pubblici che, elargendo milioni e facendoli persino girare all'estero, ne alimentano la presunzione». Da questo punto di vista, si capisce perché a molti sia sembrato valesse la pena dimenticare anche i più elementari principi deontoloLeHere Gli scambi immateriali Caro Leonetti, mi limito ad aggiungere al mio pezzo sulle culture della crisi («Gli scambi immateriali», Alfabeta n. 76, settembre '85) qualche nota che dia, doverosamente, conto dei debiti da me contratti nei confronti di colleghi che hanno preso parte al convegno internagici. La Repubblica (così come Il Messaggero) non si mischia al linciaggio, ma Forattini, sempre il 25, pubblica in prima pagina una vignetta in cui Craxi spara in gola al cavallo della Rai: «Magazzini Criminali» è la didascalia. Il giorno 26, tutti i giornali riportano la notizia delle denunce della Lega antivivisezionistica nazionale, anch'essa ingannata dai mentiti racconti sugli attori che uccidono il cavallo in scena, lo squartano, ne usano le viscere. La notizia delle denunce, frutto di un'informazione deformata, diventa, a sua volta, un'apparente conferma della validità di quella deformazione. L'effetto di verità è quasi completo. Corre notizia di il ~~ '. ~,..,. ~~✓~{: j ~~ i,. ,.,,,./,:j~. r-' -~· .P'.-1· · .-' J' f·I, t;,/' f l/ . ·;:/:/ / •.::,•,:' _; f "i.i /·: ..• qualche interrogazoine in parlamento. A Scandicci, intanto, pare che la giunta comunale sia decisa a rescindere il rapporto con Magazzini Criminali. Se fosse vero sarebbe un esempio gravissimo di cedimento a uno scandalo montato ad arte. Ancor più grave sarebbe (se fosse vera) la voce sec01;1docui la competente commissione ministeriale avrebbe deciso di sospendere i finanziamenti sia a Magazzini Criminali che al Festival di Santarcangelo. Eppure non è del tutto impossibile: a fronte di tante parole, così autorevoli e pronunciate con tanta sicurezza, chi non disponga della sufficiente documentazione stenta a credere che le cozionale su Bachtin da me organizzato e che si è svolto a Cagliari in maggio. Ho qualche difficoltà per le citazioni, dal momento che gli Atti non sono, ovviamente, ancora stati pubblicati: comunque penso di potermela cavare facendo riferimento indiretto alle relazioni tenute in quella occasione. Alla nota (1) (S. Freud, in Opere, voi. VIII, Torino, Boringhieri, 1981, p. 618), va aggiunto: L'importanza del mito di Baubò e l'affinità di questo parallelo mitologico freudiano con le immagini se si siano realmente svolte come si sono svolte. La «notizia» che se ne è diffusa è molto più semplice e quindi molto più ... verisimile. Q ui abbandono la cronaca. Ho citato solo ciò che mi pareva di interesse più generale. Ho tralasciato la durissima polemica contro Magazzini Criminali che ha percorso le «pagine di Scandicci» del giornale La Città. Tralascio altri ·intèrve.nti apparsi, sostanzialmente con gli stessi toni, lungo tutto il mese di agosto. Il 4 di quel mese, Panorama pubblicava la recensione di Franco Quadri, scritta prima che la campagna iniziasse, e quindi come spaesata. Nello stesso numero, in .. fondo alla sua rubrica, Enzo Biagi ripeteva, con linguaggio ovviamen'te meno gonfio ma con qualche pasticcio nei riferimenti culturali, uno sfottò già usato da Albertazzi in una lettera a La Repubblica del 26 luglio e anticipato nell'articolo di Laura Griffi del 23: perché non vi suicidate voi stessi in teatro, attori di Magazzini Criminali? Il 31 agosto, nell'Europeo, compariva un articolo di Dario Fo a doppio taglio: da un lato contro l'operato dei critici, dall'altro contro il modo di far teatro di Magazzini Criminali. Gli stessi Magazzini Criminali, nel numero scorso di Alfabeta (n. 76, p. 4), hanno riassunto le loro azioni e le loro intenzioni. Concludi cui parla Bachtin sono state rilevate da M. Domeniche/li nella sua relazione intitolata Joyce e Bachtin, al convegno internazionale «Bachtin, teorico del dialogo» (Cagliari, 16-18 maggio 1985). Alla nota (3) (E. Lévinas, «La réalité et son ombre», in Revue des sciences humaines n. 185, 1982, p. 114) va aggiunto: Il rapporto tra la sçrittura letterariae la morte è stato trattato in modo approfondito da A. Ponzio nella sua relazione dal titolo Il rappòrto di dono dicendo che il loro «errore» è stato quello di credere, probabilmente, che il pubblico («quello presente e quello asseute») potesse cogliere i nessi istituiti fra realtà simbolica e realtà extra-artistica. Non credo che sia corretto impostare così la questione. È vero: un attore deve farsi responsabile anche del modo in cui si diffonde l'immagine e la memoria del suo lavoro. Ma in questo caso il normale circuito fra pubblico presente e «pubblico assente» (nozione, quest'ultima, solo apparentemente contraddittoria) è stato artificialmente manipolato e distorto. Per questo il caso supera i suoi confini di cronaca. Come è stato possibile che critici di lunga espe- ., • .I~ ,';•i•• ~t~I, I . •/l • /' ," • ' I.' -~ .