Alfabeta - anno VII - n. 77 - ottobre 1985

Mensile di informazione culturale Ottobre 1985 Numero 77 / Anno 7 Lire 5.000 Edizioni Cooperativa Intrapresa • Via Caposile, 2 • 20137Milano Spedizione in abbonamento postale gruppo III/70 • Printed in ltaly «SignoprresidentedellaBancaMondiale» . . . ' r ·.;; -:.~ , , , . , - ,~' ,. ,· .:, ,· ~ )' } ... r'• TestineditidiRosemweig _.,,/. • : e diGumiliv ,,.r·•·": .,,,, •.,.-.,. ,,., _/ Ripensando al computer (I) \ l'esecuzione delcavallo '--,~;[&,,' .. • ii· ,,' f . .,,_.,.;_ . . ' BoaHo, _,, :·' LeoneHi ... . A.Gugli,lmi, • Aprile,Cresci,-VègeH Pontiggia,Boarini,Lorenzini Val:esio

Einaudi Novità le immagindiiquestonumero ELSA MORANTE LE STRAORDINARIE AVVENTURE DI CATERINA Le storie per bambini che Elsa Morante scrisse e disegnò giovanissima hanno lo stesso incanto poetico delle opere maggiori. «Libri per ragazzi», pp. 109, L. 15 ooo LEWIS CARROLL CARA ALICE ... La vita di Carroll attraverso le lettere: l'autoritratto di un geniale eccentrico. A cura di Masolino d'Amico. «Supercoralli», pp. xvm-464, L. 38000 GEORGES DUBY LE SOCIETÀ MEDIEVALI Nobili e cavalieri, l'immagine del principe, le relazioni personali: i saggi di un grande storico che è anche un narratore. «PBE», pp. v-165, L. 12000 NORBERTO 808810 STATO, GOVERNO, SOCIETÀ La dicotomia pubblico/privato; la società civile; Stato, potere e governo; democrazia e dittatura: quattro «voci» per una teor,ia generale della politica. «Papcrbacks», pp. vm-165, L. 14 ooo IMMANUEL WALLERSTEIN IL CAPITALISMO STORICO Quale futuro per il capitalismo? Una voce controcorrente si oppone al coro liberistico. «Nuovo Politecnico,., pp. rx-107, L. 12 ooo ALESSANDRO PIZZORUSSO L'ORGANIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIA IN ITALIA I temi attualissimi dell'autonomia e dell'efficienza della magistratura, e delle garanzie istituzionali. «PBE», pp. x-206, L. 18000 GÉRARD GENETTE FIGURE Il LA PAROLA LETTERARIA Il rapporto tra racconto e discorso, la poetica del linguaggio, Stendhal e le categorie letterarie, Proust e il discorso indiretto. «PBE», pp. 227, L. 14000 «Molto spesso mi fermo per guardare, dimenticando la macchina fotografica», così scrive Mario Cresci in quel suo libro straordinario per ricchezza d'invenzione visiva che è Basilicata, immagini di un paesaggio imprevisto. Non è dimenticanza questa, ma rendersi" conto dei limiti del mezzo con cui si comunica e ci si esprime. La fotografia è transitata vicinissima alla realtà, sembrava quasi far corpo unico con essa - il dibattito degli anni Sessanta sul cinema con gli interventi di Pasolini, le riflessioni di Barthes nel suo saggio La camera chiara del 1980 -, poi si è allontanata progressivamente dalla realtà, quasi in una sorta di autocompiacimento e autosufficienza semantica ed estetica. Per alcuni fotografi è diventata, la fotografia, un linguaggio autoreferenziale: i significati del segno sono infiniti, quasi labirintico è il percorso dell'interprete. Questa serie di fotografie - ma possiamo ancora chiamarle fotografie? - di Mario Cresci e, direi, tutto il suo percorso culturale di graphic designer e fotografo, da Campo riflesso e trasparente a L'archivio della memoria, attraverso Misurazioni, dimostra invece la possibilità di un lavoro nel quale la realtà e la memoria sono il filo conduttore della ricerca - ricerca che è nella direzione di un concreto rinnovamento del linguaggio iconico, non solo di quello fotografico. Sommario Mario Vegetti «Era destino per me rubare» pagina 3 Alberto Boatto L'operaio e l'anarca (L'operaio - Eumeswil, di E. funger) pagina 4 Cosa Nostra pagina 5 Francisco Rico Paradossi del romanzo pagina 6 • Carla Vasio Il patto (Il viaggio di Sarah Kemble Knight, di P. Sanavio) pagina 7 Niva Lorenzini Alcyone pagina 8 Prove d'artista: Rina Aprile pagina 9 Traduzione contemporanea: Nikolaj Gumilev Don Juan in Egitto a cura di Giovanna Spendei pagina 10 Giuseppe Pontiggia Di fronte a Borges (Opere voi. I, di J.L. Borges) pagina 11 Da Vienna a cura di Margit Knapp Cazzo/a e di Maurizio Ferraris pagina 12 Da Città del Messico a cura di Ernesto Franco e di Guillermo Schavelzon pagina 12 Giorgio Patrizi MEMORIA DELL'ANTICO Poesia: idee, percorsi . NELL•ARTE ITALIANA ( Esercizi platonici, di E. Pagliarani; Il braccio e la mente di Cresci infatti, che cosa ha fatto Cresci con questa serie di «opere» che Alfabeta presenta se non capovolgere, come un guanto da rovesciare, le abitudini e le finte certezze della rappresentazione fotografica della realtà, coinvolgendo - come scrive lo stesso Cresci - «non solo lo sguardo attraverso il mezzo fotomeccanico, ma anche la mia gestualità e i segni che essa provoca su una superficie profonda qual è il pezzo di carta trasparente che si sovrappone alle immagini stampate e già acquisite alla iconografia dei miti»? C'è una doppia lettura da fare: da una parte le immagini fotografiche, scelte da Cresci perché congeniali e affini al suo gusto, al suo essere fotografo, dall'altra l'intervento del segno tracciato a mano, riprodotto poi nella fase di ingrandimento, senza colori né altri artifici grafici. Semplicemente un ripercorrere soggettivo, una reinterpretazione di un fotogramma che è già, a sua volta, una trascrizione della realtà. Da questo punto di vista, sono emblematici gli teratura degli anni Ottanta - W la Poesia!, di Autori vari; Prato pagano n. 1) pagina 13 Cfr. pagine 15-19 Renato Cristin Heidegger davanti a Husserl (Prolegomena - Logik - Die Grundprobleme der Phiinomenologie - Phiinomenologische lnterpretation - Metaphysische Anfangsgrunde der Logik, di M. Heidegger) pagina 20 Vittorio Boarini Anniottanta (Anniottanta, Regione Emilia-Romagna - estate 1985) pagina 21 Alberto Folio Jabès, la scrittura e l'esilio (Le parcours, di E. Jabès) pagina 22 Angelo Guglielmi Il raccontare storie (Il cavaliere dei Rossomori. Vita di Emilio Lussu, di G. Fiori) pagina 23 Testo: Franz Rosenzweig Da «La stella della redenzione» .a cura di Gianfranco Bono/a pagine 24-25 Edward Goldsmith «Signor presidente della Banca Mondiale» a cura di Giuseppe Onufrio pagina 26 Alexander Langer I verdi e la sinistra («Le immagini dell'ambiente» V) pagina 29 Franco La Ceda Un programma di Weizenbaum («Ripensando al computer» I) pagina 30 Giorgio De Michelis L'allegro robot («Ripensando al computer» I) pagina 31 Mario Borillo Le macchine non pensano, ma («RipensarJdoal computer» I) pagina 32 Sergio Sacchi