Alfabeta - anno VII - n. 77 - ottobre 1985

<<SignorimpdriSidenl dellaBancaMondiale>> Edward Goldsmith è una delle figure più rappresentative dell'ecologismo europeo. Ha fondato nel 1970 la rivista inglese (oggi «del- /' era post-industriale») The ecologist, di cui continua a essere l'editore e l'animatore. Nel 1973 ha scritto, insieme a altri, il manifesto ecologista europeo Blueprint for Survival (ed. it. La morte ecologica, a cura di Giorgio Nebbia, Bari, Laterza, 1975), e tre anni dopo è stato tra i fondatori di Ecoropa, una rete di servizi informativi, scientifici e organizzativi per le associazioni e i gruppi verdi in Europa. È stato più volte candidato nelle liste dell'Ecologist Party. Questa «lettera aperta» introduce il numero doppio di The Ecologist, uscito nella primavera di quest'anno e dedicato alla denuncia delle politiche di sviluppo della Banca Mondiale nel Terzo Mondo. Si tratta in un certo senso di una sorta di summa del lavoro di critica della modernizzazione che è stato, specie negli ultimi anni, un punto centrale dell'attività di Goldsmith e della rivista. E gregio signor Clausen, questo numero doppio di The Ecologist è stato preparato al fine di esporre ai leaders di tutto il mondo il ruolo giocato dalla sua banca e da altri enti internazionali con cui voi collaborate, e in particolare la Fao, l'Organizzazione per il cibo e l'agricoltura delle Nazioni Unite, nel creare l'attuale escalation della miseria, della malnutrizione e della fame nel Terzo Mondo. La catastrofedemografica prossimaventura Da almeno dieci anni è risultato evidente che un disastro di massa delle popolazioni in Africa e nel Sud-est asiatico sarebbe stato inevitabile. Già nel periodo in cui lavoravo ali' Environment Canada, nel 1975; andavano circolando documenti che dimostravano come mezzo miliardo di persone sarebbero morte di fame entro la fine del secolo. Il professor Paul Ehrlich di Stanford rilevava che le proiezioni sull'andamento della popolazione per la fine del secolo, come stabilite dai governi e dalle agenzie internazionali, erano semplicemente assurde. Infatti, il pianeta non potrà mai sostenere la vita di 6 miliardi e mezzo o 7 miliardi di persone (per non parlare dei 30 miliardi che la Fao ha ancora la sfacciataggine di ritenere come sostentabili), almeno fino a quando organizzazioni ingiuste continueranno a ricevere fondi sufficienti a realizzare i loro programmi. Alla II Conferenza internazionale sul futuro dell'ambiente, tenutasi a Reykjavik nel 1977, 120 partecipanti - molti dei quali erano le più importanti personalità nel loro campo - hanno dichiarato che «la morte per fame di un miliardo dt persone potrebbe essere la tragedia finale di questo secolo». Da allora diversi eventi hanno reso ancor più credibile questa tetra prospettiva. Oggi, le popolazioni di oltre venti paesi africani sono minacciate dalla fame, centinaia di migliaia di persone, se non milioni, sono già morte e le prospettive dei sopravvissuti sono spaventose. Ancora oggi vi è fame in un paese come il Sudan, che secondo la Fao, solo qualche anno fa, sembrava avere il più alto potenziale agricolo in Africa e che sarebbe potuto diventare il granaio del mondo arabo. Perché accade tutto ciò? Lei con i suoi colleghi dice che la gente è affamata perché è povera - da cui seguirebbe che la soluzione della fame sarebbe quella di renderli ricchi, donde la necessità dello sviluppo economico. In altre parole, lei interpreta l'incidenza della fame in un senso tale da rendere razionali le soluzioni che lei desidera vengano applicate - quelle che la Banca Mondiale è andata finanziando e che per lo più favoriscono vari interessi economici e politici di breve termine. La fede nello sviluppo economico Il vostro impegno quasi religioso per lo sviluppo economico è chiaramente espresso dalla vostra Fairfield Osbom Memoria/ Lecture (1982), in cui non solo insistete . .nell'affermare che lo sviluppo è essenziale per combattere la povertà e la malnutrizione, ma in realtà pretendereste anche che lo sviluppo fornisca gli unici mezzi per proteggere l'ambiente naturale. Così lei asserisce che «un migliore ambiente dipende il più delle volte dalla crescita economica», e che se vogliamo un mondo in .. ·"'.'' .