signa il procedimento centrale della fenomenologia husserliana, il passo fondamentale per accedere al senso ultimo dei fenomeni e al loro centro di irradiamento: la soggettività trascendentale. Anche in Heidegger è presente l'idea di riduzione, o meglio, anche Heidegger si occupa del problema, ma di questo concetto fornisce un'interpretazione cntJca che consente di misurare tutta l'entità del suo contrasto con il «maestro». Il tema della riduzione è stato scelto tra alcuni altri, quali l'intenzionalità, l'intuizione categoriale, il senso dell'apriori - tutti trattati nelle Vorlesungen - perché sembra essere più degli altri diretto al cuore della fenomenologia husserliana. Nelle lezioni del semestre estivo 1927, intitolate Die Grundprobleme der Phiinomenologie (I problemi fondamentali della fenomenologia), Heidegger intendeva esaminare a fondo l'idea della fenomenologia. Ma il mancato completamento del programma - secondo lo schizzo iniziale queste lezioni avrebbero dovuto concludersi con l'analisi delle parti fondamentali del metodo fenomenologico e con una riflessione su «ontologia fenomenologica e concetto di filosofia» - costringe il lettore a concentrarsi sulle poche pagine dell'Introduzione, dove maggiormente si addensano i riferimenti ai «problemi della fenomenologia». Con una annotazione di tono storico, Heidegger premette che la ricerca fenomenologica «ha raggiunto oggi il centro della problematica filosofica» (p. 3) e questa centralità si esprime nella sua capacità di comprendere e realizzare l'idea della filosofia come scienza. Ma «la fenomenologia non è una scienza filosofica tra le altre ( ... ), l'espressione 'fenomenologia' è il titolo per designare il metodo della filosofia scientifica in generale» (ivi). Il metodo, o - come avrebbe precisato nel seminario del 1973 - la via fenomenologica, costituisce per Heidegger l'accesso all'ambito oggettuale della filosofia: l'essere, «l'uniC-Oe autentico tema della filosofia». La scienza dell'essere, l'ontologia, deve essere indagata per mezzo del metodo fenomenologico. Preannunciando le famose analisi di Essere e tempo, una pagina dei S pentosi il clamore dei media (non faceva più notizia per la «chiacchiera universale» prima ancora che si concludesse) attorno ad Anniottanta, la megamostra, come molti maliziosamente l'hanno definita, allestita da quattro città del/'Emilia-Romagna e dalla Regione, è il momento di tentarne una valutazione critica. Al di là delle rissose contrapposizioni personali e di clan (nelle quli è anche possibile cogliere frammenti di verità) che l'hanno accompagnata, essa appare non solo letteralmente una grande mostra (250 artisti partecipanti, se si considerano anche quelli partecipanti nella sezione «Architettura, design e nuovo fumetto»), ma uno degli avvenimenti artistici più rilevanti della stagione. Nella Galleria d'arte moderna di Bologna, che dell'impresa ha assunto l'organizzazione, nei chiostri di S. Domenico a Imola, splendidamente restaurati e rivelatisi in questo debutto un eccezionale spazio espositivo, nelle sedi troppo anguste di Ravenna e in quelle più confortevoli di Rimini (gli organizzatori hanno privi/eGrundprobleme puntualizza: «l'essere è di volta in volta essere dell'ente, ed è accessibile innanzi tutto solo partendo da un ente». Di conseguenza lo sguardo fenomenologico «deve indirizzarsi all'ente, ma in modo che l'essere di questo ente possa risaltare ed essere tematizzato» (p. 28). P er ricondurre questo sguardo dall'ente colto in modo ingenuo all'essere vero e proprio, dobbiamo impadronirci di un primo elemento, forse il più importante, del metodo fenomenologico: la riduzione. Con questa operazione, dice Heidegger, noi ci colleghiamo dal punto di vista letterale, «non però secondo la cosa», a un termine centrale del pensiero di Husserl. Esposto dettagliatamente nel Libro primo delle Idee, il concetto di riduzione gioca per Husserl un ruolo importantissimo, poiché· a suo parere solo su questa via si perviene al senso autentico dei fenomeni. Impegnandosi nella riduzione (nell'epoché), l'intera sfera della realtà è messa fra parentesi, affinché emerga ciò che in senso stretto si definisce «fenomeno»: «invece dunque di vivere ingenuamente nell'esperienza e di indagare teoreticamente l'esperito, lanatura trascendente, compiamo la 'riduzione fenomenologica'». Sembra che in tale operazione si sia verificata una perdita, una