L' antistalinista interventi sulle fotografie di Man Ray, il ritratto di Picasso e quello di Braque, dove il segno manuale di Cresci sembra avere un filo diretto con l'occhio di Man Ray, e non tanto con il risultato fotomeccanico. L'intervento gestuale di Cresci, pur rispettando le strutture dell'immagine preesistente, entra nel cuore della realtà, non si limita a ridisegnarla. I ritratti di Diane Arbus, soprattutto Cathleen e Callen, sembrano uscire dalla bidimensionalità del foglio di carta; ottiene, Cresci, una drammatizzazione del!'evento. Lo stesso risultato è ottenuto operando sulle immagini di un grande fotoreporter, l'americano Wegee: si osservi la bocca di Marilyn Monroe e la faccia triste di Louis Armstrong che si stropiccia gli occhi. Il segno nero, grasso, quasi impastato di Cresci sottolinea l'evento forte, il tipico del personaggio. Siamo, con queste «quasi fotografie» di Cresci, all'interno di una lunga ricerca che parte da Christian Schad, Man Ray, Mo- (Autour du Congrès de Tours - L'Observateur des Deux Mondes - La Criti- ·que Sociale - A contre-courant - Souvenirs - Staline, di B. Souvarine) pagina 33 Edoardo Greblo Agire senza morale (Azione, linguaggio e ragione, di R. Bubner; Metafisica e politica, di J. Ritter) pagina 33 Paolo Valesio Fine della decostruzione (The Ethics of Reading, di J. Hillis Miller; Fiction and Repetition; Pensare la fine, Bologna - 17-18 maggio 1985; New Literary History, inverno 1985; Per una critica antitetica, di Autori vari) pagina 35 Luca Paolazzi Il lessico economico di Kaldor (Lezioni Mattioli - Il flagello del monetarismo - Equilibrio, distribuzione e crescita, di N. Kaldor) pagina 37 Ferdinando Vidoni Un dibattito teorico scientifico (Il problema delle scienze nella realtà contemporanea, di Autori vari) pagina 38 Adalgisa Lugli L'uso dell'antico (Memoria dell'antico nell'arte italiana I, di Autori vari) pagina 39 Nives Ciardi L'arte di Caro! Rama (Caro/ Rama. Catalogo della mostra) pagina 39 Giovanni Giovannetti Le foto dissolte (Materia e tempo della fotografia - Prato, 4 maggio 1985; Cultura fotografica in Italia, di I. Zannier e P. Costantini; AFT n. l; Fotologia n. 3). pagina 41 Raffaele Milani Cinema underground (Underground film, di P. Tyler; Expanded cinema, di G. Youngblood; Visionary film, di P. Adams Sitney; Cinema offe videoarte a New York) pagina 43 Ferdinando Taviani L'esecuzione del cavallo Segni di Poesia/Lingua di Pace - Let11.I GENERI E I TEMI RITROVATI ~-------------'------------------------- A cura di Salvatore Settis Uomini illustri, dèi, re e pastori, pittura di storia, ritratto, nudità ideale, feste e trionfi: dall'indagine su grandi temi . e generi artistici emerge un quadro senza precedenti dei rapporti tra arte italiana e arte antica. «Biblioteca di storia dell'arte,., pp. xxxv-480, L. 85 ooo Comunicazione ai collaboratori di «Alfabeta,. Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) ogni articolo non dovrà supçrare le 6 cartelle di 2000 battute; ogni eccezione dovrà essere concordata con la direzione del giornale; in caso contrario saremo costretti a procedere a tagli; b) tutti- gli articoli devono essere corredati da precisi e dettagliati riferimenti ai libri e/o agli eventi recensiti; nel caso dei libri occorre indicare: au~ tore, titolo, editore (con città e data), numero di pagine e prezzo; c) gli articoli devono essere inviati in triplièe copia: il domicilio e il codice fiscale sono indispensabili per i pezzi commissionati e per quelli dei collaboratori regolari . La maggiore ampiezza degli articoli o il loro carattere non recensivo sono proposti dalla çiirezione per scelte di lavoro e non per motivi preferenziali o personali. Tutti gli articoli inviati alla redazione vengono esaminati, ma larivista si compone prevalentemente di collaborazioni su commissione. Occorre in fine tenere conto che il criterio indispensabile del lavoro intellettuale per Alfabeta è l'esposizione degli argomenti - e, negli scritti recensivi, dei temi dei libri - in termini utili. e evidenti per il lettore giovane o di livello universitario iniziale, di preparazione culturale media e non specialista. Manoscritti, disegni e fotografie non si restituiscono. Il Comitato direttivo holy Nagy e, attraverso le verifiche di Ugo Mulas, arriva fino ai giorni nostri con le esperienze artistiche di Giulio Paolini e di Franco Vaccari. Come scrive Filiberto Menna nel suo saggio La linea analitica dell'arte moderna, «la riflessione analitica mette in crisi pertanto anche nell'ambito della fotografia il referenzialismo ingenuo, sposta l'attenzione dal referente ai segni e alla relazione dei segni tra loro». Quando un grande fotografo come Mario Cresci si rende conto dei limiti della fotografia nella trascrizione della realtà e scrive: «Non riesco a disegnare liberamente se non stabilisco una particolare sensazione creativa e affettiva per quelle immagini che ho scelto di far rivivere», siamo, probabilmente, a una svolta nella storia della fotografia italiana e non solo italiana, una svolta che potrebbe portare a limiti estremi, «non usare la fotografia come l'ho usata fino ad oggi». Se tutto è trascrizione, il rapporto più corretto da istituire con la realtà sarà, allora, quello che reintroduce, nella riproduzione del reale, il pensiero del soggetto perché «trovare nomi è facile, ma ben altra cosa è pensare per concetti» (Hegel). Mario Cresci non si limita a dare nomi a queste immagini fotografiche, a questi volti, ma li ripensa concettualmente. Aldo Colonetti (Genet a Tangeri, dei Magazzini Criminali) pagina 44 Giorgio S. Luso L' «Homo» veneziano (Homo - Venezia, luglio 1985) pagina 44 Lettere pagina 45 Giornaledei Giornali Fisici a Erice pagina 46 Indice della comunicazione Cultura da satellite pagina 46 Le immagini Il braccio e la mente di Cresci a cura di Aldo Colonetti alfabeta mensile di informazione culturale della cooperativa Alfabeta Direzione e redazione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Maurizio Fer-raris, Carlo Formenti, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Art director: Gianni Sassi Editing: Marisa Bassi (Asterisco-Milano) Grafico: Roberta Merlo Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale Redazione e amministrazione: via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Coordinatore tecnico: Giuseppe Terrone Pubbliche relazioni: Monica Palla Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttore responsabile: Leo Paolazzi Composizione: GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, 20139Milano Telefono (02) 5392546 Stampa: Rotografica, viale Monte Grappa 2, Milano Distribuzione: Messaggerie Periopici :/ • ' Abbonamento annuo Lire 40.000 estero Lire 55.000 (posta ordinaria) Lire 70.000 (posta aerea) Numeri arretrati Lire 6.000 Inviare l'importo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale via Caposile 2, 20137Milano ·Telefono (02) 592684 ,Conto Corrente Postale 15431208 Tutti i diriui di proprietà Jeueraria e artistica riservati