• -~~7";. ~--,;;., ~:,._ .g!J: _F_,,.✓ - ... -~·-,.· ··~j~~d:> ( _.;,•-:r· ~,;~ .• :t ' , .,,_,..,J1 •• .• ,ltl-·--· ., -r"' .... /·; •·•• :.. _.Jz .. 1· grado di sostentarsi, allora «dobbiamo includervi la crescita economica». Lei va anche oltre affermando che «quiilunque sviluppo può migliorare la condizione in cui viviamo», e più avanti che «ogni sviluppo economico dovrebbe, tutto sommato, migliorare l'ambiente naturale in cui vive la gente». Queste sono affermazioni choccanti. Lei crede davvero che le enormi aree devastate dalle miniere a cielo aperto siano migliorate in seguito a speculazioni di questo genere? Crede veramente che i Edward Goldsmith 100 milioni o giù di lì di ettari di terra diboscata e salinizzata creati dagli schemi di irrigazione perenne, molti dei quali finanziati dalla Banca Mondiale, abbiano migliorato le condizioni in cui vivevano le popolazioni locali? Crede davvero che i grandiosi piani di sviluppo, che hanno spinto decine di milioni di abitanti di villaggi e tribù a lasciare le loro case per venire a sopravvivere nella miserabile esistenza degli slums, sempre più affollati e sempre più squallidi, degli enormi agglomerati urbani del Terzo Mondo, crede davvero che abbiano realmente «migliorato le condizioni nelle quali vive quella., gente»? Se lei crede a questo, allora può credere proprio a tutto. Peggio ancora, lei è colpevole del più cinico imbroglio alla fiducia degli abitanti del Terzo Mondo quando pretende che lo sviluppo economico da voi finanziato possa veramente metterli in grado di raggiungere la prosperità econo- • mica, quale oggi noi conosciamo, almeno per ora, in Occidente. Lei stesso sa che, per svilupparsi, i paesi del Terzo Mondo dovranno, a un certo punto, ottenere un surplus economico - per non continuare a chiedere prestiti indefinitamente. Ma come potranno riuscirci? Nella maggior parte dei casi, le loro esportazioni sono insufficienti a pagare i loro debiti per il petrolio, per non parlare degli interessi che devono pagare sui prestiti già contratti (e molto spesso per un largo margine). Se voi continuate a prestargli denaro, questi interessi continueranno a crescere. Come se non bastasse, i loro introiti dall'estero derivano quasi esclusivamente dalla terra, e questa terra, sotto l'impatto dei metodi intensivi di produzione richiesti per ottenere un prodotto competitivo per il mercato mondiale, va rapidamente degradandosi. A queste condizioni, le esportazioni non possono che diminuire di anno in anno, fino a divenire nulle. Basi! Rossi, che gestisce i grandi raccolti agricoli nelle Filippine, mi ha recentemente scritto una lettera che ho fatto circolare tra i banchieri della Gran Bretagna. In quella lettera, Rossi rilevava che i banchieri andavano prestando grandi quantità di denaro per le piantagioni di canna da zucchero, avendo come garanzia la terra, valutata in migliaia di dollari per acro. Ma dopo che per dieci anni questa terra è stata usata per produzioni intensive, si è degradata al punto dà avere un valore di poco più alto di quello delle terre ai margini del deserto del Sahara. A tali condizioni, come si può pensare che i paesi del Terzo Mondo, i cui costi possono solo salire e le cui entrate solo diminuire, riescano a svilupparsi? Lei sa, come sa ognuno in questo business degli aiuti allo sviluppo, anche se non lo ammette, che il Terzo Mondo è costretto a distruggere il proprio ambiente e a sacrificare identità