sottrazione di realtà, ma - ponendo fuori gioco gli atti naturali e le scienze che li descrivono - abbiamo realizzato un guadagno, avendo afferrato «la coscienza pura nel suo essere assoluto. Questa è ciò che ci rimane come 'residuo fenomenologico'». I gradi o forme della riduzione si suddividono in riduzione fenomenologica, che apre l'accesso ai fenomeni; riduzione eidetica, che conduce alla struttura essenziale della coscienza; riduzione trascendentale, che svela la soggettività trascendentale, l'ego puro, in cui si costituisce ogni oggettualità trascendente. Affrontando il nodo della riduzione, Heidegger cerca subito di inserirlo nel quadro della propria domanda fondamentale: nella riduzione, come la intende Husserl, ci si interroga sull'essere dell'atto di coscienza nel senso di interrogarsi sulla sua esistenza? Nella riduzione - rileva Heidegger - viene colto solo il contenuto essenziale dell'atto, non il suo senso d'esistenza. Riduzione e domanda sull'essere: i due poli concettuali sembrano irrimediabilmente separati. Infatti, sostiene Heidegger, «nelle riduzioni, sia in quella trascendentale sia in quella eidetica, questa domanda non solo non è posta, ma proprio attraverso di esse va perduta» (Prolegomena, p. . // ./ / / . , . nologica significa la riconduzione dello sguardo fenomenologico dal coglimento, comunque determinato, dell'ente alla comprensione dell'essere (al progettare il modo della sua non latenza) di questo ente» (Grundprobleme, p. 29). Ecco il nucleo della polemica. Husserl intende raggiungere il senso della filosofia toccandone il fondamento ultimo, vale a dire l'ego trascendentale, e per fare ciò //,,., 'I ~ ·"" ! • 151). Heidegger stesso precisa i toni e i contenuti del dissidio: «Per Husserl la riduzione fenomenologica ( ... ) è il metodo della riconduzione dello sguardo fenomenologico dall'atteggiamento naturale dell'uomo che vive dentro al mondo delle cose e delle persone alla vita trascendentale della coscienza e ai suoi Erlebnisse noetico-noematici, nei quali gli oggetti si costituiscono come correlati di coscienza. Per noi la riduzione fenomedeve ricorrere a un procedimento che liberi il soggetto dai suoi vincoli mondani. Invece Heidegger mira a svelare l'essere, compreso in via preliminare come esistente, richiamandosi alla concretezza dell'ln-der-Welt-sein, l'essere-nel-mondo dell'uomo. Dal punto di vista heideggeriano il senso dell'essere è afferrabile solo «facendo ritorno all'essere fattualmente concreto nell'esistenza dell'Esserci» (p. 465). AnnioHanta giato, seguendo la tendenza turistica dominante, il versante adriatico) si è vista la rappresentazione dello stato dell'arte nell'età della sua fine. Scopo dichiarato della mostra, curata da un comitato concordato fra tutti i promotori, era infatti quello di fornire un regesto completo di tutte le tendenze, meglio sarebbe dire di tutte le «retoriche», in cui si differenzia fenomenicamente la sostanziale indifferenza del!'arte nell'epoca in cui, esauritesi definitivamente -le ultime avanguardie, ripete se stessa ripercorrendo nostalgicamente la propria storia. Non è casuale che lo sforzo sistematico più rilevante sia stato sostenuto - almeno a scorrere i saggi contenuti nell'imponente catalogo edito da Mazzotta, fra i quali va segnalato l'intrigante scritto di Claudio Spadoni - dal critico di formazione fenomenologica Renato Bari/li (primus inter pares del comitato) il quale, partendo dal!'esperienza concettuale dei primi anni Sessanta, tenta di individuare il percorso storico-filologico attraverso cui l'arte dell'ultimo decennio può ricevere ormai, attualmente, un'eVittorio Boarini saustiva classificazione. Proprio questa pretesa esaustività filologica che sostituisce alla teoria la felicità didascalica, assieme al fatto di ritenere conclusa ogni avventura artistica per gli anni Ottanta (a seguire Flavio Caroli nel suo Excursus più suggestivo che fondato su un sicuro criterio storiografico, per tutto il secolo e per parte del Duemila), ha scatenato soprattutto da parte di quel geniale avventuriero che è Achille _,Bonito Oliva, le più furiose polemiche ancor prima che la mostra fosse inaugurata. Ma al di là delle polemiche, la cui origine sta nel fatto che Bari/li con il « Postmoderno», Caro/i con il «Magico Primario» e Bonito Oliva con la « Transavanguardia» sono stati fra i maggiori protagonisti (assieme a Calvesi, teorico del!'