11 problema del rapporto fra determinismo e responsabilità - quindi il problema dell'imputabilità di condotte necessitate - ha, nell'antico, due padri. Il primo, e più illustre, è naturalmente Edipo. «Ayant tué son père et épousé sa mère», Edipo - a Colono - può continuare a proclamarsi «puro di fronte alla legge», perché «non sapeva nulla» (Ed. Col. 548); perché «non ha agito, ma subìto» (267), perché di nuovo, «è giunto dove è giunto senza sapere nulla» (273). Una volontà potente e beffarda, quella del dio, ha giocato Edipo - l'esperto scioglitore di enigmi - mettendolo appunto di fronte a un enigma che il suo sapere non ha potuto risolvere. Il fato da cui Edipo è tramato ha dunque l'aspetto di una sequenza di mosse ordite a sua insaputa da una volontà avversa e personale, ancorché divina. Poiché siamo piuttosto interessati alla determinazione impersonale del fato, possiamo lasciare il vecchio eroe alla sua tenace partita, e venire al secondo padre del problema, tanto meno illustre da essere addirittura anonimo: è tempo di riconoscergli il ruolo culturale che gli spetta. Si tratta dello schiavo dello stoico Zenone, che nei momenti d'ozio non avrà certo mancato di meditare sulle lezioni del suo padrone. Racconta Diogene Laerzio: «Una volta Zenone sferzava uno schiavo che aveva rubato; avendogli costui detto: 'era destino per me rubare', Zenone aggiunse: 'anche essere percosso'» (DL 7.23). Mi piacerebbe attribuire a questa piccola scena domestica un valore epocale. Lo schiavo ha certamente compreso che in un universo rigidamente governato dal fato (e per di più da un fato provvidenziale), com'è quello stoico, nessun atto può dipendere da una scelta volontaria, non c'è quindi alcuno spazio per la responsabilità indivi. duale, e con essa per l'imputabilità e la punibilità. Per non essere da meno del suo servo, il padrone derubato deve prontamente produrre un'importante correzione concettuale alla sua concezione del fato: si tratta, niente meno, che della teoria dei confatalia, alla cui luce sono simultaneamente fatali tanto il furto che la sua punizione, evitando la sequenza responsabilità-imputabilità-punizione. La correzione è importante perché essa inaugura una visione del fato non più come serie lineare di cause e effetti (alla maniera della necessità meccanicista democritea) ma come una costellazione complessa di eventi connessi da vincoli di implicazione reciproca. Per quanto brillante, l'audacia teorica del vecchio maestro stoico non sarebbe piaciuta, qualche secolo più tardi, al più responsabile Cicerone. Maturatosi nell'esperienza dei tribunali e del senato, rri ~ questi trovava letteralmente «vi- .s ziosa» una dottrina del fato che ~ C). culminasse comunque nella non imputabilità individuale dei comportamenti. Se tutto è governato dal fato, argomentava il giudizioso senatore, «non sunt igitur (... ) actiones in nostra potestate. Ex quo efficitur ut nec laudationes iustae sint, nec vituperàtiones, nec ~ honores, nec supplicia» (De fato l 41). ~ Onori e supplizi sono troppo socialmente necessari - pensa Cicerone - perché una dottrina 'dura' del fato li possa rendere moralmente infondati, e li affidi soltanto alla giustificazione del tutto transindividuale della confatalità. Egli propone quindi di indebolire il determinismo stoico (invenzione di professori innamorati della coerenza teorica ma, socialmente, alquanto irresponsabili): assegna al governo del •fato solo il sistema delle condizioni esterne del comdualità, da cui si originano le hormai o tendenze personali; da queste dipende a sua volta la nostra reazione a quelle rappresentazioni e dunque il nostro comportamento. L'incontro tra queste due serie non è meno fatale di qualsiasi altro evento, ma risulta così individuale e identificabile. Aulo Gellio (ap. SVF 2. 1000) riassumeva così la teoria di Crisippo: «Benché sia vero che tutte le cose sono insieme strette e colleall'enigma dell'imputabilità, che la scinde nettamente dalla responsabilità: non sono responsabile dell'esser cilindro piuttosto che cono, ladro invece che onesto. Tuttavia io sono identificabile come cilindro o ladro, riconoscibile, quindi imputabile e punibile nell'individualità della mia condotta. Non saprei dire se la soluzione di Crisippo per legittimare la punizione dello schiavo di Zenone fosse geniale o soltanto ingegnosa; mi t p o •- •----~,.,;-., ,,._..,.,__,, ...,,.--~.~-~---·. ,·. A ._ 'C'." ·._.._,,_. "'=•f ~<·-~.·._• .. ~--t· /.i. / .,J' ':j/' .:ffr\. _.._ ;: .. ~,. ~--/~·/ :,: /' '. _.:- -_.-.· _,r . j·· • • ~.r~". ij /· / • r .,./ ·-_ t /_/< :.:,/ .. J . ·' .';--·}'.,.· 'i ' ~ ~ i r .i t1 .i ; ç ; • I -..• ,,. .~} portamento, ma considera libera («in nostra potestate») la risposta a queste condizioni, in modo da ripristinare lo spazio per la responsabilità e l'imputabilità della condotta. Cicerone non sembra rendersi conto che si apre in questo modo la via a una pluralità indefinita di storie possibili del mondo, che si torna a rendere precario e infondato lo stato attuale del mondo, nonché quello passato e futuro: precisamente l'incubo che la teoria stoica del fato provvidenziale aveva voluto far svanire con il bagliore solare di una legittimazione •universale e necessaria di ogni singolo evento. 