Alfabeta - anno VII - n. 77 - ottobre 1985

L a Whole Earth Review, una prestigiosa rivista californiana fondata da Gregory Bateson e che ha tra i suoi collaboratori Ivan Illich, Gary Snyder, Christopher Alexander, ha dedicato un numero monografico al tema «Computers as Poison» (Computers come veleno), con il sottotitolo «Tutte le panacee diventano veleno». La rivista non è 'anti-computer'; anzi, essa vive per buona metà di rubriche dedicate al software e dedica le proprie energie al tentativo di spiegare ai lettori come orientarsi nel vasto e veloce mondo della produzione di computers. E però, con estrema onestà, fa parlare in questo numero gli addetti ai lavori, gente che ormai tratta con la fascia più avanzata e 'creativa' della microelettronica, per far dir loro quale è il bilancio fino ad ora della 'rivoluzione'. I redattori del numero concordano anzitutto sulla necessità di un occhio critico agli effetti sociali e politici della introduzione dei computers. Citano, come esempio, le promesse di Marshall Mc Luhan che nel 1964 in Understanding Media affermava: «L'era elettronica dei servomeccanismi libera gli uomini dalla servitù meccanica e specialistica della precedente età della macchina. Come la macchina e l'automobile hanno liberato il cavallo e lo hanno trasformato in un mezzo di divertimento, così l'era dell'automazione libererà gli uomini per il loro divertimento.· «Ci viene offerta, adesso, una occasione per liberare le più intime risorse della creatività e della partecipazione immaginativa alla vita della società. Il panico riguardo all'automatismo come minaccia di uniformità su scala mondiale è la proiezione al futuro di una standardizzazione meccanica che abbiamo oramai superato definitivamente». A questa affermazione entusiasta la rivista risponde con dei dubbi 'seri': cioè a) se i computers producono sostanze tossiche, b) se filtrino i nostri sentimenti, c) se eliminino le classi medie, d) rendano la guerra a 'grande scala' più probabile, e) spremano il sistema nervoso, e f) ingigantiscano il potere delle corporazioni. La risposta a questi dubbi è che, sì, i computers sono tutt'altro che unicamente benefici o innocui: essi postulano, comportano e rappresentano una società a alto livello di velocità; molto più monoculturale di adesso e fatta di risposte preconfezionate; con una struttura sociale ridotta a strati alti e manovalanza generica (nove lavori che non richiedono alcuna qualificazione, i tipici lavori da fast-food, per un posto di programmatore); più accentrata a livello nazionale e internazionale; e in più capace di controllare nei minimi dettagli, quotidianamente, i suoi sudditi. Tutto ciò è altamente probabile, anche se è possibile trovare soluzioni politiche per rendere i computers meno pericolosi. Ma a tale fine è necessario anzitutto smantellarne l'immagine 'assolutamente' positiva. Ispiratore di queste preoccupazioni è un libro che nella rivista si Unprogra·rnmdai Weizenbaum trova più volte citato: quello di Joseph Weizenbaum, docente di Computer Science al Mit, Computer Power and Human Reason (II potere dei computer ·e la Ragione Umana). Chi è questo signore che, pur insegnando Computer Science in uno dei più prestigiosi campus d'America, si permette di avere tanti dubbi sulla rivoluzione informatica? Quando sono andato a sentirlo in occasione di una conferenza agli studenti della Università di Filadelfia, mi si è presentato un signore anziano e distinto che ha esordito con una storia: ha parlato del suo amico Lewis Mumford. Mumford, autore de La cultura delle città e de La città nella storia, uomo di gigantesca cultura, cresciuto sull'onda di un pensiero anglosassone anarchico e sistematico, degno erede del socialismo utopistico di Fourier e Geddes, a 60 anni, avendo già scritto decine di volumi e trattati, decise di andare a scuola di calligrafia. Sosteneva di aver perduto il senso della scrittura a mano, quello che solo il tratto può comunicare a un amico o a un lettore. Weizenbaum dice che nessuno come Mumford lo ha influenzato UIZ'I~/"· _:,,::_· ,:J",. ;'•(•". liri~',,/;;,/ 1, _,,_·-:1- ·ll . · .t .. 