«anacronismo») della lotta aspramente combattuta a cavallo fra i Settanta e gli Ottanta per imporre la supremazia di una maniera sulle altre nella generale tendenza al ritorno del!'arte alla propria manualità (come dice il pittore Concetto Pozzati) e al proprio oggetto, bisogna dare atto ai curatori di avere compiuto un notevole sforzo per rappresentare in forma sostanzialmente convincente la condizione odierna del!'arte in Europa e negli Usa. Né sembra opportuno insistere sulle manchevolezze, che pur ci sono, sulle esclusioni ingiustificate o, di contro, sulle presenze superflue; si sa che ogni operazione di così vasta portata comporta degli scarti, tanto più inevitabili quanto più si aspira a ricomprendere in una griglia classificatoria un fenomeno nella sua totalità. Anche le incongruenze della rubricazione, per cui in due delle sezioni abbiamo il gruppo «altri protagonisti» e in un'altra quello delle « Presenze singolari a Roma», passano in secondo ordine di fronte alla compattezza e al buon livello qualitativo delle sezioni stesse, le quali hanno tutte una loro introduzione in catalogo che contiene, oltre ali'apparato critico-filologico, interessanti saggi sulle molte nazionalità, spesso ottimamente rappresentate. Bisogna invece rilevare che la mostra sottolinea il contenuto di verità espresso dalla tesi di Benjamin sull'equivalenza fra museo e mercato: anzi il museo diviene - e Come dire: non si comprende l'essere senza intrattenere un rapporto con l'ente,. non si comprende l'ente se non ci si rapporta all'essere. Quindi «comprensione dell'essere e rapporto con l'ente non si scontrano casualmente, ma si sviluppano già sempre nell'esistenza dell'Esserci» (p. 466). Si profila l'obiettivo delle lezioni: una nuova fenomenologia sul piano dell' ln-der-Welt-se-in. Poco più sotto, infatti, Heidegger aggiunge che la riduzione «non è l'unico, e forse nemmeno quello centrale, elemento del metodo fenomenologico»: a essa bisogna affiancare «l'accostarsi positivo all'essere. Il puro allontanamento (la riduzione) è solo un rapporto metodico negativo, che non soltanto deve essere completato per mezzo di uno positivo, ma necessita anche di una guida che conduca all'essere» (p. 29). Siamo dunque alla «trasformazione»: la fenomenologia è ancora il metodo, ma deve essere ampliata per rispondere all'esigenza dell'ontologia. Accanto alla riduzione troviamo allora i concetti di costruzione fenomenologica e di distruzione fenomenologica. «Costruzione» significa «progettare l'ente già dato sull'essere e sulle sue strutture»; «distruzione» significa «decostruzione critica» dei concetti dell'ontologia tradizionale. Heidegger ha così modificato la dimensione metodica della fenomenologia: «riduzione, costruzione e distruzione appartengono al medesimo ambito contenutistico e devono essere fondate nella loro coappartenenza» (p. 31). Da questa riformulazione di tipo terminologico-formale deriva la novità teorica heideggeriana, che consiste allora nel riconoscere all'esistenza un senso più profondo di quella della soggettività pura. Si è così determinato il passaggio dall'analisi intenzionale sviluppata da Husserl all'analisi esistenziale di Heidegger - dalla fenomenologia soggettiva a quella ontologica. L'importanza delle lezioni di Marburg, in particolare di quella in cui si tratta esplicitamente la questione fenomenologica, è data proprio dall'aver documentato testualmente i percorsi di questa trasformazione. ciò attesta realisticamente la riuscita pratica dell'impresa - la vetrina minuziosamente etièhettata del mercato internazionale con tutta l'arbitrarietà che una tale operazione comporta (alle dizioni ormai omologate, quali «Transavanguardia», «Neuen Wilden» e «Anacronismo», si aggiungono quelle più azzardate di «Citazione postmoderna», «Aniconici postmoderni» e «Astratto-magici»; a queste definizioni concettuali si affiancano quelle geografiche di «Nuova scuola romana» ed «East Village»; e si potrebbe continuare). Resta aperto il problema, e su di esso l'esposizione va giudicata nella sua sostanza teorica, se la tendenziale globalità con cui è stata rappresentata l'arte nel suo continuo finire abbia fatto emergere anche la differenza fra l'omologazione dell'esistente, lo scarto fra l'arte finita e il pensiero dell'arte che le sopravvive. Anniottanta Regione Emilia-Romagna estate 1985
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==