11più geniale degli allievi di Zenone, Crisippo, non aveva risparmiato né sforzi intellettuali né rotoli di papiro per venire a capo del problema posto dallo schiavo infedele del suo maestro, in modo più articolato e soddisfacente di quanto non lo consentisse la teoria dei confatalia. Per quanto ha a che fare con la condotta umana, Crisippo sdoppiava fa catena causale in due serie: da un lato, gli eventi esterni, che panno luogo alle nostre rappresentazioni dello stato del mondo; dall'altro i processi (altrettanto fatali) di formazione dell'indivigate secondo un modo principale di necessità, gli ingegni e le menti degli uomini sono tuttavia soggetti al fato in conformità delle proprietà loro e delle loro qualità». Crisippo illustrava la sua tesi con un esempio che Aulo Gellio ha la bontà di considerare «davvero non troppo inadatto, né privo di spirito»; l'esempio, in forma più completa, è del resto citato già da Cicerone. Se si imprime una spinta a un cilindro, esso rotola; la stessa forza applicata a una trottola conica la fa piroettare; senza impulso esterno non ci sarebbe alcun moto dei due corpi, ma il motto del movimento dipende solo dalla loro struttura interna. In questo senso, la causa di quel particolare movimento sta - diceva Crisippo - «presso di loro»; ma non è, ciceronianamente, «in loro potestà», perché la loro stessa struttura è l'esito di una catena di causazione fatale. L'esser nato in un certo luogo, con un certo -corpo, con un certo allevamento e una certa educazione, in una-certa s0cietà, determina la disposizione interna altrettanto fatalmente quant'o sono determinate le circostanze esterne alle quali la condotta reagisce. Nondimeno, questa risposta è individuale e per così dire riconoscibile. Di qui· nàsce la risposta di Crisippo -::~ • pare comunque il meglio che si possa escogitare se si vuole tener ferma la dottrina della determinazione fatale della condotta senza far intervenire, almeno in modo esplicito, il punto di vista sociale. Q uesto sarebbe toccato, cinque secoli più tardi, a Galeno, che era greco e sottile come i professori della Stoa, ma viveva a Roma ed era socialmente responsabile come Cicerone. Era, per giunta, un medico, e quindi professionalmente interessato non al determinismo fatale ma a quello organico, biologico, della condotta. La sua opera dove si argomenta Che i costumi del/'anima seguono i temperamenti del corpo è il più rigoroso sforzo antico di riduzione organicistica del comportamento. Con una serie di passi analitici che qui è inutile ricostruire, Galeno sosteneva che le funzioni psichiche dalle quali dipende il comportamento sono connesse in modo indissolubile alla struttura materiale degli organi somatici, in primo luogo del. cervello. Il funzionamento di questi organi dipende a sua volta dal «temperamento» o krasis: cioè dalla 'formula' secondo la quale in essi sono combinati gli elementi. e la qualità primarie (terra/secco, acqua/umido, aria/freddo, fuoco/caldo). Questa 'formula' può riuscire squilibrata o in seguito a una cattiva riuscita della «formazione primaria» (embriologica), o, successivamente, per l'influsso di elementi esterni (dieta, ambiente, regime di vita). Da questa riduzione, Galeno ricavava un primo e indubbio vantaggio: quello di assegnare al medico (e non più al filosofo o al magistrato) la diagnosi e la terapia dei comportamenti anche moralmente o intellettualmente devianti, perché dietro la malvagità e la stupidità andava in ogni caso riconosciuta una malattia, una disfunzione temperamentale. «Finalmente coloro che non accettano che il cibo abbia la capacità di rendere gli uni più temperati, gli altri più intemperanti, alcuni più padroni di sé, altri meno, e coraggiosi o vili, miti o amanti di controversie e di liti, si rinsaviscano e vengano da me ad apprendere che cosa debbano mangiare e bere. Riceveranno un gran giovamento per la filosofia morale e oltre a questa, divenuti più intelligenti e dotati di miglior memoria, faranno progredire la loro virtù con le facoltà dell'anima razionale. Oltre ai vari tipi di nutrimento e alle bevande insegnerò loro anche i venti, i temperamenti dell'ambiente e ancora le regioni, quali conviene scegliere e quali evitare» (quod animi 9, K 4.808). Se sono indubbi i titoli di merito che con questo manifesto Galeno acquisiva nella fondazione di una psichiatria organicista, a noi interessa più da vicino la sua risposta al problema dell'imputabilità. Anche se non il fato, bensì una discrasia del cervello costringe al furto lo schiavo di Zenone, con quale diritto frustarlo? O, nelle parole di_Galeno, «in che modo si può approvare, biasimare, odiare, amare una persona che è cattiva o buona non di per sé, ma per il temperamento, che chiaramente le deriva da altre cause?». È il caso di riferire per esteso la risposta: «Perché, risponderemo, è in noi tutti desiderare il bene, ricercarlo ed amarlo, allontanare, odiare e fuggire il male, senza avere ancora considerato se esso è generato o meno dall'esterno. Per lo meno, sopprimiamo gli scorpioni, le tarantole e le vipere che sono malvagi per natura e non per pro-· pria scelta. Logicamente perciò odiamo gli uomini malvagi, senza considerare il motivo che li rende tali ( ... ) e uccidiamo quelli irrimediabilmente malvagi per tre buone ragioni: affinché non facciano del male, da vivi; perché incutano ai loro simili il timore che saranno puniti per il male che faranno; e, in terzo luogo, è per loro meglio • morire, essendo così corrotti nell'anima da non poter venire educati dalle Muse stesse né migliorati da Socrate o da Pitagora» (quod animi 11, K 4.815-6). La medicalizzazione della devianza comportamentale porta inevitabilmente a questo esito: se la diagnosi è di male inguaribile, il malato passa dal medico alle cure del carnefice. Mettendo fuori gioco la questione della responsabilità morale. individuale della condotta deviante, Galeno accentuava per contro jn modo esplicito il criterio sociale della punibilità. Quei «tutti» che amano il bene e odiano il male sono i buoni cittadi-

ni dal corretto temperamento organico, dal cervello equilibrato, dunque intelligenti, virtuosi e socialmente accettati. La messa a morte di chi è inguaribilmente malvagio (al pari della soppressione dell'animale velenoso) è un comportamento necessario di autodifesa del corpo sociale sano, legittimato e orientato dalla scienza del medico, che non ha alcun bisogno di giustificarsi in base a criteri di responsabilità morale. V orrei che prima di indignarsi di fronte a tutto ciò il mio lettore si rendesse consapevole che la sua stessa indignazione è radicata nell'idea cristiana di persona, dunque di libera scelta, dunque ancora di responsabilità morale individuale. Se questa idea non ci apparisse ora per qualche . aspetto come un vecchio mito con- • solatorio, non saremmo qui a interrogarci sul problema dello schiavo di Zenone e della sua imputabilità. Per vie diverse, Galeno giunge a una soluzion~ analoga a quella stoica: se la determinazione biologica ~sclude la responsabilità, essa non ésclude tuttavia l'imputabilità, il cui criterio sarà ora esplicitamente sociale e politico. Crisippo includeva, come abbiamo visto, fattori sociali nella determinazione fatale di quella identità individuale che legittimava imputazione e punizione. Galeno aggiunge a questo una diretta motivazione 'politica' dell'una e dell'altra. Quale che sia la forma di determinazione comportamentale alla quale oggi preferiamo pensare, entrambi ci insegnano che si può pensare l'imputazione anche in assenza di responsabilità, e che i parametri di essa •possono essere transindividuali. Tutto ciò evoca, mi rendo conto, fantasmi totalitari, che marcino sotto le insegne dell'oggettività della scienza (psichiatrica nel nostro caso) oppure della dialettica hegeliana. Persino parlare, come ho fatto, di identificabilità senza persona può rendere un suono poliziesco. Proviamo tuttavia ad interrogare in proposito lo schiavo di Zenone.