1~·:li'I_ --.. ·jt, ,4;., ✓ /__•_•. _,-...~~:·.,.~./•' ..n I ..., 11, -~~ ( ·! ,, I ;l. _.tV,'.' ·i~f •• /< 0 . ~· • ,., " ,,;v.,f .. ,· ' . ---~ .,-.. . f/ .· .. ,? {r· r.'f.r-_,,<. '{~- • i- ·.. ,,._f .• -~✓ ; ,~~-{' . . .,-~ ..,.[/11,' ..' ,_,,/· f . ' .,~;-- ,~; p.-:.~· ' .. ~---~-.:_~tJ· 1:f /: . .~- ,, • l.- f/ ./ f,.;Jf. ' / . /· /r ~~~></i/··r. . ,. , . -I >,/' !..~" l ..-1\f :-1, nella convinzione che l'informatica rischia di ridurre"la dimensione della comunicazione umana a un soliloquio di esseri neutri, a un discorso omogeneo e uguale a se stesso, che pretende di diventare il monopolio dei discorsi - facendo alla nostra parola e al nostro pensiero molto più di quanto la scrittura a mano ha fatto alla grafia. La fama di Joseph Weizenbaum è legata all'invenzione di un programma Eliza, che rende possibile conversare con un computer. Il program~a, uno dei primi di tale genere, venne sperimentato tra il 1964 e il 1966. Weizenbaum lo Franco La Cecla battezzò con il nome Eliza come l'Elisa di Pigmalione, perché il programma poteva far progressi nel corso delle conversazioni con l'operatore. Come pretesto, si applicavano al computer i metodi della Scuola di Psicologia di Rogers. In pratica, Eliza rifletteva all'operatore le sue stesse domande. Weizenbaum riporta un esempio di «dialogo». L'operatore è una ragazza che collabora alla ricerca e batte a macchina sulla tastiera. Il computer risponde con lettere maiuscole e senza punteggiatura. «Gli uomini sono tutti uguali». IN CHE MODO «In un modo o nell'altro devono darci fastidio» RIESCI A PENSARE A UN ESEMPIO SPECIFICO. «Beh, il mio ragazzo mi ha spinto a venire qui» IL TUO RAGAZZO TI HA SPINTO A VENIR QUI «Dice che sono depressa per la gran parte del tempo» MI DISPIACE SENTIRE CHE SEI DEPRESSA COSA SIGNIFICA PER TE AVERE AIU- • TO «Forse potrei imparare ad andare d'accordo con mia madre» DIMMI QUALCOSA DI PIÙ SULLA TUA FAMIGLIA «Mia madre si occupa di me» CHI ALTRI NELLA FAMIGLIA SI OCCUPA DI TE «Mio padre» Tuo PADRE «In un certo senso tu sei come mio padre» CHE SOMIGLIANZA TROVI «Tu non sei molto aggressivo, ma penso che tu non voglia che io lo noti» COSA TI FA PENSARE CHE IO NON SIA MOLTO AGGRESSIVO «Tu non ti arrabbi con me» PERCHÉ PENSI CHE 10 NON SIA ARRABBIATO CON TE «Tu hai paura di me» TI FA PIACERE PENSARE CHE IO ABBIA PAURA DI TE «Mio padre ha paura di tutti» COSA ALTRO TI VIENE IN. MENTE QUANDO PENSI A TUO PADRE «Ai prepotenti» Fin qui l'esperimento. Ma un giorno uno degli studenti che collaboravano al progetto Eliza chiese a Weizenbaum di lasciarlo solo con la macchina perché aveva dei problemi personali da sottoporle. A quel punto Weizenbaum dice di aver misurato per la prima volta la forza di suggestione e l'invito alla dipendenza che la macchina trasferisce su di sé. Questa forza aumenta quanto più umana è la macchina. Ciò vuol dire che in campi come le decisioni politiche o sociali, in campi in cui ogni tesi è opinabile, i computers offrono delle sicurezze e una trattazione monolitica dei problemi. e omputer Power and Human Reason, di recente ristampato dalla Penguin Books, dopo anni di ricerche sulle possibilità dell'impatto computers-società, rimane la più forte e documentata fonte di critica della 'rivoluzione informatica'. Anche se il libro è stato pubblicato la prima volta nel '76 e poi aggiornato, a tutt'oggi i sostenitori delle promesse dei computers e dell'intelligenza artificiale lo attaccano con lo stesso rancore con cui dieci anni fa lo salutarono come un tradimento. Weizenbaum viene accusato di essere un 'umanista', di confonde-- re i piani, di rallentare con le sue prudenze il salto americano verso .