• .~,· • ti: • ,:t: r • 1 ,jt..~1 t:.s;r_•,:•' .-~~-.· ~ • .. (' 1~1,f [?' •. --·~ -· ,. p' .r~ !i'. .~ ;,.,· j,r. ~ ·- _,-i'°", .I ,_.{.l __ ·,·,i;{'.i};.; ,, .. } ( l'· /···.,' ../'·,, /;!i~ j;:;··. _. . "'-,.:· .. ,/ •< lf,· • /' rienza e persino il più prestigioso critico italiano si siano lasciati andare a una campanga di cosl poco merito? Scrive Franco Cordelli: «Da tempo abbiamo rotto i ponti con i Magazzini Criminali (... ) Da tempo pensiamo che l'attività di Magazzini Criminali e di g,ruppicome Raffaello Sanzio o Valdoca o simili è così sottoculturale e invecchiata da non meritare attenzione». Anche Roberto De Monticelli spiega perché si sia sempre rifiutato di vedere, anche quando gli era facile vederlo, Genet a Tangeri: «Avendo visto alcuni spettacoli di Magazzini Criminali ritenevo che essi fossero fuori della linea di una cultura teatrale da difendere e da alterità in Bachtin, Blanchot, Lévinas, al già citato convegno «Bachtin, teorico del dialogo». A Ponzio debbo, in particolare, le osservazioni su~'atteggiamento serio-comico con cui la scrittura letterariaguarda alle cose umane e sul/'esigenza che il mondo descritto sia fatto rientrare ne~'ambito del tempo indefinito del morire. A p. 26 del numero di Alfabeta, (alla fine del primo capoverso del- • la seconda colonna «Ancora una volta siamo in presenza di una circolarità... lo stesso processo di divulgare». ScriveDavico Bonino: «Non ho visto lo spettacolo di Magazzini Criminali (anzi, non ho mai visto, in otto anni di professione, orrore!, un loro spettacolo) ma avendo letto un paio di cronache ... ». La scelta di non andare a teatro equivale, dunque, secondo questo modo di ragionare, non a una normale scelta di preferenza ma a una condanna. Ma condanna di che? Di un genere. È in base alla presunta conoscenza del genere che possono essere pre-giudicati spettacoli non visti. Da qui gli abbagli: come è possibile inserire in una stessa sequela gli spettacoli di Magazzini Criminali e della Valdoca? De Monticelli, per chiunque lo conosca un po', anche attraverso i dissensi, è un maestro. La· sua onestà e la sua scrupolosità sono proverbiali. Eppure, in quest'occasione, scrive che l'eccesso che egli crede si sia verificato a Riccione è il risultato di anni di svalutazione del teatro-finzione, della parola, del testo, della drammaturgia come fatto letterario. Genet a Tangeri, comunque lo si voglia giudicare, è proprio uno spettacolo basato completamente sulla drammaturgia come fatto letterario, sulla parola, sul testo, sull'esplicita e sottolineata finzione del teatro. 11 giudicare la vita del teatro per tendenze, per partiti estetici e stilistici non è più deleterio quando è imposto in nome dell'avanguardia o della post-avanguardia di quanto non lo sia quando è in nome della rabbia per quelle imposizioni. E non solo perché, come s'è detto, questa rabbia produce abbagli. Se un critico militante può ritenere, senza verificare di volta in volta di persona, che alcuni professionisti siano fuori della linea di una cultura teatrale da difendere e divulgare, vuol dire che sono le persone, non le loro opere di volta in volta diverse, che vengono classificate. Ognuno, infatti, ha esperienza di mutamenti imprevisti e repentini nelle opere di artisti grandi e piccoli. Il critico militante si trasforma, così, in un critico che rifiuta di andare a questo o quel teatro non perché, come ognuno, ha diritto di scegliere, ma perché milita contro. Contro dei nemici per definizione, neppure osservati al lavoro, come nella lotta fra partiti e nello scontro fanatico tra fazioni. Capisco che i critici che militano decisamente pro certi spettacoli, certi artisti e certe compagnie possano dare un epidermico fastidio. Ma militare contro, sia pure come risposta a esagerazioni vere o presunte, è molto peggio e qualcosa di profondamente diverso. Diventa, lo si voglia o no, una lotta non per promuovere l'esistenza di fenomeni e attività che, nel peggiore dei casi, non lo meritano, e spariranno da sé senza far danno, ma. per negare spazio e diritto di esistere al futuro che ancora non si conosce. Perché, almeno nel campo dell'arte e della cultura, l'esperienza insegna che nessuno può arrogarsi il dono di pre-vedere. creazione della scrittura nel suo farsi e svolgersi») va inserita una ulteriore nota: (5) Le osservazioni relative a questa circolaritàe quelle che seguono concernenti il procedimento di «parto narcisistico» che esclude la realtà sono tratte dalla già citata relazione Joyce e Bachtin di M. Domenichelli, che le riferisce all'opera di Joyce Finnegan's Wake. Cordiali saluti Silvano Tagliagambe Settembre 1985
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