culturale e strutture sociali senza ricevere niente in cambio. E in ogni caso, lei che motivi ha per credere che lo sviluppo possa rendere ricco il povero e consentirgli di mangiare? Lo sviluppo hl forse eliminato povertà e malnutrizione negli Stati Uniti, la nazione più sviluppata del mondo? La risposta più verosimile è no. Gli abitanti dei ghetti neri in America sono poverissimi. Le famiglie e le comunità sono state ampiamente disintegrate, i nuclèi familiari tirano avanti grazie a donne sole, senza aiuto da parte degli uomini. Criminalità, delinquenza, alcolismo e droga predominano in una situazione di generale sfiducia, se non di odio, verso ogni for-: ma di autorità. È quella che Oscar Lewis chiama «cultura della po- , vertà». E per di più, questa può coesistere con un grande benessere materiale. Le sue vittime possono avere televisione a colori, vi-· deoregistratore e auto costosa. Marx sbagliava quando affermava che la religione è l'oppio dei popoli. È il materialismo a divenire l'oppio dei popoli, quando essi sono temporaneamente trasportati con i videogiochi in un surrogato del mondo, dove dimenticano quello reale che gli abbiamo reso insopportabile. Ma questo surrogato del mondo non può soddisfare i loro bisogni fondamentali, spirituali, sociali e estetici. Infatti, per dirla con Ivan Illich, «lo sviluppo non ha eliminato la povertà, l'ha modernizzata». Lo sviluppo incontrollato in Usa non ha eliminato neppure la denutrizione. Probabilmente qualcosa come 20 milioni di persone in America soffrono, in un modo o nell'altro, di mancanza di cibo nutriente. Non è che gli manchi il cibo, è solo che sono divenuti troppo disturbati psicologicamente e troppo alienati socialmente per spendere i loro soldi per il cibo di cui hanno bisogno piuttosto che per junk food, beni di consumo senza valor.e, alcool e droghe. Lo sviluppo, infatti, non ha eliminato la malnutrizione: ha modernizzato anche quella. I pr:imitivisono davveropoveri? Se lei vuole trovare una società in cui non esista denutrizione e povertà, non deve riferirsi al mondo industrializzato. Sono poche le popolazioni che oggi vivono allo stato primitivo. Alcune vivono in quanto rimane di quell'area del1' Amazzonia, dove voi state progettando il progetto Polonordeste, e altre vivono nell'area Bastar del Madhya Pradesh, la cui distruzione è oggetto dei vostri piani di finanziamento. Le loro società e il loro ambiente sono ancora intatti, per cui i loro membri non soffrono dell'alienazione sociale e della malnutrizione così predominanti negli slums statunitensi. Essi possiedono infatti quanto andrebbe considerato la più apprezzabile forma di ricchezza: il capitale ecologico e sociale che li rifornisce con grande sicurezza per ogni tipo di necessità basilari, sia di carattere psicologico che materiale. Una volta che i membri di queste società verranno dispersi, tuttavia, da qualche grande piano di sviluppo, e saranno costretti a cercare rifugio in un qualche slums di un grande insediamento urbano;• essi saranno stati privati di queste fonti di ricchezza che uno sviluppo economico non potrà mai sostituire. Non c'è alcun motivo per credere che le popolazioni del Terzo Mondo abbiano qualcosa da guadagnare dallo sviluppo economico. Invece, contrariamente a ciò che siamo portati a credere, finché ~ le loro società e il loro ambiente <:3 sono intatti, non manca loro la tecnologia per avere cibo in ab- .s g,o ~ bondanza. ~ °' In questi anni, nelle pagine di -. The Ecologist abbiamo descritto ~ -e le pratiche agricole tradizionali dei g popoli primitivi, e mostrato fino a <:::> t-,.. che punto essi riescano a soddisfat---. re le loro necessità alimentari, so- s;:. ciali e ecologiche. In The Socia/ ~ and Environmental Effects of ;g_ Large Dams (Gli effetti sociali e 1i

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