>•·;··· .i· •r ~-i' la Quinta Generazione dei computers. Weizenbaum risponde loro, dal podio prestigioso della New York Review of Books, che la «rivoluzione informatica è un imbroglio», una serie di sigle luccicanti dietro cui sta la realtà di ciò che i computers veramente già fanno e hanno fatto da trent'anni a questa parte: aumentare la dipendenza da soluzioni prefabbricate offerte come unica logica possibile, consentire lo status quo di grossi apparati come la Difesa e della stessa politica americana, permettendole un controllo sui cittadini e sul territorio prima inimmaginabile. I computers hanno reso possibile il perpetuarsi di apparati complessi e accentrati, aumentandone il potere sulla quantità e non mettendone in crisi la qualità. Weizenbaum non si dice contrario al loro uso in assoluto, ma ne respinge l'uso indiscriminato. L'informatica ha reso più sicuri i voli aerei - egli dice-, ha alleviato lavori pesanti nelle maniere, negli uffici e alla catena di montaggio. Ma ha reso più subdole e meno 'responsabili' (cioè attribuibili a qualcuno) le decisioni dei politici e dei militari, ha ringalluzzito la prosopopea degli assertori della scienza e della tecnologia «neutre» e superiori al vagare «incerto» e «passionale» del pensiero umano. Ha soprattutto inventato una superbia commerciale e tecnologica che osa affermare di essere capace, nel giro di cinque anni, di produrre un computer in grado di 'capire' il linguaggio umano. In questo senso, appoggiato da Noam Chomsky, Weizenbaum ricorda che il linguaggio umano è ancora, per tre quarti, materia di indagine e nessun linguista oserebbe affermare di 'capirlo'. Qui sta il centro dell'argomentazione di Weizenbaum. È il modo di concepire l'understanding- la comprensione - e il problem solving - la risoluzione dei problemi - che è a un livello veramente 'triviale' qella Computer Science. La 'comprensione' e la 'soluzione di un problema', soprattutto se ci sono in ballo situazioni sociali e politiche, richiedono ben altro che la logica di un programma. I programmi sono sempre 'retrodatati' rispetto alla situazione e hanno amplissimi margini di inappropriatezza quanto più si allontanano dal momento in cui un programmatore li ha elaborati, tenendo per altro in considerazione solo una minima parte delle loro combinazioni. Questa pratica, di interrogare la tecnologia, di porle domande e di sondare in anticipo gli effetti che sta apportando alla società, in Italia sembra ancora scarsamente praticata. Non si può dire che esista da noi una Tecno-critica o una Tecno-politica, secondo le espressioni coniate da Ivan Illich per l'attività di indagine dei Grunen tedeschi. Se volessimo anche noi saperne un po' di più, basterebbe che qualche editore di buona volontà pubblicasse - oltre ai soliti dodici manuali 'pratici' sul Basic e sul Pascal ecc. - anche qualche testo più problematico. Intanto l'Ega, Edizioni Gruppo Abele di Torino, ha in preparazione la traduzione del testo di Weizenbaum e di una sua lunga intervista dal titolo Dritti contro l'iceberg, solo un miracolo ci può salvare. Cfr. Whole Earth Review n. 44, gennaio 1985: «Computers as Poison» Gate Five Road, Sausalito (Cal.) ~ Joseph Weizenbaum Computer Power and Human reason: from Judgment to Calculation San Francisco, Freeman, 1976 (Penguin lnt., 1984) g <::) i::::

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