· Gli chiederemo: per quali deile seguenti ragioni preferisci essere frustato? Al. Perché le frustate sono confatali al furto; A2. Perché il fato ha fatto sì che l'esser ladro appartenga alla tua identità; A3. Perché il tuo cervello malato ti spinge al furto e noi possidenti dobbiamo difenderci da te e dai tuoi simili; oppure: B. Perché di tua volontà hai trasgredito una Legge («non rubare») e dunque sei personalmente responsabile di una colpa. Dubito che il nostro uomo avrebbe un qualsiasi motivo per esprimere una preferenza per B piuttosto che per il gruppo A. Ma è scaltro, lo sappiamo, e potrebbe forse richiamarsi ad A3 per risponderci che il furto è un'autodifesa 'politica' degli schiavi rispetto alla povertà alla quale li costringono padroni dalla mente malata. Perché il criterio politico dell'imputazione ha almeno questo vantaggio, di poter essere pensato da entrambe le parti. • Testo dell'intervento presentato al colloquio su «Giustizia e determinismo», organizzato da Giacomo Contriper Il Lavoro psicoanalitico e svoltosi a Milano il 2-3 marzo 1985. L'operaiq.,, 0 ~ I'anarca Ernst Jiinger L'operaio trad. di Quirino Principe Milano, Longanesi & C., 1984 pp. XXI - 274, lire 23.000 Eumeswil trad. di Maria Teresa Mandatari Milano, Rusconi, 1981 pp. 408, lire 12.500 N ell'arena del moderno, la forza a cui è toccata la supremazia è la tecnica, ma la vittoria non è andata egualmente a quell'operaio che doveva assicurarsi un saldo dominio su di essa. Tutti noi siamo coinvolti nell'universo tecnologico, e tuttavia non è apparso ancora l'uomo nuovo capace di imporre una forma alla mobilità e alla dismisura della tecnica. Sicché esistono operai, ma non esiste l'operaio come lo aveva preannunciato Ernst Jiinger. Dalla vittoria planetaria della tecnica e dalla sconfitta dell'operaio - la cui figura era pronta a sacrificare il valore della libertà alle esigenze totalizzanti della forma - si apre ora lo spazio dell'anarca, la sua stessa possibilità di esistenza. Questa nuova figura si distacca da uno sfondo dominato meno dalla tecnica e determinato invece maggiormente dalle conseguenze causate dal suo incontrastato trionfo, che sono la dimensione imperiale acquistata dalle potenze statali, l'assenza di legittimazione di ogni potere, il tramonto dei valori e il livellamento degli uomini. L'anarca si sottrae, nel senso proprio di chi si fa coinvolgere soltanto alla superficie da simile realtà, e poi si allontana ritirandosi nella propria profondità culturale, esistenziale e metastorica, rifugiandosi all'interno della propria «tana», questo «bunker» di sicurezza e di scampo che si è apprestato nell'astuzia. Quanto più l'operaio si presentava come una figura esplicita, consegnata a una corrusca piena luce, tanto più l'anarca si dimostra una figura reticente, ricca di penombre, notturna e segreta. All'aggressivo motivo dell'attacco è subentrato ora quello difensivo del rifugio e della fuga; il movimento centrale è diventata la sottrazione, nella quale si risolve l'antica «elusione» teorizzata da Jiinger. Su quali valori si giocava la figura dell'operaio? Essenzialmente sul lavoro, il dominio e l'obbedienza. Come la leggendaria salamandra, la figura dell'operaio doveva collocarsi al centro di quell'area di distruzione scatenata dalla tecnica, senza subirne f!lttavia l'azione annientante, ma imponendole anzi il suggello della forma. All'opposto, il dinamismo della tecnica ha impedito il costituirsi di una forma, come quella dell'operaio, di rango pari alle forme storiche del cavaliere e del contadino - quest'ultimo, per altro, non viene mai preso in considerazione dallo scrittore come una forma -; mentre al riparo dell'universo tecnologico è riuscito a prosperare ciò che è giusto chiamare una figura pa- .•• <'.-.. L ,;.~?'~ ·... .,~ .. - .,.,v·.:;!•" •,_· ,..i-"'#. '.''. ,_. (=~~-- ;;;'' rassitaria. In particolare, quel piccolo borghese di cui l'operaio doveva sanzionare l'irrevocabile fine, e i cui valori sono divenuti invece gli unici valori attualmente riconosciuti nella totalità del globo. Inoltre, come non c'è stato potere legittimato da parte della borghesia, come del resto riteneva Jiinger, •così non si è avverato nemmeno il dominio dell'operaio, come auspicava lo stesso Jiinger. Il dominio non ha cessato di scadere in un potere sempre più tecnico e amministrativo, come ia volontà di potenza, invece di trasformarsi in una forma stabilmente determinata, ha continuato a operare quale un cieco volere dispotico e distruttivo, puro nichilismo. L'obbedienza infine, in cui si riassumeva l'intera etica dell'operaio, nella certezza di agire nel punto di congiunzione fra destino e libèrtà, necessità e volere, nucleo significativo e fondante del proprio tempo e impegno quotidiano, questa obbedienza che si traduceva in una dedizione totale, si è rivelata un chiaro asservimento e sovente anche una aperta e atroce schiavitù. Ef nei confrònti di questo ~niverso, in cui è ~gevole nconoscere come m trasparenza il nostro presente, dove hanno fatto naufragio tanti progetti e utopie - e anche il progetto di Jiinger, che voleva essere realistico, di una lucidità spinta fino al cinismo (e per questo disegno lo scrittore tedesco, contro i suoi propositi medesimi, appartiene all'avanguardia) -, che prende ora le sue distanze e si distacca la figura dell'anarca. Se nell'operaio si trattava di una •• ,/;,~:~./ /:•·: --~'" ;/•:':" ~:--:~; .. ,,:: ✓-".,. .I· .,. • ..?~,- .~~-'-:., .. , .. •·. >x,~1::.'