Alfabeta - anno VII - n. 77 - ottobre 1985

Don Juan Leporello. Americana E se lo fosse? Io ho una bella dote, lui è famoso, Un vero uomo di scienza, Lui non desta stupore in nessuno. È pettinato a modo ed ammaestrato. Sarò forse un po' giovane per lui, Tuttavia forza, gioventù e coraggio Non frequentano mai I salotti della nostra Chicago. Don Juan Ma perché poi in fin dei conti non potrebbe Diventare assistente dell'università? Benché, certo, sia un po' troppo vivace Per dimorare nel tempio della scienza. Così deponendo il pensiero delle cose alte, Gli affideremo un'incombenza manuale. Forse potrà essere di qualche utilità Come sovrintendente alle savane. Sempre a cavallo, (J~mato, Sempre in viaggio, in continue scaramucce, Vi sarà utile E potrà farsi una posizione. Questo gli trasmetterò. E come proposta diretta. Sì, sì, voglio! Oh, caro, caro! Don Juan (abbracciandola) Ti insegnerò la felicità · E sulla tua tomba morirò. (Escono) Leporello (guardandosi intorno) Ma dov'è Miss Poker, dov'è Juan? Americano Certamente nella sala vicina. Leporello (prendendosi la testa fra le mani) Ah, stupido e sciocco che sono, Ho dormito, e sono fuggiti via. Americano Dove? Ma un lacchè, lacchè sempre rimane Sia che indossi una giacca di livrea Sia nella sua superba toga, (L'Americano borbotta parole incomprensibili) Don Juan (all'Americana) Leporello Sicuramente verso il praticello O verso il bosco ombroso. Pfui-pfui! Adesso il pastorello Accarezza già la pastorella. Americano Nella purpurea toga da decano. Sempre in preda al terrore di non saper qualcosa, Mordendo la strada tra gli altri alla caccia di onori Come un cane che deve difendere Il nome che si è fatto in tanti anni. È sordo alla natura e cieco alla vita, Tarlo di biblioteche dimenticate, Egli vi chiuderà in una cripta scura Di parole altisonanti e di sentimenti consunti. No, voi avete il fuoco nel sangue, Voi cambierete questo stravagante... Americana Non parlate d'amore! Don Juan Non parlare? No, invece parlerò, parlerò! Come voi non ce n'è al mondo. Voi - angelo del piacere e dell'angoscia... Americana Per carità, non parlate così, non parlate. (Pausa) E adesso, siete già diventato silenzioso? Don Juan (afferrandola per la mano) lo vi amo. Leporello (all'Americano sbirciando Don Juan) Passiamo di qua. Io vi dirò a proposito di Don Juan: Mi sembra che prima o poi Si metterà sulla via della fatica. Bisognerebbe saperlo quanto è bello Andare in giro con lui, come uno di loro Lo accolgono nella buona società, Io vi amo! Partiamo! Partiamo! Non sapete qual profumo abbian le rose, Quando si odorano insieme E nei cieli ronzano le cavallette! Non sapete come strano sia un prato, Come sia trasparente la nebbia di latte Quando un amico vi ci conduca, Per i piaceri, nel tempo dovuto! L'amore vittorioso Ci incorona senza corona E il sangue trasforma in fiamma E in canzone un frenetico sussurro. Il mio cavallo - perfezione delle perfezioni, È bianco come la neve, maestoso. Dove si sfrena al galoppo, Lo scalpitar degli zoccoli ha nome di gloria. Fui nell'inferno, guardai Satana in faccia, E nuovamente eccomi nel mondo, E la vita mi sembra soltanto più dolce, I miei occhi si sono spalancati di più Ed ecco che adesso ho incontrato voi, Unica nell'universo, Perché voi diveniate - oh, dolce ora! - La mia zarina e prigioniera. Vi amo, sono inebriato, Come inebriati eran solo gli dei. Come sarà dolce alla navicella Portarci via in altri paesi. Andiamo, andiamo! Americana Non voglio!... NikolajGumilev Allo sterminato repertorio dei Don Giovanni che popolano la storia del teatro d'ogni lingua, si dovrà anche aggiungere questo atto burlesco di uno dei più ragguardevoli poeti