. / . •- ' ,.--:· ;•-1:· '.· ~ ~:~ . •. ·,:y•·•"" .• .. _,.i.. r· --~,.,.;~ •• :;.<-···~.:-, -#~:.;--:. i.f_...•.-:,.. nuova realtà in atto, la cui maggiore pericolosità consisteva nella sua stessa esistenza, consegnata alla nitidezza crudele di un trattato storico - sociologico - metafisico; nell'anarca si tratta di una ipotesi puramente immaginaria, affidata a un romanzo saggistico-visionario, a una narrazione labirintica, una sorta di diario o, meglio, di memoriale inciso alla prima persona. Là dove l'anarca resta sempre il personale o soggettivo «io», l'operaio si presentava sempre come l'impersonale e oggettivo «egli». L'operaio era una figura in cui trovavano convergenza l'euforia del futurismo e il gelo della «nuova oggettività», inquadrata nella storia convulsa del nostro secolo, fra il primo conflitto mondiale e l'agitato dopoguerra europeo; l'anarca è una silhouette ritagliata contro lo scenario di una città immaginaria, Eumeswil, e di un tempo anticipato, che penetra sin nei primi decenni del Duemila. Tuttavia, malgrado la dislocazione temporale e fantastica che ha subìto, l'anarca si rivela una figura profondamente attuale e intrigante, quasi fosse scaturita negli interstizi e nelle inquietudini della nostra stagione e, dunque, del dopo-il-moderno; e di una importanza pari a quella dell'operaio. Ci troviamo di fronte a un modello da verificare sperimentalmente quanto l'operaio è un modello di cui è già possibile redigere un bilancio, per quanto parziale e sospeso. Nella città dell'anarca, i valori che sostenevano l'operaio ritornano ma in una versione sensibilmente modificata. La tecnica, in quanto apparecchiatura strumentale, occupa adesso i margini; non appare più ingombrante come lo era nelle metropoli dell'operaio; addirittura «non viene più presa tanto sul serio». Al contrario, come scienza - e scienza tecnica - attraversa una fase di inquietante trasformazione: essa si è nascosta nel sottosuolo, negli inferi, dove da sempre si trova la dimora dei titani, e si sta approssimando alla realizzazione diretta delle idee, come suole avvenire sul terreno della magia e dei sogni. Il potere, invece di interpretare una stagione ricca di senso e di storia accelerata, si protrae in un tempo consumato, di fine della storia, dove la stessa parola 'valore' suona sospetta; il catalogo delle possibilità riconosciute appare esaurito e le idee si sono logorate nella stanchezza della ripetizione. «Non si ricava più un ragno dal buco», annota l'anarca. Attualmente, nella Eumeswil raffigurata da Jiinger, un tiranno con la sua polizia e i suoi consiglieri esercita una oculata politica di sopravvi- ..,,. venza, volta realisticamente ad as- c:s sicurare non solo i bisogni elemen- -~ tari ma anche il superfluo, il pane ~ dunque assieme al companatico. ~ O', Infine l'obbedienza, quell'obbe- ...., dienza che era assoluta nell'ope- ~ -o raio, viene ora riportata a presta- g zione, servizio, impegno che, co- e me è stato accordato, può essere r:: anche revocato. Per quanto Jiin- i::: ger introduca l'esempio del con- ~ dottiero e del lanzichenecco per g illustrare questo tipo di prestazio- c:s

1·······························cosa··1·0s1ra·······························1 • • • • • • •..-----------~ . : e gioioso ateismo proprio della be- che per le giuste ragioni delle al- Il pretore esprime le sue preoc- saggi americano nelle edizioni Li- : • Il fanciullino di Bo stia, da Lucrezio a Spinoza e a Ba- leanze nel «fronte» si riconosce e cupazioni: «sarà in grado il mini- guori, cinque o sei anni fa, si è • : e il materialismo teson, oltre che a Engels, non deb- si stima presso gli altri. Per tale stero della Sanità di gestire queste cominciato a tacere delle Multina- : • nei partiti comunisti ba scomparire affatto nella nuova confusione si arriva oggi a ripetere notifiche? di avviare i piani di zionali a livello di analisi. Non è di • : Francesco Leonetti era mitologica, papale e stellare. fino alla noia che occorre la con- emergenza? di esercitare il con- moda; ed è un argomento arduo. : • ._____________ ___. È vero sì che Gorbacev ha usato cretezza (termine che ricorda An- trollo sulla sicurezza degli impian- Perché la Multinazionale è la • : Diceva dunque Gorbacev nell'in- una formula retorica; e però in es- dreotti), nel dibattito nella colon- ti? di fornire le dovute informazio- grandissima anomalia, che ha : • tervista a Time un mese fa: «Sicu- sa non c'è niente di male, né in na destra della prima pagina del- ni al pubblico? e siamo sicuri che sconfitto l'analisi di sinistra. Nel • : ramente Dio, dall'alto del cielo, senso di meschinità né di compro- l'Unità. Mentre il «programma co- questa ordinanza sia stata osserva- Novecento pieno e tardo non c'è : • non ci rifiuterà sufficiente saggez- messo. Egli invoca o nomina sulla munista», o materialistico, è eco- ta da tutti coloro che erano tenuti stato infatti lo sviluppo previsto • : za per trovare le strade che ci por- testa del capo degli americani e di nomico-politico, critico, non solo a farlo?» più o meno bene o male da Lenin : • tino a un miglioramento nelle rela- tutti loro, il loro dio: e lo estende politico; è sempre il più concreto- Alcuni punti interrogativi sono come da Gunder Frank: il mono- • : zioni tra due grandi nazioni sulla alla sua testa per gentilezza. Nei astratto-concreto (partendo dal- aggiunti da me; non direttamente polio, sempre più grosso, in un : • terra». E osserva Bo il 3 settem- discorsi degli storici latini è una l'empirico per ritornare a esso) né a me parla il pretore. Ma al settore produttivo e negli apparati • : bre, in prima del Corriere, quanto figura corrente: nominare gentil- che possa darsi, quando si fa, con giornalista dell'Unità Paolucci, il attinenti. No, la Multinazionale è: • segue (passim): «Come bisogna mente il dio degli avversari. freschezza nuova nel cogliere i fe- 27 luglio 1985. E con tutta natura- il contrario: essa è una consociata • : intendere questa dichiarazione Peraltro si sta questionando di nomeni e con rigore di analisi ma- lezza dà il numero: sono 178 (cen- e ha più campi; è un concatena- : • che smentisce lunghi anni di cupo scudi celesti. Lui Gorbacev ne ha terialistica. tosettantotto) le sostanze ritenute mento, non un semplice mostro. • : e ridicolo ateismo e una concezio- sulla testa uno così così, già esi- altamente pericolose, e con scorie E viene da ciò il grande effetto : • ne della vita che sembrava stretta- stente e certo. Gli altri vogliono insopprimibili, come la diossina di di silenziatore. In quanto è anche • : mente incentrata su una visione fi- costituire per la loro testa uno scu- .----------------. Seveso. sovranazionale, è inoltre proble- : • losofica, pratica e scientifica?» (si do forse piratesco e indubbiamen- Io leggo nell'estate questa noti- matico il suo rapporto con le leggi • : noti sia ridicolo, che strettamente, te più forte ... È bene sia uno scu- Signor Ministro della Sanità, zia terribile, fra gli altri eventi, e di un paese che sono nazionali. : • dove la vita è opposta alla filoso- do di tutti. Inoltre si potrebbe dire si può avere la mappa questa mi colpisce particolarmen- Essa ne è fuori. E per quanto le • : fia). E ancora: «Gorbacev ha fatto che Gorbacev ha difficoltà a nomi- delle industrie te perché, io penso, nessun altro serve, con un socio viene dentro : • un salto indietro riportandosi non nare invece Mitra, il dio del testo a rischio di strage? commento né informazione segui- un paese. E in tale altro paese pro- : : più all'ideologia che ha fatto nau- vedico, più antico e autorevole, Francesco Leonetti rà né ora né poi. prio, come l'Italia, resta legalmen- • • fragio, ma ( ... ) come mi suggeri- ma con equivoci oggi possibili sul .....____________ _. Io sto scrivendo un romanzo, te incerta l'opportunità di dichia-: : sce un autorevole esperto, alla suo nome; e anche a nominare Al- Il pretore penale di Torino Raf- non mi fermo né tanto né poco a rare e far verificare le proprie so- • • grande Russia del passato, che si lah, più recente della sigla «Dio», faele Guariniello è uno di quei pensare come sia facile il morire vranazionali 178 sostanze. : : identifica con Dio»; «quel richia- ma forse sgradito alle donne... limpidi che non fa misteri, nel rife- collettivo; ma mi accade un fatto L'argomento classico e «utopi- • • marsi a un Dio (con la maiusco- . Certo è che la teologia è impor- rirsi ai ministeri (anche se in que- singolare e, ritengo, non solo mio co» della sinistra comunista è che : : la)»... «a meno che non si tratti di tantissima; è riflesso nel cielo di sta estate terribile '85 è emerso né romanzesco. Io penso solo co- la produzione non è un valore in • • una pura formula retorica» ... «se quello che è lo stato umano, con le quanto sia pericoloso talvolta sa- me prendere con le molle questa sé, deve avere «finalità sociale». : : però fosse sincera»... tre funzioni che lo definirono per pere non solo certe cose della ma- notizia e questo numero; rifletto al Non serve più; è certo che dal ca- • • È possibile che sia così vincente millenni (sacrale, guerriera, pro- fia, ma, in più, sapere che queste posto dove va incasellata e dico pitalismo non si esce, e intanto, : : in lui il fanciullino? l'età fa questi duttiva). Invece l'ideologia è sba- cose il ministero le sa). L'argo- subito: va nell'Ambiente. Incasel- per effetto del Centro, oggi il Ter- • • scherzi, ora a lui, fra un poco a gliata: giustamente Marx l'ha criti- mento è una certa ordinanza che, liamola lì, per il normale silenzio, zo Mondo con le sue culture sta : : me? ma Bo sempre è stato epifani- cata così ferocemente, anche se a seguito di una direttiva della Cee per la fatale latenza, tornerà pur per sparire ... Ora si tratta in Euro- • • co, interpretando gli eventi come nel Novecento ciò si è scordato. nell'82, prescrive che finalmente fuori. pa del lavoro e dell'occupazione : : se venissero per lui e per il Signo- Ora il problema della confusio- entro 1'8maggio '85 i responsabili Poi ci ripenso e dico: nulla si operaia, connessa alla produzio- • : re. In ciò, instancabile e acuto co- ne sulla serietà del materialismo delle industrie diano tutti i dati su saprà mai, in quanto si deve archi- ne; mentre va difesa, occorrereb- : • me il «parroco di campagna», a deriva dal fatto che dopo il '45 in lavorazioni e impianti con impiego viare altrove: va nelle Multinazio- be stabilire il limite di perdita o • : tratti; mai istituzionale e papale; e Italia il Partito comunista (non al- di sostanze letali alla specie. Un nali. Non avremo mai una mappa pericolo entro il quale la produzio- : • a tratti puro. tri) non l'ha più chiesto ai suoi mi- migliaio di notifiche sarebbero a zone viola e nere sull'Airone... ne rimane un valore della moder- • : A me pare invece che il grande litanti; ha esteso ai militanti ciò giunte al ministero. Mi ricordo che, dopo un libro di nità. : •••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••• ne, non possiamo però non pensare che l'obbedienza si apra, nello scrittore tedesco, a quella possibilità di còntrattazione che, bollandola come borghese, egli aveva tanto deprecato nelle pagine de L'operaio. Ancora più essenziale, l'anarca infrange prima di tutto quella unità monolitica e stritolante di destino e di libertà, di necessità e di senso, che stringeva in una morsa l'etica dell'operaio. Infrangere simile unità significa, per l'anarca, ritrovare la propria libertà incondizionata nella quale si identifica la sua stessa professione di anarchia. Se anche la dedizione totale dell'operaio è diventata nell'anarca servizio, e servizio perfino di rango servile - egli serve in qualità di steward al bar notturno dell'attuale signore di Eumeswil -, questa prestazione occupa unicamente la sua superficie, anzi una sola frazione di essa, non la sua profondità. P er recuperare la sua libertà l'anarca si appropria proprio di quella anarchia - che appartiene pure alla tecnica nella sua potenza distruttiva-, non per aggredire la realtà naturale, ma per infrangere qualsiasi legame che lo colleghi al potere, ai suoi familiari e ai suoi simili come alle idee e ai pregiudizi del proprio ~ tempo. -~ Così sciolto da legami, asociale c:i... che vive nella società e nella stessa cerchia del tiranno, disimpegnato che non prende partito per alcuna fede e ideologia, l'anarca riesce a ritrovare in una sorta di vuoto, nella libertà e nella disponibilità di questo vuoto, il fondamento preculturale, originario e quasi barba- ~ rico dell'uomo. Questo gli è possi- l bile perché egli conduce sistemati- ~ camente una esistenza duplice. Quanto l'operaio si configurava come un blocco unitario, tutto oggettivato e manifesto, evidente di per se stesso, tanto l'anarca risulta un personaggio sdoppiato, percorso da costanti fratture. Nel suo nome, nella sua