del Novecento russo: Nikolaj Gumilev. Nato nel 1886, Gumilev fu uno degli esponenti del gruppo degli Acmeisti, di cui facevano parte poeti come Anna Achmatova (che fu, per un certo periodo, sua moglie) e Osip Mandentam. fonda e sentita convinzione patriottica alla prima guerra mondiale, pur non negando poi la sua adesione alle iniziative culturali promosse da M. Gor'kij nell'ambito della nuova cultura rivoluzionaria. Con questo egli non aveva, naturalmente, rinunciato alle proprie idee e convinzioni, sia in materia artistica che in campo politico: e accadde così che, accusato di attività controrivoluzionarie, egli venne nel 1921arrestato e condannato alla fucilazione. nella storia della letteratura sovietica appena un nome, e per giunta assai di rado nominato. Le sue poesie, le sue prose, i suoi lavori teatrali risultano assolutamente introvabili nelle biblioteche dell'Urss. Le sue «Opere complete» sono state per altro pubblicate negli Stati Uniti in quattro volumi, usciti tra il 1962e il 1968. Dal terzo di questi volumi abbiamo tradotto, per la prima volta in italiano, l'atto unico Don Juan in Egitto, originariamente apparso nel 1912 come contributo all'almanacco Cielo straniero (Cufoe nebo) e, secondo una testiGumilev fu uno dei pochi intellettuali russi che parteciparono con proAncora .nel 1923 poterono essere stampati i suoi versi; ma da quella data a tutt'oggi ·Nikolaj Gumilev rimane Siete impazzito! Leporello Niente affatto! Americano Andiamo. Leporello Ma non volete una spada? Non è mica uno qualsiasi Don Juan, È lo stesso beffardo di Siviglia. Americano Ma io li ho visti, sarà stato Cinque minuti fa, non di più ... (si copre il volto con le mani) Quando verrà l'ora dell'ultimo giudizio, Che cosa dirò alla mia Polly? Andiamo, andiamo presto! Leporello • Eh, eh, già, Me lo ricordo bene: Leporello, Se vuoi dormire, dormi; se vuoi cantare, canta, Ma non immischiarti mai in un affare. Ed io ero felice, sazio e ubriaco. E la morte sembrava lontana da venire.... Oh, come io vorrei, benché decano, Esser di nuovo a servizio di Don Juan. monianza del noto russista tedesco Johannes von Giinther, anche rappresentato nel 1913. Pur nel suo tono e intento parodistico e qui decisamente comico (Leporello appare addirittura nelle vesti di un illustre accademico, in procinto di sposare una giovane ereditiera americana che preferirà poi fuggire con un Don Juan, incorreggibile anche come fantasma), l'atto unico di Gumilev riflette abbastanza tipicamente un momento importante della sua poetica: una specie di revival romantico, nell'ambito del quale il poeta assumeva come suoi materiali anche reperti (Traduzione di Giovanna Spendei) più o meno noti delle culture e delle tradizioni di tutto il mondo, comprese le più remote, come quelle asiatiche e africane. Don Juan resta pur sempre, · fuori di parodia, un incancellabile simbolo d'avventura e di poesia: sia per iJ disincantato Leporellù che rimpiangerà di non essere più al suo servizio; sia per il tipo di «donna moderna» rappresentato da Miss Poker che, con tutta la sua apparente spregiudicatezza, non sa resistere al fascino di un'antichissima «musica»... Giovanna Spendei Di lronf!eP~W•Borges $ scrivere su Borges è diventato come scrivere sulla Gioconda. Il mistero del sorriso è diventato il sorriso del mistero. Un volto rassicurante, una espressione familiare. Niente come la soluzione dell'enigma lo nega. Di fronte a Borges l'interrogativo che la società si pone, dopo averlo debitamente ignorato fin quando era possibile, è questo: come neutralizzarlo? E la risposta è sempre la stessa: assimilandolo. Anziché riconoscerci nell'estraneo, l'estraneo diventa noi, ossia irriconoscibile. Quanto maggiore è l'artista, tanto più urgente l'operazione. Borges è diventato il modo di non leggerlopiù. Il labirinto è il giardino di casa e gli universi paralleli convergono a ogni crocevia. Quanto agli specchi riflettono non più visi, ma folle. Borges appare inoltre corresponsabile - non lui, naturalmente, ma qualcosa di più potente di lui, ossia il suo fraintenaimento - di una malattia pervicace del linguaggio contemporaneo: l'onnipresenza dell'ossimoro. Procedere per antitesi, attraverso mondi simmetrici e duplicazioni illusorie e ripetizioni letterali e tautologie millenarie, sembra il procedere di Borges. Le scale di Escher, il cui geometrismo approda a un panico silenzioso, sono anche le sue. Il linguaggio comune ha sempre inventato ossimori: chiaroscuro, agrodolce, pianoforte. Inventare qui conserva però il significato originario di trovare. Quegli accostamenti non modificano la nostra esperienza del mondo, ma ne sono il frutto. Non hanno quel senso di vertigine, di libertà e di gioia che l'ossimoro cela e svela nel gioco della sua espressione. Ma ·quando Cornei/le evoca «quella oscura chiarità che cade dalle stelle», inventare ha il significato nuovo di creare un altro universo. Come mai sotto il segno di Borges, dilaghi una figura inventiva come l'ossimoro, è problema che forse merita di essere approfondito. Ci stiamo abituando, per l'in- ..,crocio di tre fattori - la crisi del linguaggio, la divulgazione della psicanalisi e l'influenza del pensiero orientale - a dire e a non dire la stessa cosa. L'Odi et amo di Catullo è diventata la norma del discorso amoroso. L'unica differenza tra noi e lui è che lui se ne domanda il perché ( quare id faciam) e noi no. Che sia un ulteriore inoltrarsi nella scoperta del mondo, è dubbio. Sembra un modo di superare le opposizioni binarie della visione occidentale e quindi una acquisizione. Ma è difficile mantenere la polarità come attrazione che si respinge. Il polo della norma, ossia l'appiattimento, attrae quello della sua negazione fino ad assimilarlo. Nel caso dell'ossimoro l'etimologia, che contiene non solo l'origine, ma il destino di ogni nome, rischia di avere come polo di attrazione il suo secondo termine: «intelligente-stupido». Ho voluto verificare, a distanza di anni, nella edizione completa delle opere di Borges curata da Domenico Porzio, di cui è uscito, esemplare, il primo volume, quale fosse la presenza dell'ossimoro. Il risultato è stato stupefacente: è rarissima. Un universo che riconosce nell'ossimoro la propria allegoria si esprime attraverso un linguaggio che lo elude. Per questo l'introduzione di Porzio ha un rilievo singolare. Perché «racconta» Borges, affidandosi alle sorprese del linguaggio narrativo ed evitando le conferme del linguaggio critico. È una metafora di come va letto Borges. Troppe volte lo si è letto come un, interprete della cultura, sopravvalutando l'uno e l'altro termine: e finendo per attribuirgli caratteristiche che non possedeva e per negargli qualità peculiari. Il linguaggio narrativo di Borges è stato assimilato al linguaggio critico in cui lo si imprigiona. Ma basta riavvicinare, alla radice, il primo, per capire la sua distanza dal secondo. La cultura in lui è materiale narrativo, da reinventare attraverso un altro linguaggio. Se lo si rilegge in questa prospettiva, Borges si sottrae a Borges. Il suo linguaggio evita, sul piano espressivo, l'ossimoro fantastico che lo sottintende. E questo è forse l'ossimoro più stupefacente a cui sia arrivato. Jorge Luis Borges Opere a c. di Domenico Porzio Milano, Mondadori, 1985 voi. I, pp. 1301, lire 38.000

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