professione e, perfino, nella sua attività erotica. È Martin nella sfera privata ed è Manuel nella sfera pubblica del tiranno; ancora, è sì steward al bar notturno dei signori di Eumeswil, ma al tempo medesimo è uno storico di professione e di vocazione. Come steward serve il tiranno ma come storico lo osserva e lo giudica, reputandosi un suo pàri, per il semplice fatto che può sempre ucciderlo; a'lzi, si serve del suo servizio per compiere le sue osservazioni e riflessioni, trovando nella piccola, raffinata corte di Eumeswil un terreno favorevole, simile ad un laboratorio sperimentale o ad un acquario, per le sue indagini storiche. Nella sua sostanza, il procedimento da lui adottato si dimostra di disegno trasversale, o come scrive con penetrazione l'anarca stesso: «Vivo obliquamente sopra un ripiano obliquo>>.E ancora: «Io invece so che, all'interno di una realtà obliqua, la mia posizione è obliqua, e ritengo che proprio tale consapevolezza conferisca onestà al pensiero». Eccoci fornito uno specchio in cui può riflettersi, attraverso la costante ambiguità di Jiinger, la profonda duplicità del nostro mondo. Forse misuriamo qui la distanza che separa queste due figure, attorno alle quali ruota l'asse portante della meditazione del vecchio scrittore tedesco. L'operaio è una figura affermativa, che si tiene ben salda al centro della realtà; una figura interamente in atto, tesa verso un compimento - che noi oggi sappiamo non esserci stato -, la cui unica dimensione consiste nel rapporto che intrattiene, mediante il lavoro e l'azione, col mondo della tecnica. La sua presenza «si manifesta come energia costante e premeditata» sottolinea Jiinger. L'anarca, questa figura del margine, della riserva e del lato notturno dell'esistenza, si rivela un personaggio in attesa, che sta in ascolto e interroga tutti quei segni che possano condurlo al di fuori delle strettoie della storia che minaccia di imprigionarlo. Come storico che pure dispera della propria professione, egli avverte con acutezza l'afflizione della storia, che pone sempre l'uomo di fronte a reliquie e a tombe, a sole immagini di morte; ma come anarca si è allontanato dal campo storico, spingendo il suo ascolto al di sotto delle fondamenta umane e delle fondamenta naturali, sin dentro a fondali che esistono indipendentemente dalla presenza dell'uomo nell'universo. Così l'anarca lascia la storia per avviare un lavoro di mitologo, per inventarsi la difficile sottigliezza n;cessaria a ogni impresa di ascolto e di decifrazione. «Per tale ragione, in epoche finali in cui la sostanza storica è esaurita e incapace persino di garantire l'ordine geologico della specie, si è sempre visto ricollegare al mito un'attesa cupa e inespressa». ·1 el .romanzo dell'anarca, si delinea un movimento capitale e sempre presente in Junger, che è un movimento di oltrepassamento, di andare oltre e quasi sfondare la superficie del reale. Se, in questo quadro essenziale, l'operaio rappresentava, sopra una scena storica potente, l'incarnazione di una radice metastorica, di una figura miticamente primordiale; l'anarca, che si muove in un quadro di consunzione storica, interrogando quella metastoria che si propone di oltrepassare, si sforza di recuperare le radici primordiali, dove è certo si trovino le vie di salvezza e di fuga. Così arriva a confessare: «Io sono pronto al Grande Incontro, all'irruzione dell'Assoluto nel tempo. Là, hanno termine storia e scienza». Poiché anche nel qui e nell'adesso della città immaginaria di Eumeswil stanno a disposizione tutte le possibilità: «Viviamo in una città in cui nulla più è reale e tutto è possibile. Questo fatto spiana le differenze e favorisce un chiaroscuro in cui luce e sogno si confondono tra loro». Di fronte all'anarca si aprono due direzioni tra loro collegate di oltrepassamento e che Jiinger, per le sue riconosciute capacità visive e visionarie, riesce a prefigurare in spazi precisi e affascinanti, dove, accanto ai maestri dell'iniziazione, incontriamo i luoghi mitici e le figure emblematicamente rappresentative. C'è la direzione verso la scienza, che ha un maestro, Bruno, un luogo, le catacombe, gli inferi, dove la scienza si è occultata, e una figura mitica, i titani, che incarnano la dismisura e il lato informe della potenza. «Bruno rimandava al carattere infero della tecnica, al suo nutrirsi di metallo e di fuoco, allo splendore plutonico dei suoi paesaggi». Nel sottosuolo di Eumeswil, la scienza si sta approssimando di nuovo all'età mitica. C'è la direzione verso gli dei, che possiede anch'essa, accanto a una guida, Attila, il medico personale del· tiranno di Eumeswil, un maestro, Vigo, e un luogo, la grande foresta («Senza dubbio si tratta della foresta. Devono esservi là trofei e pericoli che ricordano più la spedizione degli Argonauti, anziché i tempi d'oro della caccia storica e finanche preistorica»). Queste direzioni di oltrepassamento, che accordano la stessa fiducia alla capacità di mutazione del fuoco («cortine ardenti separano le mutazioni»), si volgono l'una verso l'albero della conoscenza e l'altra verso l'albero della vita. Ma, come ammonisce Vigo, «la via del ritorno dall'albero della Conoscenza all'albero della Vita è inquietante». Alla fine della tortuosa narrazione, con una bruschezza abituale nei libri di Jiinger, quasi che unicamente la decisione improvvisa si dimostrasse capace di tagliare corto agli indugi della riflessione, l'anarca sceglie la direzione verso l'albero della vita e verso gli dei, preparandosi a affrontare la prova: la spedizione, l'attraversamento della grande foresta. In questo tentativo, i motivi dell'oltrepassamento verso il mito e della via d'uscita da una situazione di decadenza incontrano i motivi del passaggio, della mutazione e della palingenesi, con tratti da fine dei tempi e da infuocate apocalissi. Come sempre, Jiinger è interprete del nuovo nella misura in cui si volge a ascoltare e a decifrare i segni, al di là di ciò che egli reputa essere la semplice ma splendida e preziosa superficie. Lo scrittore disegna a intervalli regolari delle mappe grandiose e riassuntive, degli scenari suggestivi nella precisione dei primi piani quanto sfuggenti negli scorci e nelle zone di rottura e'di fuga. Quarantasei anni, quasi mezzo secolo - e quale secolo -, separano l'operaio dall'anarca: L'operaio è del 1932, Eumeswil del 1978.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==